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Gli amici di Bacco (alcool inside)
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Sarò passato di fronte all'enoteca millanta e millanta altre volte senza sapere quali meraviglie celassero quelle finestre a edicola che danno su via Ghibellina.
Lì vicino, abbastanza insomma, infatti abitava, anni orsono, una signora che aveva in casa propria una rivendita al dettaglio - aperta curiosamente solo nelle ore antimeridiane - di Yerba mate, spezie orientali, farina di papaveri rossi. Suonavi e scendeva ad aprire il portone un giovinetto, un ninetto davoli, che accompagnava gli avventori su al secondo piano.
La regina riceveva in deshabillé, a volte neppure si alzava dal letto (che era sempre affollato da più persone, tra cui ninetto) e indicava la consolle dove tra specchi da trucco e riviste di moda ti servivi da solo e lasciavi una profferta. Nessuno si focalizzava sui dettagli o le virgole.
Chissà che fine avrà fatto.Last edited by Zbigniew; 09-11-2022, 15:14:51.
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Ahahahahahahah Magnè...
Comunque na volta nella vita sarebbe da fa...no de prennese na cedrata eh, ma da prennesela nderkulo da Pinchiorri.
In due je lasci poco meno de 1000 sacchi...Er problema è che poi li ricachi e non sottoforma de euri.
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Originariamente Scritto da Zbigniew Visualizza MessaggioCorriere FIRENZE
L’INTERVISTA 8 novembre 2022 - 16:31
Giorgio Pinchiorri: «Mina mi chiese il chinotto, Moratti mi disse di cucinare (e cambiò la nostra storia)»
di Aldo Fiordelli
Cinquant’anni di ricordi nell’eloquio spedito di Giorgio Pinchiorri diventano un’alluvione di aneddoti. A cominciare dal consiglio di Angelo Moratti che gli cambiò la vita, passando per Fausto Bertinotti, Mina od Oriana Fallaci. Episodi perlopiù inediti a causa della riservatezza di Pinchiorri tanto di carattere quanto dovuta al ruolo professionale, abbinata a una gentile, informale ma sfuggevole presenza con i media di chi «saluta cordiale, ringrazia ma poi… tenerlo lì a colloquiare non è mai stata cosa semplice per alcuno» come ha scritto Leonardo Castellucci nella sua biografia. Oggi che l’Enoteca è alla soglia dei 50 anni, certi episodi appartengono alla storia e si possono anche raccontare.
Signor Pinchiorri, le possiamo offrire un caffè? Siamo curiosi del consiglio di Moratti.
«Se è a Copenaghen volentieri. Sono venuto qui con mio nipote per un giro di ristoranti. Edoardo ha scelto il nome Pinchiorri (è il figlio della figlia, per questo aveva un cognome diverso, ndr) ed è già un cuoco. Adesso ha 18 anni e deve fare la sua gavetta, ma a 25 anni anche se io non ci sarò, sarà lui a prendere in mano le redini dell’Enoteca col direttore Alessandro Tomberli. Prima di allora deve imparare. Sto facendo con lui né più né meno ciò che ho sempre fatto, a cominciare dagli inizi quando con Annie Fèolde giravamo la Francia alla scoperta di vini, ricette e i segreti dell’ospitalità».
Copenaghen è una città molto in vista oggi per l’alta cucina, il Geranium è considerato il miglior ristorante del mondo e il direttore della cantina per l’appunto è un italiano.
«Infatti, non si creda che vado solo a mangiare. Mi informo su tutto. Per esempio, qui fanno tre giorni di chiusura alla settimana, come da noi all’Enoteca, una scelta importante per il personale. Gli stagisti vengono pagati bene. E poi sono riuscito a trovare un vino americano che cercavo da anni».
In Danimarca?
«Ah non si immagina nemmeno nella vita quante me ne sono inventate per avere tutti i vini che volevo, quanto ho girato. Qui tramite un importatore sono riuscito a reperire il bianco di Screaming Eagle, una delle grandi bottiglie della Napa Valley».
