Ustica,ministeri condannati
a risarcire i parenti delle vittime
Sentenza del tribunale di Palermo a 31 anni dalla strage
I parenti delle vittime della strage di Ustica saranno risarciti dai ministeri della Difesa e dei Trasporti. Lo ha deciso il giudice Paola Protopisani del Tribunale Civile di Palermo. A 81 parenti andranno oltre cento milioni di euro. Il Tribunale, ricostruendo i fatti accaduti la sera del 27 giugno 1980, ha ritenuto responsabili i ministeri per non avere garantito la sicurezza del volo civile della compagnia aerea Itavia, ma anche per l'occultamento della verità con depistaggi e distruzione di atti. LA SENTENZA - L'istruttoria del processo civile, che ha seguito l'esito delle inchieste penali, è durata tre anni: «La sentenza - spiegano gli avvocati delle famiglie delle vittime che hanno promosso l'azione civile - è stata depositata all'esito di una lunga ed articolata istruttoria, nella quale il Tribunale ha avuto modo di apprezzare e valutare tutte le emergenze probatorie già emerse nel procedimento penale». Secondo i legali, «il risultato della vicenda processuale rende giustizia per la ultratrentennale tortura che i parenti delle vittime hanno dovuto subire ogni giorno della loro vita anche a causa dei numerosi e comprovati depistaggi di alcuni soggetti deviati dello Stato».
LA TESI DEGLI AVVOCATI - La sentenza potrebbe inoltre aprire apre un nuovo percorso per la ricerca della verità. Infatti, sempre secondo i legali, fu un missile - probabilmente di nazionalità francese o statunitense - ad abbattere il volo del DC9 Itavia, come alcuni testimoni, tra cui l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, hanno affermato durante il processo. «Ci si auspica vivamente - proseguono gli avvocati - che chi di dovere, nell'ambito delle proprie attribuzioni parlamentari, avvii ogni opportuna, ed a questo punto indefettibile, azione nei confronti della Francia e degli Stati Uniti affinchè sia finalmente ammessa, dopo più di un trentennio, la responsabilità per il gravissimo attentato».
LA LIBIA PUO' FARE CHIAREZZA - Con la caduta del regime di Gheddafi, dagli archivi libici potrebbero emergere informazioni utili a chiarire il mistero. Ne sono convinti gli avvocati Alfredo Galasso, Daniele Osnato, Massimiliano Pace, Giuseppe Incandela, Fabrizio e Vanessa Fallica, Gianfranco Paris, che hanno promosso l'azione legale: «In concomitanza della caduta del regime di Gheddafi, la nazione sia direttamente informata del contenuto degli archivi dei servizi segreti libici nei quali si ha ragione di ritenere che siano contenuti ulteriori documentazioni rilevanti sul fatto. E ciò consentendosi un accesso diretto da parte dell'Italia senza alcuna manomissione».
GIOVANARDI NEGA LA BATTAGLIA AEREA - «La sentenza del Tribunale civile di Palermo, per quello che sembrano essere le motivazioni, è in totale contrasto con la sentenza della Cassazione, già passata in giudicato, e con le altre sentenze del Tribunale civile di Roma»: lo sottolinea il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. «È ormai accertato, sulla base della documentazione ufficiale acquisita presso la Nato - argomenta Giovanardi in una nota - che nessun altro aereo era in volo in quella notte in prossimità del DC9 Itavia, mentre la Commissione dei periti internazionali guidata da Aurelio Misiti ha concluso all'unanimità, dopo il recupero del relitto, per l'esplosione di una bomba in una toilette di bordo. Saà interessante conoscere sulla base di quali documenti, ignoti al Governo italiano e alla Cassazione, il Tribunale civile di Palermo ha tratto le sua conclusioni che dovranno naturalmente essere vagliate nei gradi successivi» conclude il sottosegretario.
LA PERIZIA SMONTATA - In effetti la tesi della bomba esplosa in volo, sostenuta dalla perizia Misiti ha retto fino in Cassazione. Ma in quest'ultima sentenza viene smontata. Si ritorna, insomma, alla pista dello scontro aereo tra jet militari, di cui pagò le spese il Dc9. La stessa sostenuta in un primo momento dal giudice istruttore Rosario Priore: «Quella odierna è una sentenza importantissima, soprattutto perchè riconosce la validità della sentenza del giudice Priore e ribadisce con forza le responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti che non hanno vigilato come avrebbero dovuto sulla sicurezza dei voli e non solo». Così la senatrice Daria Bonfietti, Pd, la presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della strage nei cieli di Ustica, dove nel 1980 persero la vita gli 81 passeggeri che viaggiavano sul volo Itavia 870. «La cosa importante non è tanto la cifra, che non è altissima- dice Bonfietti- quanto quello che questa sentenza riconosce». Ovvero il fatto che «sposa la sentenza-ordinanza del giudice Priore e quella di primo grado, poi messe in discussione negli altri gradi di giudizio, per cui la dinamica dei fatti era chiara. Oggi viene ribadito che l'aereo è stato abbattuto in un episodio di guerra aerea e vengono ribadite le responsabilità dei due ministeri anche in campo civile: non hanno vigilato sulla sicurezza dei voli civili e hanno nascosto la verità con i successivi depistaggi»
a risarcire i parenti delle vittime
Sentenza del tribunale di Palermo a 31 anni dalla strage
I parenti delle vittime della strage di Ustica saranno risarciti dai ministeri della Difesa e dei Trasporti. Lo ha deciso il giudice Paola Protopisani del Tribunale Civile di Palermo. A 81 parenti andranno oltre cento milioni di euro. Il Tribunale, ricostruendo i fatti accaduti la sera del 27 giugno 1980, ha ritenuto responsabili i ministeri per non avere garantito la sicurezza del volo civile della compagnia aerea Itavia, ma anche per l'occultamento della verità con depistaggi e distruzione di atti. LA SENTENZA - L'istruttoria del processo civile, che ha seguito l'esito delle inchieste penali, è durata tre anni: «La sentenza - spiegano gli avvocati delle famiglie delle vittime che hanno promosso l'azione civile - è stata depositata all'esito di una lunga ed articolata istruttoria, nella quale il Tribunale ha avuto modo di apprezzare e valutare tutte le emergenze probatorie già emerse nel procedimento penale». Secondo i legali, «il risultato della vicenda processuale rende giustizia per la ultratrentennale tortura che i parenti delle vittime hanno dovuto subire ogni giorno della loro vita anche a causa dei numerosi e comprovati depistaggi di alcuni soggetti deviati dello Stato».
