Fonte Sole 24 Ore
Salvini-Di Maio, il finto stallo sulla Tav (che andrà avanti)
Per spiegare il corpo a corpo di queste ore tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte è ricorso all'immagine dello stallo. Come sa bene anche chi ha poca confidenza con le scacchiere, lo stallo produce una paralisi, impedisce all'uno e all'altro giocatore di proseguire la partita, destinata così a finire in parità. Ma nel caso Tav non è così perché al di là delle dichiarazioni belligeranti dei due leader di M5s e Lega, la clessidra non è stata fermata. Per dirla fuor di metafora: il Cda di Telt, la società Italo-francese che gestisce il progetto della Torino-Lione, resta convocato per lunedì con all'ordine del giorno il via libera ai bandi da 2,3 miliardi di euro per la realizzazione del tunnel di base.
Non c'è quindi nessuno stallo, nessuna paralisi: la Tav andrà avanti. E questo lo sa Conte così come Di Maio e naturalmente Salvini. Ognuno però da questa finzione vuole uscire minimizzando i danni. Il capo pentastellato, già provato dalle sconfitte elettorali in Abruzzo e Sardegna e con in vista quella del prossimo 24 marzo in Basilicata, aveva bisogno di mostrare i muscoli per smentire chi tra i suoi lo accusa di essersi appiattito sul leader leghista riconquistandone la fiducia.
Di Maio ha così ribadito il No alla Tav, senza se e senza ma, giovandosi della sponda offertagli dal premier, che per la prima volta - come bonfonchiano i leghisti - si è sfilato la maglia dell'arbitro per indossare quella M5s. Un atto dovuto anche quello di Conte. Il presidente del Consiglio ha scelto di difendere il socio più debole della maggioranza per salvare il Governo. La leadership di Di Maio è assai più fragile di quella di Salvini e dunque il premier si è schierato per proteggerlo, mettendo in conto la reazione critica del Carroccio.
Del resto a Salvini basta la forza d'inerzia per portare a casa il risultato. Aver detto, prima a Conte e Di Maio e poi pubblicamente, che lui e i suoi ministri mai firmeranno un atto per bloccare i bandi di Telt , di fatto è la conferma che in mancanza di una iniziativa del Governo - come ha spiegato al premier anche il direttore generale della società - i consiglieri procederanno con le gare perché altrimenti rischierebbero di doversi assumere personalmente l’eventuale responsabilità per danno erariale provocata dal taglio immediato di 300 milioni di contributi europei.
È come quando in una partita i giocatori cominciano a insultarsi in mezzo al campo, a moltiplicare i falli da cartellino. A giovarsene è sempre la squadra in vantaggio - la Lega -perché lo scorrere del tempo l'avvicina al traguardo; l'altra, -il M5s -come si dice in questi casi, potrà rivendicare di avercela messa tutta, confidando che i tifosi si accontentino della prestazione pur fallendo il risultato.
Per spiegare il corpo a corpo di queste ore tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte è ricorso all'immagine dello stallo. Come sa bene anche chi ha poca confidenza con le scacchiere, lo stallo produce una paralisi, impedisce all'uno e all'altro giocatore di proseguire la partita, destinata così a finire in parità. Ma nel caso Tav non è così perché al di là delle dichiarazioni belligeranti dei due leader di M5s e Lega, la clessidra non è stata fermata. Per dirla fuor di metafora: il Cda di Telt, la società Italo-francese che gestisce il progetto della Torino-Lione, resta convocato per lunedì con all'ordine del giorno il via libera ai bandi da 2,3 miliardi di euro per la realizzazione del tunnel di base.
Non c'è quindi nessuno stallo, nessuna paralisi: la Tav andrà avanti. E questo lo sa Conte così come Di Maio e naturalmente Salvini. Ognuno però da questa finzione vuole uscire minimizzando i danni. Il capo pentastellato, già provato dalle sconfitte elettorali in Abruzzo e Sardegna e con in vista quella del prossimo 24 marzo in Basilicata, aveva bisogno di mostrare i muscoli per smentire chi tra i suoi lo accusa di essersi appiattito sul leader leghista riconquistandone la fiducia.
Di Maio ha così ribadito il No alla Tav, senza se e senza ma, giovandosi della sponda offertagli dal premier, che per la prima volta - come bonfonchiano i leghisti - si è sfilato la maglia dell'arbitro per indossare quella M5s. Un atto dovuto anche quello di Conte. Il presidente del Consiglio ha scelto di difendere il socio più debole della maggioranza per salvare il Governo. La leadership di Di Maio è assai più fragile di quella di Salvini e dunque il premier si è schierato per proteggerlo, mettendo in conto la reazione critica del Carroccio.
Del resto a Salvini basta la forza d'inerzia per portare a casa il risultato. Aver detto, prima a Conte e Di Maio e poi pubblicamente, che lui e i suoi ministri mai firmeranno un atto per bloccare i bandi di Telt , di fatto è la conferma che in mancanza di una iniziativa del Governo - come ha spiegato al premier anche il direttore generale della società - i consiglieri procederanno con le gare perché altrimenti rischierebbero di doversi assumere personalmente l’eventuale responsabilità per danno erariale provocata dal taglio immediato di 300 milioni di contributi europei.
È come quando in una partita i giocatori cominciano a insultarsi in mezzo al campo, a moltiplicare i falli da cartellino. A giovarsene è sempre la squadra in vantaggio - la Lega -perché lo scorrere del tempo l'avvicina al traguardo; l'altra, -il M5s -come si dice in questi casi, potrà rivendicare di avercela messa tutta, confidando che i tifosi si accontentino della prestazione pur fallendo il risultato.
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