ahahah io avevo fatto una battuta di pessimo gusto (che infatti ho editato) cripv wins.
Le dure critiche di Paolo Villaggio alle Paralimpiadi, cosa ne pensate?
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggioma tutti d'accordo chi? tu e qualche altro in questa discussione? io mi riferisco all'opinione pubblica, diciamo gran parte dei britannici ad esempio visto che vedo le loro trasmissioni tv
In sostanza: non devo ricevere una medaglia al merito civile per aver aiutato qualcuno. Ma non devo neanche essere vilipeso per non aver mosso un dito.
Personalmente non me ne frega nulla delle paraolimpiadi, però credo che non sia possibile discutere in maniera "neutra" di cosa sia la dignità umana (ovvero dire "questo è dignitoso. Questo, no...").Lonely roses slowly wither and die
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Originariamente Scritto da Pesca Visualizza Messaggioveramente è proprio grazie alle olimpiadi (para e non) che tanti sport minori fanno capolino. poi il fatto che si chiamino "olimpiadi" (para e non) li mette per forza di cose in primo piano rispetto ad altro.
Non sopporto l'ipocrisia dei media anche quando citano una vittoria alle olimpiadi, titoli dei giornali "siamo fieri del nostro "Mario Rossi" e della nostra alta scuola nello sport X".
Qquando lo sport minore X, al di fuori della medaglia appena vinta i media non l'hanno mai cagato. I tg mi sembrano in questi casi "i finti amiconi" leccaculo per i 5 minuti in cui gli serve dare la notizia.
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Originariamente Scritto da Bob Terwilliger Visualizza Messaggio[nota: chi non avesse voglia di leggersi questo post chilometrico trova un riassunto in fondo.]
Anche in questo caso devo ripetere ciò che ho scritto nel post precedente, Riky.
La discussione riguarda determinate dichiarazioni che esprimono un certo punto di vista:
Non vedo il senso di trasformarla in una discussione sul disagio che si prova nel vedere un disabile. Non è questo che dice Villaggio e non è a questo che ho replicato. Non travisare i fatti.
Una persona può provare un vivo disagio nei confronti dei disabili. Potrebbe anche essere una discussione interessante, da fare a parte. Ciò che interessa qui è che questa persona può evitare di guardare le paralimpiadi e di parlarne. Non ho idea di quanti e quali dei miei amici le guardino. Se non le guardano, sono affari loro, né più né meno come sono affari loro non guardare le olimpiadi o Maria De Filippi. Uno segue gli sport e guarda gli show che gli piacciono, mica quelli che gli fanno schifo, e non sarò io a criticare i gusti altrui.
E' diverso (ed è l'oggetto del topic) la manica di stronzate dette da Villaggio.
Il primo punto è la "riconoscenza". Suppongo che nemmeno Villaggio sia così rimbambito da intendere che il permesso di fare sport sia una graziosa concessione dei normodotati agli handicappati, quindi la riconoscenza sarebbe il mostrare la cosa in TV. Mah. Le paralimpiadi sono un evento che negli anni è cresciuto. Qualcuno ha avuto l'idea di trasmetterle, ovviamente con visibilità e copertura inferiori a quelle delle olimpiadi, e hanno ottenuto sempre maggior interesse. Ricordo per esempio Torino 2006, quando fecero il boom. Vengono trasmesse perché c'è un pubblico piuttosto numeroso che vuole vederle. I dati sullo share sono lì, il resto sono solo chiacchiere di chi vuole giustificare davanti al mondo qualcosa che lo mette a disagio. (Manco qualcuno avesse chiesto a Villaggio o ad altri di giustificarsi; non vi piacciono le paralimpiadi? Non guardatele e fine. A nessuno gliene frega niente).
Poi c'è l'"esaltare la finta pietà". Altra cagata. Come ho già detto, c'è gente che a quelle gare ci si appassiona davvero. Finta pietà? Ma davvero Villaggio crede che il rapporto con un disabile sia all'insegna della pietà? Il problema qui è uno solo: alcune persone guardano un disabile e vedono un'orrenda disabilità con annessa secondariamente una persona. Altri vedono una persona e fine. Peccato solo che i vari Villaggio siano così egocentrici da credere che gli altri, quelli che non sono terrorizzati e schifati dalla disabilità, stiano fingendo. Eh, i disabili fanno schifo oggettivamente, sono disgustosi, e se non lo ammetti, che provi ribrezzo, sei un bugiardo. Ma per favore.
