Attenzione: Calcio Inside! Parte III
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Quindi Pioli mi pare di capire che non contesta il rigore. Dice solo che c'era un fallo su Ibrahimovic prima del rigore....ma di noi
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioQuindi Pioli mi pare di capire che non contesta il rigore. Dice solo che c'era un fallo su Ibrahimovic prima del rigore.Originariamente Scritto da SeanTu non capisci niente, Lukino, proietti le tue fissi su altri. Sei di una ignoranza abissale. Prima te la devi scrostare di dosso, poi potremmo forse avere un dialogo civile.
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A San Siro Milan-Juve finisce con un 1-1 con i gol di Rebic e di Ronaldo su rigore nel finale. In una partita brutta e con le grandi star Ibrahimovic e Ronaldo parecchio sotto tono, finiscono col diventare centrali recriminazioni e contestazioni: l’arbitro Valeri non dà un rigore alla Juve per fallo di Rebic su Cuadrado, Milan in dieci per l’espulsione di Theo Hernandez, la Juve pareggia per un rigore dato per fallo di mani di Calabria, ma di spalle. Insomma calcio abbastanza poco, veleni quanto ne volete
COPPA ITALIA, semifinale di andata: Milan-Juve 1-1
Milan-Juve ha promesso molto – Ibrahimovic e Ronaldo hanno occupato per giorni tutte le locandine dell’evento – e regalato più che gol, veleni, bisticci e beghe arbitrali.
Di sostanza abbastanza poca, anche se vista dalla parte del Milan, per come se la passa oggi, avrebbe meritato qualcosa di più del pareggio. Di fondo la solita constatazione di base che, come in Inter-Napoli, la squadra sfavorita (in questo caso il Milan) fa la partita e gioca meglio. A San Siro però il Milan non è riuscito a portare a termine l’opera, il gol di Rebic è stato pareggiato dal rigore di Ronaldo e l’1-1 dà un discreto vantaggio alla Juve per la partita di ritorno. Che il Milan tra l’altro affronterà con una raffica di squalificati: Ibrahimovic, Hernandez e Castillejo.
Nella partita in cui le superstar sono state fin troppo normali si registra un mancato rigore per la Juve per una gomitata di Rebic a Cuadrado, mentre il pareggio della Juve arriva per un rigore fischiato (e rivisto anche al Var) per un pallone tirato da vicinissimo sul braccio largo di Calabria in ricaduta e di spalle. Pioli se ne è lamentato ma, molto sportivamente, non più di tanto e senza gridare a complotti.
Sarri, tutto al contrario, ha detto che il rigore è addirittura “clamoroso”, per come sono le regole oggi. Che per altro non gli piacciono affatto.
Complessivamente si vede un Milan in crescita, ma Ibrahimovic non può risolvere tutto e non è detto che funzioni sempre l’effetto trascinamento. La Juventus è andata un po’ meglio rispetto al nulla di Verona, ma il suo gioco resta sempre scarso, poco efficace e Ronaldo abbandonato a se stesso (e nonostante questo 18 gol in 14 partite…) per ammissione perfino di Sarri. Il problema principale è che la Juve continua a prendere gol che poi non riesce ad ammortizzare con quello strapotere d’attacco che ormai si ferma alla teoria e agli schemi schizzati da Sarri sul taccuino in panchina. Sarri sembra abbastanza tranquillo del suo lavoro, convinto che i suoi schemi prima o poi rimetteranno in moto la Juve per la fase più delicata della stagione. Buon per lui che ha fiducia.
COPPA ITALIA, semifinale di andata: Milan-Juve 1-1 Milan-Juve ha promesso molto – Ibrahimovic e Ronaldo hanno occupato per giorni tutte le locandine dell'evento – e regalato più che gol, veleni, bisticci e beghe arbitrali. Di sostanza abbastanza poca, anche se vista dalla parte del Milan, per come se la passa oggi, avrebbe meritato qualcosa di più del pareggio. Di fondo la solita constatazione di base che, come in Inter-Napoli, la squadra sfavorita (in questo caso il Milan) fa la partita e gioca meglio. A San Siro però il Milan non è riuscito a portare a termine l'opera, il gol di Rebic è stato pareggiato dal rigore di Ronaldo e l'1-1 dà un discreto vantaggio alla Juve per la partita di ritorno. Che il Milan tra l'altro affronterà con una raffica di squalificati: Ibrahimovic, Hernandez e Castillejo. Nella partita in cui le superstar sono state fin troppo normali si registra un mancato rigore per la Juve per una gomitata di Rebic a Cuadrado, mentre il pareggio della Juve arriva per un...ma di noi
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Inter, Eriksen è l’uomo in più di Conte per la sfida-scudetto contro la Lazio
Contro il Napoli Coppa in meno di mezz’ora è stato il più pericoloso e lucido. Conte sta meditando di schierarlo titolare nella partita all’Olimpico: «Ma deve trovare intensità»
Contro il Napoli, subentrato a Sensi, a metà del secondo tempo ha combinato più lui in 27 minuti che tutti gli altri centrocampisti messi insieme: due tiri pericolosi, due lanci riusciti, due cross a destinazione e una palla illuminante a Sanchez che il cileno non ha sfruttato come avrebbe dovuto. «La panchina per Eriksen è stata una scelta tattica in considerazione del tipo di partita che saremmo andati ad affrontare, ma anche di natura fisica visto che il ragazzo negli ultimi 6 mesi non ha giocato molto nel Tottenham: deve ritrovare intensità, però si sta allenando bene perché è serio» ha ricordato Antonio Conte.
