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Questo è il tipo di articolo che da qualche mese si trova dovunque.
Personalmente non capisco molto bene come si possa dire che la forza della germania sia nella deflazione sariale però. Vero i minijob, vero tutto ma alla fine guadagnano il doppio di un europeo meridionale.
Altra verità detta nell'articolo ma non "spiegata" nell'argomento che porta avanti è la stagnazione dei salari italiani. Tra i tanti demeriti economici dell'Italia non si può di sicuro includere quello di un'espansione salariale senza confini dai tempi dell'euro.
detto da ignorante.....il tedesco medio guadagna più dell' europeo "periferico" medio ma produce ancora di più.
Quindi quel livello di salario resta ragionevolmente basso rispetto alla quantità di pil prodotta da quel lavoratore.
ok ammazzatemi adesso
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
secondo me krugman si sta un po' commercializzando e forse la "fama" lo ha reso un opinionista sempre più mediocre.
"La Notte degli Alesina viventi" è l'horror preferito dai keynesiani. Firmato Realfonzo
di Marco Valerio Lo Prete
Il Foglio, 14 marzo 2014
“La notte degli Alesina viventi” è il film horror che fa più paura al Premio Nobel per l’economia Paul Krugman. Al posto dei “morti”, come da pellicola originale di George A. Romero del 1968 – ha scritto ieri Krugman sul suo blog sul New York Times – l’economista liberal ci metterebbe “Alberto Alesina”, appunto, economista italiano di Harvard, coppia fissa con il bocconiano Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera, e alfiere dell’“austerity espansiva”. Quest’ultima è la teoria secondo cui dosi massicce di rigore fiscale tranquilizzano i mercati, fanno calare i tassi d’interesse e quindi consentono al credito di riaffluire verso l’economia reale. Una “religione” smentita da teoria e prassi, ha scritto Krugman puntando il dito sull’impatto recessivo che l’austerity sta avendo in Europa. Esattamente di “religione”, a proposito delle tesi di Alesina&co., aveva parlato in Italia nei mesi scorsi anche Riccardo Realfonzo, economista, docente (neokeynesiano) di Economia all’Università del Sannio. “La religione dell’austerità espansiva di cui scrive Krugman – dice in un colloquio con il Foglio – sta generando gravissime difficoltà in Europa. Gli studi più aggiornati e convincenti mostrano con chiarezza che i saldi fiscali positivi, cioè gli eccessi delle entrate sulle spese pubbliche, generano una contrazione del pil più che proporzionale. Questo spiega perché si sia creato il circolo vizioso dell’austerità recessiva, di cui il caso greco è il più esemplare”. Il meccanismo, per Realfonzo, è sempre lo stesso: “Vengono fissati obiettivi di risanamento delle finanze pubbliche da perseguire attraverso saldi fiscali positivi, e dunque avanzi primari consistenti. Ciò però abbatte la domanda aggregata, riduce il pil e aumenta la disoccupazione, peggiorando le condizioni della finanza pubblica. Seguono nuove manovre di austerità e così via”. La novità è che Krugman sarà pure eccentrico, secondo qualcuno, ma “i dubbi” ormai assalgono la stessa leadership europea: “Perciò credo che i tempi più lunghi di cui beneficeranno Spagna, Portogallo e Grecia per rientrare dai deficit eccessivi siano dovuti a una qualche consapevolezza che una ‘cura’ ancora più forte avrebbe ammazzato il malato”. Secondo l’economista italiano, “ormai anche nelle tecnocrazie occidentali c’è la consapevolezza che la tenuta dell’Unione monetaria è a rischio”. Per questo Mario Draghi, alla guida della Banca centrale europea, avrebbe aperto alla possibilità di acquisto di titoli del debito pubblico dei paesi in crisi, per questo il Consiglio Ue di dicembre ha “ammesso che occorre un’azione di bilancio ‘differenziata e favorevole alla crescita’”. Al Consiglio Ue che si apre stasera a Bruxelles, infine, si discuterà – è scritto nelle bozze del comunicato finale – della necessaria flessibilità delle regole di disciplina di bilancio per creare margini di manovra sugli “investimenti pubblici produttivi”. E’ sufficiente tutto ciò per uscire dall’horror dell’austerity, come lo definiscono i keynesiani? “Se ora il Consiglio definisse una regola per scorporare gli investimenti pubblici dal calcolo del deficit sarebbe un segnale nella giusta direzione. Ma un