Qualche sera fa, a cena a casa di amici, c'erano due bambine Africane. Parlavano con accento Toscano, chiedevano se per dolce c'era il neccio con la ricotta.
Quand'ero bambino non vedevi Africani nelle strade, e quando guardavi i film Americani ti sembrava così strano quel mondo meticcio e mischiato.
Mio padre era nato solo 5 anni dopo la fine della guerra: 5 anni prima di lui, in Europa c'erano i Tedeschi e i Francesi e gli Italiani e gli Inglesi che si ammazzavano tra di loro, e se un Tedesco urlava arrendendosi "bitte nicht schießen!" nessuno capiva cosa volesse dire. Era ancora l'Europa degli stati nazionali e dei popoli isolati l'uno dall'altro, e era ancora l'Italia dei dialetti, delle genti cresciute nel chiuso delle loro valli che vedevano come forestieri quelli nati 50 km più in là.
In Europa tra 100 anni non esisteranno più Stati nè lingue. Le lingue nazionali saranno dialetti, a poco a poco sempre meno diffusi, retaggio degli anziani, e i giovani parleranno Inglese, e si somiglieranno tutti, e essere del nord non vorrà più dire avere capelli biondi e occhi azzurri, e non distinguerai un Italiano da un Tedesco, tutti mischiati nel grande calderone multietnico.
Tutto ciò sarà forse un bene. In fondo essere così separati è stato motivo di guerre e odio per secoli. L'anomalia era la presenza di queste sacche in cui le genti vivevano separate le une dalle altre: come un bicchier d'acqua in cui versi delle gocce di vino e all'inizio galleggiano formando degli strati separati. La normalità è mischiarsi, dare origine a un'umanità liquida e permeabile, come ogni sistema và dal Kaos all'ordine.
Ma noi veniamo da lì: nella catena del tempo, il nostro anello è unito a quello dei genitori, il loro a quello dei nonni, che si fronteggiavano nelle trincee senza capirsi. In questa catena del tempo, è come se noi fossimo ancora quelli della grande guerra, li possiamo toccare, li possiamo capire, veniamo da lì.
Il mio odio per gli Africani, come ogni forma d'odio, viene dalla paura: paura di ciò che le nostre vite presenti appariranno alle generazioni future.
Saremo come fantasmi paurosi di un tempo incomprensibile... Così come a noi fanno paura le facce in bianco e nero di quelli che vivevano nel fascismo, perchè nei loro volti, nei vestiti, nelle cose intorno a loro percepisci il tempo, e non puoi illuderti: quelle sono le facce dei morti. Mentre le foto di quelli che erano qui dieci anni fa non fanno così paura: mio padre si può ancora mimetizzare tra i vivi, aveva un cellulare, usava internet, vestiva abiti normali...
Noi saremo spaventosi per le generazioni future, perchè in noi esse percepiranno il tempo che tutto inghiotte. Saremo i morti, saremo quelli che parlavano Italiano e avevano facce bianche... Quelli che vivevano in un tempo irreale, prima che i ***** mischiassero il vino con l'acqua: questo saremo
Quand'ero bambino non vedevi Africani nelle strade, e quando guardavi i film Americani ti sembrava così strano quel mondo meticcio e mischiato.
Mio padre era nato solo 5 anni dopo la fine della guerra: 5 anni prima di lui, in Europa c'erano i Tedeschi e i Francesi e gli Italiani e gli Inglesi che si ammazzavano tra di loro, e se un Tedesco urlava arrendendosi "bitte nicht schießen!" nessuno capiva cosa volesse dire. Era ancora l'Europa degli stati nazionali e dei popoli isolati l'uno dall'altro, e era ancora l'Italia dei dialetti, delle genti cresciute nel chiuso delle loro valli che vedevano come forestieri quelli nati 50 km più in là.
In Europa tra 100 anni non esisteranno più Stati nè lingue. Le lingue nazionali saranno dialetti, a poco a poco sempre meno diffusi, retaggio degli anziani, e i giovani parleranno Inglese, e si somiglieranno tutti, e essere del nord non vorrà più dire avere capelli biondi e occhi azzurri, e non distinguerai un Italiano da un Tedesco, tutti mischiati nel grande calderone multietnico.
Tutto ciò sarà forse un bene. In fondo essere così separati è stato motivo di guerre e odio per secoli. L'anomalia era la presenza di queste sacche in cui le genti vivevano separate le une dalle altre: come un bicchier d'acqua in cui versi delle gocce di vino e all'inizio galleggiano formando degli strati separati. La normalità è mischiarsi, dare origine a un'umanità liquida e permeabile, come ogni sistema và dal Kaos all'ordine.
Ma noi veniamo da lì: nella catena del tempo, il nostro anello è unito a quello dei genitori, il loro a quello dei nonni, che si fronteggiavano nelle trincee senza capirsi. In questa catena del tempo, è come se noi fossimo ancora quelli della grande guerra, li possiamo toccare, li possiamo capire, veniamo da lì.
Il mio odio per gli Africani, come ogni forma d'odio, viene dalla paura: paura di ciò che le nostre vite presenti appariranno alle generazioni future.
Saremo come fantasmi paurosi di un tempo incomprensibile... Così come a noi fanno paura le facce in bianco e nero di quelli che vivevano nel fascismo, perchè nei loro volti, nei vestiti, nelle cose intorno a loro percepisci il tempo, e non puoi illuderti: quelle sono le facce dei morti. Mentre le foto di quelli che erano qui dieci anni fa non fanno così paura: mio padre si può ancora mimetizzare tra i vivi, aveva un cellulare, usava internet, vestiva abiti normali...
Noi saremo spaventosi per le generazioni future, perchè in noi esse percepiranno il tempo che tutto inghiotte. Saremo i morti, saremo quelli che parlavano Italiano e avevano facce bianche... Quelli che vivevano in un tempo irreale, prima che i ***** mischiassero il vino con l'acqua: questo saremo
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