Caso Morisi, la scelta della vittima, poi la caccia: come si muoveva la «Bestia»
Da Ilaria Cucchi a Lapo Elkann «stupefacente»: «Così sui social venivamo travolti»
La Bestia non è mai stata innocente.
Ed era ovunque.
Feroce, lucida, rapida. Pronta a colpire. A fare male. Dentro il web. E nelle piazze.
Immagini di repertorio. Vecchi appunti sulla Moleskine.
Matteo Salvini, sopra il palco, si pilucca fiocchi di Nutella dalla barba e fomenta i militanti radunati in piazza del Popolo. Luca Morisi, di fianco alle scalette, con un cenno della mano al tecnico dell’audio fa partire l’inno leghista, «Nessun dorma», e poi quasi sparisce nel mischione dei cameramen e dei cronisti, magretto com’è, con il cravattino nero e la frangetta da chierichetto, pallido, così anonimo da essere spinto nella bolgia, spostati, fammi passare, fammi vedere.
Ma lui aveva già visto te. Gli occhi accesi come laser.
Morisi, dal vivo, in azione, non era il sofisticato «digital philosopher» della Lega (definizione con cui veniva omaggiato dalla corte salviniana): era invece uno spietato domatore di consensi.
La sua arma: il cellulare.
Scusi: perché mi sta filmando?
«È vietato?».
Non voglio essere filmato.
«Che male c’è?».
Le ho detto che non voglio essere filmato.
«Va bene, va bene… ecco, smetto» (poi di nuovo sul palco: nello sguardo improvvisamente liquido, però, una promessa di minaccia).
Si finiva così nella sua banca dati. Con altre migliaia di facce, di frasi, di situazioni che, manipolate a colpi di grandiosa brutalità, all’occorrenza servivano a produrre su Twitter, Facebook e Instagram, agguati e tormentoni, sberleffi ossessivi, gogne di stampo medievale. Il nemico scelto con cura: e poi provocato e inseguito, scatenando una tonnara social di accuse e risposte, insulti e minacce.
Lo scorso 16 settembre, Maria Gabriella Branca, presidente dell’Anpi di Quiliano e candidata al consiglio comunale di Savona per Sinistra italiana, dice che le sembra «inaccettabile la presenza di Salvini in piazza Pertini» (del resto, Salvini ha coltivato a lungo una forte amicizia con i camerati di Casapound che, al teatro Brancaccio di Roma, organizzarono addirittura una vera adunata in suo onore). Dopo poche ore, sulle pagine web della Lega parte il pestaggio: «Mi hanno detto di tutto — racconta la signora Branca —. Zecca rossa, putt... comunista…».
Metodo, strategia, niente lasciato al caso. E un trucco. Fagocitare, quando possibile, la fama altrui. Prendersela con Mario Balotelli — «Caro Mario, lo Ius soli non è la mia priorità, né degli italiani», Salvini su Twitter — e attirare così i piranha della tastiera contro il calciatore. Succede anche a Lapo Elkann: «Una volta, per attaccarmi, Salvini scrisse che facevo “dichiarazioni stupefacenti”…». Viene travolto. Con Morisi che sguazza felice nel fango. Quanti contatti abbiamo fatto?
La Bestia. Bestiale davvero. Come quella volta che non esita a pubblicare la foto di alcune studentesse milanesi minorenni, poi sepolte da commenti volgari e sessisti. Il chierichetto, sempre gongolante: «Lavoriamo duro, in un bunker, cerchiamo solo di amplificare l’attività del capo. Mi sembra funzioni, no?».
Salvini in trionfo nei sondaggi.
Luca, che faccio oggi? Oggi ti fai fotografare mentre imbracci un mitra. (Pasqua di tre anni fa). Luca, dove vado? Ti ho organizzato un passaggio alla radio, ti colleghi con la Zanzara e vai giù duro contro Ilaria Cucchi, che ha attaccato uno dei carabinieri coinvolti nell’omicidio del fratello Stefano. «Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello — queste le tragiche parole di Salvini — ma mi fa schifo. Si dovrebbe vergognare». Luca, e domani? Morisi apre il cofano della macchina: domani ti travesti.
Ecco allora le foto con migliaia di like e di commenti estasiati al Salvini pompiere, al Salvini poliziotto, al Salvini crocerossino (però quando a Benevento — lui che è milanista — si infila la maglia giallorossa della locale squadra di calcio, gli ultrà decidono che è troppo, e lo inseguono minacciosi).
Poi torna sui social. Attacca Oliviero Toscani, Emmanuel Macron, Tito Boeri e Matteo Renzi, sfotte Fabio Fazio, ironizza su Papa Francesco. Il giorno dopo, però, arriva al Senato e bacia il rosario. Sacro e profano. Morisi gli comunica che i selfie a torso nudo da Milano Marittima sono stati visti da 1,6 milioni di persone. Ma mucchi di like anche alle fake news: tipo quella che a Vicenza, alcuni richiedenti asilo erano arrabbiati «perché volevano vedere Sky».
Per anni, così. Sicuri, implacabili, calpestando etica e morale. Poi, a ripensarci: pure qualche idea un po’ rischiosa.
Pazzesche — se riviste adesso — le immagini del Capitano che, al Pilastro, a Bologna, dopo un comizio va a citofonare a un tunisino: «Scusi, lei spaccia?». Un brivido a rileggere il tweet del giorno in cui Salvini va alla Camera a presentare una proposta di legge contro la droga: «Non esiste modica quantità. Ti becco a spacciare? Vai in carcere» (Dio Santo, Morisi: ma non poteva dirgli di andarci più cauto?).
