Attenzione: Calcio Inside! Parte III

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  • sylvester
    Bodyweb Senior
    • Dec 2004
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    Bene....
    Per.la vittoria intendo









    "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
    Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
    vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

    (L. Pirandello)

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    • CRI PV
      Mufasa
      • Nov 2007
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      • esperto a 360°
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      Juve: 34 partite (serie a, coppia italia, ucl, Supercoppa italiana) = 32 gol subiti
      Lazio: 33 partite (serie a, coppa Italia, uel, Supercoppa Italiana)= 32 gol subiti
      Inter: 33 partite (serie a, ucl, coppa Italia)= 34 gol subiti

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      • Sly83
        CAVETTERIA INCLUSIVA
        • May 2003
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        • Sly's GYM
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        Forse ma forse il problema grosso e’ nelle retrovie.
        Non ricordo in tempi recenti tanti gol presi dalla Juve a parita’ di periodo



        Originariamente Scritto da Giampo93
        Finché c'è emivita c'è Speran*a

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        • Venkman85
          Bodyweb Senior
          • Apr 2015
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          • Liguria
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          Originariamente Scritto da Sly83 Visualizza Messaggio
          Forse ma forse il problema grosso e’ nelle retrovie.
          Non ricordo in tempi recenti tanti gol presi dalla Juve a parita’ di periodo
          Per me ciò è dovuto a un centrocampo scarso che non crea gioco e fa poco filtro. Poi ovviamente l'assenza di uno come Chiellini pesa.

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          • Sly83
            CAVETTERIA INCLUSIVA
            • May 2003
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            • Sly's GYM
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            Il centrocampo e’ uno dei settori, a sensazione, piu’ “trascurati” dal calcio moderno, almeno dalla modernita’ bianconera



            Originariamente Scritto da Giampo93
            Finché c'è emivita c'è Speran*a

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            • Sly83
              CAVETTERIA INCLUSIVA
              • May 2003
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              • Sly's GYM
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              L’ultima Champions l’abbiamo vinta con Sousa, Deschamps, Jugovic, Di Livio, Conte, che si sono avvicendati.
              Per dire..



              Originariamente Scritto da Giampo93
              Finché c'è emivita c'è Speran*a

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              • marcu9
                Bodyweb Advanced
                • May 2009
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                • Sicilia
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                Auguri.



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                Originariamente Scritto da Sean
                Tu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.

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                • Sean
                  Csar
                  • Sep 2007
                  • 119882
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                  • In piedi tra le rovine
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                  Il Milan batte il Torino con un gol del solito Rebic. Ibrahimovic non fa molti gol, anzi ne fa decisamente pochi, ma da quando c’è lui è esploso il croato ex Fiorentina. Buttata alle spalle la rimonta e gli schiaffi del derby il Milan di Pioli ha preso a vincere e risalire la classifica. Se si mette a far gol pure Ibrahimovic tutto può succedere…

                  Milan-Torino 1-0
                  Non è un grande Milan – se a San Siro avesse incontrato una squadra meno disastrata del Torino, ormai alla quinta sconfitta consecutiva, non so se avrebbe vinto la partita – però è un fatto che da quando c’è Ibrahimovic, il Milan ha molti meno rovesci, gioca un calcio dignitoso, addirittura, spesso, vince.

                  Delle sei partite che Ibra è stato in campo, quattro le ha vinte, una l’ha pareggiata e una (il derby) l’ha persa. Giocandola però benissimo per almeno un tempo. Ibrahimovic non sempre ha fatto grandi partite, però ha sicuramente dato una frustata a un Milan troppo depresso. Ha segnato appena due gol, ma da quando c’è lui i gol li fa il croato Ante Rebic (cinque), vecchia conoscenza del calcio italiano (arrivò in Italia, appena ventenne, nel 2013 alla Fiorentina) ma fino ad oggi rimasto abbastanza nell’ombra.

