Stampa Gb: Forze speciali inglesi a fianco dei ribelli da settimane 33 –Centinaia di soldati delle forze speciali britanniche Sas sarebbero in azione da almeno tre settimane in Libia al fianco dei gruppi ribelli, afferma oggi il quotidiano Sunday Mirror. Due unità di forze speciali soprannominate "Smash" per la loro capacità distruttiva, avrebbero dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra aria di Muammar Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri. Affiancate da personale sanitario, ingegneri e segnalatori, le Sas hanno creato posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della coalizione fossero stati abbattuti durante i raid.
Nord Africa e Medio Oriente. Crisi in Egitto. Venti di guerra in Siria.
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Secondo me è giusto che sia così, la Francia è una nazione , l Italia è un paese ridicolo ( anche se li abbiamo battuti in finale pooop popo popopopooooo )Originariamente Scritto da gorgoneè plotino la chiave universale per le vagineOriginariamente Scritto da gorgonesecondo me sono pazzi.
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Originariamente Scritto da Leonida Visualizza MessaggioSecondo me è giusto che sia così, la Francia è una nazione , l Italia è un paese ridicolo ( anche se li abbiamo battuti in finale pooop popo popopopooooo )"Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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Originariamente Scritto da odisseo Visualizza MessaggioStampa Gb: Forze speciali inglesi a fianco dei ribelli da settimane 33 –Centinaia di soldati delle forze speciali britanniche Sas sarebbero in azione da almeno tre settimane in Libia al fianco dei gruppi ribelli, afferma oggi il quotidiano Sunday Mirror. Due unità di forze speciali soprannominate "Smash" per la loro capacità distruttiva, avrebbero dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra aria di Muammar Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri. Affiancate da personale sanitario, ingegneri e segnalatori, le Sas hanno creato posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della coalizione fossero stati abbattuti durante i raid.
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ora l' obiettivo principale potrebbe essere fare fuori gheddafi, secondo me morto lui i lealisti si sbriciolano. gli alleati devono evitare di rimanere in un pantano.
lo so sono tutte considerazioni mauroxiane "eeh vi dicoo iooo cosa accadrààà". scusate.Originariamente Scritto da gorgoneè plotino la chiave universale per le vagineOriginariamente Scritto da gorgonesecondo me sono pazzi.
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Primi attriti tra gli alleati Gli Usa contro la Francia "Raid non concordati"
Irritazione tra i Paesi alleati contro Parigi. Il protagonismo di Sarkozy, e la volontà di convocare il vertice di sabato, avrebbe rallentato l'intervento su Gheddafi consentendo l'accesso a Bengasi alle forze del raìs
Washington - I primi raid aerei francesi che alle 17.45 di ieri hanno dato il via all’intervento militare contro la Libia non sono stati coordinati con gli altri Paesi alleati. Lo rende noto il New York Times, citando una fonte diplomatica di un Paese della Nato, per cui alcuni leader ieri a Parigi non hanno nascosto il loro disappunto per tale accelerazione che ha fatto seguito alla decisione di Parigi di prevenire, già venerdì, un accordo in sede Nato per l’intervento che avrebbe così potuto iniziare un giorno prima.
Il protagonismo di Sarkozy Il quotidiano americano parla infatti di un certo nervosismo fra alcuni dei paesi coinvolti nell’operazione per l’insistenza della Francia nel voler organizzare il vertice di ieri a Parigi per concordare le modalità dell’attuazione della risoluzione 1973 approvata giovedì sera dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tale riunione, spiegano le fonti diplomatiche del New York Times, avrebbe rallentato l’avvio delle operazioni militari, che invece era necessario accelerare per scongiurare l’ingresso delle forze di Gheddafi a Bengasi, un’accusa che i francesi hanno respinto, attraverso le parole del portavoce del ministero degli esteri, Bernard Valero. Venerdì, la Francia ha di fatto costretto la Nato a sospendere il suo intervento fino a dopo la riunione di Parigi.
"Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggiose non ci sarà occupazione allora non potra esserci un nuovo Afghanistan
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L'articolo della Stampa, Odisseo, non dice che i militari non più fedeli al rais sono tout-court passati agli insorti: questo lo desumi tu. Potrebbero semplicemente essersi squaiati, non volendo morire nè per l'uno nè per l'altro....ma di noi
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C. Campo - Moriremo Lontani
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Notizia di poco fa che pare la no fly zone sia già stata raggiunta (azz ho visto ora già l'avevate scritto)
Stampa Gb: Forze speciali inglesi a fianco dei ribelli da settimane 33 –Centinaia di soldati delle forze speciali britanniche Sas sarebbero in azione da almeno tre settimane in Libia al fianco dei gruppi ribelli, afferma oggi il quotidiano Sunday Mirror. Due unità di forze speciali soprannominate "Smash" per la loro capacità distruttiva, avrebbero dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra aria di Muammar Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri. Affiancate da personale sanitario, ingegneri e segnalatori, le Sas hanno creato posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della coalizione fossero stati abbattuti durante i raid.Last edited by CaiusIulius; 20-03-2011, 14:17:23.
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Notizie - Politica
L'Italia ora teme ritorsioni
dagli squadroni della morte
Blindate le frontiere. Sotto osservazione la comunità libica.
I caccia francesi bombardano i tank di Gheddafi e l’Italia si blinda. La circolare del Viminale innalza il livello di attenzione sugli obiettivi sensibili, soprattutto alle frontiere. Una scelta obbligata. I timori di una ritorsione da parte del Colonnello, dopo le minacce, sono più di un’ipotesi. La minaccia del Colonnello non arriva da missili o attacchi aerei, ma da azioni terroristiche. Il leader libico nel suo curriculum può vantare una lunga attività terroristica. In Libia sono stati addestrati gruppi di diverse casacche: dai palestinesi di Settembre Nero, all'Ira, alle Brigate Rosse. Ottimi i rapporti del raìs beduino con il gruppo di Carlos, il mercenario del terrore che guarda caso ora si trova in un carcere francese. Alcuni anni anni fa, l'Fbi e l'Atf scoprirono nel Togo, nell'Africa occidentale, un campo di addestramento dove veniva insegnato come preparare ordigni nascosti nelle radio e nei walkman, dello stesso tipo usati per far esplodere l'aereo della Pan Am a Lockerbie. Attentato di cui Gheddafi ha confessato la responsabilità diretta. La preoccupazione maggiore arriva dagli «squadroni della morte» che il raìs ha sempre utilizzato per compiere le sue azioni in Europa e nei Paesi arabi. Negli anni ottanta questi killer venuti dalla Tripolitania hanno seminato la morte nelle città europee eliminando gli oppositori del regime. Anche a Roma. L'operazione «cani randagi» come era stata chiamata a Tripoli, fu pianificata dallo stresso Gheddafi, i figli all'epoca erano ancora adolescenti. L'allarme è arrivato da Parigi all'incirca due mesi fa. Il Dgse, il controspionaggio francese, aveva messo sull'avviso i colleghi europei di una effervescenza dell'attività del personale d'ambasciata della Libia. Non solo. Appena un anno fa a Berlino erano stati arrestati due agenti segreti della Libia, uno di 42 e l'altro di 46 anni, sospettati di schedare gli oppositori in esilio. I due avevano una lista con nomi e abitudini dei libici anti Gheddafi. In Europa si pensa ci siano almeno sessanta 007 libici in grado di mettere a segno un attentato, una trentina in Italia. L'Aise e l'Aisi, sono in contatto con i colleghi europei. L'anti-terrorismo ha messo sotto osservazione la comunità libica, in particolare gli studenti di Tripoli che frequentano Perugia"Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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I cigni neri in volo sul dopo-crisi
Gli eventi, caro ragazzo, gli eventi». La risposta del primo ministro britannico Harold McMillan quando gli fu chiesto quale fosse la paura più grande di uno statista è la didascalia perfetta per le immagini terribili e commoventi delle ultime settimane.
