sì, credo l'abbia citato mauro qualche giorno fa proprio quì dentro. ancora paghiamo le conseguenze del welfare bendato e insensato degli anni 80. e chissà ancora per quanto ne avremo.
The Euro crisis
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Originariamente Scritto da PrinceRiky Visualizza Messaggiosì, credo l'abbia citato mauro qualche giorno fa proprio quì dentro. ancora paghiamo le conseguenze del welfare bendato e insensato degli anni 80. e chissà ancora per quanto ne avremo.
siamo fottutiOriginariamente Scritto da Marco pli 200 kg di massimale non siano così irraggiungibili in arco di tempo ragionevole per uno mediamente dotato.Originariamente Scritto da master wallaceIO? Mai masturbato.Originariamente Scritto da master wallaceIo sono drogato..
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Originariamente Scritto da Icarus Visualizza MessaggioA tal proposito ho visto oggi in libreria un libro, di Mario Giordano (sì proprio lui, ex direttore del meraviglioso studio aperto), intitolato Sanguisughe, che tratta proprio questo argomento. L'ho sfogliato per un po' e devo dire che ci sono parecchi dati.
Tipo Dini che si piglia 25k euro al mese, Amato 31k, Scalfato che ha fatto il magistrato tra il 43 e il 45 e piglia 3k euro al mese di pensione, gente che con 1 giorno di legislatura nel 1987 si prende la pensione da parlamentare, etc etc.
Il punto è che quando si parla di queste cose (tipo anche tagliare le auto blu, per dire..) si viene tacciati di antipolitica e populismo, quando invece sono un grave problema, sia dal punto di vista economico, sia di status sociale e quindi di mentalità.
Comunque non voglio far andare OT il thread, mi era sfuggito e l'ho letto ora, davvero molto interessante.Pulcinella si è messo a piangere.... niente firma quindi!
Per favore, non chiedetemi opinioni/consigli medici. Vi è una sezione dedicata sul forum
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Originariamente Scritto da germanomosconi Visualizza Messaggiofino a quando andremmo noi in pensione...
siamo fottuti
stabilito questo, bisogna capire come attuarlasigpic Sono così veloce che l'altra notte ho spento l'interruttore della luce nella mia camera da letto, ed ero nel letto prima che la stanza fosse buia.
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Parmalat: Draghi fuori dai piedi: mancia di Sarkozy a Berlusconi
ROMA – Comunque andrà la vicenda Parmalat, l’Italia ci ha già perso la faccia. Forse di utile resta solo piangere sul latte versato, su un capolavoro di improvvisazione, un manifesto di impotenza che ha consegnato nelle mani di un gruppo francese indebitato fino al collo e che non pubblica bilanci da qualche anno, il gioiello restaurato dell’agroalimentare nazionale.
Lactalis, con un tempismo forse sospetto ma sicuramente risolutivo, ha messo sul tavolo i 3,3 miliardi di euro necessari per l’offerta pubblica di acquisto sulla totalità delle azioni Parmalat. Dopo aver già rastrellato il 29% con un investimento di 1,2 miliardi. Insomma una strategia aggressiva quanto si vuole, ma che almeno ha il pregio di rispondere a una precisa politica industriale. Che almeno riempie di un contenuto l’astratto concetto di francesità, qualcosa, evidentemente, di profondamente diverso dal corrispettivo geografico di italianità.
Il momento clou dell’intera operazione, lo slow-motion illuminante della debacle, avviene nella prima mattina di martedì 26 aprile 2011 a Villa Madama, Roma: protagonisti Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi.
Qui si apre il giallo. In apparenza la reazione dei due uomini di Stato all’annuncio dell’opa di Lactalis è di quelle che si bevono d’un fiato. Berlusconi cade dalle nuvole, è lievemente interdetto, ma è il giorno della grande riappacificazione con i cugini transalpini e non può far altro che benedire la scalata straniera. Giudica addirittura “non ostile” l’opa di Lactalis, cioè un’opa che si prende tutto, sconfessando il frenetico immobilismo capitanato da Tremonti e dai suoi compagni di cordata.