                  Il far coppia con Ibrahimovic lo ha svegliato e responsabilizzato, più che fare la spalla ad Ibrahimovic, spesso Ibra la fa a lui. Il Milan avrebbe potuto fare altri gol al Torino, ma ne ha sbagliati di clamorosi davanti alla porta spalancata, compreso Ibrahimovic, che un po’ del suo killer instinct l’ha sicuramente perso (e infatti è uscito dal campo abbastanza nervoso e arrabbiato). Compensandolo ulteriormente però con quel suo fare altezzoso da re della foresta. Insomma funziona anche così.

                  Il Milan oggi ha un Ibra in più e non solo, un nuovo e più adatto modulo di gioco (4-2-3-1), qualche giocatori ritrovato e risvegliato. Oltre a Rebic adesso perfino Paquetà che era dato per scomparso. Il Milan è perfettamente a tiro di quinto posto almeno, per ottenere di più ci vorrebbero i gol a raffica di Ibrahimovic. A questo punto, in tempi di clamorosi ribaltoni e classifiche sovvertite, non si può escludere nulla.

                  SERIE A 2019-2020, GIORNATA N. 24 Lecce-Spal 2-1 (41' Mancosu rig. L, 47' Petagna S, 66' Majer L), Bologna-Genoa 0-3 (28' Soumaoro G, 44' Sanabria G, 90' Criscito rig. G), Atalanta-Roma 2-1 (45' Dzeko R, 50' Palomino A, 59' Pasalic A), Udinese-Verona 0-0, Juventus-Brescia 2-0 (39' Dybala J, 75' Cuadrado J), Sampdoria-Fiorentina 1-5 (8' Thorsby aut F, 18' Vlahovic rig F, 40' Chiesa rig F, 57' Vlahovic F, 78' Chiesa F), Sassuolo-Parma 0-1 (25' Gervinho F), Cagliari-Napoli 0-1 (65' Mertens N), Lazio-Inter 2-1 (44' Young I, 50' Immobile rig L, 69' Milinkovic Savic L), Milan-Torino 1-0 (25' Rebic M) *** Milan-Torino 1-0 Non è un grande Milan – se a San Siro avesse incontrato una squadra meno disastrata del Torino, ormai alla quinta sconfitta consecutiva, non so se avrebbe vinto la partita – però è un fatto che da quando c'è Ibrahimovic, il Milan ha molti meno rovesci, gioca un calcio dignitoso, addirittura, spesso, vince. Delle sei partite che Ibra è stato in campo, quattro le ha vinte, una
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
                  «nessun vincolo univa questi morti
                  nella necropoli deserta»

                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                  • Sean
                    Csar
                    • Sep 2007
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                    • In piedi tra le rovine
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                    Inter: il caso Eriksen, Padelli e l'addio al primo posto. Conte si scopre fragile

                    Adesso tocca inseguire: «Non siamo ancora grandi». Per il direttore sportivo Ausilio rinnovo fino al 2022

                    Il primo posto perso, un calendario difficile, Eriksen che da colpo di mercato si trasforma in caso, il problema del portiere. Ce n’è abbastanza per far tremare l’Inter. Però è la sottolineatura nuda e cruda di Antonio Conte a fotografare la situazione: «Non siamo ancora grandi».

                    La sconfitta dell’Olimpico contro la Lazio ha rimesso in discussione il pianeta nerazzurro, incline a facili entusiasmi e a drammatizzare i momenti negativi. Il secondo k.o. in campionato allarma, non è però una pietra tombale sulla stagione. L’ad Beppe Marotta e il direttore sportivo Piero Ausilio, che su proposta del presidente Steven Zhang ha rinnovato fino al 2022, hanno analizzato la partita con Conte. Il tecnico ha poi parlato alla squadra: niente toni eccessivi, ma ha bollato come inammissibili certi errori.

