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Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioStavo riflettendo che le partite a porte chiuse (ultimo e traballante tentativo di non far fermare una stagione ormai di fatto precaria e sospesa, appesa ad una estrema incertezza) non aiutano per niente, se non accompagnate da una urgente ordinanza governativa che permetta la trasmissione delle stesse in chiaro.
Difatti si rischia che la gente si assembri in ristoranti, pub, bar dotati di paytv. Dalla padella alla brace insomma. Anche qui le cose fatte a metà.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioAndrea Agnelli attacca la Champions League, troppo democratica da far competere l’Atalanta che è arrivata terza in serie A e non la Roma che invece è arrivata sesta. E’ la concezione americana dello sport che mette soldi e investimenti davanti a tutto. Ma molto banalmente questo non è sport puro, si va verso un calcio sempre più geneticamente ed economicamente modificato. Con i ricchi che hanno più diritti dei meno ricchi. Poi però quando la Superlega arriverà, qualcuno dirà ma questo che sport è? Non è mica giusto…
Non c’è molto da sorprendersi dell’affermazione di Andrea Agnelli, che ritiene ingiusta la presenza dell’ Atalanta in Champions League per un anno azzeccato e basta (terza classificata) e altrettanto ingiusta l’assenza della Roma per un anno sbagliato (sesta classificata). E’ perfettamente coerente alla sua concezione del calcio. Che non è la nostra e quella di molti altri. Posso supporre ad esempio che Antonio Percassi, ex calciatore, presidente dell’ Atalanta, e affermato imprenditore bergamasco, non sia affatto d’accordo. Ma questo è abbastanza scontato…
Nello sport, e dunque anche nel calcio, già i meccanismi di ranking, le teste di serie, le organizzazioni dei tornei e molte altre regole, proteggono le situazioni di vantaggio e di fatto di club e nazionali: nessun sorteggio ad esempio è assoluto e paritario. Ma evidentemente non basta. L’idea di Andrea Agnelli può essere perfino corretta se si concepisce il calcio da manager e business man come lui, ma profondamente sbagliata se si ritiene che il calcio – per quanto iperprofessionistico e industrializzato – sia ancora uno sport, ossia un’attività umana che premia chi corre o nuota più veloce, salta più in alto o più lontano, fa più canestri o punti dell’avversario, e idem per i gol. E’ necessario, nello sport, che la base di partenza resti ancorata a certi principi, più o meno democratici ed egualitari. Senza alcuna selezione o favoritismo preventivo. Sarà anche semplicistico ma lo sport questo è. Altrimenti ci cimentiamo tutti in qualcosa di diverso, differente, distante dallo sport stesso.
La concezione sportiva di Andrea Agnelli è figlia di una cultura sportiva americana e non europea, per altro incoerente e contrastante, nella società consumistica e ipercompetitiva sempre americana, con l’ideologia, la celebrazione, il rispetto e addirittura l’esaltazione sociale del self made man. Ossia l’uomo che si è fatto da solo, ha creato qualcosa di importante da zero, ha fatto soldi e dunque ha tutto il diritto di scalare la classifica sociale. Figuriamoci dunque quanto questo contrasti banalmente e modestamente con la concezione italiana – ma anche inglese direi – dello sport e del calcio, dove le nostre squadre sono state abituate dall’inizio del secolo scorso a strappare e guadagnarsi quelle poche vittorie possibili a chi per censo e nobiltà ha da subito approfittato di un potere economico vastissimo e superiore a tutti gli altri. Conservando, cementando, incrementando costantemente questa posizione di dominanza. L’affermazione di Andrea Agnelli è perfettamente in questo solco.
Il presidente della Juventus parla di rispetto e protezione degli investimenti. Giusto, ma non sono un obbligo e non siamo nel campo dell’imprenditoria classica. Per quanto ci si sforzi di modificarlo geneticamente ed economicamente, lo sport è anomalo sotto questo profilo: nella nostra banale e modesta concezione, ha un senso proprio perché sposta il piano del confronto dal piano economico e sociale e lo porta su un altro piano – competitivo, fisico, psicologico, tattico – rendendo così le posizioni di forza più aggredibili e scalabili. La Super Lega o un’ Atalanta eternamente condannata ad arrivare terza o quarta ma mai accettata nel ristretto cerchio dei più ricchi e degli eternamente forti, può avere una logica e un senso quando si parla di bilanci, di economia, finanza, investimenti. Ma non ha senso quando si parla di sport, fino a quando sarà inteso nella sua accezione classica, originale, autentica. Certo, se poi vogliamo ulteriormente modificarlo e stravolgerlo…
Essendo uomini di mondo sappiamo bene che prima o poi la Super Lega arriverà, perché i soldi (gli investimenti…) fanno anche le rgole, l’ Atalanta non sarà più accettata nel club degli eletti, e ci andrà qualcun altro al posto suo: a quel punto qualcuno dirà – all’opposto di Andrea Agnelli – ma che sport è questo dove se la giocano sempre gli stessi? Non è mica giusto, anzi non è nemmeno bello. Sarà abbastanza divertente a quel punto lavorare per sfasciare il giocattolo…
https://bocca.blogautore.repubblica....e-americana-d/
L'avvocato l'avrebbe preso a sberle con simili cagate.
Inviato dal mio VOG-L29 utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
Gazzetta
che pagliacciataI guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.
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Originariamente Scritto da salsa Visualizza Messaggioche pagliacciataI SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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Originariamente Scritto da CRI PV Visualizza MessaggioBe ma avere 3 400 persone non è come averne 40 50000I guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.
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