Poiché al grottesco non c’è limite, a un metro da Berlusconi un affabile Sarkozy può mostrarsi nobilmente distaccato e interpretare sorridente la parte del campione del libero mercato: “Parmalat e Lactalis sono due gruppi privati” ha sostenuto, giurando di non essere al corrente degli ultimi movimenti.
A questo punto viene naturale il sospetto: è stata tutta una messinscena, che è servita ai due, Sarkò e Berlù, per mascherare uno scambio non alla pari per i due paesi ma certamente di grande interesse per Berlusconi: da una parte il bon bon Parmalàt, le centrali nucleari, i clandestini e il definitivo tradimento di Gheddafi (piacerà alla sinistra, ma nel mondo rafforza ulteriormente l’immagine degli italiani inaffidabili alleati), dall’altra l’assenso francese alla nomina di Mario Draghi, governatore della Banca d’Italia, alla presidenza della Banca Centrale Europea: la cosa sembra una vittoria per l’orgoglio italiano, in realtà si tratta di una assicurazione sulla vita e sulla permanenza in carica per Berlusconi, che con questa capitolazione si è tolto di torno, mandandolo a a duemila chilometri da Roma, l’unico serio credibile contendente al posto di Primo Ministro, che negli ultimi due anni non ha mai perso occasione per fare il controcanto al Governo da un pulpito importante anche per la tradizionale indipendenza dal potere esecutivo che nemmeno Mussolini era stato capac e di scalfire.
In cambio di questo, Sarkozy, in un sol colpo, al prezzo di una veloce scampagnata romana, ha visto Lactalis papparsi Parmalat in un boccone, ha ottenuto gli aerei italiani per bombardare Gheddafi, ha incassato il riconoscimento da parte di Berlusconi che nella scala Richter dello tsunami dei profughi la Francia è 5 volte più colpita dell’Italia. Senza contare le assicurazione che i contratti per la tecnologia nucleare restano validi nonostante, o più propriamente a causa, della sospensione della costruzione delle centrali. In cambio ha dovuto solamente accettare che l’italiano Mario Draghi sieda sulla poltrona di Trichet alla Banca centrale europea: un favore minimo al Paese, un boccata d’ossigeno per Berlusconi stesso che non vedeva l’ora e l’occasione per liberarsi dell’unico vero concorrente in Italia al suo potere tanto assoluto quanto inerte.
All’escursionista della domenica Tremonti, qualcuno dovrà spiegare un po’ meglio il concetto di cordata. Con quella estemporanea, improbabile messa su per contrastare la voracità di Lactalis, in montagna durerebbe poco. In questo momento, mentre ancora discute con banchieri, burocrati e consulenti, un carrozzone targato Italia che volesse pareggiare l’offerta dei francesi, dovrebbe presentarsi con un assegno di 4,6 miliardi in bocca, visto che la quotazione delle azioni Parmalat è salita di un buon 13% dopo l’annuncio dell’opa. Tra gli industriali del settore Ferrero è stata la speranza di un momento, Granarolo semplicemente non aveva la grana. Il ministro dell’Economia si è agitato, ha pontificato come è nel suo stile, ma alla fine non ha spostato di una virgola gli equilibri della partita. Protezionista contro protezionisti più smaliziati e di più antica tradizione, aveva inizialmente giocato la carta dell’italianità per escogitare un decreto ad hoc per rallentare la marcia dei francesi. Poi ha tentato di aggiornare i fasti equivoci di una nuova Iri mettendo a disposizione i capitali della Cassa Depositi e Prestiti. Infine ha cercato adesioni di banchieri disponibili, trovando nel solo Corrado Passera di Intesa l’unico anello di una catena immaginaria. Risultato Parmalat è francese: in alternativa, casomai la Lega che tiene in ostaggio Tremonti facesse la voce grossa per tutelare gli allevatori padani, si potrebbe arrivare al massimo a una soluzione tipo Alitalia. Un successone, visto che la compagna di bandiera italiana di nome, controllata da Air France di fatto, continua imperterrita a macinare debiti.
