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Io non penso che si possa giocare, non così presto.
Si parla di maggio ma mi viene da ridere.
Chi se la prenderebbe mai di ricominciare a giocare, uno sport di contatto tra l'altro?
Se dovesse spuntare qualche contagio dopo le partite si scatenerebbe il caos.
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Più probabile giugno/luglio a porte chiuse.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
E come giocano?Con guanti e mascherine ad almeno 1mt di distanza? No,perché si devono allenare e quindi ci sono decine di persone che tornano al lavoro che stanno e devono stare a stretto contatto con i giocatori.Si allenano con mascherina e guanti? Il campionato non si può giocare fino a quando non si potrà uscire liberi senza alcuna restrizione.
ma se in Germania voglio riprendere a giocare già dopo pasqua mi pare di aver letto, senza contare che hanno giocato fino all’ultimo anche a porte chiuse qui in Italia, quando era evidente o quasi che ormai il virus era ovunque. Se decidono che si potrà giocare, intendo che tutto il “circo” è d’accordo, son sicuro che troveranno un modo per far passare le partite sicure, test a tutti e controllo temperatura, tanto per far fumo e dire “de scio mast go on”!!!
Io comunque prima di giugno o fine maggio dubito che possano ritornare a giocare, anche per una questione di condizione atletica, avranno bisogno di allenarsi un po prima di ripartire.
I guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.
Per chi volesse, si vende la Ferrari di Giorgio Chiellini.
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Originariamente Scritto da Sean
Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
Serie A, dietro la «ripartenza a tutti i costi» c'è la paura delle cause e non del virus
Dalla Federcalcio ogni giorno una data, la pressione dell’Uefa e di chi minaccia le vie legali. Il basket chiuderà sfidando «la serie A degli avvocati». Dice basta anche il volley
Ripartire è un po’ come non finire. Mai. Non è una esagerazione. Tutti abbiamo voglia e desiderio di riaccendere il motore, ma basta sapere cosa sia una partita di calcio professionistico per capire che non si può, non si deve avere fretta. Sarebbe troppo pericoloso, alto il rischio di finire in testacoda. «Prima di tutto la salute». com’è tenero il calcio. Un secondo dopo, con una faccia tosta che ha dell’inverosimile, si mette a programmare date per allenarsi prima e giocare poi.
Forza gente, alleniamoci, stando stretti stretti, uno vicino all’altro. Una bella sudata insieme. Via con la partita e al gol abbracciamoci anche. E se l’arbitro non ci concede un rigore o ci annulla un gol, corriamo tutti da lui per urlargli in faccia la nostra rabbia. Come sarebbe felice il coronavirus atto secondo. E fa niente se non c’è la Var, come ha paventato il capo degli arbitri italiani, Marcello Nicchi, perché nel furgone dell’occhio magico non possono convivere tutti gli addetti alla tecnologia. Così due terzi del campionato con la Var, mentre l’ultimo tratto di stagione si gioca a mosca cieca: condizioni paritarie alle ortiche, sai le cause legali che nascerebbero.
La parola d’ordine è «ricominciare a porte chiuse». Come se una partita fosse 11 contro 11, più la panchina. Coinvolge centinaia di persone, tutte qualificate, addetti ai lavori, i famosi broadcaster, tecnici, operai, impiegati, forse i giornalisti, gente che ha famiglia. Perché costringerli ad andare a lavorare a Brescia, Bergamo, Milano, Verona, tutte zone ora rosse. Non lo saranno più? Speriamo, ma non c’è un infettivologo, un medico, un virologo, un ricercatore che adesso garantisce un futuro così roseo.
Il calcio ha già rinviato gli Europei nel 2021: complimenti Uefa, più agile e tempestiva del Cio, che muovendosi con la velocità di un palombaro ha impiegato troppo tempo per fare la stessa cosa con l’Olimpiade di Tokyo. Invece il mondo del pallone nostrano, Federcalcio davanti a tutti, Lega molto più prudente, si ostina a voler ripartire, dimenticandosi che ogni data finora ipotizzata è stata spazzata via da medici, infettivologi e scienziati, gente seria che combatte la morte, e poi dai provvedimenti del governo. Si era parlato addirittura di 25 aprile e primo maggio, simboli della liberazione dal virus. Miopia pura.