Dalla Tunisia al Bahrein, dall’Egitto al Giappone, gli statisti, i mercati e la gente comune sono stati costretti a riconoscere che di fronte alle rivoluzioni naturali o umane, le previsioni e le precauzioni possono poco o nulla. I «cigni neri» – gli eventi rari e imprevedibili per cui nessuno sa come prepararsi identificati da Nassim Nicholas Taleb nel suo best-seller «The Black Swan» – hanno aperto le ali sul Medio Oriente e l’Asia, offuscando certezze economiche e politiche che in troppi avevano dato per scontate.
Nelle ultime ore, è apparso un nuovo cigno nero: la risposta militare delle potenze dell’Ovest al regime libico - una mossa impensabile solo un mese fa - che apre un nuovo capitolo nella storia tormentata delle relazioni tra occidente e Medio Oriente e di cui nessuno oggi può prevedere gli sviluppi e le ripercussioni economiche e sociali.
Scrivo queste righe dalla California del Sud, all’ombra di una delle centrali eoliche più grandi del mondo, un groviglio di pali e rotori che torreggiano sul deserto che circonda Palm Springs. Questo miracolo d’ingegneria sarebbe dovuto essere l’inizio della fine della petrolio-dipendenza per l’economia Usa. L’energia pulita e sicura del vento avrebbe dovuto permettere agli americani di continuare a guidare macchine enormi, lavare e asciugare i panni quattro volte a settimana e riempire mega-freezer con tonnellate di cibo congelato, ma senza le tensioni politiche causate dall’oro nero e le molte paure legate all’atomo. Ma di fronte ai tremori politici del Medio Oriente e alla violenza, prima sismica ora nucleare, nelle isole nipponiche, questi giganteschi mulini a vento sembrano essere stati concepiti da Cervantes: un monumento alla futilità, un mausoleo del fallimento per le politiche energetiche di presidenti e congressi.
Le proteste della Tunisia, le voci di Piazza Tahrir e gli spari del regime libico hanno attraversato l’oceano con gran rapidità, andando a colpire il portafogli di Joe Blog – il signor Rossi made in Usa. Le interruzioni nell’erogazione del greggio libico e il timore che la febbre di democrazia possa contagiare altri grandi produttori hanno avuto un effetto immediato: il prezzo del petrolio è balzato di quasi il 20 per cento in poche settimane e la benzina è salita alle stelle.
A differenza dell’Europa, dove le tasse attenuano il legame tra prezzo di mercato e costo alla pompa, in America la relazione è quasi perfetta. Nei primi tre mesi del 2011, il prezzo del carburante è aumentato di più un quarto e questa settimana, il costo medio di un gallone di benzina ha raggiunto un nuovo record – uno choc per un sistema economico ed uno stile di vita che tracanna petrolio.
In un Paese in cui le lunghe distanze e il benessere diffuso hanno fatto dell’automobile un accessorio indispensabile per milioni di persone, un’impennata di tal genere ha ripercussioni serie sull’economia reale. Persino nella California «verde», dove le autovetture «ibride» sono una presenza costante sulle autostrade a otto corsie, la gente è preoccupata. «Mica posso smettere di guidare», mi ha detto un tassista all’aeroporto di Palm Springs, prima di aggiungere uno sconsolato «piove sempre sul bagnato».
Non ha tutti torti. Dal punto di vista economico, le convulsioni del Nord-Africa e Medio Oriente stanno avendo un effetto sproporzionato sui consumatori americani.