Dovremo dire addio allo yogurt di Stato sognato da Tremonti? Rassegnamoci, è così. Si rassegni, soprattutto chi crede ancora alla favola dell’italianità. L’orgoglio patriottico può far velo alla lucidità: Lactalis non è un’astronave di marziani, è una realtà già stabilmente presente in Italia con attività che valgono 1,2 miliardi di fatturato, 3 mila dipendenti e padrona di marchi gloriosi come Galbani e Invernizzi. Non ha nessuna intenzione di rovinarsi gli affari, ha tutto l’interesse a mantenere buoni rapporti con i politici locali. Una quota di Parmalat potrebbe davvero concederla a Tremonti. Da bravi colonizzatori sono attenti a non umiliare i cacicchi delle province imperiali. Colonizzazione non è un’esagerazione, non più del fumoso concetto di italianità. Non dimentichiamo le ultime parole di Sarkozy, appena aver decantato la meraviglia del carattere e dello stile italiani. “Creiamo grandi gruppi italo-francesi in grado di competere su scala globale”: gruppi, si intende, con il piano nobile a Parigi e la dependance di servizio a Roma, o a Parma, tanto è uguale. Il piccolo Cesare venuto da Neuilly, sobborgo della ville Lumiere, sta riscrivendo il de bello Gallico 2, la vendetta. Il Vercingetorige di Arcore ancora non lo sa, oppure gli basta aver assistito al capitombolo di Tremonti, che sicuramente si era montato la testa mentre surrogava da Via XX Settembre la guida del Paese, trattando direttamente con l’Europa, i grandi banchieri ecc. Tremonti è ruzzolato, Berlusconi ride come a una sua barzelletta, l’Italia è l’unica colonia che bombarda una ex colonia per conto del nuovo colonizzatore.
Resta l’incognita della Germania: Angela Merkel non ha mai detto la sua sulla presidenza della Bce perché in fondo in fondo i tedeschi degli italiani proprio non si fidano e la storia li conforta. La capitolazione ai piedi di Sarkozy da parte di Berlusconi non aiuta, perché tende a sostituire all’asse Roma Berlino quello Parigi Berlino cosa che è tutt’altro che nell’interesse italiano e può solo infastidire i tedeschi.
ROMA – Comunque andrà la vicenda Parmalat, l’Italia ci ha già perso la faccia. Forse di utile resta solo piangere sul latte versato, su un capolavoro di improvvisazione, un manifesto di impotenza che ha consegnato nelle mani di un gruppo francese indebitato fino al collo e che non pubblica bilanci da qualche anno, il gioiello ... Leggi tutto
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Uno su due non sa leggere un conto corrente. Bankitalia: scuola per gli “analfabeti dei soldi”
di Alessandro Camilli
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ROMA – La metà delle famiglie italiane non riesce a riconoscere il saldo del conto corrente quando gli viene mostrato un estratto conto. Si rigirano il foglio tra le mani e non sanno trovare la cifra che indica quanti soldi hanno sul conto. Eppure quasi tutte le famiglie hanno un conto corrente, molte un mutuo, tante, anche s dimeno, un investimento in corso. E ancora, il 50% delle famiglie pensa che se detiene un fondo azionario e la Borsa crolla, allora o diventa più ricca o non sa cosa gli succede. Solo un quarto indovina che se investe mille euro in un conto corrente al 2% senza costi, alla fine dell’anno disporrà di 1.020 euro. Tra quelle che non sanno leggere l’estratto conto poi, il 13% ha investimenti in obbligazioni o in fondi o in azioni, e forse c’è da chiedersi come mai. Siamo uno dei paesi con la maggior quota di risparmio privato, ma non siamo in grado di leggere nemmeno l’estratto del conto corrente. La cosa è paradossale, anzi è paradossalmente normale. Parafrasando un vecchio detto: “scarpe fini, cervello pigro”.