Poi c'è il "non fa ridere". Probabilmente Villaggio immagina che un disabile che fa sport possa essere solo uno spettacolo da circo Barnum e che lo scopo della manifestazione sia provocare grasse risate. Io non guardo il pugilato per ridere, non guardo i rally per ridere, non guardo il ciclismo per ridere, e non guardo le paralimpiadi per ridere. Lo sport non è uno spettacolo di clown.
Infine il "non è divertente". Forse Villaggio avrebbe dovuto dire "non mi diverte", e noi avremmo riposto "bene, pazienza, de gustibus". Io mi diverto a vedere certe gare, molto meno a vederne altre. A certi miei amici non piace la combinata nordica, che io trovo fighissima. Altri apprezzano il curling, che a me non diverte. Questo mi fa sospettare che, forse, il fatto che uno sport non diverta me non significhi che non diverta nessuno.
Alla fine della storia, vorrei che qualcuno mi spiegasse in modo rigoroso per quale motivo le paralimpiadi non debbano essere trasmesse in TV. Io riesco a immaginare due motivi:
- gli atleti paralimpici non sono degni di essere trasmessi per qualche mancanza instrinseca. Essi non sono degni di nota. C'è un vizio alla base
oppure
- le paralimpiadi non devono essere trasmesse perché è solo una facciata, ma nessuno le guarda
La prima ipotesi non è sostenibile. La seconda va contro i dati d'ascolto dell'evento. Se qualcuno ha qualche altro motivo che giustifichi la pretesa di eliminare le paralimpiadi lo scriva e ci faccia capire.
Quindi, Riky, il tuo post non coglie l'oggetto del topic. Nessuno, mi sembra, contesta né che una persona possa provare disagio verso la disabilità né che possa trovare poco interessanti le paralimpiadi.
Il secondo paragrafo parla dell'ipocrisia delle decisioni a tavolino. Quali decisioni a tavolino? Sarebbe il caso di distinguere la realtà dei fatti dalle fantasie di chi cerca qualsiasi scusa per scagliarsi contro il politically correct e mostrarsi figo e cinico.
La storia della nascita e della crescita delle paralimpiadi è la storia di un gruppo di invalidi di guerra appassionati di sport. Le paralimpiadi sono nate per volontà dei disabili che avevano piacere di avere una grande gara/happening per i loro sport. Poi, molto poi, si è deciso (su idea degli atleti paralimpici) di svolgerle di seguito alle olimpiadi, nella stessa città, e infine le due federazioni (olimpica e paralimpica) hanno deciso di rendere la cosa una regola. Dopodiché, in modo molto secondario, le TV hanno iniziato a interessarsi alle paralimpiadi, e gli spettatori e gli appassionati sono cresciuti sempre più con il tempo.
Questa è la storia delle paralimpiadi come manifestazione e della loro messa in onda. Non le costruzioni mentali degli intellettualoidi e delle loro pose da uomini vissuti e cinici.
I fatti.I'm the Master of my fate: I'm the Captain of my soul.
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Originariamente Scritto da TheSandman Visualizza MessaggioDai, fate ancora di più i buonisti che così vi guadagnate un posto in Paradiso...ma per favore...
Siate sinceri almeno con voi stessi...non ci credo nemmeno morto che il calcetto per ciechi non vi turbi.
Originariamente Scritto da SergioSei un coglione.
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Non credo affatto che chi guardi le paraolimpiadi sia un ipocrita. Non lo credo perchè c'è gente che vive a contatto quotidiano con i portatori di handicap, ci sono volontari che scelgono di stare vicini a chi ha delle disabilità: li curano, li seguono, li aiutano. C'è chi giudica però il mettere in pubblica piazza tutto questo un'inutile mostra del dolore, fonte, oltre che di imbarazzo, anche di quella ipocrisia di cui sopra, quasi che, davanti allo spettacolo di arti menomati e di altre infermità, tutti dovessero sentirsi in obbligo di plaudire o accettare supinamente senza poter obiettare alcunchè.