                    L’Inter si gioca molto del suo futuro nei prossimi quindici giorni, a cominciare dal match (facile) di giovedì con i bulgari del Ludogorets, in cui non ci sarà l’influenzato Bastoni. L’Europa League, considerata quasi una seccatura, rischia di trasformarsi in un’ancora di salvezza. All’orizzonte i nerazzurri vedono lo scontro del 1° marzo con la Juventus: non perdere è vitale per tenere aperto il discorso scudetto. Quattro giorni dopo (il 5 marzo) l’Inter si gioca un posto in finale di Coppa Italia con il Napoli: lo 0-1 dell’andata è ribaltabile, ma al San Paolo serve un’impresa e giocatori in grado di farla.

                    Uno di questi dovrebbe essere Christian Eriksen. Conte è finito sotto accusa per aver fatto giocare solo 18 minuti il centrocampista contro la Lazio. Critiche non proprio centrate, spesso eccessive. Il danese non ha ancora il passo giusto per la serie A, non conosce gli schemi e per nulla la fase difensiva. Con il Ludogorets dovrebbe giocare dall’inizio, ma resta un giocatore da aspettare e inserire: può cambiare la partita con un colpo, ma ora non è capace di gestirla. Conte ha aspettative fisiche alte, Eriksen allo stato non le soddisfa. Per questo il tecnico aveva chiesto Arturo Vidal, il cileno conosceva la serie A e il sistema di gioco.

                    Così l’Inter si interroga, valuta i rischi futuri e gli errori passati. All’Olimpico la sconfitta è arrivata per errori individuali: «Abbiamo regalato due gol», ha sentenziato l’allenatore. Non aver preso un portiere in estate è diventato un problema non appena Handanovic (rientrerà con la Samp) si è fermato. Un errore di valutazione di tutti, dirigenza e staff tecnico. Essere stati costretti ad affidarsi a Padelli, inattivo da tre anni e in scadenza a giugno, è stato un azzardo pagato carissimo.

                    Il vero salto però l’Inter deve farlo a livello mentale per reggere negli scontri diretti. In vantaggio con Borussia, Barcellona e Lazio si è fatta superare, con la Juve ha perso, con Atalanta e Roma si è fermata al pari. Per vincere «bisogna avere voglia di continuare a crescere», ha detto Conte. E non sentirsi fenomeni prima di esserlo per davvero. La strada è lunga, il rischio di buttarsi via esiste. Ma la possibilità di arrivare in fondo anche. L’Inter deve decidere chi e cosa vuole essere: ha quindici giorni di tempo.


                    CorSera
                    ...ma di noi
                    sopra una sola teca di cristallo
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                    «nessun vincolo univa questi morti
                    nella necropoli deserta»

                    C. Campo - Moriremo Lontani


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                    • Sean
                      Csar
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                      • In piedi tra le rovine
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                      Lazio, dal leader difensivo Acerbi alla macchina da gol Immobile: ecco perché si può sognare lo scudetto

                      La squadra biancoceleste, dopo aver battuto l'Inter nel big match della 24esima giornata, è seconda a -1 dalla Juventus: non si può più parlare di sorpresa, il gruppo di Inzaghi ha le qualità per lottare fino all'ultimo per il titolo

                      Diciannove risultati utili consecutivi, con 15 vittorie - di cui 11 di seguito - e 4 pareggi. La migliore difesa del campionato e il secondo miglior attacco. Soprattutto, ha piegato le due concorrenti per lo scudetto: due volte la Juve, nel giro di 15 giorni (la seconda in Supercoppa), e domenica sera l'Inter di Conte, sorpassata in classifica. Così adesso la super Lazio di Simone Inzaghi è seconda a un punto dalla squadra di Sarri e non è più la sorpresa del campionato: sono perfettamente consapevoli, i biancocelesti, di avere le qualità per lottare fino alla fine per lo scudetto, traguardo impensabile a inizio stagione (anche se il nostro Gianni Mura l'aveva inserita tra le candidate al titolo).


