la coscienza nasce dalla materia o la materia nasce dalla coscienza ?.

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  • Bob Terwilliger
    bluesman
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    #31
    Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
    Appunto.

    La rappresentazione, il simbolo, la capacità di referenziare è tale agli occhi dell'astante.

    Quello che è, è e sarà sempre uno stato fisico (in un determinato istante) o una sequenza di stati.

    La questione deve essere "ridotta". O la coscienza è un costrutto linguistico (e comunque indirettamente riconducibile ad una fisicità) o è diretta espressione dell'hardware.

    La formica del deserto che riesce a ritrovare il nido in un ambiente completamente privo di landmarks cosa fa: calcola la posizione in base al sole (ed allora computa, rappresenta in senso lato), o esprime un comportamento "cablato"?

    E' una questione di gradualità della rappresentazione, forse di "quantità di rappresentazione", non di qualità.
    Il punto è proprio quell'astante.
    Soggettivamente, io so di essere. Non è una questione filosofica, è un puro dato di fatto. Io ho consapevolezza, ovvero ho esperienze qualitative. Il rosso per me ha una qualità (esperienza del rosso), a prescindere dal fatto che sia un contenuto mentale stimolato da una certa lunghezza d'onda (o dalla memoria). Invece, non posso avere certezza che un altro utente abbia una coscienza; idealmente, potrebbe essere un sofisticato programma che dà degli output complessi in risposta a stimoli complessi.
    Questo non cambia comunque la mia consapevolezza soggettiva.

    Una macchina per l'elaborazione degli input non causa automaticamente una coscienza. Un esempio classico è l'argomento della stanza cinese di John Searle. Immaginiamo di costruire un stanza con un terminale di input e uno di output. All'interno della stanza c'è un inglese che non conosce il cinese, a cui sono state date una serie di istruzioni: a seconda della combinazione degli ideogrammi cinesi che gli viene fornita come input, deve dare combinazioni precise di altri simboli come output.
    Questa è una semplice macchina: essa è in grado di simulare la conoscenza del cinese, ma il meccanismo non ha nessuna comprensione dei significati che manipola, sa solo applicare sequenze di regole.

    Una formica potrebbe agire come un veicolo lunare robotizzato e scegliere il percorso secondo un programma di stimolo-risposta, oppure avere consapevolezza di ciò che sta facendo; il comportamento sarebbe invariato, ma non esiste un passaggio logico che derivi da ciò l'equivalenza tra mente cosciente e sequenza di operazioni stimolo-risposta. Così come prima dicevo che si può simulare il modo di rispondere di una mente cosciente senza che ciò implichi la causazione della coscienza stessa.
    Mi ripeto: non esiste un passaggio logico che possa derivare univocamente l'inesistenza della coscienza da ciò; esiste invece la possibilità di concepire un comportamento analogo in presenza o assenza di coscienza, il che dimostra se non altro che può esistere un attributo di coscienza indipendente dalle manifestazioni comportamentali.

    Un altro passaggio logico bizzarro proprio del riduzionismo è il seguente. La coscienza dovrebbe nascere come funzione della complessità del programma. Ora, perché? In che modo la complessità dovrebbe causare la coscienza? Questo è un argomento fideistico a priori ed è proprio del fisicalismo. La coscienza come esperienza soggettiva è qualitativa; il metodo scientifico è quantitativo; tutto deve essere spiegato attraverso il metodo scientifico, quindi ogni fenomeno deve essere ridotto in senso quantitativo; ergo, i fenomeni qualitativi sono funzione della complessità dei fenomeni quantitativi. La terza premessa del teorema è assolutamente arbitraria e invalida la conclusione.

    il vero problema della posizione riduzionista è comunque la sua incapacità di spiegare l'ontologia in prima persona della coscienza. L'unica risposta che dà è che il passaggio dall'ontologia in terza persona a quella in prima persona è funzione della complessità, senza saper fornire argomenti a sostegno di questa ipotesi.