L’ignoranza finanziaria delle famiglie viene svelata da un’indagine della Banca d’Italia che fotografa una situazione scoraggiante ma non unica. Non sono gli italiani infatti gli unici che zoppicano sulla grammatica finanziaria. Nelle stesse condizioni si trovano anche gli Stati Uniti e molti altri paesi europei che, non a caso, stanno mettendo in cantiere programmi di “alfabetizzazione” finanziaria. Alfabetizzazione che diventa sempre più necessaria in quanto la quota di interazione delle famiglie con la finanza è in continua crescita.
Oggi lo stock dei mutui ipotecari in Italia è della stessa entità dei prestiti a medio e lungo termine erogati alle imprese; negli Stati Uniti già eccede il volume del debito corporate. Da noi il mercato del credito al consumo è più grande dell’industria di private equity e vi sono più sportelli bancari che pizzerie. Le famiglie sono diventate i migliori generatori di profitto per gli intermediari sia quando investono i loro risparmi sia quando prendono un prestito personale. L’interazione con i mercati e gli intermediari finanziari è diventata così intensa che tra un prelievo al bancomat, l’addebito automatico di una bolletta, la consultazione online dei propri investimenti, il ritiro di un libretto di assegni, un pagamento con carta di credito, l’investimento di qualche risparmio, la richiesta di un nuovo prestito o il pagamento della rata di uno già in essere, forse non passa giornata che una famiglia non abbia a che fare con il mercato finanziario.
Ciò che rende le famiglie diverse dalle imprese non è il fatto che un imprenditore ne sa di finanza più di un capofamiglia, anche se verosimilmente è così. La vera differenza che c’è tra l’impresa e le famiglie consiste nel fatto che la prima ha una scala sufficiente per permettersi di assumere un esperto o perfino dotarsi di un ufficio finanza, la stragrande maggioranza delle famiglie al contrario non possono e devono cavarsela da sole. Questo le rende facili prede di cattivi consiglieri o di intermediari interessati in primis ai propri profitti e in subordine agli interessi dell’investitore/cliente. Molti Paesi hanno iniziato ad affrontare questo problema complesso spinti a reagire anche dagli abusi emersi durante la crisi finanziaria.
Nel 2010 gli Stati Uniti hanno creato un’apposita agenzia con la specifica missione di vigilare sui mercati per i servizi finanziari alle famiglie e di mettersi al servizio dei privati cittadini ogni volta che vi fanno ricorso. La migliore linea di difesa da abusi e da errori è però un individuo informato e così per il lungo periodo il Tesoro ha in cantiere un vasto programma di educazione finanziaria da varare nelle scuole e nei posti di lavoro. In Italia, a parte gli utili interventi della Banca d’Italia per rendere più comprensibile l’informazione che gli intermediari distribuiscono ai clienti e per regolare i conflitti di interesse, manca una strategia per affrontare la questione in modo durevole. E, come si è visto, il lodevole impegno alla semplificazione si è molto spesso tradotto in un buco dell’acqua.
Ma se è verissimo che alcune comunicazioni finanziarie non sono e restano volutamente incomprensibili, vedi l’esempio delle bollette della luce, altrettanto vero è che, almeno sugli estratti conto e l’andamento della borsa, gli italiani ci mettono del loro. Non serve Keynes per sapere che se si hanno risparmi investiti in Borsa e questa scende, anche i risparmi andranno di pari passo. Come non serve certo un economista per capire che se vengono offerti investimenti con un tasso di redditività a due cifre, in un momento come questo, nella migliore delle ipotesi si corre un alto rischio e nella peggiore si sta andando incontro ad una truffa. Prima del Madoff dei parioli già la vicenda dei bond argentini avrebbe dovuto insegnare qualcosa.
