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Un saluto, un pensiero, una preghiera per Manuel/Manx
Mi hanno appena consegnato la copia ordinata, quindi vuol dire che la casa editrice sta evadendo gli ordini in prenotazione...questo per chi l'avesse ordinata e la sta aspettando.
Oggi ho ricevuto la mia...Curioso il fatto che mi sia stata consegnata proprio appena tornato dall'allenamento
Emozionante vedere alcune foto...emozionante leggere la prefazione della sorella di Manuel
Oggi ho ricevuto la mia...Curioso il fatto che mi sia stata consegnata proprio appena tornato dall'allenamento
Emozionante vedere alcune foto...emozionante leggere la prefazione della sorella di Manuel
E' molto bella ed emozionante anche la testimonianza del padre, messa alla fine della pagine scritte da Manuel. E' certamente un libro doloroso ma che muove anche tante riflessioni, fa pensare ogni volta che lo si chiude.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
io invece sono ancora indeciso, ma mi sa che prenderò uno dei suoi altri libri.
Mi piace pensare di poterlo conoscere così, lontano dal suo male.
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Ala fine non ho resistito e l'ho già iniziato. È un libro che doserò, visto la tematica preferisco leggerlo senza divorare le pagine, una lettura graduale per poter riflettere su quanto letto con calma.
Lo stile di scrittura mi piace molto, leggendo le sue parole sembra di averlo di fronte e che ti parli direttamente.
In attesa di prendere il libro sono finito a leggere questo articolo molto interessante che tratta lo stesso tema(prego di eliminare il mio mess se qui è fuori luogo)
In attesa di prendere il libro sono finito a leggere questo articolo molto interessante che tratta lo stesso tema(prego di eliminare il mio mess se qui è fuori luogo)
E' molto bello. Ci sono evidenti similitudini in quanto pensato, fatto e raccontato anche da Manuel. Ad esempio sul cosa fare e non fare (da parte delle persone terze) nei confronti di chi sta morendo. Personalmente, mi consola che non abbiamo mai parlato del "dopo" o di Dio: Manuel (con me) non ne parlava e nemmeno io.
Poi il non avergli mai detto di "tenere duro", e questo lo scrive anche nel libro, cioè che trova inutili quelle parole anche se dettate da sincera, impellente preoccupazione. Anche lui, come l'autore dell'articolo, s'è poi preoccupato di sistemare le sue cose...così come passa in rassegna quelle fatte a livello professionale, esattamente come raccontato lì.
Sono due esperienze sovrapponibili, pur con tutte le differenze che ci sono tra le persone, perchè ciascuno di noi fa storia a sè.
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già... il modo in cui si affronta la morte è un po' l'esame finale che contribuirà al giudizio su una persona, tanto che alcuni riescono addirittura a riscattare una vita mediocre con un degno finale (non parlo di Manuel naturalmente)
Non ci riuscivo a parlargli di "speranza", non mi veniva. Manuel era molto schietto e, come il caso di quell'articolo, voleva la stessa schiettezza, la stessa assunzione di realtà che aveva lui. E quindi parlavamo spesso dei medici, di cose di ospedale, di cure, sempre con però quel tratto di scetticismo che poi gli apparteneva.
Si parlava molto tranquillamente. E certo la mia gioia più grande è averlo potuto salutare proprio come dice anche Pieter Hintjens in quell'articolo: una visita, una chiacchierata tra noi due, un pranzo assieme a tutta la famiglia, un congedo consapevole, perchè lui mi ha detto: "Massi, questa è l'ultima volta che ci vediamo" ed era pienamente cosciente di tutto, così ha potuto prepararsi per bene e, come poi racconta il padre, poter salutare parenti e genitori, perchè aveva chiaro che era arrivato alla fine, indovinando praticamente il giorno (lo disse al padre).
M'è sembrata come la morte dei filosofi stoici, come quella di Seneca, senza scappatoie, senza fantasie, ma con una grande assunzione del destino capitato in sorte. Però a raccontarlo da fuori è facile, a viverla quella morte lo è meno...per questo si può andare incontro a quell'ultimo giorno solo avendo un coraggio da uomo. Manuel è stato un vero uomo, dotato di una straordinaria sensibilità e dunque di una straordinaria forza d'animo e di volontà.