Giorgio Pinchiorri non è nuovo a queste situazioni. Il marchese Piero Antinori ha scritto ad esempio per una verticale di Tignanello che riuscì a ritrovare una bottiglia della prima annata, il 1971, proprio all’Enoteca. Più di recente invece Massimo Moratti in un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera ha raccontato: «Ancora oggi mi capita di trovare persone che mi parlano di mio padre, che gli devono qualcosa». Uno di questi è Pinchiorri. «Vado a Firenze da Giorgio Pinchiorri — ha raccontato Moratti — tre stelle Michelin, e non mi fa pagare. Penso: sarà interista. Torno con Renzi sindaco, e non mi fa pagare. Penso: sarà amico di Renzi. Poi torno da solo, e di nuovo non vuol farmi pagare. Stavolta insisto: voglio il conto. E Pinchiorri mi rivela che lo fa per mio padre. Tanto tempo fa gli aveva dato un consiglio che gli aveva cambiato la vita».
Allora ce lo racconta quale fu il consiglio così importante di Angelo Moratti?
«Erano i primi anni Settanta e lui venne a pranzo all’Enoteca con Attilio Monti. Da una parte il fondatore della Saras, dall’altra quello della Sarom. Due petrolieri, ma all’epoca anche due editori, rispettivamente di Corriere della Sera di cui era azionista Moratti e de La Nazione che Monti ha conservato anche dopo la vendita di Eridania».
Li conosceva già?
«Macché, non li avevo nemmeno riconosciuti. Queste notizie io le ho scoperte dopo, perché all’epoca non ne sapevo niente. Non avevo idea di chi fossero quei due gentiluomini che si erano seduti all’Enoteca. Si deve tornare al contesto di quegli anni. Il vino si vendeva ancora nei fiaschi, io ero arrivato a Firenze da Pavullo nel Frignano da una decina di anni scarsi. Ero solo un ex cameriere che veniva dalla Buca Lapi, eravamo proprio agli inizi».
Oddio, proprio un ex cameriere forse è troppo, Beppino Lapi le fece riorganizzare tutta la cantina della Buca.
«Sì certo, ma quando ho aperto l’Enoteca servivamo solo vino al bicchiere e non facevamo da mangiare. È proprio qui che nasce l’episodio con Moratti».
Cosa le disse?
«All’epoca l’Enoteca a mezzogiorno offriva solo qualche crostone, un po’ di prosciutto. Si veniva in via Ghibellina per bere un calice, ma facevamo già tanta ricerca, si dava importanza al vino come allora ancora nessuno. A Monti e Moratti mia moglie servì una quiche lorraine. Loro si complimentarono, ma Moratti mi disse che avremmo dovuto preparare qualcosa in più da mangiare. Io non avevo idea di fare un ristorante, gli risposi che mia moglie qualche piatto di cucina francese avrebbe potuto prepararlo. Ma lui prontamente protestò e mi disse che no, avrebbe dovuto cucinare toscano: “È così brava che può cucinare anche toscano” insisté».
Così decideste di fare anche il ristorante?
«I primi piatti caldi erano pochi. Le tagliatelle preparate da mia madre e gli ossibuchi cucinati da Annie. Ma il vino è sempre stato protagonista. Tanto che l’ultima volta che ho visto Moratti mi sono permesso di aprire una bottiglia del suo millesimo. Anzi, una del suo anno e una dell’anno di Renzi che era con noi. Un’occasione speciale. C’era l’Inter club per ricordare la scomparsa di Patrizio Cipollini, indimenticato ex direttore del Four Seasons di Firenze».
E ogni volta che viene qualche personaggio famoso gli stappa una bottiglia del suo anno?