CorSera
Da Ilaria Cucchi a Lapo Elkann «stupefacente»: «Così sui social venivamo travolti»
La Bestia non è mai stata innocente.
Ed era ovunque.
Feroce, lucida, rapida. Pronta a colpire. A fare male. Dentro il web. E nelle piazze.
Immagini di repertorio. Vecchi appunti sulla Moleskine.
Matteo Salvini, sopra il palco, si pilucca fiocchi di Nutella dalla barba e fomenta i militanti radunati in piazza del Popolo. Luca Morisi, di fianco alle scalette, con un cenno della mano al tecnico dell’audio fa partire l’inno leghista, «Nessun dorma», e poi quasi sparisce nel mischione dei cameramen e dei cronisti, magretto com’è, con il cravattino nero e la frangetta da chierichetto, pallido, così anonimo da essere spinto nella bolgia, spostati, fammi passare, fammi vedere.
Ma lui aveva già visto te. Gli occhi accesi come laser.
Morisi, dal vivo, in azione, non era il sofisticato «digital philosopher» della Lega (definizione con cui veniva omaggiato dalla corte salviniana): era invece uno spietato domatore di consensi.
La sua arma: il cellulare.
Scusi: perché mi sta filmando?
«È vietato?».
Non voglio essere filmato.
«Che male c’è?».
Le ho detto che non voglio essere filmato.
«Va bene, va bene… ecco, smetto» (poi di nuovo sul palco: nello sguardo improvvisamente liquido, però, una promessa di minaccia).
Si finiva così nella sua banca dati. Con altre migliaia di facce, di frasi, di situazioni che, manipolate a colpi di grandiosa brutalità, all’occorrenza servivano a produrre su Twitter, Facebook e Instagram, agguati e tormentoni, sberleffi ossessivi, gogne di stampo medievale. Il nemico scelto con cura: e poi provocato e inseguito, scatenando una tonnara social di accuse e risposte, insulti e minacce.
Lo scorso 16 settembre, Maria Gabriella Branca, presidente dell’Anpi di Quiliano e candidata al consiglio comunale di Savona per Sinistra italiana, dice che le sembra «inaccettabile la presenza di Salvini in piazza Pertini» (del resto, Salvini ha coltivato a lungo una forte amicizia con i camerati di Casapound che, al teatro Brancaccio di Roma, organizzarono addirittura una vera adunata in suo onore). Dopo poche ore, sulle pagine web della Lega parte il pestaggio: «Mi hanno detto di tutto — racconta la signora Branca —. Zecca rossa, putt... comunista…».
Metodo, strategia, niente lasciato al caso. E un trucco. Fagocitare, quando possibile, la fama altrui. Prendersela con Mario Balotelli — «Caro Mario, lo Ius soli non è la mia priorità, né degli italiani», Salvini su Twitter — e attirare così i piranha della tastiera contro il calciatore. Succede anche a Lapo Elkann: «Una volta, per attaccarmi, Salvini scrisse che facevo “dichiarazioni stupefacenti”…». Viene travolto. Con Morisi che sguazza felice nel fango. Quanti contatti abbiamo fatto?
La Bestia. Bestiale davvero. Come quella volta che non esita a pubblicare la foto di alcune studentesse milanesi minorenni, poi sepolte da commenti volgari e sessisti. Il chierichetto, sempre gongolante: «Lavoriamo duro, in un bunker, cerchiamo solo di amplificare l’attività del capo. Mi sembra funzioni, no?».
Salvini in trionfo nei sondaggi.
Luca, che faccio oggi? Oggi ti fai fotografare mentre imbracci un mitra. (Pasqua di tre anni fa). Luca, dove vado? Ti ho organizzato un passaggio alla radio, ti colleghi con la Zanzara e vai giù duro contro Ilaria Cucchi, che ha attaccato uno dei carabinieri coinvolti nell’omicidio del fratello Stefano. «Capisco il dolore di una sorella che ha perso il fratello — queste le tragiche parole di Salvini — ma mi fa schifo. Si dovrebbe vergognare». Luca, e domani? Morisi apre il cofano della macchina: domani ti travesti.
Ecco allora le foto con migliaia di like e di commenti estasiati al Salvini pompiere, al Salvini poliziotto, al Salvini crocerossino (però quando a Benevento — lui che è milanista — si infila la maglia giallorossa della locale squadra di calcio, gli ultrà decidono che è troppo, e lo inseguono minacciosi).
Poi torna sui social. Attacca Oliviero Toscani, Emmanuel Macron, Tito Boeri e Matteo Renzi, sfotte Fabio Fazio, ironizza su Papa Francesco. Il giorno dopo, però, arriva al Senato e bacia il rosario. Sacro e profano. Morisi gli comunica che i selfie a torso nudo da Milano Marittima sono stati visti da 1,6 milioni di persone. Ma mucchi di like anche alle fake news: tipo quella che a Vicenza, alcuni richiedenti asilo erano arrabbiati «perché volevano vedere Sky».
Per anni, così. Sicuri, implacabili, calpestando etica e morale. Poi, a ripensarci: pure qualche idea un po’ rischiosa.
Pazzesche — se riviste adesso — le immagini del Capitano che, al Pilastro, a Bologna, dopo un comizio va a citofonare a un tunisino: «Scusi, lei spaccia?». Un brivido a rileggere il tweet del giorno in cui Salvini va alla Camera a presentare una proposta di legge contro la droga: «Non esiste modica quantità. Ti becco a spacciare? Vai in carcere» (Dio Santo, Morisi: ma non poteva dirgli di andarci più cauto?).
CorSera
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