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Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Niente continua il supplizio che va avanti da oltre un mese. L atalanta è nettamente più matura per andare in champions al momento.
Adesso gradirei, se posso chiedere almeno questo che questo finale di stagione non si trasformi in una via crucis. Onorare almeno l'europa league è chiedere tanto?
Altrimenti cominciamo a parlare di friedkin, di stadio, di futuro che non diventa mai presente.Last edited by marco83; 15-02-2020, 23:53:07.
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Originariamente Scritto da marco83 Visualizza MessaggioNiente continua il supplizio che va avanti da oltre un mese. L atalanta è nettamente più matura per andare in champions al momento.
Adesso gradirei, se posso chiedere almeno questo che questo finale di stagione non si trasformi in una via crucis. Onorare almeno l'europa league è chiedere tanto?
Altrimenti cominciamo a parlare di friedkin, di stadio, di futuro che non diventa mai presente.
Petrachi è praticamente in partenza e, per aver raccontato di essere stato negli spogliatoi a spronare la squadra, lo hanno maciullato tutti. Pallotta è un fantasma o forse ormai il nulla, visto che è sparito e sta per lasciare. Gli altri sono figure talmente diafane che è inutile anche nominarle.
Resta al solito l'allenatore, che è a scandenza pure lui.
Chi può orientare sul presente la squadra? Perchè a Roma parlano da settimane di Friedkin, di stadio, di questo e di quello e di calcio non si parla più, come se fosse orpello accessorio. Interessa la cornice, non più il quadro...come se la stagione fosse chiusa quando invece è ancora aperta.
E' questa arrendevolezza fuori che porta poi a perdere dentro il campo. Al solito si deve constatare una serie di elementi disorganici, sciolti, ciascuno per i fatti suoi in attesa del proverbiale futuro....ma di noi
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Originariamente Scritto da robybaggio10 Visualizza MessaggioPure l'Udinese fece un ciclo simile, poi e' tornata nei ranghi. Il sogno finira' presto.B & B with a little weed
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Mi sa che per noi si sta complicando un pò troppo l'approdo in champion's...
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori".
(L. Pirandello)
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Inviato dal mio VOG-L29 utilizzando TapatalkOriginariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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Originariamente Scritto da Liam & Me Visualizza MessaggioBeh, simile fino ad un certo punto.I SUOI goals:
-Serie A: 189
-Serie B: 6
-Super League: 5
-Coppa Italia: 13
-Chinese FA Cup: 1
-Coppa UEFA: 5
-Champions League: 13
-Nazionale Under 21: 19
-Nazionale: 19
TOTALE: 270
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Petrarchi ha fatto un buon lavoro in estate
Imho se la Roma lo caccia fa un errore
Ma poi in sto discorso della nuova proprietà.. ad oggi di concreto cosa c’è ?Originariamente Scritto da Seanfaccini, kazzi, fike, kuli
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Originariamente Scritto da marco83 Visualizza MessaggioNiente continua il supplizio che va avanti da oltre un mese. L atalanta è nettamente più matura per andare in champions al momento.
Adesso gradirei, se posso chiedere almeno questo che questo finale di stagione non si trasformi in una via crucis. Onorare almeno l'europa league è chiedere tanto?
Altrimenti cominciamo a parlare di friedkin, di stadio, di futuro che non diventa mai presente.
Perdere a Bergamo, in questo momento dove loro sono una macchina perfetta, ci sta, almeno non hai "sbragato" ed hai cercato di portare a casa un buon risultato.
Sarà difficile recuperare terreno, il passaggio societario proprio non ci voleva, è l'alibi perfetto per tutti, DS, allenatore e giocatori, dove ognuno cerca di salvare le proprie terga a discapito del risultato sportivo.
Sugli infortuni non fa notizia parlarne, costretto ad adattare in continuazione modulo, giocatori, approccio all'avversario, tirando fuori dalla naftalina ex calciatori oramai spariti o aggrappandoti a giovani che speri si faranno.
Ovviamente, non mi spiegherò mai cosa succede alla Roma dopo le feste di Natale, ogni anno dal 1927, con rare eccezioni.