    Infine il riduzionismo ha un ulteriore problema/epitaffio. C'è una dimostrazione logica piuttosto complessa, proposta inizialmente da John Lucas, che dimostra come un sistema per l'elaborazione matematica di informazioni non sia in grado di riprodurre alcune capacità logiche proprie della mente umana, come ad esempio il problema dell'indecidibilità dell'arresto. Capacità che, in effetti, noi invece abbiamo. L'incapacità della macchina prescinde dalla complessità del programma, ovvero non è funzione della potenziale complessità. I problemi di tipo irrisolvibile cadono sempre nella categoria dei problemi autoricorsivi, e finiscono invariabilmente vittime della catastrofe dei metalivelli infiniti. In pratica, la macchina non è in grado di riconoscere quando un problema è indecidibile, e invece che arrestarsi sulla soluzione "è indecidibile" continua a cercare di decidere se sia decidibile o meno all'infinito. Una mente umana invece riconosce immediatamente la ricorsività infinita e decide per l'indecidibilità.

    Originariamente Scritto da Dr.Vazzo Visualizza Messaggio
    secondo la tua opinione Bob, pensi che la coscienza possa sopravvivere al corpo dopo la sua morte?
    Per quello che ne sappiamo oggi, non siamo minimamente in grado di dare una risposta in termini scientifici. Alcune evidenze spingerebbero a pensare che no, non possa sopravvivere (se distruggi un cervello, la mente si distrugge; se danneggi un cervello, la mente si danneggia); altre spingono in direzione opposta (i danni al cervello cambiano la personalità e la mente ma non interrompono la continuità del sé, mentre cosa succeda al sé dopo la distruzione o lo spegnimento del cervello nessuno è mai tornato a raccontarlo).
    Non ci sono argomenti definitivi per confutare la possibile sopravvivenza di certi attributi della singola coscienza individuale dopo la morte. Per quanto ne sappiamo, cioè nulla, la coscienza potrebbe sopravvivere al corpo fisico.
    Il resto è fede.

    La mia fede personale è che lo spirito sia la nostra appartenenza all'Uno. Credo che l'attributo coscienza dello spirito sia l'espressione di un principio antientropico, e che una volta che lo spirito si sia differenziato in un'individualità, tale attributo di individualità persista per sempre. Non so come pormi rispetto al rapporto tra spirito, coscienza e personalità, ovvero non so quanto della personalità faccia parte di ciò che trascende la nostra espressione materiale.
    Originariamente Scritto da Sean
    Bob è pure un fervente cattolico.
    E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

    Alice - How long is forever?
    White Rabbit - Sometimes, just one second.

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    • richard
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      #32
      Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
      Appunto.

      La rappresentazione, il simbolo, la capacità di referenziare è tale agli occhi dell'astante.

      Quello che è, è e sarà sempre uno stato fisico (in un determinato istante) o una sequenza di stati.
      [...]
      Questa posizione però si rifà ad una concezione classica di fisica. Essa cioè presuppone una realtà che è al di là dell' "astante"; ma la fisica quantistica rivoluziona questo presupposto: ciò che descriviamo a prescindere da ciò che misuriamo non è fisicamente reale, non è cioè una realtà fisica. A rigore non è appropriato neanche parlare di "stato fisico" a prescindere da una azione di misura, anzi si parla semplicemente di "stato".
      Ricordo a proposito i tempi dell'esame di Istituzioni di Fisica Teorica in cui su questo punto potevano partire svarioni macroscopici. Il prof. faceva la classica domanda "a trabocchetto": ma se l'equzione di Schroedinger è una equazione deterministica (cioè noto lo stato in un istante e nota la fisica del sistema, riassunta da quella che è detta "funzione hamiltoniana", conosco lo stato in ogni tempo successivo) perché si dice che la meccanica quantistica è una fisica non deterministica? La risposta è che senza assioma di misura non vi è alcuna fisica quantistica e resta solo una elegante, ma superata, concezione classica (descritta dall'equazione di Schroedinger) della realtà fisica.