                      Un gruppo consolidato

                      Costruita per centrare finalmente l'obiettivo Champions, la Lazio è migliorata partita dopo partita, puntando su un gruppo di giocatori che è lo stesso da anni: "Tra me e i ragazzi c'è l'alchimia giusta", ripete sempre Simone Inzaghi, che in questa stagione ha alternato i suoi uomini con più regolarità rispetto al passato. Lazzari è l'unico titolare arrivato la scorsa estate, bravo a inserirsi subito negli schemi della squadra. Che ora è indicata come la più equilibrata e completa della Serie A, visto che difende con ferocia e attacca con qualità. A proprio agio con il 3-5-2 di Inzaghi, la Lazio gioca ormai a memoria. Il vero segreto è il centrocampo, composto da giocatori perfettamente complementari: c'è l'intelligenza tattica di Leiva, il genio di Luis Alberto, la potenza di Milinkovic, il dinamismo di Lulic, la velocità di Lazzari. E i ricambi funzionano: Cataldi è finalmente maturato, l'esperto Parolo rappresenta una garanzia, Jony e Marusic appaiono in crescita. Per questo la Lazio non è tornata sul mercato a gennaio, dando fiducia a un gruppo che si sente forte e viaggia alla grande.


                      Acerbi, il leader difensivo

                      In difesa, Acerbi è il leader capace di trascinare i compagni nei momenti più complicati delle partite. Infaticabile, gioca sempre: il 27 gennaio 2019 l'ultima assenza. È stato decisivo anche con l'Inter, con i suoi salvataggi su Lukaku. Accanto a lui, evidenti i progressi di Luiz Felipe e Patric, la sorpresa stagionale, mentre Radu è uno dei fedelissimi di Inzaghi. Quando è stato chiamato in causa, anche Bastos ha risposto con prestazioni convincenti. E Strakosha, non impeccabile contro l'Inter, ha regalato punti con parate a volte miracolose.


                      Immobile, la macchina da gol

                      Poi c'è Immobile. Strepitoso il campionato del centravanti biancoceleste, arrivato a quota 26 reti in 24 gare (in stagione sono 32, nazionale compresa): in testa alla classifica della Scarpa d'Oro, per la Lazio Immobile è imprescindibile. Non solo per i gol: formidabile il suo contributo nel pressing. Non si risparmia mai, l'attaccante di Torre Annunziata. Decisivo anche l'apporto di Correa, soprattutto nella prima parte della stagione, e poi di Caicedo, che ha portato 6 punti con i suoi 8 gol, molti segnati nel recupero.


                      Milinkovic, il top player

                      Contro Juve e Inter, però, l'uomo in più è stato Sergej Milinkovic, ormai top player di livello internazionale. In campionato, il gigante serbo ha colpito le due squadre nello stesso modo: di sinistro, all'Olimpico, nella porta sotto la curva Sud. Una perla la rete rifilata ai bianconeri, con stop di destro - assist strepitoso di Luis Alberto detto il Mago - e poi diagonale preciso all'angolo. Ma i tifosi laziali, che lo amano perdutamente, hanno apprezzato molto anche il piattone mancino con cui ha trafitto Padelli. E lui, Milinkovic, in versione legionario si diverte a dare un consiglio ai suoi fan su Instagram: "Affrontate settimana con la carica con cui il Sergente affronta partita". Sembra Boskov, invece è il "marziano" di questa bellissima Lazio in corsa per lo scudetto.

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                      C. Campo - Moriremo Lontani


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                      • Sean
                        Csar
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                        • In piedi tra le rovine
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                        Lazio, il tocco di Inzaghi che moltiplica i talenti: ora in vetrina c'è lui

                        A Formello sono cresciuti tutti e adesso Simone piace anche al Barcellona

                        Guadagna un terzo di Sarri e un quinto, quasi un sesto di Conte, però è lassù con loro: a ridosso della Juve e davanti all’Inter, che ha appena annichilito e scavalcato.