Inviato dal mio VTR-L09 utilizzando Tapatalksigpic
Free at last, they took your life
They could not take your PRIDE
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L’Atalanta delle sorprese e dei miracoli rimonta il gol di Dzeko e batte la Roma in un match molto pesante, forse decisivo, per la qualificazione Champions League: ora sono sei i punti di distacco sulla Roma di Fonseca. Che continua a perdere troppo partite, prendere troppi gol e scendere molto in classifica. Ma Fonseca ha fiducia e si dice convinto di poter riprendere in mano la situazione e uscire dall’incubo
Atalanta-Roma 2-1
L’ Atalanta è una squadra dura, che non si perde mai d’animo, che ha sufficiente carattere e qualità per vedersela con qualsiasi avversario. La vittoria sulla Roma, in rimonta, è molto pesante: mette i bergamaschi in una botte di ferro, manda sotto la squadra di Fonseca di ben 6 punti dal quarto posto. Che diventano sette per il vantaggio negli scontri diretti. L’ Atalanta è arrivata nel momento top della stagione, la prossima settimana se la vedrà col Valencia in Champions League. Mentre la Roma arranca forte nel tentativo disperato di afferrare un traguardo che aveva già fallito lo scorso anno: oggi la Roma di Fonseca è una squadra in crisi.
“Io e Ilicic – ha detto Papu Gomez – stiamo facendo la storia dell’ Atalanta”. Non ci sono solo loro nella storia dell’Atalanta ovviamente, c’è soprattutto Gasperini che questa squadra maneggia con capacità straordinarie. E’ un comandante anche fortunato come giustamente si richiede agli allenatori bravi e vincenti: nel momento in cui decide di mettere dentro Pasalic, quello dopo 19’’ segna il gol vittoria, con un tiro perfetto quasi da biliardo.
Per la Roma perdere a Bergamo può starci benissimo, ha giocato persino discretamente per una buona metà partita, Fonseca ha cercato di coprire un po’ di più la squadra con Mancini a fare il mediano davanti alla difesa. Il problema grave della Roma è che la sconfitta di Bergamo si aggiunge comunque a troppe altre: è il quinto ko in 7 partite di campionato dall’inizio dell’anno, e diventano 6 su 8 se ci mettiamo dentro anche la Coppa Italia. Fonseca appare abbastanza tranquillo e fiducioso di riprendere la situazione in mano e uscire dall’incubo. Ma riportare la Roma in Champions League potrebbe essere a questo punto un traguardo quasi compromesso.
SERIE A 2019-2020, GIORNATA N. 24 Lecce-Spal 2-1 (41' Mancosu rig. L, 47' Petagna S, 66' Majer L), Bologna-Genoa 0-3 (28' Soumaoro G, 44' Sanabria G, 90' Criscito rig. G), Atalanta-Roma 2-1 (45' Dzeko R, 50' Palomino A, 59' Pasalic A), Udinese-Verona 0-0, Juventus-Brescia 2-0 (39' Dybala J, 75' Cuadrado J), Sampdoria-Fiorentina 1-5 (8' Thorsby aut F, 18' Vlahovic rig F, 40' Chiesa rig F, 57' Vlahovic F, 78' Chiesa F), Sassuolo-Parma 0-1 (25' Gervinho F), Cagliari-Napoli 0-1 (65' Mertens N), Lazio-Inter 2-1 (44' Young I, 50' Immobile rig L, 69' Milinkovic Savic L), Milan-Torino 1-0 (25' Rebic M) *** Lazio-Inter 2-1 Juve 57, Lazio 56, Inter 53. Fuori dell'Olimpico si sentono i clacson dei tifosi della Lazio che da tempo ormai sono passati dall'incredulità all'entusiasmo. La Lazio ha battuto l' Inter in una partita combattuta, ma sostanzialmente meritata. La Lazio ci ha messo più cuore, più decisione, ma soprattutto tutto questo entusiasmo lo rovescia su una squadra da anni molto...ma di noi
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Lazio-Inter, Conte ritrova la supercoppia Lukaku-Lautaro ma non risolve il dubbio Eriksen-Barella
«Noi e loro siamo soltanto due outsider». I nerazzurri in trasferta viaggiano a mille: finora nove vittorie e due pareggi
Per Antonio Conte Inter e Lazio «sono due outsider del campionato», giudizio riduttivo, per sé e Simone Inzaghi e per inquadrare la sfida tra prima e seconda. La partita dell’Olimpico è tra vere pretendenti allo scudetto e porta in campo 107 punti, un record per la serie A alla 24ª giornata. L’Inter capolista è da inizio stagione la designata anti-Juventus, la Lazio lo è diventata cammin facendo e, da quando fu sconfitta a San Siro dai nerazzurri un girone fa, non ha più perso. La squadra di Conte il primo posto l’ha invece costruito soprattutto in trasferta, dove non ha lasciato giù quasi nulla: nove vittorie e appena due pari, con Fiorentina e Lecce. In più all’Olimpico i nerazzurri hanno vinto le ultime tre sfide. È una partita scudetto, mimetizzata da sfida non decisiva, chi perde zavorra la classifica e la testa: il rischio è altissimo per entrambi, visto l’impegno della Juventus con il Brescia. L’Inter è a un punto di svolta, oggi la Lazio e tra due settimane lo scontro allo Stadium con i bianconeri, abbastanza per capire quale piega prenderà il finale di stagione.