      Tutto questo per dire che è operazione delicata conferire essenza fisica a ciò che prescinde dall'osservatore. La realtà fisica nasce dall'interazione tra l'osservatore e ciò che si osserva; questa interazione sembra presupporre a priori una coscienza che risiede tutta nell'osservatore e nell'atto di misurare. L' "espressione fisica della coscienza" consiste nella capacità che ha il sistema di scegliere, sotto lo stimolo della misura, uno stato (stavolta sì) fisico tra vari possibili e ciò che fisicamente è è solo quello stato.
      Il punto chiave è: come si passa da questo paradigma alla cosiddetta "coscienza di sé"?

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      • naoto
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        #33
        L'ontologia in prima persona non esiste. Come non esiste un linguaggio privato (...).

        Anche da un punto di vista clinico, ad esempio: Damasio sosteneva che l'errore di Cartesio è proprio la separazione delle due res. Se una barra di metallo mi trapana il cervello, ed ho la (s)fortuna di sopravvivere, l'ontologia in terza o in prima persona saranno solo pseudo-problemi.

        Quella che attribuisco agli altri è la stessa intenzionalità (ovvero capacità di coscienza/riflessione/referenziazione) che attribuisco a me stesso. Una terza persona rivolta/ripiegata su me stesso, in quanto soggetto linguistico di una comunità che condivide e regola protocolli comunicativi frutto di forme di vita etologicamente ed etnologicamente fondati.

        Gli insetti (alcuni) hanno solo, si dice, una forma di intelligenza/coscienza collettiva. Il caso più eclatante di soggetti in grado di rappresentare (ontologia in terza persona) pur non avendo necessità (per l'organizzazione sociale/evolutiva) di "sviluppare" una rappresentazione di sè.

        ---------- Post added at 15:14:02 ---------- Previous post was at 15:06:03 ----------

        Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
        Questa posizione però si rifà ad una concezione classica di fisica. Essa cioè presuppone una realtà che è al di là dell' "astante"; ma la fisica quantistica rivoluziona questo presupposto: ciò che descriviamo a prescindere da ciò che misuriamo non è fisicamente reale, non è cioè una realtà fisica. A rigore non è appropriato neanche parlare di "stato fisico" a prescindere da una azione di misura, anzi si parla semplicemente di "stato".
        Ricordo a proposito i tempi dell'esame di Istituzioni di Fisica Teorica in cui su questo punto potevano partire svarioni macroscopici. Il prof. faceva la classica domanda "a trabocchetto": ma se l'equzione di Schroedinger è una equazione deterministica (cioè noto lo stato in un istante e nota la fisica del sistema, riassunta da quella che è detta "funzione hamiltoniana", conosco lo stato in ogni tempo successivo) perché si dice che la meccanica quantistica è una fisica non deterministica? La risposta è che senza assioma di misura non vi è alcuna fisica quantistica e resta solo una elegante, ma superata, concezione classica (descritta dall'equazione di Schroedinger) della realtà fisica.

        Tutto questo per dire che è operazione delicata conferire essenza fisica a ciò che prescinde dall'osservatore. La realtà fisica nasce dall'interazione tra l'osservatore e ciò che si osserva; questa interazione sembra presupporre a priori una coscienza che risiede tutta nell'osservatore e nell'atto di misurare. L' "espressione fisica della coscienza" consiste nella capacità che ha il sistema di scegliere, sotto lo stimolo della misura, uno stato (stavolta sì) fisico tra vari possibili e ciò che fisicamente è è solo quello stato.
        Il punto chiave è: come si passa da questo paradigma alla cosiddetta "coscienza di sé"?
        Non credo che ciò possa essere in contrasto con ciò che ho affermato.

        Se ciò che è è fisico, lo è anche la misurazione, ed anche l'intenzione della misurazione. Non so se mi spiego.

        La coscienza di sè è nient'altro, o meglio potrebbe essere intesa come nient'altro che un costrutto linguistico; questa è la posizione dell'attribuzione di intenzionalità in terza persona.

        Come hai fatto giustamente notare tu, dopo Heisenberg, la teoria (o meglio, l'assunto filosofico) della "immacolata percezione" viene meno anche nella comunità scientifica. Ma non cambia, a mio avviso la sostanza dei fatti: la prospettiva di spiegare, o meglio di riprodurre (sintetizzare) comportamenti evoluti che, agli occhi degli astanti possono essere considerati rappresentativi.