«Ho fatto anche di peggio. Per esempio, quando venne qui Nilde Iotti le stappai una magnum di Sassicaia del 1985. Ah… se ce l’avessi ancora una bottiglia così (un’annata mitica, oggi valgono una fortuna, ndr). Invece a proposito di parlamentari ex comunisti quando era già Presidente della Camera ho avuto a cena Fausto Bertinotti. Era appena tornato dalla Francia. Mi disse che durante una visita ufficiale lo avevano portato in cantina al Domaine de la Romanée Conti. Allora gli chiesi: “Le è piaciuto il vino presidente?”. “Non ce l’hanno fatto mica assaggiare” mi rispose. Ma che str… sciocchezza. Insomma, scesi in cantina e tornai su con un Romanée Conti del 1990 e fui io a farglielo assaggiare».
Generoso… Però si sarà anche divertito a offrire il vino più costoso al mondo a un ex sindacalista ed ex comunista.
«Eh… Non è andata sempre bene. Mi ricordo anche qualche episodio sfortunato. Per esempio, sempre agli inizi, quando ancora non si era ritirata dalla vita pubblica, una volta arrivò Mina. Anche in quel caso non la riconobbi subito. Chiese un chinotto. Ma se l’immagina? Un chinotto, all’Enoteca Pinchiorri? Non ce l’avevamo e quindi se ne andò via spazientita».
Non l’avrà più vista.
«Lei no, però è successo un episodio molto carino a distanza di anni. Una sera è venuta qui la figlia. Festeggiava una ricorrenza, non so se un compleanno o un anniversario. Insomma, sapevamo chi era, così le chiesi se potesse portare le mie scuse alla madre benché fossero passati molti anni. Insomma, voglio dire, eravamo entrambi molto giovani. Dopo pochi minuti, mi ritrovai con Mina al telefono che a sua volta si scusava con me per essere venuta a chiedere un chinotto all’Enoteca».
Invece Oriana Fallaci era una cliente affezionata. Lei che amava mettersi di fronte alla sua Olivetti sempre con sigarette e Champagne.
«Con Oriana Fallaci c’era un rapporto incredibile. Lei era innamorata dei piemontesi, qui beveva sempre Barolo e Barbaresco. Ma l’amicizia andava oltre il ristorante. Eravamo vicini di casa in Corso Tintori. Anzi, le dirò di più. Lei era innamorata della nostra terrazza e glie l’avrei ceduta volentieri se solo avessi fatto in tempo».
Mortacci de Mina!
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Corriere FIRENZE
L’INTERVISTA 8 novembre 2022 - 16:31
Giorgio Pinchiorri: «Mina mi chiese il chinotto, Moratti mi disse di cucinare (e cambiò la nostra storia)»
di Aldo Fiordelli
Cinquant’anni di ricordi nell’eloquio spedito di Giorgio Pinchiorri diventano un’alluvione di aneddoti. A cominciare dal consiglio di Angelo Moratti che gli cambiò la vita, passando per Fausto Bertinotti, Mina od Oriana Fallaci. Episodi perlopiù inediti a causa della riservatezza di Pinchiorri tanto di carattere quanto dovuta al ruolo professionale, abbinata a una gentile, informale ma sfuggevole presenza con i media di chi «saluta cordiale, ringrazia ma poi… tenerlo lì a colloquiare non è mai stata cosa semplice per alcuno» come ha scritto Leonardo Castellucci nella sua biografia. Oggi che l’Enoteca è alla soglia dei 50 anni, certi episodi appartengono alla storia e si possono anche raccontare.
Signor Pinchiorri, le possiamo offrire un caffè? Siamo curiosi del consiglio di Moratti.
«Se è a Copenaghen volentieri. Sono venuto qui con mio nipote per un giro di ristoranti. Edoardo ha scelto il nome Pinchiorri (è il figlio della figlia, per questo aveva un cognome diverso, ndr) ed è già un cuoco. Adesso ha 18 anni e deve fare la sua gavetta, ma a 25 anni anche se io non ci sarò, sarà lui a prendere in mano le redini dell’Enoteca col direttore Alessandro Tomberli. Prima di allora deve imparare. Sto facendo con lui né più né meno ciò che ho sempre fatto, a cominciare dagli inizi quando con Annie Fèolde giravamo la Francia alla scoperta di vini, ricette e i segreti dell’ospitalità».