Conte sta coperto per non far schizzare alle stelle aspettative già altissime, ma al primo anno ha sempre vinto e farlo di nuovo lo trasferirebbe, quasi di diritto, dalla galleria dei grandi a quella dei mostri sacri. All’Olimpico si presenta con la miglior difesa del campionato, appena 20 reti incassate come pure la Lazio. Ritrova, dopo due turni di squalifica, Lautaro ammaliato dalle sirene mai mute del mercato. Il corteggiamento del Barcellona, deciso a pagare la clausola di 111 milioni, è però per Conte «un chiacchiericcio che conta zero». Piuttosto il tecnico si affida al suo Gigante, Romelu Lukaku. Il belga in trasferta è stato una sentenza con già 12 reti in appena undici giornate.
Chi resta ancora tra i sospesi è Christian Eriksen. Il danese si gioca una maglia da titolare con Barella più che con Vecino, l’uruguaiano dovrebbe esserci e piantonare Milinkovic-Savic. «Eriksen può incidere quando entra, lo vedrete dall’inizio quando lo riterrò opportuno. A Udine farlo partire titolare è stata una forzatura». Cominciare con lui non sarebbe poi così strano. Il tecnico deciderà, ma senza l’infortunato Sensi (resterà in panchina anche Handanovic, in porta va Padelli), il danese è un’imprevedibile variabile da potersi giocare.
L’Inter deve provare a cancellare la sconfitta di Coppa Italia con il Napoli, un’altra di quelle squadre come Fiorentina, Cagliari e Lecce, che hanno scelto di aspettare i nerazzurri. La Lazio invece una sua identità precisa ce l’ha, è pericolosa, ha qualità e «viene da partite giocate come prove di forza evidenti. Però come noi vogliono vincere, quindi se la giocheranno».
La sottolineatura è una speranza per Conte, l’Inter si è guadagnata lo status di grande, molti la temono e pensano solo a chiudersi e ripartire, a grattare via un punto. Un atteggiamento che la Lazio non può proprio permettersi. Si affrontano due squadre con difese ermetiche e attacchi stratosferici, il secondo (Lazio 53 gol) e il terzo (Inter 48) della serie A, le formazioni con la più alta percentuale di tiri nello specchio: 54,3% Inter, 51,4% Lazio. Praticamente pari in tutto, di fatto equivalenti, simili pure nel modulo e nel modo di stare in campo.
Una sfida sul filo dell’equilibrio, rotto da Conte solo per bocciare l’idea della Var a chiamata: «Non mi piace. Chi sta davanti al video che fa? Io non devo chiamare nessuno, ho già tanti pensieri durante la partita...». Ma se esce indenne dall’Olimpico ne avrà uno solo: lo scudetto.
CorSera...ma di noi
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Lazio-Inter, Inzaghi non si nasconde: «È da scudetto, lo dice la classifica. E fa davvero un bell’effetto sentirlo»
Lulic fuori, ci sarà Jony, pronti i trascinatori: Immobile, Luis Alberto e Milinkovic-Savic. Il tecnico: «Il fatturato non conta. Ci stiamo provando, vogliamo rimanere in alto più a lungo possibile»
L’ultima volta che la Lazio ha perso una partita di campionato, era ancora settembre e l’estate era finita da tre giorni. A batterla è stata l’Inter, che con quella vittoria l’ha più che doppiata: 15 punti a 7. Immobile era finito in panchina per punizione (aveva contestato platealmente una sostituzione nella gara precedente, contro il Parma) e c’era perfino chi chiedeva la testa di Inzaghi. Il quale, oggi che si gioca un pezzo piccolo — ma nemmeno tanto — di scudetto proprio contro i nerazzurri, dice: «Sappiamo da dove siamo partiti, non dimenticheremo da dove arriviamo».