                        Del resto Inzaghi è abituato a moltiplicare il valore non solo di se stesso, ma anche dei calciatori che gli mettono in mano. Ha trascinato la Lazio a un punto dal primo posto con un gruppo costruito in economia, tra scarti di club grandi e meno grandi e potenziali talenti pescati in giro per il mondo. Ci ha lavorato e li ha cresciuti, benché il primo che avesse necessità di maturare fosse proprio lui, l’allenatore, il quale ha mollato la squadra Primavera ed è sbarcato nel calcio dei grandi nemmeno quattro anni fa, nell’aprile 2016, quando Lotito ha deciso di far fuori Pioli. Oggi raccoglie i frutti quasi proibiti di questo percorso, puntando addirittura lo scudetto, dopo essersi già preso tre coppe lungo la strada.


                        Ha ricostruito Immobile, pagato 9,5 milioni scarsi, una miseria per un centravanti che era già stato capocannoniere della serie A; ha rilanciato Leiva e Luis Alberto, il vecchio e il giovane messi da parte dal Liverpool, costati 10 milioni (in due); ha accompagnato la trasformazione da promessa a fenomeno di Milinkovic-Savic, la cui oscillante valutazione ha raggiunto vette di oltre 100 milioni; ha fatto diventare giocatori da scudetto Strakosha e Luiz Felipe, ex riserve della Salernitana in B, così come Acerbi e Lazzari, da anni sotto gli occhi di tutti i club italiani, per non direi dei vecchi Radu, Lulic, Caicedo. Ha trasformato in oro quasi tutto ciò che ha toccato, Inzaghi, compreso il titolo del club che ieri in Borsa ha guadagnato oltre il 12% raggiungendo una quotazione mai toccata dal 2004. E pensare che l’ingaggio dell’allenatore non supera i due milioni più bonus. Il fatto che tra questi bonus ci sia lo scudetto la dice lunga sui sogni laziali di inizio stagione, diventati adesso speranze.

                        In Spagna c’è chi scrive che il Barcellona sta seguendo Inzaghi. Di sicuro a lui hanno pensato la Juve e il Milan nella scorsa primavera, prima di orientarsi su Sarri e Giampaolo. Chissà se qualcuno si è pentito. E chissà se ci potrà essere un ritorno di fiamma. Il contratto di Inzaghi scadrà nel giugno 2021, convincere la Lazio a lasciarlo partire in anticipo sarà praticamente impossibile, né lui sembra pensare ad altro se non allo scudetto che vorrebbe riportare in biancoceleste vent’anni dopo quello vinto da centravanti. Dicono che al Barcellona piacciano i suoi metodi e i suoi risultati, alla Juve anche i suoi modi. Che sono quelli di un uomo equilibrato, quasi mai sopra le righe (anche se la partita con l’Inter gli è costata la cravatta, che ha perso durante la gara: se ne è dovuto far prestare un’altra per andare in tv). Il massimo della trasgressione? Qualche coro nello spogliatoio dopo questa vittoria. Ma ha subito recuperato il suo aplomb: la Lazio ha solo 14 partite da giocare, al contrario delle due concorrenti che hanno anche le Coppe, e lui non vuole sottovalutarne nemmeno una. Potrebbe valere lo scudetto.

                        CorSera
                        ...ma di noi
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                        • Sean
                          Csar
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                          Guardiola si allontana dalla Juve, l'agente: "Pep rispetta i contratti, resta al City"

                          Il tecnico catalano, fortemente cercato dai campioni d'Italia, non lascerà Manchester al termine dell'attuale stagione, nemmeno se il Tas di Losanna dovesse confermare l'esclusione dalle coppe europee per i prossimi due anni

                          Pep Guardiola non si muoverà da Manchester, anche se il Tas di Losanna dovesse confermare l'esclusione dalle coppe europee per i prossimi due anni decisa dall'Uefa. A gelare la Juventus che nell'ultimo periodo, seppur non esplicitamente, ha manifestato la volontà di portare il tecnico catalano a Torino, è l'agente dell'ex Barcellona, Josep Maria Orobitg, in un'intervista al quotidiano spagnolo El Mundo. "Guardiola rispetta sempre i suoi contratti e quello con il City scade nel giugno 2021".