Copenaghen è una città molto in vista oggi per l’alta cucina, il Geranium è considerato il miglior ristorante del mondo e il direttore della cantina per l’appunto è un italiano.
«Infatti, non si creda che vado solo a mangiare. Mi informo su tutto. Per esempio, qui fanno tre giorni di chiusura alla settimana, come da noi all’Enoteca, una scelta importante per il personale. Gli stagisti vengono pagati bene. E poi sono riuscito a trovare un vino americano che cercavo da anni».
In Danimarca?
«Ah non si immagina nemmeno nella vita quante me ne sono inventate per avere tutti i vini che volevo, quanto ho girato. Qui tramite un importatore sono riuscito a reperire il bianco di Screaming Eagle, una delle grandi bottiglie della Napa Valley».
Giorgio Pinchiorri non è nuovo a queste situazioni. Il marchese Piero Antinori ha scritto ad esempio per una verticale di Tignanello che riuscì a ritrovare una bottiglia della prima annata, il 1971, proprio all’Enoteca. Più di recente invece Massimo Moratti in un’intervista ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera ha raccontato: «Ancora oggi mi capita di trovare persone che mi parlano di mio padre, che gli devono qualcosa». Uno di questi è Pinchiorri. «Vado a Firenze da Giorgio Pinchiorri — ha raccontato Moratti — tre stelle Michelin, e non mi fa pagare. Penso: sarà interista. Torno con Renzi sindaco, e non mi fa pagare. Penso: sarà amico di Renzi. Poi torno da solo, e di nuovo non vuol farmi pagare. Stavolta insisto: voglio il conto. E Pinchiorri mi rivela che lo fa per mio padre. Tanto tempo fa gli aveva dato un consiglio che gli aveva cambiato la vita».
Allora ce lo racconta quale fu il consiglio così importante di Angelo Moratti?
«Erano i primi anni Settanta e lui venne a pranzo all’Enoteca con Attilio Monti. Da una parte il fondatore della Saras, dall’altra quello della Sarom. Due petrolieri, ma all’epoca anche due editori, rispettivamente di Corriere della Sera di cui era azionista Moratti e de La Nazione che Monti ha conservato anche dopo la vendita di Eridania».
Li conosceva già?
«Macché, non li avevo nemmeno riconosciuti. Queste notizie io le ho scoperte dopo, perché all’epoca non ne sapevo niente. Non avevo idea di chi fossero quei due gentiluomini che si erano seduti all’Enoteca. Si deve tornare al contesto di quegli anni. Il vino si vendeva ancora nei fiaschi, io ero arrivato a Firenze da Pavullo nel Frignano da una decina di anni scarsi. Ero solo un ex cameriere che veniva dalla Buca Lapi, eravamo proprio agli inizi».
Oddio, proprio un ex cameriere forse è troppo, Beppino Lapi le fece riorganizzare tutta la cantina della Buca.
«Sì certo, ma quando ho aperto l’Enoteca servivamo solo vino al bicchiere e non facevamo da mangiare. È proprio qui che nasce l’episodio con Moratti».
Cosa le disse?
«All’epoca l’Enoteca a mezzogiorno offriva solo qualche crostone, un po’ di prosciutto. Si veniva in via Ghibellina per bere un calice, ma facevamo già tanta ricerca, si dava importanza al vino come allora ancora nessuno. A Monti e Moratti mia moglie servì una quiche lorraine. Loro si complimentarono, ma Moratti mi disse che avremmo dovuto preparare qualcosa in più da mangiare. Io non avevo idea di fare un ristorante, gli risposi che mia moglie qualche piatto di cucina francese avrebbe potuto prepararlo. Ma lui prontamente protestò e mi disse che no, avrebbe dovuto cucinare toscano: “È così brava che può cucinare anche toscano” insisté».