Nel medioevo, quando la religione impregnava ogni casa, si pensava che una morte consapevole fosse una morte benedetta, perchè dava il tempo di prepararsi ("liberaci da una morte improvvisa" pregavano con quelle parole). Non so se è così, però certo il tempo ultimo Manuel lo ha speso bene, forse perchè ha vissuto una vita dritta, senza scappatoie o infingimenti, di quelle che dunque richiedono una conclusione in piedi.
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Sarebbe bello rileggere il diario Bweb di Manuel che era seguito nei suoi allenamenti da Menez... Se non erro era stato messo in segreto o addirittura cancellato a seguito di episodi non molto piacevoli (della "segretazione"me ne parlò Manuel quando mi nominò moderatore, anche se devo ammettere che ora non ricordo i motivi).
La stessa cosa è successa a me, guardando un film con Bud mi è venuto in mente immediatamente Manx.
Vero....
"Pensare alla morte, pregare. C'è pure chi ha ancora questo bisogno, e se ne fanno voce le campane.
Io non l'ho più questo bisogno, perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi:
vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori". (L. Pirandello)
Pensavo di diluirlo in più giorni, ma ho già finito il libro di Manuel. Mi è difficile mettere in ordine tutti i pensieri che mi sono venuti sfogliando le pagine.
Leggendo sembra davvero di essere al suo fianco durante tutto il percorso, termine che odiava, cadendo e rialzandosi ogni volta. Dalla disperazione all'accettazione del suo destino, in modo lucido e stoico.
È un libro che aiuta davvero anche noi non mezzi-morti a dare peso a ciò che conta nella vita, perché dal giorno della diagnosi tutto cambia e non si torna indietro.
I momenti che mi hanno fatto più male nella lettura sono stati quelli (rari) in cui Manuel citava la piccola possibilità di cavarsela, sapendo poi come invece è finita. Ma nel complesso penso che a quella speranza non abbia fatto mai troppo affidamento, ha lottato per la vita più per i suoi cari che per lui.
Un'assenza che non mi aspettavo nel diario è quella degli amici, nel senso che non parla di incontri con essi durante quei maledetti due anni e mezzo, mi sono quasi chiesto se il periodo vissuto all'estero gli avesse fatto perdere troppo i contatti con gli amici delle sue zone italiane. Proseguendo con la lettura ho capito che invece è stata solo una scelta di privacy e di tema del diario, che essendo oncologico riguardava solo lui e il cancro, non altri aspetti.
Le lacrime mi sono scese nella parte scritta dal padre, che descrive gli ultimi giorni di Manuel quando ormai non riusciva più a scrivere, davvero righe terribili e amare.
Più confortante la parte con tutte le dediche di amici e di semplici persone che sono venute a contatto con Manuel e che da lui hanno ricevuto un segno indelebile. Tra esse c'è anche un bel paragrafo di Sean che in qualche modo ha rappresentato tutti noi del forum.
Io rispetto ad altri utenti non ho avuto il piacere di conoscerlo dal vivo, non posso neanche definirmi amico nel senso più forte del termine, ma è una persona che oltre ad avermi aiutato tanto per la palestra era proprio piacevole parlarci in generale nelle varie sezioni del forum. Ho ancora i messaggi di gennaio di qualche anno fa in cui mi aveva confidato della diagnosi, ero in studio dove lavoro quando ho letto e sono stato scosso come se me lo avesse detto un amico che conosco di persona. Prendere questo libro doloroso è però un atto che consiglio a tutti, oltre a essere un'occasione per conoscere ancora più a fondo Manuel si possono davvero cogliere tanti insegnamenti dal modo in cui ha affrontato il tutto. Un minimo mi ha anche aiutato ad "accettare" la sua morte, nel senso che per come stava nell'ultimo periodo essa ha rappresentato davvero una liberazione, perché come dice lui non conta solo la quantità di giorni in più che la medicina può garantire a un malato di cancro, ma conta anche e soprattutto la qualità. Se manca quella meglio calare il sipario.
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