                          Stampa inglese unanime su Pep

                          E questa mattina la stampa inglese appare abbastanza concorde nell'affermare che il tecnico voglia onorare anche l'ultimo anno del suo contratto col club, anche a costo di rimanere fuori, per la prima volta in carriera, dalla Champions. Il City è comunque fiducioso di poter ribaltare la condanna in appello e spera che la permanenza di Guardiola possa frenare l'emorragia di top-player. Se il tecnico intende rimanere, lo stesso non può dirsi di tutti i calciatori tanto che, stando al Times, all'Etihad avrebbero già messo in conto di perdere alcuni big a fine stagione. Sabato scorso Guardiola ha tenuto a rapporto la squadra invitandola a concentrarsi sugli obiettivi ancora raggiungibili da qui a giugno - Champions, FA Cup e Coppa di Lega - ma è chiaro che alcuni elementi stanno già valutando il da farsi davanti alla prospettiva di non giocare in Europa nelle prossime due stagioni. Fra questi Raheem Sterling, per il quale il Real Madrid sarebbe pronto a fare follie. L'attaccante inglese ha fatto sapere tramite il suo agente di non voler pensare che al campo da qui al termine della stagione, "senza farsi distrarre dalle voci di mercato" ma è chiaro che il suo futuro, così come quello dei vari Aguero, De Bruyne e Laporte, è più incerto che mai.

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                          sopra una sola teca di cristallo
                          popoli studiosi scriveranno
                          forse, tra mille inverni
                          «nessun vincolo univa questi morti
                          nella necropoli deserta»

                          C. Campo - Moriremo Lontani


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                          • Sean
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                            Champions, si riparte con Atletico Madrid-Liverpool e Dortmund-Psg. Atalanta e Napoli sognano, la Juve non può fallire

                            Riapre i battenti la competizione con l'andata degli ottavi: prime 4 gare questa settimana, le altre 4 la prossima. Gli uomini di Gasperini a Milano sperano di sorprendere gli spagnoli. Il Tottenham va all'assalto del Lipsia

                            Con l'andata delle supersfide di ottavi Atletico Madrid-Liverpool e Borussia Dortmund-PSG riapre i battenti la Champions League. Per Tuchel, tecnico dei parigini, è un ritorno a casa visto che ha allenato i gialloneri per due stagioni vincendo una Coppa di Germania ("Sarà emozionante, Neymar giocherà", ha preannunciato). Sul fronte opposto Lucien Favre pare avere le idee chiare: "Il Psg è una squadra molto pericolosa quando è in possesso della palla, attacca molto velocemente. La chiave sarà la difesa". Il Liverpool, che sembra stia vivendo la la stagione più esaltante della sua lunga storia in campionato (25 vittorie e un pari, 76 punti e scudetto matematico vicino), punta a fare la voce grossa a Madrid. Klopp ha una macchina perfetta con una grande difesa, dominio sulle fasce, mediana robusta e dinamica, oltre alle frecce Mané e Salah e al regista offensivo Firmino. Ma il tecnico sa che non può fidarsi dell'Atletico malgrado appaia in una stagione di transizione: 1 vittoria e 2 ko nelle ultime 5 sfide testimoniano la difficoltà dei 'colchoneros' che segnano poco ma hanno una difesa coi fiocchi. Ci vorrà un'impresa, però, per fermare al Wanda i campioni in carica.