28 aprile 2011 | 14:47
ROMA – La metà delle famiglie italiane non riesce a riconoscere il saldo del conto corrente quando gli viene mostrato un estratto conto. Si rigirano il foglio tra le mani e non sanno trovare la cifra che indica quanti soldi hanno sul conto. Eppure quasi tutte le famiglie hanno un conto corrente, molte un mutuo, ... Leggi tutto
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“La Grecia vuole uscire dall’euro”: lo Spiegel annuncia, ma Atene smentisce
BERLINO – “Il governo greco sta valutando un’eventuale uscita dall’euro”: lo scrive oggi il settimanale tedesco Der Spiegel, che cita fonti vicine all’esecutivo di Atene, anche se i diretti interessati smentiscono tutto. I ministri delle finanze dell’eurozona, insieme a rappresentanti della Commissione europea, scrive il settimanale, terranno un incontro segreto questa sera a Lussemburgo su questo tema.
Lo Spiegel scrive che il premier greco George Papandreou ritiene di non avere altra scelta: secondo fonti tedesche a conoscenza della situazione ad Atene, riporta il settimanale, il governo di Papandreou sta pensando di abbandonare la moneta unica e di reintrodurre la vecchia Dracma. Allarmata dalle intenzioni di Atene, la Commissione europea ha convocato per questa sera a Lussemburgo un ”vertice di emergenza”, prosegue il settimanale, durante il quale si parlerà anche di una rapida ristrutturazione del debito greco.
Per la Germania, al vertice parteciperà il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, il quale – sempre secondo lo Spiegel – cercherà di fare il possibile per convincere Atene a non abbandonare l’euro.
SMENTITE A PIOGGIA - “L’Unione europea non sta discutendo l’ ipotesi di una uscita della Grecia dall’eurozona”, ha dichiarato Steffen Seibert, il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel all’agenzia Bloomberg.
”Questa (possibilità ndr) non è sul tavolo e non è stata sul tavolo per il governo tedesco né è un argomento a livello europeo”. Il governo greco ”smentisce categoricamente” l’ipotesi di uscita dall’euro,riporta AFP citando una fonte vicina al premier George Papandreou. Inoltre il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker smentisce che si sia tenuta una riunione straordinaria dell’Eurogruppo per discutere dei problemi della Grecia.
COSA SUCCEDE Secondo quanto spiegava il 10 febbraio scorso su Linkiesta Antonio Vanuzzo, in teoria non si può uscire volontariamente dall’euro ma una via d’uscita ci sarebbe ed è contenuta all’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea (riformato dal Trattato di Lisbona in vigore da fine 2009): riguarda l’Ue ma non l’euro come valuta.
“Il secondo caso, invece, si evince dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che all’art. 140 (comma 3), fissa il tasso irrevocabile al quale la moneta locale sarà convertita in euro. Il ritorno della Grecia alla dracma, dunque, è una questione tutta politica. Secondo quanto dichiara a Linkiesta Charles Proctor, partner dello studio londinese Bird&Bird, «l’uscita di uno Stato membro da Eurolandia andrebbe sottoposta a singoli negoziati con tutti gli Stati membri, una fase sicuramente non facile da gestire e dai sicuri effetti destabilizzanti sull’euro». Se uno Stato non può assumere la decisione unilaterale di abbandonare l’Eurozona, gli altri membri non possono nemmeno espellerlo per non aver mantenuto gli obiettivi fissati da Maastricht: «Soltanto la Corte di Giustizia Europea può comminare delle sanzioni qualora uno Stato membro non rispetti le leggi europee», spiega ancora Proctor. In realtà, un modo ci sarebbe. La Convenzione di Vienna del ’63, sul diritto dei trattati internazionali, all’art. 62 ipotizza che «un cambiamento fondamentale delle circostanze intervenuto rispetto alle circostanze esistenti al momento della conclusione di un trattato e che non era stato previsto dalle parti non può essere invocato come motivo di estinzione o di recesso», a meno che non stravolga gli obblighi da adempiere in base al trattato”.