        La materia di cui siamo fatti, per un ateo, non ha nulla di nobile. Quello che è stupefacente, è la capacità di condividere delle "regole" semiotiche che, nella loro complessità, consentono anche di "inventare" il Principio di Indeterminazione.


        P.S.: perdona la rozzezza ma è da un po' che non frequento gli argomenti.
        Lonely roses slowly wither and die

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        • richard
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          #34
          Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
          L'ontologia in prima persona non esiste. Come non esiste un linguaggio privato (...).
          [...]
          Certamente; anche la concezione fisica, come intendevo, si esprime ormai in termini di ontologia relazionale.
          Occorre però fare attenzione e distinguere tra l'idea di un "osservatore che rappresenta" e quella di un osservatore che agisce su uno strumento. Questo punto, sul quale mi sono soffermato anche in altre occasioni, è ciò che discrimina la definizione di una realtà che è solo "percezione" da quella di realtà fisica. L'intento a questo punto è duplice: come definire un concetto di coscienza che aderisca alla definizione di processo di misura? come passare da questa definizione al significato di "coscienza di sé"?

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          • Bob Terwilliger
            bluesman
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            #35
            Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
            A rigore non è appropriato neanche parlare di "stato fisico" a prescindere da una azione di misura, anzi si parla semplicemente di "stato".
            A rigore non è appropriato. La definizione del calcolatore come macchina in grado di assumere una sequenza di stati fisici privi di significato che non sia loro attribuito dall'esterno è stata presentata da Searle nella seconda metà degli anni '90 come sviluppo dell'argomento della stanza cinese. Searle inserisce l'argomento nella cornice del dibattito classico sui qualia da Galileo a Copenhagen; stato fisico è inteso come stato misurabile ed esistente a prescindere da un osservatore, in contrapposizione agli stati qualitativi propri dell'esperienza cosciente. E' inappropriato nell'attuale statuto delle scienze fisiche, e temo che qualche ambiguità di questo tipo sia inevitabile considerata l'eterogenicità dei contributi a cui facciamo riferimento.
            Grazie comunque per la precisazione, come sempre chiara e puntuale.

            Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
            L'ontologia in prima persona non esiste. Come non esiste un linguaggio privato (...).

            Anche da un punto di vista clinico, ad esempio: Damasio sosteneva che l'errore di Cartesio è proprio la separazione delle due res. Se una barra di metallo mi trapana il cervello, ed ho la (s)fortuna di sopravvivere, l'ontologia in terza o in prima persona saranno solo pseudo-problemi.

            Quella che attribuisco agli altri è la stessa intenzionalità (ovvero capacità di coscienza/riflessione/referenziazione) che attribuisco a me stesso. Una terza persona rivolta/ripiegata su me stesso, in quanto soggetto linguistico di una comunità che condivide e regola protocolli comunicativi frutto di forme di vita etologicamente ed etnologicamente fondati.

            Gli insetti (alcuni) hanno solo, si dice, una forma di intelligenza/coscienza collettiva. Il caso più eclatante di soggetti in grado di rappresentare (ontologia in terza persona) pur non avendo necessità (per l'organizzazione sociale/evolutiva) di "sviluppare" una rappresentazione di sè.
            L'inesistenza del linguaggio privato è un argomento pesantemente confutabile, a livello filosofico, psicologico e psicolinguistico. La teoria secondo cui la coscienza si sviluppi come risposta ad esigenze sociali e di pragmatica del linguaggio è interessante e in parte condivisibile, ma attenzione: si parla di sviluppo, non di nascita. Più propriamente sarebbe il caso di parlare di sviluppo dell'empatia e delle competenze pragmatiche come risposta alle esigenze sociali, laddove la nascita della coscienza è la conditio sine qua non per la successiva crescita di esse e si colloca probabilmente a monte. Questo sarebbe in accordo con la teoria, piuttosto solida, che riconosce esclusivamente il vantaggio individuale come causa della selezione e nega il vantaggio di specie (che sarebbe matematicamente insostenibile).
            Anche l'argomento (coscienza personale = linguaggio privato) vs (coscienza sociale = linguaggio accordato) è debole e non univoco; i due fenomeni non sono automaticamente correlati.