Ora, sono tutte necessariamente posizioni personali quelle espresse in questo thread, e non potrebbe essere altrimenti. La mia è che anche io provo imbarazzo ed un forte disagio. Imbarazzo e disagio che però non nascono dal dover "subire" quelle immagini ma dal mio intimo. Rifletto: tu saresti capace, ti capitasse una cosa simile, a fare altrettanto? Farti vedere, voler condurre comunque una vita, fare come se niente fosse o andare oltre eventuali handicap fisici? No, non ne sarei capace. Ancora: tu saresti capace di intrattenere una discussione "normale" con quelle persone, di guardarle negli occhi, di aiutarle se si presentasse il caso, di sfamarle, vestirle, toccarle? No, non ne sarei capace. Ho capito da tempo che il mio imbarazzo (l'ipocrisia no, non guardo e non voglio guardare le paraolimpiadi e non giudico chi lo fa) non nasce da loro ma da me. Nasce dalla consapevolezza della mia insufficienza, della mia inadeguatezza, della mia debolezza, del mio essere attaccato alla vita come l'ho sempre conosciuta. Di non sapere o potere fare altrimenti.
Da giovane, esaltato dalla bellezza, dal sole e dal trionfo dei corpi, dal vitalismo e dalla forza che la vita ti apparecchia in quella età sarei stato tranchant: "mi fanno schifo". Quasi nietzschiano: "ecco come si abbruttisce l'umanità, come ci si costringe a piegare tutti il capo e le ali". Poi, una età più matura porta necessariamente ad indagare il proprio io, perchè vedi che le manifestazioni della vita sono polimorfiche, scopri che ad esempio l'amore può essere riversato anche addosso a chi ha un corpo infelice o delle menomazioni gravi e ributtanti. C'è chi riesce ad andare oltre, non dimentico l'immagine di Papa Giovanni Paolo II che abbraccia una prostituta nera, il volto sfigurato dall'AIDS, e la stringe a sè bagnandosi con le sue lacrime. Non potrei fare il Papa, se farlo vuol dire visitare gli handicappati, i lebbrosi, i menomati. Non potrei, più modestamente, neppure fare l'infermiere od il volontario: sento di non riuscire a dare cura, attenzione ed amore a chi ha delle infermità come quelle. Questa oggi è la mia fonte di imbarazzo.
Come si fa ad amare l'umanità tutta intera? Tutta, la sua bellezza e la sua bruttura, la sua sanità e la sua malattia, la sua altezza e la sua bassezza. Mi arrendo alla evidenza: io non ci riesco. Vorrei chiedere, a chi si piega su di un malato od un handiccapato o su di un uomo ridotto ad un vegetale, e gli dà amore: "come fai?"...Io non ce la faccio a superare la mia infermità, il mio limite, se sono i miei infermità e limiti - secondo il Vangelo lo sono. Solo attraverso un medium riesco a superare questo mio imbarazzo: se leggo che Cristo tocca un infermo od un lebbroso, se vedo che un Papa abbraccia un malato sfigurato dalla malattia, allora mi sembra possibile anche per me posare lo sguardo su quello spettacolo, guardare bene e a fondo ciò che non voglio vedere nè sapere. Mi sembra quasi che la mia omissione pesi meno, fallo tu anche per me mi dico. Eppure, l'omissione resta.
Ma siamo uomini, abbiamo ciascuno la nostra natura e la nostra storia. Da queste, deriviamo le nostre ragioni ed i nostri giudizi. Trascendere la propria natura è un atto autenticamente eroico. Essere capaci di amare l'umanità tutta intera è certo indice di una verità divina, se Dio è amore. Ma la catena dei sensi e della storia mi riporta a quando, adolescente dal corpo agile e dorato, cercavo i miei simili immaginandomi in un'Ellade senza tempo. Il gesto svelto e forte, la bellezza, l'espressione decisa, serena e tenera di chi conosce la propria forza e la propria fortuna ed il proprio potere di attrazione: a volte mi dico che tutto ha un prezzo e che, o come Iperione concludi nel fuoco, o anche a chi ha vissuto come una creatura del sole una estate senza fine sarò dato di conoscere il rovescio e di affrontare i propri fantasmi, ora che la luce comincia, seppur da lontano, ad ombreggiare.Last edited by Sean; 10-09-2012, 20:18:03....ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioNon credo affatto che chi guarda le paraolimpiadi sia un ipocrita. Non lo credo perchè c'è gente che vive a contatto quotidiano con i portatori di handicap, ci sono volontari che scelgono di stare vicini a chi ha delle disabilità: li curano, li seguono, li aiutano. C'è chi giudica però il mettere in pubblica piazza tutto questo un'inutile mostra del dolore, fonte, oltre che di imbarazzo, anche di quella ipocrisia di cui sopra, quasi che, davanti allo spettacolo di arti menomati e di altre infermità, tutti dovessero sentirsi in obbligo di plaudire o accettare supinamente senza poter obiettare alcunchè.