E, infatti, Eriksen si è allenato pure alla fine della partita col Napoli, insieme ai compagni che avevano giocato poco o erano rimasti in panchina. Una serie di scatti sui 30 metri agli ordini del preparatore atletico Pintus sul campo di San Siro in uno stadio ormai deserto. Non c’è tempo da perdere e ogni occasione è buona per allenare il danese che non può continuare a essere un’opzione da fine gara.
E, infatti, Conte sta meditando di schierare Eriksen dal primo minuto all’Olimpico contro la Lazio perché di solito con la qualità si vince e l’ex giocatore del Tottenham ne ha tanta anche se non è ancora al top della condizione fisica. Ma se è per questo neppure Sensi lo è, dopo l’infortunio muscolare rimediato con la Juve e che l’ha costretto a un lungo stop.
E, allora, non resta che accelerare il processo di inserimento del danese dal primo minuto per dare qualità e fantasia al centrocampo dell’Inter alla vigilia delle sfide con Lazio, Juve e del ritorno di coppa Italia col Napoli.
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Grande solo con le grandi, il Napoli e la stagione dei rimpianti
Una squadra dai due volti, capace di battere Juventus, Inter e Lazio, imbattuta nelle coppe ma solo undicesima in campionato
Tre indizi fanno più di una prova e la vittoria contro l'Inter nella semifinale d'andata della Coppa Italia, ottenuta per giunta in trasferta a San Siro, conferma il contraddittorio ruolo di "ammazza grandi" del Napoli, già capace nelle settimane precedenti di mettere ko Lazio e Juventus. Niente male per una squadra che in campionato è precipitata all'undicesimo posto e non è ancora riuscita a risalire la classifica, nonostante la staffetta in panchina tra Carlo Ancelotti e Rino Gattuso. Ma gli exploit nelle partite più importanti (in precedenza c'era stato anche l'exploit in Champions League contro i campioni d'Europa del Liverpool) non bastano per riempire nemmeno fino a metà il bicchiere azzurro e acuiscono al contrario i rimpianti per quello che poteva essere e invece non è stato.
L'ammutinamento e la pace mancata
Le indiscutibili qualità del gruppo, partito all'inizio della stagione addirittura con l'ambizione di competere per lo scudetto, sono infatti venute fuori soltanto a intermittenza e senza la necessaria continuità: tra tanti bassi e pochi alti. Hanno pesato in negativo pure le turbolenze nello spogliatoio, al di là della cronica mancanza di equilibrio in campo con cui stanno convivendo da mesi Insigne e compagni. Dall'ammutinamento dello scorso 5 novembre sono passati più di tre mesi e ancora non è ritornata la pace tra il presidente De Laurentiis e i giocatori, con il contenzioso per le multe in evoluzione. In più sono stati congelati i rinnovi contrattuali, con quelli di Mertens e Callejon in scadenza a giugno.
Il recupero degli infortunati
Gattuso ("Non lo so neanche io quale è il vero Napoli" ha detto dopo il successo di Milano) si è dovuto dunque barcamenare tra mille difficoltà, compresa la lunga serie di infortuni che non gli ha mai permesso di avere tutto l'organico a disposizione. Solo nelle ultime partite stanno rientrando alla spicciolata i big, con Mertens e Fabian che hanno subito dimostrato di poter dare un contributo importante, mentre Koulibaly e Allan ancora non sono riusciti a riavvicinarsi ai loro soliti standard di rendimento. Non è dunque facile per Ringhio far tornare i conti in modo duraturo e le nuove idee del tecnico attecchiscono a fasi alterne, esclusivamente quando il Napoli scende in campo con le giuste motivazioni. Per questo gli azzurri stanno dando il meglio contro le big e vanno invece spesso in difficoltà contro avversari di livello inferiore. L'undicesimo posto in classifica in campionato si spiega così e stride con il percorso quasi netto nelle altre competizioni, in cui Insigne e compagni sono imbattuti (3 vittorie e 3 pareggi in Champions, 3 successi di fila in Coppa Italia) e stanno mostrando di poter essere competitivi ad alti livelli.