segnale insufficiente, anche per l’Italia”. Eppure, anche a voler escludere gli opposti estremismi, un consenso minimo pareva raggiunto: la “crescita a debito” non è la strada giusta per le economie sviluppate. “Guardi che ‘debito’ non è una brutta parola. E’ l’altra faccia del credito – replica Realfonzo – E senza credito, come ci ha insegnato Schumpeter, non c’è sviluppo. Il debito pubblico non va demonizzato, ed è anche discutibile che il rapporto tra debito pubblico e pil costituisca la corretta misura della capacità di uno stato di far fronte ai propri debiti. In realtà il debito pubblico rappresenta solo una quota dello stock complessivo di ricchezza nazionale e pertanto la sostenibilità del debito andrebbe commisurata a quest’ultima, notoriamente più cospicua dei soli flussi annui di reddito”. Poi però, in conclusione, anche il neokeynesiano Realfonzo ammette che possa esistere “una regola di finanza pubblica prudente e percorribile”, che per lui è “la stabilizzazione del rapporto debito/pil”. L’Italia, per esempio, dovrebbe impegnarsi non al pareggio di bilancio nell’anno in corso, ma al congelamento del rapporto debito/pil al 127 per cento del pil. Questo dovrebbe essere l’obiettivo diplomatico per Mario Monti o per il presidente del Consiglio che verrà: “Il nostro paese infatti non è in condizione di rispettare gli impegni assunti negli ultimi due anni, cioè portare il bilancio al pareggio strutturale e avviare l’abbattimento del debito ai ritmi previsti dal Fiscal compact. Per fare queste cose servono avanzi primari”, cioè eccessi del prelievo fiscale sulla spesa pubblica, interessi sul debito esclusi, “superiori al 5 per cento l’anno. Gli effetti sull’economia e sulla società sarebbero estremamente gravi. Seguire questa strada rischia di essere poco responsabile, quanto chiedere uscire oggi l’uscita dall’euro. Stabilizzare il rapporto debito/pil, invece, richiede avanzi primari del 3 per cento, liberando risorse ingenti per sostenere l’economia”. Tutto ciò basterebbe soltanto se allo stesso tempo i paesi in surplus commerciale (in primis la Germania) “varassero politiche espansive, lasciando aumentare prezzi e salari, aumentando le loro importazioni che sono le nostre esportazioni”. A meno che il “blocco tedesco che difende la sua visione” non ci voglia precipitare, dal punto di vista di Realfonzo, in un nuovo film horror in cui andrà in scena “il fallimento dell’esperienza unitaria”.
Reddito minimo o minimi salariali? Il caso tedesco
Pubblicato da keynesblog il 28 dicembre 2012 in Economia, Europa Con le riforme Hartz implementate dal governo socialdemocratico di Gerhard Schröder, il mercato del lavoro tedesco è profondamente cambiato: i lavori a tempo pieno e indeterminato hanno lasciato via via il posto a forme di impiego precarie e sottopagate, integrate dall’assistenza pubblica. Materia su cui riflettere attentamente anche in Italia quando si parla di “reddito minimo garantito” dallo stato e non di minimo salariale imposto per legge ai datori di lavoro. Da Voci dalla Germania
Krisenvorsorge.com ejjahnke.net ci ricordano le dimensioni della politica di moderazione salariale tedesca e i suoi effetti sociali. Secondo quanto comunicato da Eurostat il 20 dicembre 2012, la Germania con il 22.2 % ha la quota più alta di lavoratori con un basso salario di tutta l’Europa occidentale. In Francia sono solo il 6.1 %, nei paesi scandinavi fra il 2.5 % e il 7.7 % mentre la media dell’Eurozona è del 14.8 %.
La precaria situazione dei lavoratori tedeschi è confermata anche dai dati sui lavoratori a basso salario con un’istruzione media. E’ evidente che non si tratta solo di un fenomeno legato alla bassa istruzione.
Il rifiuto da parte del governo di introdurre un salario minimo [cioè un minimo sotto il quale nessun datore di lavoro può assumere un lavoratore, da non confondere con il "reddito minimo garantito"], presente in altri paesi occidentali [non in Italia], la crescita del settore del lavoro in affitto, caratterizzato da precarietà e bassi salari, lo sfruttamento del lavoro femminile, grazie alla più grande differenza in Europa occidentale fra il salario femminile e maschile, la disponibilità del governo a sovvenzionare i bassi salari con i sussidi Hartz IV, sono tutte parti di uno scandalo sociale che non ha eguali in altri paesi europei.