Ora, sono tutte necessariamente posizioni personali quelle espresse in questo thread, e non potrebbe essere altrimenti. La mia è che anche io provo imbarazzo ed un forte disagio. Imbarazzo e disagio che però non nascono dal dover "subire" quelle immagini ma dal mio intimo. Rifletto: tu saresti capace, ti capitasse una cosa simile, a fare altrettanto? Farti vedere, voler condurre comunque una vita, fare come se niente fosse o andare oltre eventuali handicap fisici? No, non ne sarei capace. Ancora: tu saresti capace di intrattenere una discussione "normale" con quelle persone, di guardarle negli occhi, di aiutarle se si presentasse il caso, di sfamarle, vestirle, toccarle? No, non ne sarei capace. Ho capito da tempo che il mio imbarazzo (l'ipocrisia no, non guardo e non voglio guardare le paraolimpiadi e non giudico chi lo fa) non nasce da loro ma da me. Nasce dalla consapevolezza della mia insufficienza, della mia inadeguatezza, della mia debolezza, del mio essere attaccato alla vita come l'ho sempre conosciuta. Di non sapere o potere fare altrimenti.
Da giovane, esaltato dalla bellezza, dal sole e dal trionfo dei corpi, dal vitalismo e dalla forza che la vita ti apparecchia in quella età sarei stato tranchant: "mi fanno schifo". Quasi nietzschiano: "ecco come si abbruttisce l'umanità, come ci si costringe a piegare tutti il capo e le ali". Poi, una età più matura porta necessariamente ad indagare il proprio io, perchè vedi che le manifestazioni della vita sono poliformiche, scopri che ad esempio l'amore può essere riversato anche addosso a chi ha un corpo infelice o delle menomazioni gravi e ributtanti. C'è chi riesce ad andare oltre, non dimentico l'immagine di Papa Giovanni Paolo II che abbraccia una prostituta nera, il volto sfigurato dall'AIDS, e la stringe a sè bagnandosi con le sue lacrime. Non potrei fare il Papa, se farlo vuol dire visitare gli handicappati, i lebbrosi, i menomati. Non potrei, più modestamente, neppure fare l'infermiere od il volontario: sento di non riuscire a dare cura, attenzione ed amore a chi ha delle infermità come quelle. Questa oggi è la mia fonte di imbarazzo.
Come si fa ad amare l'umanità tutta intera? Tutta, la sua bellezza e la sua bruttura, la sua sanità e la sua malattia, la sua altezza e la sua bassezza. Mi arrendo alla evidenza: io non ci riesco. Vorrei chiedere, a chi si piega su di un malato od un handiccapato o su di un uomo ridotto ad un vegetale, e gli dà amore: "come fai?"...Io non ce la faccio a superare la mia infermità, il mio limite, se sono i miei infermità e limiti - secondo il Vangelo lo sono. Solo attraverso un medium riesco a superare questo mio imbarazzo: se leggo che Cristo tocca un infermo od un lebbroso, se vedo che un Papa abbraccia un malato sfigurato dalla malattia, allora mi sembra possibile anche per me posare lo sguardo su quello spettacolo, guardare bene e a fondo ciò che non voglio vedere nè sapere. Mi sembra quasi che la mia omissione pesi meno, fallo tu anche per me mi dico. Eppure, l'omissione resta.
Ma siamo uomini, abbiamo ciascuno la nostra natura e la nostra storia. Da queste, deriviamo le nostre ragioni ed i nostri giudizi. Trascendere la propria natura è un atto autenticamente eroico. Essere capaci di amare l'umanità tutta intera è certo indice di una verità divina, se Dio è amore. Ma la catena dei sensi e della storia mi riporta a quando, adolescente dal corpo agile e dorato, cercavo i miei simili immaginandomi in un'Ellade senza tempo. Il gesto svelto e forte, la bellezza, l'espressione decisa, serena e tenera di chi conosce la propria forza e la propria fortuna ed il proprio potere di attrazione: a volte mi dico che tutto ha un prezzo e che, o come Iperione concludi nel fuoco, o anche a chi ha vissuto come una creatura del sole una estate senza fine sarò dato di conoscere il rovescio e di affrontare i propri fantasmi, ora che la luce comincia, se pur da lontano, ad ombreggiare.I'm the Master of my fate: I'm the Captain of my soul.
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