BERLINO – “Il governo greco sta valutando un’eventuale uscita dall’euro”: lo scrive oggi il settimanale tedesco Der Spiegel, che cita fonti vicine all’esecutivo di Atene, anche se i diretti interessati smentiscono tutto. I ministri delle finanze dell’eurozona, insieme a rappresentanti della Commissione europea, scrive il settimanale, terranno un incontro segreto questa sera a Lussemburgo su ... Leggi tutto
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aahahah, certo...
è come dire che per non sentire dolore ad un dito mi taglio la mano... grande idea...Originariamente Scritto da Mizard...io ho parlato con tutti in questo forum,persino coi Laziali...Originariamente Scritto da Barone BizzioQuindi...in poche parole, sono tutti comunisti tranne Silvio?Originariamente Scritto da TheSandmanSilvio compreso.Originariamente Scritto da TheSandmanDiciamo che i comunisti che insulta lui sono ancora più comunisti di lui.
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a parte che non può, ma comunque sarebbe catastrofico per tutti perché l'euro si destabilizzerebbe pesantemente (basta guardare cosa sia successo ieri per l'uscita su un giornale della notizia: euro/dollaro sceso a picco), il che significa più costi per i debiti pubblici, più costi per i debiti privati, fuga degli investimenti esteri diretti, il tutto con conseguente riduzione del potere a livello mondiale della valuta euro e quindi molte contrattazioni che ora sono in euro e altre che lo diventerebbero, tornerebbero al dollaro, per esempio, e quindi la domanda di moneta si ridurrebbe rendendola meno competitiva e meno "forte"; salirebbe inevitabilmente l'inflazione senza essere spinta dalla crescita del pil; insomma una probabile catasfrofe. La nuova moneta greca sarebbe pesantemente svalutata e, come noi italiani sappiamo bene per esperienza decennale, le svalutazioni competitive sono devastanti per l'economia interna che nel caso della grecia avrebbe bisogno di essere competitiva per efficienza e non perdita di valore (visto che non ne ha più).
comunque credo che la possibilità sia da escludere, almeno sotto il profilo della convenienza pura. poi in queste decisioni intervengono meccanismi che vanno oltre la politica monetaria nuda e cruda.Last edited by PrinceRiky; 07-05-2011, 13:19:47.
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Originariamente Scritto da Leonida Visualizza MessaggioPerche? sarebbe cosi catastrofico per la grecia uscire?
---------- Post added at 14:14:07 ---------- Previous post was at 14:12:47 ----------
Originariamente Scritto da SonGohan Visualizza MessaggioIn che senso "non può"? Solo perchè ci sono degli accordi per cui non può? La Grecia è uno stato sovrano fino a prova contraria e quindi se vuole uscirsene e considerare carta straccia tali accordi cosa può impedirlo?Originariamente Scritto da Mizard...io ho parlato con tutti in questo forum,persino coi Laziali...Originariamente Scritto da Barone BizzioQuindi...in poche parole, sono tutti comunisti tranne Silvio?Originariamente Scritto da TheSandmanSilvio compreso.Originariamente Scritto da TheSandmanDiciamo che i comunisti che insulta lui sono ancora più comunisti di lui.
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Originariamente Scritto da SonGohan Visualizza MessaggioIn che senso "non può"? Solo perchè ci sono degli accordi per cui non può? La Grecia è uno stato sovrano fino a prova contraria e quindi se vuole uscirsene e considerare carta straccia tali accordi cosa può impedirlo?
Spero di non doverti ricordare che "giuridicamente" "non potere" non significa un mero impedimento fisico. Se questa fosse la tua obiezione, allo stesso modo domani tutti i cittadini di milano potrebbero dichiarare la loro provincia autonoma, conferirgli poteri speciali e una nuova moneta. Non può.
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