Rimonta per l'Europa
Ma Gattuso ha bisogno ovviamente di invertire la tendenza anche in campionato, a cominciare dalla trasferta di domenica pomeriggio a Cagliari. Riavvicinare almeno la zona Europa League è infatti un obbligo per il Napoli, il cui undicesimo posto in classifica rappresenta allo stesso tempo un paradosso e una mortificazione.
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Milan, Maldini boccia Rangnick che piace a Gazidis: ma Elliott blinda l’ad
La decisione sull’allenatore (e non solo) si prenderà a maggio, Pioli piace a tutti ma dipende dai risultati. Dalla proprietà filtra il sostegno pieno all’ad e l’impegno a lungo termine: per ora il club non è in vendita
Se su Ralf Rangnick — dirigente della galassia Red Bull già apprezzato dall’ad Ivan Gazidis — ieri il d.t. Paolo Maldini ha deciso di rendere pubblica la sua contrarietà mettendo quindi in piazza le divisioni («Da direttore dell’area sportiva non credo che sia il profilo giusto»), la verità è che l’uomo che metterebbe tutti d’accordo al Milan c’è già e si chiama Stefano Pioli. Su di lui era stata trovata una sintesi dopo l’esonero di Giampaolo in ottobre e lui è piaciuto a tutti per come ha gestito questa difficile parte di stagione. Quanto detto ieri da Maldini a Sky Sport («Siamo contenti del suo lavoro, è subentrato in un momento non facile, ha fatto crescere i giovani e dato un’identità di gioco») sarebbe sottoscritto anche da Gazidis. Belle parole, che il tecnico ha apprezzato.
Il problema sono i risultati: ma quali sono quelli che consentirebbero a Pioli di restare? La vittoria della Coppa Italia, certo, e ovviamente la conquista della lontanissima Champions. Il dubbio è se basterà l’Europa League. I conti, per tutti, si faranno a maggio: oggi il Milan non ha ancora deciso l’allenatore del futuro.
Ma qualcosa di chiaro c’è e filtra da ambienti vicini alla proprietà: la prima è che l’impegno di Elliott resta a lungo termine, l’obiettivo rimane riportare il club in alto (la situazione finanziaria è già stata stabilizzata) e il percorso è appena iniziato. Non c’è quindi nessuna intenzione di vendere in tempi brevi, lo confermano gli investimenti effettuati fin qui, l’impegno sullo stadio e l’organizzazione di una struttura manageriale di primo livello. All’interno della quale c’è l’a.d. Gazidis che continua ad avere il totale e completo supporto della proprietà. Questo non significa automaticamente che non ce l’abbiano Maldini e Boban. Nessuno vuole avvelenare il clima. Le diversità di vedute nella dirigenza ci sono: la scelta dell’allenatore sarà un banco di prova. La proprietà non ha interpretato l’uscita di Maldini su Rangnick come una dichiarazione di guerra. La convinzione è che volesse rafforzare Pioli e magari un po’ anche se stesso, dato il profilo di Rangnick, un allenatore-manager. È chiaro che Maldini e Boban hanno in mente profili più suggestivi, Allegri per primo. Non è però detto siano fattibili.
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Guardiola: "Se non vinco la Champions potrebbero licenziarmi"
Il tecnico del Manchester City sa che il suo futuro è legato ai risultati: "Ormai se non vinci in Europa la stagione può considerarsi un disastro. Stiamo dando un segnale sbagliato alle nuove generazioni. Io non sono il più forte, ho solo la fortuna di avere giocatori straordinari in grandi club"
Guardiola è più di una suggestione. La Juventus, non particolarmente entusiasta della gestione Sarri, pur continuando a difendere pubblicamente l'operato del tecnico toscano prova a guardarsi attorno e il sogno resta il tecnico del Manchester City. Ipotesi quanto mai concreta ed è lo stesso allenatore spagnolo del Manchester City ad alimentare i sogni bianconeri. "Se non batto il Real Madrid e non vinco la Champions arriverà il proprietario del club o il direttore sportivo e mi dirà che non è abbastanza e mi licenzierà e io gli dirò che sarà stato un piacere e me ne andrò".
"Non sono il migliore, alleno i più forti"
Parole che risuonano come musica in casa Juventus anche se Pep, in una lunga intervista a 'Soccer Saturday' sa di non avere la bacchetta magica. "Non mi sono mai sentito il migliore, nemmeno quando al Barcellona ho vinto sei titoli di fila e un triplete. Ho vinto, perché ho avuto giocatori straordinari in grandi club. Io sono un buon allenatore, non il migliore. Datemi una squadra che non sia il Manchester City e non vincerò. Le persone credono che, se sei Guardiola, devi vincere tutti i titoli possibili, ogni anno, ma è impossibile. Ormai se non vinci la Champions la stagione può considerarsi un disastro, se invece la vinci allora è un successo. Che insegnamento stiamo dando alle nuove generazioni? Perché ragionare in questo modo? Vincere è difficile, farlo in Champions ancora di più. Secondo questo ragionamento in oltre cento anni di storia del Manchester City ci sarebbero cento stagioni fallimentari, ma questo non è vero".