I prodotti petroliferi rappresentano solo un terzo delle spese in materia di energia per le aziende ma due terzi delle bollette dell’americano medio (oltre alla benzina, Joe Blog deve anche comprare petrolio per riscaldare la sua casetta a schiera). Un americano medio che, vale la pena ricordare, è stato tartassato dalla crisi economica e sta ancora soffrendo per il collasso del mercato immobiliare e l’alto tasso di disoccupazione.
Non è un caso che a marzo l’indice della «fiducia economica» dei consumatori rilevato dall’Università del Michigan sia crollato ai livelli più bassi degli ultimi sei mesi. Anche gli economisti sono preoccupati. Senza un ritorno di fiamma del consumo, che rappresenta il 60 percento del Pil americano, il rischio di un deragliamento della ripresa del dopo-crisi aumenta. A questi livelli – con il prezzo del petrolio intorno ai 110 dollari al barile – gli esperti pensano che l’economia rallenterà un pochino ma non moltissimo, riducendo la crescita economica nel 2011 dal 3 a il 2.8 percento.
Ma il vero pericolo per l’America e il resto dell’economia mondiale si chiama Arabia Saudita e forse anche Iran - due dei più grandi produttori di greggio. Una rivolta democratica in quei due Paesi sarebbe un «cigno nero» di proporzioni epiche. Alcuni grandi banchieri di Wall Street con cui ho parlato, ma che non vogliono fare predizioni pubbliche per paura di creare panico, sussurrano che, in quel caso, il prezzo del petrolio potrebbe raggiungere i 200 dollari al barile quasi immediatamente.
Le conseguenze sarebbero devastanti, e non solo per gli Stati Uniti. Un balzo nel costo dell’energia farebbe sprofondare l’economia mondiale nella «stagflazione» – il mostro a due teste in cui la recessione è accompagnata da inflazione rampante. Va detto che per ora questo scenario non è certo, e nemmeno probabile, ma il fatto stesso che i signori del denaro di New York ne parlino come un’eventualità è prova della fragilità dell’attuale congiuntura economica.
Invece di rimbalzare con vigore da due anni di crisi finanziaria, i Paesi-guida dell’economia mondiale continuano ad incespicare su ostacoli imprevisti e non facilmente trattabili, dalle paure sul debito di Grecia, Spagna e Portogallo all’elettro-choc del petrolio. In altri tempi, le lobby del grande business americano non si sarebbero lasciate scappare l’occasione per spingere il Congresso ed il presidente Obama verso il nucleare – una forma di energia che Washington ha tentato di evitare a tutti i costi dopo la catastrofe nella centrale di Three Mile Island del 1979 in cui una nube radioattiva ricoprì un pezzo della Pennsylvania.
Ma le notizie provenienti dal Giappone rendono l’energia atomica una «non-starter» – una «falsa partenza» nel gergo spietato della politica americana. Anzi, l’industria americana è indirettamente coinvolta nelle vicende giapponesi visto che i reattori semi-distrutti dalle acque della tsunami portano il marchio della General Electric – il faro del settore manifatturiero Usa.
Il mondo del dopo-crisi è un posto inquieto dove l’insicurezza economica e l’instabilità politica sono destinate a regnare. Almeno fino a quando i cigni neri non intoneranno il loro canto finale.
Francesco Guerrera è il caporedattore finanziario del Financial Times a New York
Come mi pare di leggere, di certezze ne abbiamo ben poche o forse nessuna in questa congiuntura storica....ma di noi
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C. Campo - Moriremo Lontani
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
[/I]Come mi pare di leggere, di certezze ne abbiamo ben poche o forse nessuna in questa congiuntura storica."Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggiola Francia avrà il controllo di tutto il Maghreb: Maroco,Algeria,Tunisia e Libia
Nelle ultime ore, è apparso un nuovo cigno nero: la risposta militare delle potenze dell’Ovest al regime libico - una mossa impensabile solo un mese fa - che apre un nuovo capitolo nella storia tormentata delle relazioni tra occidente e Medio Oriente e di cui nessuno oggi può prevedere gli sviluppi e le ripercussioni economiche e sociali.