            L'ontologia di prima persona è l'unico argomento inconfutabile dell'intero statuto della realtà. Io per primo sostengo che la separazione delle due res e il dualismo siano un errore, ma la soluzione di esso non è certo negare l'esistenza dell'ontologia in prima persona. Damasio, Dennett e i sostenitori della coscienza come "impressione" linguistica o comportamentale o funzionale ignorano pervicacemente tutte le obiezioni loro mosse (che ho riassunto nei post precedenti) oppure ribattono sulla base di premesse arbitrarie e contrarie all'esperienza, ovvero negando i qualia. Né la spiegazione della coscienza come funzione della complessità né quella come adattamento sociale rispondono efficacemente alla domanda basilare, ovvero come sia possibile un'attribuzione di significato e un senso soggettivo senza ricorrere a metalivelli.
            Originariamente Scritto da Sean
            Bob è pure un fervente cattolico.
            E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

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            • naoto
              cavaliere prolisso
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              #36
              No, non mi hai capito; o meglio, mi sono spiegato male io.

              La coscienza è il linguaggio.

              L'intuizione che hai di te, è la stessa che, presumibilmente hanno gli altri, del loro "sè".
              Lonely roses slowly wither and die

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              • Strikeout
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                • Dec 2010
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                #37
                Tchouang-tseu

                Una volta, racconta Tchouang-tseu, di notte, fui una farfalla che volteggiava contenta del suo destino; poi mi svegliai, ed ero Tchouang-tseu. Chi sono, in realtà? Una farfalla che sogna di essere Tchouang-tseu, oppure Tchouang-tseu che si immagina di essere stato una farfalla? Nel mio caso, vi sono due individui reali? Vi è stata una reale trasformazione di un individuo in un altro? ........

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                • richard
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                  #38
                  Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
                  Non credo che ciò possa essere in contrasto con ciò che ho affermato.

                  Se ciò che è è fisico, lo è anche la misurazione, ed anche l'intenzione della misurazione. Non so se mi spiego.
                  [...]
                  Anche qui, a mio avviso, c'è qualche rischio di equivoci poiché vi è una riduzione dell'ontologia alla realtà fisica. La realtà fisica, quella cioè che nasce come prodotto del processo di misura, ovvero dell'interazione tra uno strumento (che sottintende un osservatore) e un sistema (che diventa fisico solo in conseguenza di tale processo), è uno speciale caso di ciò che definiamo essere. Non può essere altrimenti: il concetto di misura e quello di strumento sottostanno all'evoluzione storica del pensiero umano e in quanto tali non può essere conferito loro un valore universale e assoluto. In questo senso è l'uomo che definisce, nel corso della sua storia, ciò che è "fisicamente reale" e questa analisi non può prescindere, come osservi, dal significato di linguaggio.
                  Nota però che sia il concetto di strumento che il concetto di misura sono a monte rispetto a quello di realtà fisica che altro non è invece che l'insieme degli stati fisici raggiunti da un sistema in seguito all'atto di misura.
                  Un concetto di coscienza che voglia aderire alla fisica così come attualmente impostata deve posizionarsi nell' "intermezzo" tra il significato di misura e quello di realtà fisica da questa emersa.

                  PS. Non preoccuparti per la "rozzezza".
                  Purtroppo il nostro strumento deve scegliere un compromesso tra il comunicare in fretta e comunicare con accuratezza; anch'io temo di essere piuttosto sprovveduto nel modo di esprimere e me ne scuso. Tuttavia trovo i tuoi spunti interessanti e anzi ti ringrazio per i contributi.
                  Last edited by richard; 27-08-2012, 17:20:58.