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Juve, l’effetto Ronaldo sui conti
Aumentano sponsor e incassi
Con l’ingaggio del portoghese i contratti sono stati ritoccati al rialzo, venduti spazi pubblicitari anche sulle maglie d’allenamento
Ronaldo fa gol anche fuori dal campo. D’altra parte, è stato acquistato pure per questo nell’estate di due anni fa. L’obiettivo sportivo è riuscire a vincere la Champions League; l’orizzonte aziendale è rendere la Juve un club dal respiro globale, facendo crescere il fatturato in modo da tendere ai riferimenti europei riferimento come Barcellona, Real Madrid, Manchester United, Bayern Monaco.
Sul campo, l’impresa è ancora in divenire. Sui conti, l’effetto CR7 è già tangibile. L’ultima testimonianza è il fresco rinnovo della sponsorizzazione con Allianz: il colosso assicurativo, già titolare dei naming rights dello Stadium fino al 2023 (per 7,5 milioni a stagione) ha ampliato l’accordo fino al 2030 per un corrispettivo complessivo di 103,1 milioni (che si aggiunge ai diritti esistenti). Il logo di Allianz comparirà sul kit di allenamento dei bianconeri (già da questa sera nel pre-partita della gara col Milan di Coppa Italia) e sul retro delle divise della Juventus Women. Per la prima volta la Juve monetizza uno spazio sulla maglia da allenamento e lo fa grazie proprio a Ronaldo, che già ha contribuito non poco a sviluppare le entrate commerciali della società.
Il rinnovo a dicembre 2018 della partnership con Adidas fino al 2027 ha più che raddoppiato gli introiti dallo sponsor tecnico: si è passati da 23 a 51 milioni a stagione, per otto anni. In tutto fanno 408 milioni, cui aggiungere il bonus da 15 milioni «per l’accresciuta visibilità del brand Juve» a livello globale, proprio per la presenza di Cristiano.
Anche lo sponsor di maglia, Jeep, ha incrementato, per la stagione in corso e per la prossima, il corrispettivo fisso annuo (bonus esclusi) da 17 a 42 milioni. In tutto 50 milioni in più nel biennio che si chiuderà nel 2021, quando il contratto andrà in scadenza. Sono in corso, però, le trattative per il rinnovo. Il grande investimento - Ronaldo pesa per circa 85 milioni all’anno sul conti - sta generando quindi quell’effetto trainante sperato. Nel bilancio 2018-19, l’ultimo approvato, se ne ha una prova, con oltre 55 milioni di ricavi aggiuntivi.
I proventi da sponsorizzazioni e pubblicità sono cresciuti da 86,8 milioni a 108,8 milioni, quelli da gare sono passati da 56,4 a 70,6 milioni, mentre la vendita di prodotti e licenze è salita da 27,8 a 44 milioni, con oltre un milione di magliette di CR7 vendute. Nel bilancio 2019-20 si avrà l’impatto dei nuovi accordi di sponsorizzazione: il boom Ronaldo promette ancora tanto.
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Gervinho ha chiesto scusa ed è tornato a Parma.
Il Chelsea ha preso (per giugno) Zyech dall'Ajax per 40 milioni....ma di noi
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Ieri Paratici nel prepartita ha escluso categoriamente Donnarumma. Per Pradè Chiesa starebbe pensando a rinnovare con la Fiorentina: finalmente due ottime notizie. Schivati due salassi....ma di noi
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioGervinho ha chiesto scusa ed è tornato a Parma.
Il Chelsea ha preso (per giugno) Zyech dall'Ajax per 40 milioni.
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Originariamente Scritto da CRI PV Visualizza MessaggioIo capisco che pigliare un rigore al 90, in una partita in cui si meritava, faccia girare i coglioni
Ma l arbitro ha sbagliato più contro la Juve che non il contrario
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Il punto è entrare in quel guazzabuglio di regole attuali e cavarci un qualcosa di sensato circa casi come quello di ieri e altri visti in questa stagione. Ci si deve districare tra "arti che fanno volume", "braccia staccate dal corpo", pesi e contrappesi delle "volontarietà" o meno e cavarne qualcosa.
Vedo che anche le moviole sono in confusione. Per alcune il rigore è netto perchè Calabria aumenta il volume del corpo e per altre il rigore non c'è....ma di noi
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