A cosa stiamo assistendo....
Conte verso le dimissioni confida nel «ter» con crisi pilotata
La resa dopo l’ultimatum dei centristi: senza un nuovo esecutivo niente “quarta gamba”. Troppo rischiosa la sfida in Aula sulla relazione di Bonafede sulla giustizia.
Le avvisaglie c’erano già da venerdì. Tramite Bruno Tabacci, avvistato mentre per due volte varcava il portone di Palazzo Chigi, i centristi avevano recapitato a Giuseppe Conte un messaggio chiaro: l’unica via per far materializzare la “quarta gamba” e veder nascere un nuovo gruppo parlamentare è quella di aprire una crisi formale. Dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e poi appello alle forze politiche per provare a ottenere un reincarico e dare vita a un Conte ter. Una strada che appare ormai quasi obbligata: senza garanzie di discontinuità (e senza vedere nero su bianco la nuova squadra) i “costruttori” non hanno alcuna intenzione di palesarsi.
Il pressing di Pd e M5S
Come anticipato sabato sul Sole 24 Ore, la mossa del premier dovrebbe materializzarsi entro martedì 26 gennaio ed è il frutto di un lungo pressing sia da parte del Pd, lacerato al suo interno tra la linea di Goffredo Bettini e Andrea Orlando - “o Conte o voto” - e quella molto più morbida dei parlamentari convinti della necessità di riprendere il dialogo con Matteo Renzi, sia da parte di un pezzo del M5S. È stato Luigi Di Maio, domenica, ad avvisare che quello in programma mercoledì a Montecitorio e probabilmente giovedì a Palazzo Madama sulla relazione sullo stato della giustizia del Guardasigilli Alfonso Bonafede sarà un voto sul governo. Tradotto: se non ci saranno i numeri (e finora i numeri non ci sono), il passaggio decreterà la morte del Conte bis.
La speranza di una crisi pilotata
Per evitare lo showdown, che comporterebbe per lo stesso Conte l’impossibilità di vedersi affidato un nuovo incarico da Mattarella, il premier si è alla fine convinto al passo che dalla rottura con Italia Viva non ha mai voluto compiere, per il timore di agguati in corso d’opera. Non si fida, il capo del governo. Né delle rassicurazioni dei moderati né soprattutto di Renzi, che in caso di dimissioni rientrerebbe in campo a pieno titolo per costruire la nuova maggioranza allargata. Ma nel fine settimana appena trascorso i suoi pontieri hanno lavorato senza sosta a un accordo con i “responsabili” per un patto di fine legislatura. La speranza è salire al Colle con un’intesa già in tasca e poter imboccare la via di una crisi pilotata che porti dritta al ter.
Conte verso le dimissioni confida nel «ter» con crisi pilotata
La resa dopo l’ultimatum dei centristi: senza un nuovo esecutivo niente “quarta gamba”. Troppo rischiosa la sfida in Aula sulla relazione di Bonafede sulla giustizia.
Le avvisaglie c’erano già da venerdì. Tramite Bruno Tabacci, avvistato mentre per due volte varcava il portone di Palazzo Chigi, i centristi avevano recapitato a Giuseppe Conte un messaggio chiaro: l’unica via per far materializzare la “quarta gamba” e veder nascere un nuovo gruppo parlamentare è quella di aprire una crisi formale. Dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e poi appello alle forze politiche per provare a ottenere un reincarico e dare vita a un Conte ter. Una strada che appare ormai quasi obbligata: senza garanzie di discontinuità (e senza vedere nero su bianco la nuova squadra) i “costruttori” non hanno alcuna intenzione di palesarsi.
Il pressing di Pd e M5S
Come anticipato sabato sul Sole 24 Ore, la mossa del premier dovrebbe materializzarsi entro martedì 26 gennaio ed è il frutto di un lungo pressing sia da parte del Pd, lacerato al suo interno tra la linea di Goffredo Bettini e Andrea Orlando - “o Conte o voto” - e quella molto più morbida dei parlamentari convinti della necessità di riprendere il dialogo con Matteo Renzi, sia da parte di un pezzo del M5S. È stato Luigi Di Maio, domenica, ad avvisare che quello in programma mercoledì a Montecitorio e probabilmente giovedì a Palazzo Madama sulla relazione sullo stato della giustizia del Guardasigilli Alfonso Bonafede sarà un voto sul governo. Tradotto: se non ci saranno i numeri (e finora i numeri non ci sono), il passaggio decreterà la morte del Conte bis.
La speranza di una crisi pilotata
Per evitare lo showdown, che comporterebbe per lo stesso Conte l’impossibilità di vedersi affidato un nuovo incarico da Mattarella, il premier si è alla fine convinto al passo che dalla rottura con Italia Viva non ha mai voluto compiere, per il timore di agguati in corso d’opera. Non si fida, il capo del governo. Né delle rassicurazioni dei moderati né soprattutto di Renzi, che in caso di dimissioni rientrerebbe in campo a pieno titolo per costruire la nuova maggioranza allargata. Ma nel fine settimana appena trascorso i suoi pontieri hanno lavorato senza sosta a un accordo con i “responsabili” per un patto di fine legislatura. La speranza è salire al Colle con un’intesa già in tasca e poter imboccare la via di una crisi pilotata che porti dritta al ter.
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