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                  • richard
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                    #39
                    Originariamente Scritto da Bob Terwilliger Visualizza Messaggio
                    A rigore non è appropriato. La definizione del calcolatore come macchina in grado di assumere una sequenza di stati fisici privi di significato che non sia loro attribuito dall'esterno è stata presentata da Searle nella seconda metà degli anni '90 come sviluppo dell'argomento della stanza cinese. Searle inserisce l'argomento nella cornice del dibattito classico sui qualia da Galileo a Copenhagen; stato fisico è inteso come stato misurabile ed esistente a prescindere da un osservatore, in contrapposizione agli stati qualitativi propri dell'esperienza cosciente. E' inappropriato nell'attuale statuto delle scienze fisiche, e temo che qualche ambiguità di questo tipo sia inevitabile considerata l'eterogenicità dei contributi a cui facciamo riferimento.
                    Grazie comunque per la precisazione, come sempre chiara e puntuale.
                    Sì, già altrove abbiamo messo in evidenza le difficoltà linguistiche dovute alle diverse impostazione. Credo che il problema sia dovuto all'opposto verso di percorrenza, per così dire, nell'approccio alla questione: dal punto di vista psicologico si parte dalla fenomenologia psichica per poi cercare di ridurla a fenomenologia fisica; contrariamenente un punto di vista fisico parte da un significato fisico di coscienza per cercare di estenderlo quindi alla "coscienza di sé".

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                    • epico
                      L'informatore Esoterico
                      • Nov 2003
                      • 6731
                      • 416
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                      #40
                      ---------- Post added at 14:37:45 ---------- Previous post was at 14:20:41 ----------

                      come considerate le nde ? possono essre un indizio forte della vita dopo la morte ?.
                      Vittorio Marchi dice che tutto vive , di conseguenza non esiste la morte .

                      ---------- Post added at 14:47:00 ---------- Previous post was at 14:37:45 ----------

                      http://www.youtube.com/watch?v=XSXYZrCY6IM

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                      • huntermaster
                        GUFOGNA
                        • Jun 2008
                        • 5491
                        • 705
                        • 217
                        • Genova
                        • Send PM

                        #41
                        interessante il video
                        Originariamente Scritto da laplace
                        Io che sono innocente, il più innocente di tutti maledetti bastardi che mi avete concepito per poi farmi passare serate come questa
                        Originariamente Scritto da Pesca
                        vuole disperatamente scoprire se scopo, bevo, mi faccio inculare. cose che non saprà mai.

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                        • Bob Terwilliger
                          bluesman
                          • Dec 2006
                          • 12481
                          • 884
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                          • Osteria
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                          #42
                          Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
                          No, non mi hai capito; o meglio, mi sono spiegato male io.

                          La coscienza è il linguaggio.

                          L'intuizione che hai di te, è la stessa che, presumibilmente hanno gli altri, del loro "sè".
                          Ti dico cosa ho capito io, probabilmente fraintendendo.

                          - la coscienza è un fenomeno semantico costituito da rappresentazioni di sé
                          - il contenuto di queste rappresentazioni è comunitario e negoziato con gli esseri dotati di analogo linguaggio
                          - la coscienza e il linguaggio sono due fenomeni così profondamente correlati, a livello funzionale ed evolutivo, da essere reciprocamente dipendenti (non esiste coscienza senza linguaggio)

                          Rispetto a questa posizione, se fosse giusta, sono in parziale accordo: sono d'accordo finché ci si riferisce a quella parte della coscienza costituita dalla rappresentazione di sé, ovvero a una parte del contenuto della coscienza. Penso anche, però, che la coscienza sia una modalità conoscitiva e abbia uno statuto ontologico e vada oltre il suo mero contenuto simbolico.