Da quel 25 settembre, la Lazio ha vinto 14 volte e pareggiato 4. È la striscia di imbattibilità più lunga nella storia del club e si aggiunge al record di vittorie consecutive (11) interrotto dall’1-1 nel derby. Se riuscisse a venirne fuori anche stasera, la squadra romana completerebbe un girone intero senza sconfitte.
Dettagli numerici di non eccessivo interesse, ormai. L’obiettivo della Lazio, messo nel mirino attraverso un autunno e una prima parte d’inverno senza precedenti, non è più stabilire un primato ma centrare il bersaglio grosso: lo scudetto. La sfida contro l’Inter è una straordinaria opportunità, che viene vissuta anche come l’ultimo esame: superato questo, nessuno potrebbe più avanzare dubbi sulla legittimità delle speranze di successo del club di Lotito. È una situazione talmente speciale e inattesa da avere perfino risvegliato il popolo biancoceleste, che riempirà con oltre 60 mila spettatori (10 mila nerazzurri) l’Olimpico: un evento, da queste parti.
Il fatto che la Lazio sia lassù non per caso, ma certamente a sorpresa, toglie un po’ di pressione ai giocatori di Inzaghi, anche se la classifica comincia a ingolosire tutti. Incluso Lotito, il quale ha confezionato una massima pure per il sogno scudetto: «Gli obiettivi si raggiungono, non si programmano». In realtà la società aveva progettato di arrivare in Champions ma adesso crede di poter realizzare qualcosa di ancora più grande, addirittura di storico.
Inzaghi ormai accetta il ruolo di contendente di Juve e Inter con sicurezza, perfino più di quanto non faccia lo stesso Conte: «È una partita scudetto, lo racconta la classifica e mi fa un bell’effetto sentirlo dire». Anche se le distanze con i bianconeri e i nerazzurri esistono, lo dicono gli investimenti e il comportamento dei club sul mercato: l’acquisto top della Lazio in estate è stato Lazzari e a gennaio non è arrivato nessuno per rafforzare l’organico. «Se guardiamo i fatturati ci sono diverse squadre, non solo le due di testa ma anche Roma e Milan, che dovrebbero stare davanti a noi. Ma il calcio è qualcosa di diverso, la carta conta poco, vale invece il campo e i pronostici vengono spesso ribaltati. Noi ci stiamo provando, vogliamo rimanere in alto più a lungo possibile».
La Lazio affronterà l’Inter senza Lulic, il capitano e l’uomo dei gol speciali. Al suo posto ci sarà Jony, che all’andata si perse D’Ambrosio permettendogli di andare a segnare il gol decisivo. Lo spagnolo nasce ala, quando è arrivato in fase difensiva era un mezzo disastro, ora è migliorato. Inzaghi ha tre dubbi di formazione: nella rifinitura ha provato Patric, Marusic e Correa ma potrebbe anche far giocare Luiz Felipe, Lazzari e Caicedo. Di sicuro ci saranno tutti i talenti e i trascinatori, da Luis Alberto a Milinkovic-Savic fino a Immobile. Se l’Inter in trasferta non ha mai perso, la Lazio non è mai caduta in casa. Chissà se si potrà dire lo stesso di entrambe dopo lo scontro diretto.
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Juventus-Brescia, Ronaldo non convocato da Sarri, si ferma la scia dei record
Il tecnico fiducioso: «Il momento negativo è finito a Verona. Il sarrismo? Io non lo conosco»
Nella movimentata serata di San Siro si è persa per strada una battuta di Maurizio Sarri, che per la prima volta ha risposto con autoironia all’ennesima domanda sul suo famoso stile di gioco, che non riesce ad attecchire alla Juventus: «Io non conosco il sarrismo… ».