In questo scenario non c’è da meravigliarsi, se il costo del lavoro per unità di prodotto, decisivo per la competitività, ha avuto uno sviluppo decisamente migliore rispetto ai nostri vicini europei. La Germania non ha alcun motivo di esserne orgogliosa, come il governo vorrebbe dare ad intendere.
La Germania si è allontanata da ciò che un tempo si definiva economia sociale di mercato. Insieme alla Cina è diventata il Pariah dell’economia mondiale: compete in maniera sleale con i suoi partner, rubando posti di lavoro fino a quando questi non saranno costretti a elemosinare gli aiuti finanziari tedeschi. Fino a 20 anni fa una simile situazione sarebbe stata impensabile. La divisione della Germania e la paura del comunismo costringevano il capitalismo tedesco ad avere un maggiore orientamento sociale. Dati da Eurostat
Reddito minimo o minimi salariali? Il caso tedesco
Pubblicato da keynesblog il 28 dicembre 2012 in Economia, Europa Con le riforme Hartz implementate dal governo socialdemocratico di Gerhard Schröder, il mercato del lavoro tedesco è profondamente cambiato: i lavori a tempo pieno e indeterminato hanno lasciato via via il posto a forme di impiego precarie e sottopagate, integrate dall’assistenza pubblica. Materia su cui riflettere attentamente anche in Italia quando si parla di “reddito minimo garantito” dallo stato e non di minimo salariale imposto per legge ai datori di lavoro. Da Voci dalla Germania
Krisenvorsorge.com ejjahnke.net ci ricordano le dimensioni della politica di moderazione salariale tedesca e i suoi effetti sociali. Secondo quanto comunicato da Eurostat il 20 dicembre 2012, la Germania con il 22.2 % ha la quota più alta di lavoratori con un basso salario di tutta l’Europa occidentale. In Francia sono solo il 6.1 %, nei paesi scandinavi fra il 2.5 % e il 7.7 % mentre la media dell’Eurozona è del 14.8 %.
La precaria situazione dei lavoratori tedeschi è confermata anche dai dati sui lavoratori a basso salario con un’istruzione media. E’ evidente che non si tratta solo di un fenomeno legato alla bassa istruzione.
Il rifiuto da parte del governo di introdurre un salario minimo [cioè un minimo sotto il quale nessun datore di lavoro può assumere un lavoratore, da non confondere con il "reddito minimo garantito"], presente in altri paesi occidentali [non in Italia], la crescita del settore del lavoro in affitto, caratterizzato da precarietà e bassi salari, lo sfruttamento del lavoro femminile, grazie alla più grande differenza in Europa occidentale fra il salario femminile e maschile, la disponibilità del governo a sovvenzionare i bassi salari con i sussidi Hartz IV, sono tutte parti di uno scandalo sociale che non ha eguali in altri paesi europei.
In questo scenario non c’è da meravigliarsi, se il costo del lavoro per unità di prodotto, decisivo per la competitività, ha avuto uno sviluppo decisamente migliore rispetto ai nostri vicini europei. La Germania non ha alcun motivo di esserne orgogliosa, come il governo vorrebbe dare ad intendere.
La Germania si è allontanata da ciò che un tempo si definiva economia sociale di mercato. Insieme alla Cina è diventata il Pariah dell’economia mondiale: compete in maniera sleale con i suoi partner, rubando posti di lavoro fino a quando questi non saranno costretti a elemosinare gli aiuti finanziari tedeschi. Fino a 20 anni fa una simile situazione sarebbe stata impensabile. La divisione della Germania e la paura del comunismo costringevano il capitalismo tedesco ad avere un maggiore orientamento sociale. Dati da Eurostat
Con le riforme Hartz implementate dal governo socialdemocratico di Gerhard Schröder, il mercato del lavoro tedesco è profondamente cambiato: i lavori a tempo pieno e indeterminato hanno lasciato vi…
insomma non è solo produttività e organizzazione, sono salari più bassi e mano garanzie (che ricordiamo, costano!). come è possibile questo? i tedeschi non consumano, hanno uno stile di vita molto modesto.
non solo è un Paese figlio della Grecia, che la Grecia stessa ha voluto nell'euro con la forza; è un Paese che ha veramente giocato col fuoco con la "finanza creativa". Tutti sapevamo sarebbe saltato per aria. Una specie di Islanda 2, con la differenza che sono popoli "latini" e non si riprenderanno mai più.
