Concordo con Barone Bizzio.
Chiaramente non è che uno debba rivoluzionare le proprie attitudini andando a fare facoltà che odia pur di avere un posto di lavoro, però deve riuscire a mediare tra i propri interessi e quello che il mercato offre.
Io ero un patito di storia e filosofia, mi piaceva molto il latino, ma di andare a fare letterature antiche o storia all'università non lo trovavo una buona prospettiva per il futuro.
Poi onore a chi ha deciso di farlo, però esiste un mercato del lavoro e fare i rivoluzionari da soli è poetico ma suicida.
Ho optato per giurisprudenza, non sono, ahimè, in pari, ma ho una buona media e mi trovo bene.
Ritengo inoltre che i problemi siano anche altri 3:
1) Bisognerebbe che durante le lauree specialistiche ci fosse un maggiore coinvolgimento dello studente col mondo del lavoro (inserimenti decenti nelle aziene, praticantato/tirocinio per le lauree che portano alle professioni da fare durante la specialistica e non dopo, così da abbuonare 2 anni ad esempio a chi vorrà fare l'avvocato) ecc.ecc. Così da evitare allo studente che si laurea a 25-27 anni nelle laurea specialistiche di dover sorbirsi altri 2 anni di tirocini o praticantati o da non presentarsi "vergine" al mondo del lavoro
2) troppi esami nelle facoltà. A giurisprudenza ho dato alcuni esami che all'atto pratico non conteranno poi molto, e che di fatto spesso erano però anche molto ardui da preparare.
Questi esami vanno ridotti all'osso così da favorire l'abbassamento dell'età media del laureato.
3) Bisogna che chi si laurei abbia l'umiltà di partire facendo la gavetta.
Cosnosco gente neo- laureata che di fatto rifiuta lavori impiegatizi come primo impiego perchè li trova degradanti.
Io ritengo che dirigenti sia impossibile diventarlo subito e che probabilmente non lo si diventerà nemmeno mai, però che bisogna avere l'umiltà di partire da queste posizioni per poi tentare la scalata mano a mano che l'esperienza diventa pari alla preparazione accademica.
Chiaramente non è che uno debba rivoluzionare le proprie attitudini andando a fare facoltà che odia pur di avere un posto di lavoro, però deve riuscire a mediare tra i propri interessi e quello che il mercato offre.
Io ero un patito di storia e filosofia, mi piaceva molto il latino, ma di andare a fare letterature antiche o storia all'università non lo trovavo una buona prospettiva per il futuro.
Poi onore a chi ha deciso di farlo, però esiste un mercato del lavoro e fare i rivoluzionari da soli è poetico ma suicida.
Ho optato per giurisprudenza, non sono, ahimè, in pari, ma ho una buona media e mi trovo bene.
Ritengo inoltre che i problemi siano anche altri 3:
1) Bisognerebbe che durante le lauree specialistiche ci fosse un maggiore coinvolgimento dello studente col mondo del lavoro (inserimenti decenti nelle aziene, praticantato/tirocinio per le lauree che portano alle professioni da fare durante la specialistica e non dopo, così da abbuonare 2 anni ad esempio a chi vorrà fare l'avvocato) ecc.ecc. Così da evitare allo studente che si laurea a 25-27 anni nelle laurea specialistiche di dover sorbirsi altri 2 anni di tirocini o praticantati o da non presentarsi "vergine" al mondo del lavoro
2) troppi esami nelle facoltà. A giurisprudenza ho dato alcuni esami che all'atto pratico non conteranno poi molto, e che di fatto spesso erano però anche molto ardui da preparare.
Questi esami vanno ridotti all'osso così da favorire l'abbassamento dell'età media del laureato.
3) Bisogna che chi si laurei abbia l'umiltà di partire facendo la gavetta.
Cosnosco gente neo- laureata che di fatto rifiuta lavori impiegatizi come primo impiego perchè li trova degradanti.
Io ritengo che dirigenti sia impossibile diventarlo subito e che probabilmente non lo si diventerà nemmeno mai, però che bisogna avere l'umiltà di partire da queste posizioni per poi tentare la scalata mano a mano che l'esperienza diventa pari alla preparazione accademica.
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