L’occhio corto del calcio ha guardato a maggio, prime ciliegie e primi gol. Lunedì la botta di novità: si riprende a settembre, magari a ottobre. Qui c’è l’uva. Ammettiamo, più ragionevole, anche se estremo, pensando al virus. Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio, è un dirigente esperto, uomo di cultura, imprenditore serio, ma appare confuso: non è da lui, lontano da ogni interesse particolare. I maligni lo hanno battezzato «la tripla»: a colazione 1, dà una data; a pranzo X, altra scadenza; a cena 2, altra trovata presa in prestito dal calendario. È anche vero che ha a che fare con colleghi che gli dicono una cosa e poi, girato l’angolo, ne fanno un’altra. Non è il caso però di imitarli.
La strategia prevederebbe un guizzo, uno scatto, una visione. Verso il futuro. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, pure membro Cio, quando interviene sul calcio, non invade il rettangolo di gioco, si limita a osservare: «Sarei ben felice se il calcio riprendesse il suo cammino, ma la vedo molto difficile...». Massimo Moratti si è chiesto «il perché di questa obbligatorietà a ripartire», una domanda posta con eleganza e fine ironia da parte di un uomo che sa di cosa stiamo parlando. Si ha paura delle cause legali, è la motivazione fondamentale che spinge a ripartire a tutti i costi.
Il volley lesto e previdente ha già tirato giù la rete. Petrucci, ex numero 1 del Coni per 14 anni, chiuderà tra qualche giorno il suo basket in sintonia col neo presidente della Lega Umberto Gandini. «Sta diventando il campionato degli avvocati», sfidando quei dirigenti, Bologna unita tra Virtus e Fortitudo, che hanno minacciato azioni legali se i giochi finissero qui.
È il timore di Gravina, di andare incontro a cause infinite, avviate da quelle società più sensibili ai fatti loro. Orientato ad accontentare l’Uefa, minacciosa con chi studia e programma piani alternativi. Non si ha il coraggio, la prudenza, l’etica, il buon senso di fare come in Belgio dove chi governa il pallone ha scritto la parola «fine». Meglio pensare alla salute, nostra, quella del calcio, industria importante per il Paese, e alla prossima stagione. Quella sì va organizzata per bene, con testa e cuore. Significherebbe capire la lezione impartita dal mostro.
Dalla Federcalcio ogni giorno una data, la pressione dell’Uefa e di chi minaccia le vie legali. Il basket chiuderà sfidando «la serie A degli avvocati». Dice basta anche il volley
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Calcio: è una crisi di sistema e di debiti, non di stipendi
Il coronavirus è il colpo finale, una grande cassa di risonanza dietro cui mascherare con una ragione inevitabile, quasi nobile, una situazione comunque non più sostenibile
di Mario Sconcerti
Il vero problema del calcio sono i suoi debiti. Il virus è il colpo finale, una grande cassa di risonanza dietro cui mascherare con una ragione inevitabile, quasi nobile, una situazione comunque non più sostenibile.
Se davvero la malattia dovrà cambiarci, sarà tempo di capire che non possiamo più chiedere al calcio le cose impossibili che con la scusa dei sogni gli abbiamo sempre chiesto. È scoppiata la bolla, bisogna ricucire, tappare, pensare e agire in modo diverso. Il taglio degli stipendi è la cima dell’iceberg. Da solo non risolve niente se non la combinazione di un bilancio. Lo dimostrano le contraddizioni che si porta dietro.
