Il Napoli pareggia al San Paolo con l’Inter e conquista la finale di Coppa Italia mercoledì contro la Juventus. La squadra di Conte sembrava poter raddrizzare la situazione, un gol di Eriksen da calcio d’angolo poteva riaprire il discorso qualificazione, ma poi è Mertens a portare il Napoli in finale. Deludenti fra i nerazzurri Lukaku e Lautaro, mentre Gattuso ha sempre di più la squadra dalla sua parte, la sua mentalità da umile combattente sta portando risultati. Contro la Juve la sorpresa è possibile, perché no?
Un altro pareggio: la finale di Coppa Italia mercoledì prossimo a Roma tra Napoli e Juventus è il risultato di due partite a scacchi, due elisioni al massimo, nessuna conquista conquista di forza, di prepotenza, nessuna squadra che abbia realmente dominato la propria semifinale. E’ probabilmente il segno di questo calcio approssimativo che stiamo vivendo in questa faticosa ripartenza della stagione. Si gioca su pochi dettagli, si giocano partite con lunghe pause di stanchezza. Anche Napoli-Inter, dopo Juventus-Milan è stato questo.
Al San Paolo è passato il Napoli, come era prevedibile dall’inizio, ma con il brivido di un gol interista di Eriksen addirittura direttamente dal calcio d’angolo, regalando una mezzora di equilibrio in più. Poi è stata praticamente l’ Inter stessa ad autoridimensionarsi prendendo il gol in contropiede in combinazione tra Ospina (lancio), Insigne (fuga e assist) e Martens (gol decisivo per arrivare a quota 122 e diventare il miglior marcatore del Napoli, più di Marek Hamsik) che l’ha sostanzialmente eliminata. L’ Inter ha avuto la chance di rimettersi in pista, ha avuto delle occasioni, ma alla fine ha sprecato il suo jolly.
Mi è parso che si sia ricominciato lì dove ci eravamo lasciati. Il Napoli di Gattuso ha trovato una sua identità, e soprattutto una continuità di risultati che lo sta rilanciando dopo mezza stagione di grande sofferenza e incertezze. L’ Inter di Conte è in una lunga fase di involuzione, Lukaku e Lautaro si sono spenti, particolarmente deludente l’argentino che pure è straprotagonista del mercato con una stratosferica e teorica valutazione ben superiore ai 100. milioni. L’affare che piace al Barcellona al momento non giustifica certo cifre simili. Nell’ Inter i riflettori sono sempre accesi su Eriksen, un po’ è ancora un oggetto misterioso, ma globalmente il suo rendimento non è oggi inferiore a quello dei due attaccanti.
Gattuso, particolarmente provato dal lutto familiare che lo ha colpito ma che ha trovato proprio per la sua genuità e semplicità tantissimo affetto da parte di tutto il mondo del calcio, ha detto di avere grande fiducia per la finale, di riconoscere che la Juventus è una squadra superiore e certamente abituata a vincere come nessun’altra in Italia, ma anche di potersela giocare. Se è vero che il Napoli oggi si identifica profondamente nella mentalità, nello spirito, nell’umiltà e direi nella rude dolcezza di Gattuso, bisogna riconoscere che è vero, che il Napoli non è affatto condannato in partenza. E che la sua ambizione di far il grande colpo è pienamente legittimata. Anche dall’anomalia di un torneo giocato nelle condizioni che tutti stiamo vedendo.
Un altro pareggio: la finale di Coppa Italia mercoledì prossimo a Roma tra Napoli e Juventus è il risultato di due partite a scacchi, due elisioni al massimo, nessuna conquista conquista di forza, di prepotenza, nessuna squadra che abbia realmente dominato la propria semifinale. E’ probabilmente il segno di questo calcio approssimativo che stiamo vivendo in questa faticosa ripartenza della stagione. Si gioca su pochi dettagli, si giocano partite con lunghe pause di stanchezza. Anche Napoli-Inter, dopo Juventus-Milan è stato questo.
Al San Paolo è passato il Napoli, come era prevedibile dall’inizio, ma con il brivido di un gol interista di Eriksen addirittura direttamente dal calcio d’angolo, regalando una mezzora di equilibrio in più. Poi è stata praticamente l’ Inter stessa ad autoridimensionarsi prendendo il gol in contropiede in combinazione tra Ospina (lancio), Insigne (fuga e assist) e Martens (gol decisivo per arrivare a quota 122 e diventare il miglior marcatore del Napoli, più di Marek Hamsik) che l’ha sostanzialmente eliminata. L’ Inter ha avuto la chance di rimettersi in pista, ha avuto delle occasioni, ma alla fine ha sprecato il suo jolly.
Mi è parso che si sia ricominciato lì dove ci eravamo lasciati. Il Napoli di Gattuso ha trovato una sua identità, e soprattutto una continuità di risultati che lo sta rilanciando dopo mezza stagione di grande sofferenza e incertezze. L’ Inter di Conte è in una lunga fase di involuzione, Lukaku e Lautaro si sono spenti, particolarmente deludente l’argentino che pure è straprotagonista del mercato con una stratosferica e teorica valutazione ben superiore ai 100. milioni. L’affare che piace al Barcellona al momento non giustifica certo cifre simili. Nell’ Inter i riflettori sono sempre accesi su Eriksen, un po’ è ancora un oggetto misterioso, ma globalmente il suo rendimento non è oggi inferiore a quello dei due attaccanti.
Gattuso, particolarmente provato dal lutto familiare che lo ha colpito ma che ha trovato proprio per la sua genuità e semplicità tantissimo affetto da parte di tutto il mondo del calcio, ha detto di avere grande fiducia per la finale, di riconoscere che la Juventus è una squadra superiore e certamente abituata a vincere come nessun’altra in Italia, ma anche di potersela giocare. Se è vero che il Napoli oggi si identifica profondamente nella mentalità, nello spirito, nell’umiltà e direi nella rude dolcezza di Gattuso, bisogna riconoscere che è vero, che il Napoli non è affatto condannato in partenza. E che la sua ambizione di far il grande colpo è pienamente legittimata. Anche dall’anomalia di un torneo giocato nelle condizioni che tutti stiamo vedendo.
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