con colpevole ritardo eccomi sull'annosa questione del sardo, dei sardi, della sardità.
inizio, come peraltro inizia l'articolo di cui parlavo con ma_ appunto, con una glossa che farò piacere a richard per una certa ricorsione (cit.): il maggior studioso di lingua sarda nasce a monaco di baviera, e fa di nome max leopold wagner, autore, tra le altre pubblicazioni del "dizionario etimologico sardo".
certo magari si potrebbe pronunciarlo wagnerau, chissà, per conferirgli l'autorevolezza che certo, non gli può venire dagli studi, mi pare ovvio.
cioè detto..
l'articolo parte da una premessa, questa: la lingua costruisce la storia, la lingua determina lo spazio della sardegna.
uno spazio di isolamento.
quindi il primo aspetto della lingua sarda è, esattamente, una lingua di difesa dell'identità, inclusa in quella "costanza resistenziale sarda" di cui parla giovanni liulli.
(ho i riferimenti bibliografici, glisso finché qualcuno non li chiede, se li volete, mi rivolgo ai miei 3 lettori, li ho )
l'isola, quindi, l'isola che, se da un lato è roccaforte, ecco la costante di difesa nella lingua sarda, dall'altra è, necessariamente, incontro, quantomeno nel tentativo di conquista esterno.
questo secondo aspetto è quello su cui insiste di più giuseppe marci, che vede la costruzione del sardo in "presenza di tutte le lingue del mondo".
il mito sardo contiene in sé la contraddizione dell'isolamento e dell'incontro.
il linguaggio riprende o crea, in un circolo virtuoso, quella stessa contraddizione.
collegato a questo c'è l'uso della lingua come affermazione sociale.
il sardo si determina sull'italiano.
qui la classificazione linguistica può avere un significato geopolitico: l'equiparazione del sardo al portoghese, all'occitano, al franco-provenzale come lingue romanze.
la lingua e la cultura sarda possono, dunque, stare sullo stesso piano dell'italiano.
bittese definisce il sardo il "continuatore più schietto del latino".
qua ma_ veniamo al punto di cui ti parlavo, tra rotolar di forme di pecorino, mario segni dice, te lo riporto per intero:
"da sassarese, cioè da cittadino di una comunità di grande storia e tradizione, dico che sento assai più minacciosa per la mia identità l'egemonia cagliaritana di quella romana o bruxellese"
in pratica egli sostiene la cronica incapacità dei sardi di darsi una coesione, una forma unitaria, che si tratti di sovranità, che si tratti di lingua.
la lingua sarda parlata è caratterizzata da numerose varianti locali.
sullo scritto le due varianti principali sono il campidanese ed il logudorese.
poi passa in rassegna i tentativi di creare la limba sarda unificada o la limba sarda comuna, come ti accennavo il primo su sovvenzione europea, il secondo progetto regionale.
nessuno dei due è mai stato applicato.
inizio, come peraltro inizia l'articolo di cui parlavo con ma_ appunto, con una glossa che farò piacere a richard per una certa ricorsione (cit.): il maggior studioso di lingua sarda nasce a monaco di baviera, e fa di nome max leopold wagner, autore, tra le altre pubblicazioni del "dizionario etimologico sardo".
certo magari si potrebbe pronunciarlo wagnerau, chissà, per conferirgli l'autorevolezza che certo, non gli può venire dagli studi, mi pare ovvio.
cioè detto..
l'articolo parte da una premessa, questa: la lingua costruisce la storia, la lingua determina lo spazio della sardegna.
uno spazio di isolamento.
quindi il primo aspetto della lingua sarda è, esattamente, una lingua di difesa dell'identità, inclusa in quella "costanza resistenziale sarda" di cui parla giovanni liulli.
(ho i riferimenti bibliografici, glisso finché qualcuno non li chiede, se li volete, mi rivolgo ai miei 3 lettori, li ho )
l'isola, quindi, l'isola che, se da un lato è roccaforte, ecco la costante di difesa nella lingua sarda, dall'altra è, necessariamente, incontro, quantomeno nel tentativo di conquista esterno.
questo secondo aspetto è quello su cui insiste di più giuseppe marci, che vede la costruzione del sardo in "presenza di tutte le lingue del mondo".
il mito sardo contiene in sé la contraddizione dell'isolamento e dell'incontro.
il linguaggio riprende o crea, in un circolo virtuoso, quella stessa contraddizione.
collegato a questo c'è l'uso della lingua come affermazione sociale.
il sardo si determina sull'italiano.
qui la classificazione linguistica può avere un significato geopolitico: l'equiparazione del sardo al portoghese, all'occitano, al franco-provenzale come lingue romanze.
la lingua e la cultura sarda possono, dunque, stare sullo stesso piano dell'italiano.
bittese definisce il sardo il "continuatore più schietto del latino".
qua ma_ veniamo al punto di cui ti parlavo, tra rotolar di forme di pecorino, mario segni dice, te lo riporto per intero:
"da sassarese, cioè da cittadino di una comunità di grande storia e tradizione, dico che sento assai più minacciosa per la mia identità l'egemonia cagliaritana di quella romana o bruxellese"
in pratica egli sostiene la cronica incapacità dei sardi di darsi una coesione, una forma unitaria, che si tratti di sovranità, che si tratti di lingua.
la lingua sarda parlata è caratterizzata da numerose varianti locali.
sullo scritto le due varianti principali sono il campidanese ed il logudorese.
poi passa in rassegna i tentativi di creare la limba sarda unificada o la limba sarda comuna, come ti accennavo il primo su sovvenzione europea, il secondo progetto regionale.
nessuno dei due è mai stato applicato.
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