Perché si dovrebbe non pagare lo stipendio a chi a marzo è stato a casa per malattia? Perché si dovrebbe non pagare lo stipendio a chi in aprile sarà in ferie forzate? Ma soprattutto perché si dovrebbe far pagare tutto il conto del debito ai giocatori, cioè agli unici che scendendo forse in campo, possono limitarlo? L’ultima ipotesi di cui si parla è far giocare le 124 partite che mancano tutte a Roma, città che a fine aprile si prevede a contagio zero.
Non ho idea di come possano funzionare i mille particolari di un’avventura simile, ma comporterebbe per le squadre una reclusione nello stesso albergo per circa due mesi, con visite continue, tamponi, tac, e un distanziamento sociale dalle famiglie molto lungo. Ha senso discutere in queste condizioni di tagli allo stipendio dell’unica categoria che si espone? La realtà è che i debiti sono infiniti da tempo, si sono moltiplicati negli anni come le mediazioni da pagare e le svalutazioni degli ingaggi.
Questo calcio ha sfinito gente come Moratti e Berlusconi, siamo già alle seconde-terze generazioni anche di proprietari stranieri. Negli ultimi 10 anni il calcio ha moltiplicato il suo fatturato in modo fittizio. Incassa 100 milioni per vendere Pogba ma ne paga altrettanto per prendere Higuain. Il fatturato cresce, la ricchezza no.
Pallotta 9 anni fa comprò la Roma per 124 milioni. Prima del virus l’aveva ceduta a 710. Il 600 per cento in più. Può essere reale? Cosa si nasconde davvero in questo mondo? Quali sono i veri vantaggi che offre? L’Inter pagò Ibrahimovic 28 milioni, oggi con 14 anni meno, ne varrebbe 200 più una quarantina di mediazioni. L’impressione è che nella sostanza il calcio reggerà sempre perché rende ricchi tutti, è una grande società di mutuo guadagno. Ma dovremo abbassare la posta d’ingresso. E capire che il tempo dell’avidità è finito. Ma non credo ci riuscirà nessuno.
Il coronavirus è il colpo finale, una grande cassa di risonanza dietro cui mascherare con una ragione inevitabile, quasi nobile, una situazione comunque non più sostenibile
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Frosinone, Stirpe: «Se non saliamo in serie A perché terzi, faremo causa»
I ciociari sono in piena corsa per i playoff, se il campionato riparte: «Solo il Benevento può parlare di merito sportivo»
«Qualora il campionato dovesse essere interrotto e il Frosinone non salirà in A perché terza in campionato, allora mi muoverò per vie legali - Ad annunciarlo, su Radio Punto Nuovo, è il presidente del Frosinone, Maurizio Stirpe, commentando le possibilità di una ripresa del campionato di Serie B dopo l’emergenza legata alla pandemia di coronavirus - Per quanto riguarda il discorso delle promozioni e retrocessioni, il format ne prevede 6. La Serie B assegna il terzo posto di promozione attraverso i playoff, se per una condizione di forza maggiore non si possono disputare, la terza in classifica sale automaticamente. L’unica che può parlare di merito sportivo è il Benevento che ha 20 punti in più sulla seconda classificata ed è virtualmente in A - spiega il numero uno del club ciociaro - Ovviamente vogliamo evitare qualsiasi problema giuridico, ma siccome ci sono parecchie ipotesi sul tavolo, non escludo di procedere per vie legali».
I ciociari sono in piena corsa per i playoff, se il campionato riparte: «Solo il Benevento può parlare di merito sportivo. Le porte chiuse? Assurdo, o c’è sicurezza, o non c’è»
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Che idea ti sei fatto Massi?? Quando e come ripartono secondo te?
Non credo a maggio. Forse a giugno a porte chiuse...o comunque in estate, dato che si avrà una proroga praticamente fino a settembre.
Penso però che si concluderà il campionato, a costo di inventarsi qualunque soluzione, anche quella di prendere spazio al campionato prossimo.
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Un bel girone solo andata per il prossimo campionato e via.
Calendario ovviamente pilotato e zuffe in lega con Lotito, DeLa e Cairo che sgommano sul sidecar.
Vrrrrooooommmmm.
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