                          Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                          Sì, già altrove abbiamo messo in evidenza le difficoltà linguistiche dovute alle diverse impostazione. Credo che il problema sia dovuto all'opposto verso di percorrenza, per così dire, nell'approccio alla questione: dal punto di vista psicologico si parte dalla fenomenologia psichica per poi cercare di ridurla a fenomenologia fisica; contrariamenente un punto di vista fisico parte da un significato fisico di coscienza per cercare di estenderlo quindi alla "coscienza di sé".
                          Il riduzionismo è una corrente piena di salute all'interno della psicologia e delle neuroscienze: il comportamentismo è morto, ma è stato sostituito dal funzionalismo (p.e. Dennett e la negazione della coscienza, Edelman e le mappe di rientro, Tononi e la continuità della coscienza nel sonno ecc.). Fatto curioso, se penso a Bohr che negli anni '20 dichiarava come gli esiti della ricerca sui quanti avrebbero potuto finalmente riavvicinare le scienze fisiche e le scienze psicologiche. Il problema credo stia nel fatto che la psicologia ha cercato per oltre un secolo uno statuto "rigoroso" che la avvicinasse alla fisica e nel frattempo non si è accorta che nella fisica la coscienza diventava una questione centrale.

                          Originariamente Scritto da epico Visualizza Messaggio
                          ---------- Post added at 14:37:45 ---------- Previous post was at 14:20:41 ----------

                          come considerate le nde ? possono essre un indizio forte della vita dopo la morte ?.
                          Vittorio Marchi dice che tutto vive , di conseguenza non esiste la morte .

                          No, non possono essere definite una prova forte. Possono essere un indizio, ma per ora non mi sembra abbiano portato a nulla di sostanziale. Non so nemmeno se siano il modo giusto di approcciarsi al problema. Dice il Vangelo: "Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Gv 20,29).

                          Originariamente Scritto da Sean
                          Bob è pure un fervente cattolico.
                          E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

                          Alice - How long is forever?
                          White Rabbit - Sometimes, just one second.

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                          • SonGohan
                            Bodyweb Senior
                            • Mar 2007
                            • 1353
                            • 68
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                            • Send PM

                            #43
                            Incuriosito da questo thread ho cercato (solo su wikipedia) cosa fosse questa "scatola cinese".

                            Non capisco niente di filosofia, ma dal mio punto di vista più "pratico" di ingegnere informatico mi sento di condividere le conclusioni dell'esperimento.

                            La sensazione quando ci si trova a programmare un calcolatore è che per quanto possa essere sempre più veloce e performante sarà sempre e solo uno stupido (privo di intelligenza) macchinario che esegue istruzioni, seppur complesse e complicate.

                            Non voglio dire che l'intelligenza artificiale sia impossibile da ottenere, ma la sensazione è che sia impossibile ottenerla con calcolatori impostati come gli attuali.

                            Forse un teorico macchinario in grado di riprodurre (anche solo una minima) intelligenza artificiale non dovrebbe nemmeno essere un calcolatore, dovrebbe essere altro. In fondo noi che siamo intelligenti abbiamo il concetto di cosa sono i calcoli ma non siamo veloci e precisi a fare calcoli come i calcolatori...

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                            • naoto
                              cavaliere prolisso
                              • Feb 2005
                              • 5375
                              • 970
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                              • roma
                              • Send PM

                              #44
                              Originariamente Scritto da Bob Terwilliger Visualizza Messaggio
                              Ti dico cosa ho capito io, probabilmente fraintendendo.

                              - la coscienza è un fenomeno semantico costituito da rappresentazioni di sé
                              - il contenuto di queste rappresentazioni è comunitario e negoziato con gli esseri dotati di analogo linguaggio
                              - la coscienza e il linguaggio sono due fenomeni così profondamente correlati, a livello funzionale ed evolutivo, da essere reciprocamente dipendenti (non esiste coscienza senza linguaggio)

                              Rispetto a questa posizione, se fosse giusta, sono in parziale accordo: sono d'accordo finché ci si riferisce a quella parte della coscienza costituita dalla rappresentazione di sé, ovvero a una parte del contenuto della coscienza. Penso anche, però, che la coscienza sia una modalità conoscitiva e abbia uno statuto ontologico e vada oltre il suo mero contenuto simbolico.
                              Sì, era proprio quello che volevo esprimere.

                              Sullo statuto ontologico esclusivo della coscienza beh, davvero non saprei dirti.

                              Personalmente sono un materialista convinto.