                            L'Atalanta sogna di sgambettare il Valencia

                            L'attenzione degli sportivi italiani questa settimana è tutta per l'Atalanta che, mercoledì sera a Milano contro il Valencia, punta a confermare anche in Europa i grandi progressi, sul piano della qualità di gioco e della personalità, già mostrati in Italia. I nerazzurri sono sulla carta sfavoriti ma il momento appare ideale per sfidare la squadra di Celades e dell'ex romanista Florenzi che, evidentemente, ancora non si è ripresa dall'inattesa eliminazione nei quarti dii Coppa del Re, ad opera del Granada. Nelle ultime due giornate della Liga ha racimolato appena un punto in due partite perdendo malamente (3-0) a Getafe e poi pareggiando 2-2 in casa contro l'Atletico Madrid. Risultati che l'hanno fatta scivolare al 6° posto, a -2 dalla zona Champions. Sempre mercoledì sera si giocherà a Londra l'affascinante confronto tra i vice-campioni d'Europa del Tottenham che sembrano aver preso il giusto abbrivio (7 risultati utili di fila tra Premier e coppe) e il sorprendente Lipsia di un altro ex romanista, Schick, che in Bundesliga sta tenendo testa (è a -1 dalla vetta) alla corazzata Bayern.

                            La Juventus va a Lione per ripetersi


                            Per vedere in scena la Juve bisognerà attendere la prossima settimana. I bianconeri, che hanno dichiaratamente nella Champions il loro primo obiettivo stagionale, non possono fallire mercoledì contro il Lione, in caduta libera in campionato (è 11° a -6 dalla zona Europa). L'andata in Francia rievoca bei ricordi. Nel 2014 fu 0-1 firmato Bonucci, nel 2016 identico punteggio con gol di Cuadrado dopo che gli uomini di Allegri erano rimasti in 10 per l'espulsione di Lemina. La speranza è che si ripeta il proverbio 'non c'è due senza tre'...

                            Il Napoli prova a sorprendere il Barcellona


                            Prima della Juve scenderà in campo il Napoli che, martedì 25, ospiterà al San Paolo una delle principali pretendenti alla vittoria finale, il Barcellona. Un mese fa gli azzurri si sarebbero nascosti pur di evitare brutte figure. Le 5 vittorie nelle ultime 6 uscite, invece, hanno riportato una tonificante ventata d'entusiasmo negli uomini di Gattuso. Il divario tra i due club resta evidente ma le recenti sconfitte incassate in trasferta dia catalani (2-0 in campionato a Valencia e 1-0 a Bilbao in coppa con conseguente eliminazione) fanno sognare i tifosi partenopei. Un risultato positivo, dopotutto, non è impossibile.

                            Per il City la sfida col Real vale più di una stagione


                            In programma c'è anche Chelsea-Bayern Monaco, attesa rivincita della finale del 2012, in cui i bavaresi vennero beffati in casa ai rigori, e, perché no, anche della Supercoppa Europea 2013 in cui i Blues si videro raggiungere al 120' e poi capitolarono a loro volta nei tiri finali dagli 11 metri. 'Dulcis in fundò fari su quella che è una sorta di finale anticipata, ovvero Real Madrid-Manchester City. Per i Citizens è diventato un appuntamento da non sbagliare dopo il fallimento in Premier (è a -15 dal Liverpool capolista) e la recente decisione della Uefa di escluderli per due anni dalle coppe europee per non aver rispettato il Financial Fair Play. Sarà interessante verificare se l'aria di Europa restituirà brillantezza gli uomini di Guardiola (destinato ad andar via a fine stagione) che nelle ultime due gare hanno mostrato un calo preoccupante (sconfitta nel derby con lo United in Coppa di Lega e 2-0 rimediato dal Tottenham).

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                            sopra una sola teca di cristallo
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                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                              Champions, Haaland sfida Mbappé: l’attacco al Liverpool comincia dai cannonieri. Mentre il Barça paga per criticare Messi

                              La squadra di Klopp, che sta dominandola Premier, parte dal match con l’Atletico

                              Haaland contro Mbappé e tutti contro Klopp. La Champions League riparte e presenta subito la squadra campione in carica (Liverpool) e una delle pretendenti al trono (Paris Saint Germain). Il rullo compressore della Merseyside fa visita all’Atletico Madrid e si presenta con numeri terrificanti: 36 partite vinte in stagione su 42, 3 pareggiate (Napoli in Champions, Man United in campionato, Shrewsbury Town in FA Cup) e solo tre perse (sempre Napoli in Champions, Man City ai rigori nella Community Shield e Aston Villa nella Coppa di Lega giocata con i ragazzini). A inizio febbraio i Reds sono già qualificati aritmeticamente per la prossima edizione di Champions e, anche se Klopp ha indicato la Juve come favorita, sognano il bis.

