come fate a difendere personaggi di questo tipo?
«Siamo contenti che siano state riconosciute le attenuanti generiche, per lo spirito con cui Ciavarella ha partecipato al processo e gli è stata invece tolta l'aggravante della crudeltà», è invece il commento di Andrea Locatelli, legale dell'imputato, che aggiunge: «Tuttavia la qualificazione corretta del reato resta a nostro avviso quella di omicidio preterintenzionale; faremo appello dopo aver letto le motivazioni. In ogni caso quella di oggi è una condanna severa, è comunque dovuto il nostro rispetto a chi ha perso un familiare».
IL PESTAGGIO - Luca Massari, 45 anni, fu pestato in via Luca Ghini, periferia sud di Milano, il 10 ottobre 2010, dopo essere sceso dal suo taxi per scusarsi per aver inavvertitamente investito un cane. Tre donne l'avevano affrontato per prime: le sorelle Stefania ed Elisabetta Citterio e la loro amica Sara Panebianco, la proprietaria del cocker. Fra le tre, però, solo Stefania aggredì fisicamente Luca Massari, a quanto riferito da coraggiosi testimoni nonostante le intimidazioni ricevute (ebbero l'auto bruciata). Stefania ha sempre negato di aver colpito per prima il tassista, sostenendo di aver avuto «uno scatto d'ira», di essersi «lanciata contro di lui» ma di essere stata «fermata prima di colpirlo». Richiamati dalle urla delle donne, arrivarono Piero Citterio (fratello di Stefania e Elisabetta) e Morris Ciavarella (fidanzato di Stefania) che, a loro volta, cominciarono a sferrare calci e pugni ai danni del tassista. Piero Citterio, 26 anni, ha raccontato di essere stato lui a innescare l'aggressione violenta, mentre Ciavarella ha ammesso di aver preso tra le braccia la testa di Massari e di avergli dato una ginocchiata in faccia, tanto da rompergli i denti. Dopo aver tramortito il bersaglio della loro furia, i due uomini fuggirono, lasciando solo le donne accanto al corpo esanime. Quando arrivarono gli agenti delle forze dell'ordine, si scontrarono inizialmente, come riportato dal magistrato, con «un clima desolante di omertà, giustificabile solo dalla fama di violenza che gli aggressori hanno nel quartiere». Un muro di silenzio poi crollato grazie al coraggio dei testimoni, premiati anche con l'Ambrogino d'oro.
«Siamo contenti che siano state riconosciute le attenuanti generiche, per lo spirito con cui Ciavarella ha partecipato al processo e gli è stata invece tolta l'aggravante della crudeltà», è invece il commento di Andrea Locatelli, legale dell'imputato, che aggiunge: «Tuttavia la qualificazione corretta del reato resta a nostro avviso quella di omicidio preterintenzionale; faremo appello dopo aver letto le motivazioni. In ogni caso quella di oggi è una condanna severa, è comunque dovuto il nostro rispetto a chi ha perso un familiare».
IL PESTAGGIO - Luca Massari, 45 anni, fu pestato in via Luca Ghini, periferia sud di Milano, il 10 ottobre 2010, dopo essere sceso dal suo taxi per scusarsi per aver inavvertitamente investito un cane. Tre donne l'avevano affrontato per prime: le sorelle Stefania ed Elisabetta Citterio e la loro amica Sara Panebianco, la proprietaria del cocker. Fra le tre, però, solo Stefania aggredì fisicamente Luca Massari, a quanto riferito da coraggiosi testimoni nonostante le intimidazioni ricevute (ebbero l'auto bruciata). Stefania ha sempre negato di aver colpito per prima il tassista, sostenendo di aver avuto «uno scatto d'ira», di essersi «lanciata contro di lui» ma di essere stata «fermata prima di colpirlo». Richiamati dalle urla delle donne, arrivarono Piero Citterio (fratello di Stefania e Elisabetta) e Morris Ciavarella (fidanzato di Stefania) che, a loro volta, cominciarono a sferrare calci e pugni ai danni del tassista. Piero Citterio, 26 anni, ha raccontato di essere stato lui a innescare l'aggressione violenta, mentre Ciavarella ha ammesso di aver preso tra le braccia la testa di Massari e di avergli dato una ginocchiata in faccia, tanto da rompergli i denti. Dopo aver tramortito il bersaglio della loro furia, i due uomini fuggirono, lasciando solo le donne accanto al corpo esanime. Quando arrivarono gli agenti delle forze dell'ordine, si scontrarono inizialmente, come riportato dal magistrato, con «un clima desolante di omertà, giustificabile solo dalla fama di violenza che gli aggressori hanno nel quartiere». Un muro di silenzio poi crollato grazie al coraggio dei testimoni, premiati anche con l'Ambrogino d'oro.
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