Così decideste di fare anche il ristorante?
«I primi piatti caldi erano pochi. Le tagliatelle preparate da mia madre e gli ossibuchi cucinati da Annie. Ma il vino è sempre stato protagonista. Tanto che l’ultima volta che ho visto Moratti mi sono permesso di aprire una bottiglia del suo millesimo. Anzi, una del suo anno e una dell’anno di Renzi che era con noi. Un’occasione speciale. C’era l’Inter club per ricordare la scomparsa di Patrizio Cipollini, indimenticato ex direttore del Four Seasons di Firenze».
E ogni volta che viene qualche personaggio famoso gli stappa una bottiglia del suo anno?
«Ho fatto anche di peggio. Per esempio, quando venne qui Nilde Iotti le stappai una magnum di Sassicaia del 1985. Ah… se ce l’avessi ancora una bottiglia così (un’annata mitica, oggi valgono una fortuna, ndr). Invece a proposito di parlamentari ex comunisti quando era già Presidente della Camera ho avuto a cena Fausto Bertinotti. Era appena tornato dalla Francia. Mi disse che durante una visita ufficiale lo avevano portato in cantina al Domaine de la Romanée Conti. Allora gli chiesi: “Le è piaciuto il vino presidente?”. “Non ce l’hanno fatto mica assaggiare” mi rispose. Ma che str… sciocchezza. Insomma, scesi in cantina e tornai su con un Romanée Conti del 1990 e fui io a farglielo assaggiare».
Generoso… Però si sarà anche divertito a offrire il vino più costoso al mondo a un ex sindacalista ed ex comunista.
«Eh… Non è andata sempre bene. Mi ricordo anche qualche episodio sfortunato. Per esempio, sempre agli inizi, quando ancora non si era ritirata dalla vita pubblica, una volta arrivò Mina. Anche in quel caso non la riconobbi subito. Chiese un chinotto. Ma se l’immagina? Un chinotto, all’Enoteca Pinchiorri? Non ce l’avevamo e quindi se ne andò via spazientita».
Non l’avrà più vista.
«Lei no, però è successo un episodio molto carino a distanza di anni. Una sera è venuta qui la figlia. Festeggiava una ricorrenza, non so se un compleanno o un anniversario. Insomma, sapevamo chi era, così le chiesi se potesse portare le mie scuse alla madre benché fossero passati molti anni. Insomma, voglio dire, eravamo entrambi molto giovani. Dopo pochi minuti, mi ritrovai con Mina al telefono che a sua volta si scusava con me per essere venuta a chiedere un chinotto all’Enoteca».
Invece Oriana Fallaci era una cliente affezionata. Lei che amava mettersi di fronte alla sua Olivetti sempre con sigarette e Champagne.
«Con Oriana Fallaci c’era un rapporto incredibile. Lei era innamorata dei piemontesi, qui beveva sempre Barolo e Barbaresco. Ma l’amicizia andava oltre il ristorante. Eravamo vicini di casa in Corso Tintori. Anzi, le dirò di più. Lei era innamorata della nostra terrazza e glie l’avrei ceduta volentieri se solo avessi fatto in tempo».
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Di che che se ne dica provare questo con un formaggio di capra a media stagionatura.
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Originariamente Scritto da Death Magnetic Visualizza MessaggioChe prosecco?
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Originariamente Scritto da topscorer Visualizza MessaggioIo ho preso un cartone di Prosecco e uno di Champagne da bere per le feste.
Un Prosecco l'ho appena aperto, ottimo.
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@Drop
Va giù come una bibita, è meno forte e più dolce della grappa liscia.
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Io ho preso un cartone di Prosecco e uno di Champagne da bere per le feste.
Un Prosecco l'ho appena aperto, ottimo.
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Con questo caldo sto rimandando l'apertura dei rossi di peso e toccherà rimpolpare la sezione dei bianchi.
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