Juve-Inter, Sarri azzecca tutto e vince lo spareggio con se stesso Nerazzurri non all’altezza
Partita decisa da Dybala ma il tecnico ha osato con tante novità. Eriksen non ha fatto la differenza
di Mario Sconcerti
La prima impressione è che senza spettatori si capisca meglio il calcio, come se il grido del pubblico distraesse. È una piccola constatazione d’emergenza, non un invito. In questa chiarezza sono emerse le tante novità della Juve. Niente Pjanic, niente Dybala, dentro Ramsey e Douglas Costa, Bentancur regista, Higuain centravanti, Bonucci su Lukaku, De Ligt al suo fianco più libero, ad aspettare semmai Lautaro. È come se Sarri avesse giocato uno spareggio con se stesso, le difficoltà lo hanno liberato. Ha fatto quello che sentiva senza tener conto dei nomi. Non gli è andato tutto bene nelle scelte, la partita è stata decisa in fondo da Dybala, ma è stata la forza di queste scelte a far capire alla Juve la sua emergenza. Ha infatti ritrovato per lunghi tratti ritmo e cercato il gioco svelto di Sarri.
L’Inter ha fatto una buona mezzora nel primo tempo, quando Vecino e Barella sono entrati in partita e Brozovic è rimasto senza avversari. È stata in quel periodo un’Inter profonda che arrivava sempre dentro l’area della Juve, ma non ha mai tirato. È stato assente Lukaku, caduto in una di quelle sue serate goffe. Si è dato da fare Lautaro ma con la convinzione addosso che non sarebbe mai andato lontano. Una buona Inter comunque, una squadra finalmente compiuta ma non all’altezza. A tratti si sono rivisti la bravura e i limiti dell’Inter di Spalletti. C’è stata poca qualità a centrocampo. Le due mezzali sanno fare solo una parte del grande compito pensato, l’altra, quella di qualità, resta inevasa. Non è un caso abbia aperto la gara Ramsey, mezzala di convinzione più che di ruolo, non raffinato, ma con gradi di bellezza sparsi su tutto il suo potenziale.
Se Lautaro e Dybala erano in gara, ha stravinto Dybala. È uno dei pochi attaccanti a non aver bisogno della squadra, si aiuta da solo. Ma ad essere giusti, il riferimento più ampio non è Lautaro, è Eriksen. È lui che dovrebbe essere l’uomo in più come è stato Dybala. È stata quella la differenza più grande nel silenzio dello Stadium. L’impressione è che Eriksen non capisca dove stare, cosa fare e forse nemmeno in che tipo di avventura si trovi. È quasi spaventato di entrare nella gara. E Conte è quasi spaventato dal mandarlo in campo. Si riapre così non il campionato della Juve, ma la sua speranza di gioco. Perde centralità il progetto dell’Inter, come era accaduto lentamente anche prima del virus che ci isola tutti.
CorSera
Partita decisa da Dybala ma il tecnico ha osato con tante novità. Eriksen non ha fatto la differenza
di Mario Sconcerti
La prima impressione è che senza spettatori si capisca meglio il calcio, come se il grido del pubblico distraesse. È una piccola constatazione d’emergenza, non un invito. In questa chiarezza sono emerse le tante novità della Juve. Niente Pjanic, niente Dybala, dentro Ramsey e Douglas Costa, Bentancur regista, Higuain centravanti, Bonucci su Lukaku, De Ligt al suo fianco più libero, ad aspettare semmai Lautaro. È come se Sarri avesse giocato uno spareggio con se stesso, le difficoltà lo hanno liberato. Ha fatto quello che sentiva senza tener conto dei nomi. Non gli è andato tutto bene nelle scelte, la partita è stata decisa in fondo da Dybala, ma è stata la forza di queste scelte a far capire alla Juve la sua emergenza. Ha infatti ritrovato per lunghi tratti ritmo e cercato il gioco svelto di Sarri.
L’Inter ha fatto una buona mezzora nel primo tempo, quando Vecino e Barella sono entrati in partita e Brozovic è rimasto senza avversari. È stata in quel periodo un’Inter profonda che arrivava sempre dentro l’area della Juve, ma non ha mai tirato. È stato assente Lukaku, caduto in una di quelle sue serate goffe. Si è dato da fare Lautaro ma con la convinzione addosso che non sarebbe mai andato lontano. Una buona Inter comunque, una squadra finalmente compiuta ma non all’altezza. A tratti si sono rivisti la bravura e i limiti dell’Inter di Spalletti. C’è stata poca qualità a centrocampo. Le due mezzali sanno fare solo una parte del grande compito pensato, l’altra, quella di qualità, resta inevasa. Non è un caso abbia aperto la gara Ramsey, mezzala di convinzione più che di ruolo, non raffinato, ma con gradi di bellezza sparsi su tutto il suo potenziale.
Se Lautaro e Dybala erano in gara, ha stravinto Dybala. È uno dei pochi attaccanti a non aver bisogno della squadra, si aiuta da solo. Ma ad essere giusti, il riferimento più ampio non è Lautaro, è Eriksen. È lui che dovrebbe essere l’uomo in più come è stato Dybala. È stata quella la differenza più grande nel silenzio dello Stadium. L’impressione è che Eriksen non capisca dove stare, cosa fare e forse nemmeno in che tipo di avventura si trovi. È quasi spaventato di entrare nella gara. E Conte è quasi spaventato dal mandarlo in campo. Si riapre così non il campionato della Juve, ma la sua speranza di gioco. Perde centralità il progetto dell’Inter, come era accaduto lentamente anche prima del virus che ci isola tutti.
CorSera
Commenta