                              L’Atletico Madrid è lontano parente delle Banda Simeone che rendeva dura la vita a ogni avversario e aveva trasformato il suo campo in un fortino. La perdita in attacco di Griezmann non è stata adeguatamente sanata; João Félix, acquistato in estate per 126 milioni di euro versati al Benfica, è un grande talento ma ancora discontinuo.


                              Amarcord per l’allenatore del Psg, Thomas Tuchel, che ritorna sul campo del Borussia Dortmund: «Sarà speciale giocare qui. Dobbiamo essere preparati mentalmente. È il momento di mettere in mostra le nostre qualità. Neymar giocherà sicuramente. Ha la capacità di fare le cose decisive. Porta sicurezza e creatività». Con Mbappé e Icardi forma un attacco che può puntare fino in fondo.

                              Il Borussia, che ha eliminato nei gironi l’Inter di Antonio Conte, metterà in mostra il wonder boy Erling Haaland, comprato nel mercato di gennaio dal Salisburgo: con la maglia giallonera ha segnato 9 gol in 6 partite tra Bundesliga e Coppa di Germania; con gli austriaci, nel girone di Champions che vedeva in lizza anche Liverpool, Napoli e Genk, ne aveva fatti 8 in 6 presenze. Una terrificante macchina da gol.

                              Il Barcellona giocherà solo martedì 25 febbraio, al San Paolo contro il Napoli di Gattuso, ma lunedì ha riempito lo stesso i media di tutto il mondo. Secondo il programma «Que t’hi jugues», trasmesso dal colosso radiofonico Cadena Ser, il club avrebbe commissionato a un’agenzia di comunicazione, la I3 Ventures. una serie di account fittizi su Twitter e Facebook per attaccare personaggi scomodi alla presidenza e promuovere invece l’immagine della giunta direttiva, a partire dal presidente Josep Maria Bartomeu.

                              La stampa spagnola ha via via pubblicato schermate di messaggi, risalenti fino al 2017, che hanno fatto scoppiare lo scandalo. Lionel Messi era criticato per la lentezza nel rinnovare il suo contratto in scadenza; Gerard Piqué per i suoi «affari personali», a partire dall’organizzazione del nuovo format della Coppa Davis di tennis. Tra i bersagli anche Antonella Roccuzzo, la moglie di Messi; Pep Guardiola; Xavi; Carles Puyol; i possibili rivali per la presidenza Font, Laporta e Benedito; Jaume Roures, presidente di MediaPro. Dettaglio importante: il club avrebbe pagato un milione di euro in sei fatture separate, importo inferiore alla soglia che richiede il voto dei sostenitori-azionisti del club.

                              Il Barça ha risposto che «I3 Ventures lavora per il club ma non è in alcun caso collegato a pagamenti di questo genere. Se fosse dimostrato che esiste una relazione del genere, il club risolverà immediatamente il suo contratto e intraprenderà azioni legali a difesa dei propri legittimi interessi».



                              CorSera
                              ...ma di noi
                              sopra una sola teca di cristallo
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                              C. Campo - Moriremo Lontani


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                              • sylvester
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                                Originariamente Scritto da marcu9 Visualizza Messaggio
                                Auguri.



                                Inviato dal mio VOG-L29 utilizzando Tapatalk
                                Da quando Baggio non gioca più....
                                Non è più domenica.

                                Cit.
                                Last edited by sylvester; 18-02-2020, 12:30:22.









                                "Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
                                Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
                                vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".

                                (L. Pirandello)

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