                              P.S.: se proprio vogliamo reificare gli stati di coscienza, io direi che la soluzione funzionalista mi pare l'unica degna di nota (pur trattandosi di ipotesi e speculazioni molto datate).
                              Last edited by naoto; 28-08-2012, 12:25:29.
                              Lonely roses slowly wither and die

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                              • Bob Terwilliger
                                bluesman
                                • Dec 2006
                                • 12481
                                • 884
                                • 1,039
                                • Osteria
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                                #45
                                Originariamente Scritto da SonGohan Visualizza Messaggio
                                Incuriosito da questo thread ho cercato (solo su wikipedia) cosa fosse questa "scatola cinese".

                                Non capisco niente di filosofia, ma dal mio punto di vista più "pratico" di ingegnere informatico mi sento di condividere le conclusioni dell'esperimento.

                                La sensazione quando ci si trova a programmare un calcolatore è che per quanto possa essere sempre più veloce e performante sarà sempre e solo uno stupido (privo di intelligenza) macchinario che esegue istruzioni, seppur complesse e complicate.

                                Non voglio dire che l'intelligenza artificiale sia impossibile da ottenere, ma la sensazione è che sia impossibile ottenerla con calcolatori impostati come gli attuali.

                                Forse un teorico macchinario in grado di riprodurre (anche solo una minima) intelligenza artificiale non dovrebbe nemmeno essere un calcolatore, dovrebbe essere altro. In fondo noi che siamo intelligenti abbiamo il concetto di cosa sono i calcoli ma non siamo veloci e precisi a fare calcoli come i calcolatori...
                                Beh, il computer è uno strumento come una bicicletta, e non è più stupido di una bicicletta. Siamo noi ad attribuirgli poteri al di là delle sue possibilità, un po' a causa della fantascienza, un po' a causa delle dichiarazioni azzardate dei primi pionieri dell'IA - che sostenevano negli anni '50 che entro pochi anni i computer avrebbero pensato e avuto coscienza.

                                Originariamente Scritto da naoto Visualizza Messaggio
                                Sì, era proprio quello che volevo esprimere.

                                Sullo statuto ontologico esclusivo della coscienza beh, davvero non saprei dirti.

                                Personalmente sono un materialista convinto.

                                P.S.: se proprio vogliamo reificare gli stati di coscienza, io direi che la soluzione funzionalista mi pare l'unica degna di nota (pur trattandosi di ipotesi e speculazioni molto datate).
                                So che il paradigma funzionalista può essere seducente, se si è paladini del materialismo. E questo nonostante i limit enormi del funzionalismo.
                                I limiti principali sono due. In primo luogo, il funzionalismo non riesce a rendere ragione dell'ontologia in prima persona e quindi conclude che la coscienza sia un'impressione. Di ciò e dei problemi logici connessi ho parlato sopra. L'altro limite è l'impostazione del funzionalismo che cerca di trovare poteri causati assoluti in un singolo livello, ignorando testardamente gli sviluppi della matematica degli ultimi cento anni che dimostrano come ciò non sia possibile (il problema della ricorsività sopra accennato). Sottolineo la parola "dimostra": si può essere tentati di pensare che "non si sia ancora trovata la soluzione", ma il problema è altro, ovvero la dimostrazione incontrovertibile dell'impossibilità di risolvere i problemi autoricorsivi come funzione di un singolo livello.

                                In definitiva io credo che il grande appeal del funzionalismo sia che esso sembra dare risposta a interrogativi complessi senza rinunciare alla cornice materialista/riduzionista che informa la nostra cultura, ma è solo un'illusione: la cornice funzionalista in effetti non risponde agli interrogativi scomodi, ovvero quelli che dimostrano la sua incoerenza, ma li nega con le due modalità "non esiste" e "non ha importanza".

                                E' vero invece che rinunciare al funzionalismo implica rinunciare alla forma più integralista del materialismo, ma questo è un problema di fede: credere nel materialismo è una fede che porta a scotomizzare i fatti.
                                Last edited by Bob Terwilliger; 28-08-2012, 14:13:32.
                                Originariamente Scritto da Sean
                                Bob è pure un fervente cattolico.
                                E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

                                Alice - How long is forever?
                                White Rabbit - Sometimes, just one second.

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