Nonostante il termine sia entrato nel dizionario Treccani, il suo significato profondo non lo conoscevano nemmeno in casa bianconera: come altro spiegare dopo sette mesi di lavoro il richiamo all’ordine («La strada la indica l’allenatore, siamo pagati per questo. Con lui possiamo raggiungere un risultato straordinario») fatto da Buffon? Forse chissà, anche un cenno pubblico del presidente Agnelli servirebbe a evitare altri malintesi, dentro e fuori la squadra. Perché questa Juve non sembra ancora perseguire un’idea comune e la prestazione contro il Milan autorizza a pensare che Sarri abbia accettato di derogare ad alcuni suoi principi, come quello del baricentro alto e del pressing. Ma una rivoluzione a metà rischierebbe di essere un autogol e la «frustata» di Buffon invita a guardare avanti, senza voltarsi sempre indietro.
All’orizzonte ci sono le sfide con le ultime due della classifica, domenica il Brescia depresso senza Joronen, Tonali, Cistana e Torregrossa e sabato prossimo la Spal. Quanto basta per far dire a Sarri che «il momento negativo si è fermato a Verona» e per sperare in una domenica tranquilla, che finirà sul divano per vedere chi tra Lazio e Inter è la vera pretendente al trono bianconero. Il piano di Sarri prevede una messa a punta del motore in vista della settimana clou contro Lione in Champions (25 febbraio), Inter (1 marzo) e Milan, nel ritorno della semifinale di Coppa Italia del 4 marzo: senza un decollo deciso la situazione ambientale rischia però di complicarsi.
Perché la sentenza che esclude il City dalla Champions riporta d’attualità un addio di Guardiola all’Inghilterra. Perché Allegri è ancora sotto contratto con Madama. E perché persino un grande vecchio e grande amico del presidente Agnelli come Fabio Capello potrebbe anche essere affascinato dall’idea di provare a riprendersi — proprio contro l’Inter — lo scudetto cancellato da Calciopoli. Insomma, attorno a Maurizio Sarri aleggiano talmente tanti «fantasmi» che potrebbero stimolare l’indole rivoluzionaria e «irregolare» del tecnico: in fondo è meglio andare a giocarsela fino in fondo con le proprie idee, che snaturarsi progressivamente, sperando che alla fine ci pensi sempre Ronaldo, questa volta non convocato in attesa della Champions.
Come se non bastasse, ci pensa anche l’amico Klopp a mettere pressione a Sarri, ben sapendo che la sua capacità di godersi le cose e la sua empatia con il gruppo, il buon Maurizio se le sogna: «Con la rosa pazzesca che ha, è strano che la Juve non abbia 10 punti di vantaggio in campionato… ». «Jurgen ha detto anche che il calcio italiano non lo segue — replica Sarri — per quello non se lo spiega. Comunque non mi sembra male neanche la rosa del Liverpool. Klopp è una delle persone più simpatiche che abbia conosciuto e si sta togliendo di dosso i panni del favorito». La Juve, almeno in campionato, questo lusso non può permetterselo: resterebbe a nudo.
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Napoli, Gattuso caccia Allan dall’allenamento: «Si è fatto solo delle grandi camminate»
Ringhio si concede il piglio duro, con sé e con la squadra: si chiama credibilità
Ammettere i propri errori è un jolly per Rino Gattuso (foto Getty Images). Che, alla vigilia della trasferta a Cagliari, lo gioca e si concede così il piglio duro, con sé e con la squadra: si chiama credibilità. Lui colpevole di aver chiesto ai suoi il «pressing alto», lui «frettoloso» quando ha creduto che Koulibaly fosse pronto contro il Lecce. Ancora lui che giustificò Allan quando un mese fa, sostituito durante Napoli-Fiorentina, era andato direttamente nello spogliatoio, ora gliene dice quattro al brasiliano. «Non si è allenato come dico io, ha fatto delle grandi camminate. Giusto che resti a casa». Rino, il leader duro, nell’allenamento di ieri mattina si è spinto sino a mandare via Allan prima che la seduta si concludesse. L’atteggiamento indolente del giocatore deve averlo mandato su tutte le furie e spinto a mettere i puntini sulle «i». «Milik ha un’infiammazione al ginocchio, Koulibaly non è al meglio. Lozano? Siete lì a puntare il dito perché gioca poco, ma se ne parla tanto perché è costato 50 milioni. Se il Messico mi ha dichiarato guerra vuol dire che non ci andrò più. Cosa deve dire Llorente, che meriterebbe di giocare di più?». Non è una lavagna per buoni e cattivi (elogia Demme, Elmas e soprattutto Mertens) piuttosto l’esigenza di chiarire che la gestione del suo spogliatoio non prevede sconti. Per nessuno.
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