LA TESI DEGLI AVVOCATI - La sentenza potrebbe inoltre aprire apre un nuovo percorso per la ricerca della verità. Infatti, sempre secondo i legali, fu un missile - probabilmente di nazionalità francese o statunitense - ad abbattere il volo del DC9 Itavia, come alcuni testimoni, tra cui l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, hanno affermato durante il processo. «Ci si auspica vivamente - proseguono gli avvocati - che chi di dovere, nell'ambito delle proprie attribuzioni parlamentari, avvii ogni opportuna, ed a questo punto indefettibile, azione nei confronti della Francia e degli Stati Uniti affinchè sia finalmente ammessa, dopo più di un trentennio, la responsabilità per il gravissimo attentato».
LA LIBIA PUO' FARE CHIAREZZA - Con la caduta del regime di Gheddafi, dagli archivi libici potrebbero emergere informazioni utili a chiarire il mistero. Ne sono convinti gli avvocati Alfredo Galasso, Daniele Osnato, Massimiliano Pace, Giuseppe Incandela, Fabrizio e Vanessa Fallica, Gianfranco Paris, che hanno promosso l'azione legale: «In concomitanza della caduta del regime di Gheddafi, la nazione sia direttamente informata del contenuto degli archivi dei servizi segreti libici nei quali si ha ragione di ritenere che siano contenuti ulteriori documentazioni rilevanti sul fatto. E ciò consentendosi un accesso diretto da parte dell'Italia senza alcuna manomissione».
GIOVANARDI NEGA LA BATTAGLIA AEREA - «La sentenza del Tribunale civile di Palermo, per quello che sembrano essere le motivazioni, è in totale contrasto con la sentenza della Cassazione, già passata in giudicato, e con le altre sentenze del Tribunale civile di Roma»: lo sottolinea il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. «È ormai accertato, sulla base della documentazione ufficiale acquisita presso la Nato - argomenta Giovanardi in una nota - che nessun altro aereo era in volo in quella notte in prossimità del DC9 Itavia, mentre la Commissione dei periti internazionali guidata da Aurelio Misiti ha concluso all'unanimità, dopo il recupero del relitto, per l'esplosione di una bomba in una toilette di bordo. Saà interessante conoscere sulla base di quali documenti, ignoti al Governo italiano e alla Cassazione, il Tribunale civile di Palermo ha tratto le sua conclusioni che dovranno naturalmente essere vagliate nei gradi successivi» conclude il sottosegretario.
LA PERIZIA SMONTATA - In effetti la tesi della bomba esplosa in volo, sostenuta dalla perizia Misiti ha retto fino in Cassazione. Ma in quest'ultima sentenza viene smontata. Si ritorna, insomma, alla pista dello scontro aereo tra jet militari, di cui pagò le spese il Dc9. La stessa sostenuta in un primo momento dal giudice istruttore Rosario Priore: «Quella odierna è una sentenza importantissima, soprattutto perchè riconosce la validità della sentenza del giudice Priore e ribadisce con forza le responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti che non hanno vigilato come avrebbero dovuto sulla sicurezza dei voli e non solo». Così la senatrice Daria Bonfietti, Pd, la presidente dell'associazione dei familiari delle vittime della strage nei cieli di Ustica, dove nel 1980 persero la vita gli 81 passeggeri che viaggiavano sul volo Itavia 870. «La cosa importante non è tanto la cifra, che non è altissima- dice Bonfietti- quanto quello che questa sentenza riconosce». Ovvero il fatto che «sposa la sentenza-ordinanza del giudice Priore e quella di primo grado, poi messe in discussione negli altri gradi di giudizio, per cui la dinamica dei fatti era chiara. Oggi viene ribadito che l'aereo è stato abbattuto in un episodio di guerra aerea e vengono ribadite le responsabilità dei due ministeri anche in campo civile: non hanno vigilato sulla sicurezza dei voli civili e hanno nascosto la verità con i successivi depistaggi»
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