Ricky, ma esattamente cosa si intende per "basso salario"? Insomma, vorrei una cifra, perchè se con 900 euro in Italia si vive male in Germania, a seconda delle zone in cui vai ci vivi decisamente bene
"la disponibilità del governo a sovvenzionare i bassi salari con i sussidi Hartz IV, sono tutte parti di uno scandalo sociale che non ha eguali in altri paesi europei."
da questa frase sembrerebbe di capire che il Governo però aiuta chi ha un salario basso ?
Sarebbe anche interessante capire qual'è la cifra al di sotto della quale si viene aiutati...
Cmq è innegabile che i tedeschi abbiano fatto del contenimento del costo del lavoro una priorità......se a questo aggiungi una grande attenzione verso ricerca ed innovazione........capisci perchè esportano l'ira di Dio
Inoltre ( non vorrei sbagliare) credo anche importino relativamente poco.....
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non solo è un Paese figlio della Grecia, che la Grecia stessa ha voluto nell'euro con la forza; è un Paese che ha veramente giocato col fuoco con la "finanza creativa". Tutti sapevamo sarebbe saltato per aria. Una specie di Islanda 2, con la differenza che sono popoli "latini" e non si riprenderanno mai più.
possiamo dire che paesi come Cipro , l'Islanda e l'Irlanda sono saltati in aria per acrobazie finanziarie non necessarie e non per problemi strutturali ? ( a contrario di paesi come Grecia-Italia e Spagna dove è proprio il sistema pèaese a non funzionare più)
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
Ricky, ma esattamente cosa si intende per "basso salario"? Insomma, vorrei una cifra, perchè se con 900 euro in Italia si vive male in Germania, a seconda delle zone in cui vai ci vivi decisamente bene
il salario nominale (e per certi versi anche reale) non è un indice molto esplicativo, perché i panieri di consumo sono totalmente diversi. una famiglia tedesca va al discount con la calcolatrice, una famiglia italiana va (andava) all'iper per fare un giro la domenica.
l'articolo evidenzia come il livello di qualità della vita in germania è inferiore che in altre parti d'europa (se lo constatiamo sul lato del comfort di vita) e questo, al pari della cina (paragone iperbolico, ma non troppo), ha permesso di ottenere tutta una serie di vantaggi strutturali.
possiamo dire che paesi come Cipro , l'Islanda e l'Irlanda sono saltati in aria per acrobazie finanziarie non necessarie e non per problemi strutturali ? ( a contrario di paesi come Grecia-Italia e Spagna dove è proprio il sistema pèaese a non funzionare più)
l'irlanda ha osato, cavalcando un'onda e rischiando
l'islanda è stata fregata, diciamo
cipro ha barato e sguazzato, in totale malafede.
l'irlanda ha osato, cavalcando un'onda e rischiando
l'islanda è stata fregata, diciamo
cipro ha barato e sguazzato, in totale malafede.
però io sapevo (se sbaglio correggimi ) che da tutti gli altri punti di vista l'Irlanda era una paese piuttosto solido.....grande capacità di attrarre investimenti stranieri, livelli di disoccupazione, corruzione ed evasione fiscale nord-europei (ma va ) conti pubblici in buono stato.....insomma sbaglio se dico che davvero l'Irlanda è stata davvero rovinata dal "banking business" ?
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
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Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
Prima della politica che poi ha portato a quello che è successo, l'irlanda era un paese molto arretrato (lo è tuttora).
Si è speso un'enorme quantità di denaro pubblico secondo un meccanismo che reggeva finché la gente investiva (in generale) e finché c'era fiducia (e quindi tassi ragionevoli). Si sono esposti troppo, non c'era solidità. Sono andati più veloce di quanto i freni potessero reggere in caso d'inchiodata. Il meccanismo non si è "rotto" (come in islanda), si sono proprio schiantati perché mancavano i sistemi d'emergenza.
Cmq Cipro sarà una bella gatta da pelare perchè c'è dentro la russa (e l'inghilterra) fino al collo. Le stime sui depositi sono state parzialmente errate e la manovra infrange la libera circolazione di capitali, base delle politiche europee. Potrebbe fungere da scintilla per un calo di fiducia senza precedenti. In più nessuno vuole collaborare, essendo un paese dove la legalità è dimenticata da sempre.
non necessariamente. è un luogo dove le norme di trasparenza in merito alla provenienza dei fondi europee non sono rispettate. non è propriamente un paradiso fiscale, non è istituzionalizzata la cosa. è una lavanderia, insomma
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