Perchè allora, in una situazione geo-politica mondiale (quale è il punto visuale di quell'editoriale), sarebbe interessante vedere come si inserisce la tua affermazione e quali conclusioni trarne e quali sbocchi generali. Altrimenti quell'affermazione a cui non si dà seguito resta appesa per aria, se non ci costruiamo attorno una analisi, motivandola. In poche parole, che vuol dire che la Francia diverrà padrona di tutto il Maghreb?Last edited by Sean; 20-03-2011, 15:03:03....ma di noi
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioPerchè allora, in una situazione geo-politica mondiale (quale è il punto visuale di quell'editoriale), sarebbe interessante vedere come si inserisce la tua affermazione e quali conclusioni trarne e quali sbocchi generali. Altrimenti quell'affermazione a cui non si dà seguito resta appesa per aria, se non ci costruiamo attorno una analisi, motivandola. In poche parole, che vuol dire che la Francia diverrà padrona di tutto il Mahgreb?
analisi più dettagliata da Marlowe su Il Tempo:
Sarkò conquista il Mediterraneo
La Libia è per la Francia il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione. Rimasta spiazzata dalle rivolte "morbide" in Egitto e Tunisia ora Parigi tenta di soppiantarci come partner energetico e commerciale.
Se i simboli hanno un senso, e certamente l’hanno avuto nel summit in stile Yalta convocato ieri da Nicolas Sarkozy all’immediata vigilia dell’intervento militare sulla Libia, non sarà sfuggito il rituale con il quale il presidente francese ha accolto i suoi invitati. Direttamente allo sportello dell’auto per David Cameron e Hillary Clinton in cima alla scalinata per tutti gli altri, Silvio Berlusconi compreso. Esattamente come nella storica foto di Yalta quando Churchill, Roosevelt e Stalin si spartirono l'Europa e il mondo a tre mesi dalla resa della Germania ed a sette da quella del Giappone, l'Eliseo immagina per sé un ruolo da dominus politico, economico e di mercato in un'area che va dal Nord Africa al Medio Oriente, Golfo Persico escluso. In pratica tutto il Mediterraneo. Favorito in questo dall'assenza geostrategica degli Stati Uniti di Barack Obama, che hanno come priorità il Pacifico e l'Asia dalla Cina all'India al Golfo, e con l'Inghilterra iperfinanziarizzata, indebitata e ormai priva di una rilevante industria nazionale. Oltre che dalle molte, moltissime occasioni sprecate dell'Italia. A cominciare proprio dalla Libia. La Francia post-gollista di Sarkò non esita a rinnegare le ortodosse difese del formalismo pacifista e della legalità internazionale della Francia egualmente post-gollista di Chirac, quando alla Casa Bianca c'era George Bush e a Downing Street Tony Blair. Anche allora si trattava di formare contro l'Iraq una coalition of willing, ma alle Nazioni Unite il ministro degli Esteri de Villepin si incaponì in un testa a testa su quale democrazia avesse più titoli e blasone, se quelle anglosassoni o quella francese. Oggi l'Eliseo fa altri calcoli e si muove in maniera libera e spregiudicata, partendo dall'assunto che al colonialismo delle cannoniere e della baionette si è sostituito quello dei caccia Rafale, e che più che gli stati si conquistano i mercati e le aziende strategiche.
E certamente il Maghreb, con i suoi 170 milioni di abitanti, un'età media di meno di 25 anni, la pressione per accedere ad internet e agli altri consumi di massa dell'Occidente, è uno dei mercati più promettenti del mondo. Altro handicap dell'Italia averlo capito solo con grave ritardo. E dire che Parigi era rimasta spiazzata dalle rivolte «morbide» in Egitto e Tunisia, che pure è una specie di sua dependance anche per le connection politiche, molto più opache di quelle che esistevano tra Roma e Tripoli. E plausibilmente ha temuto che il contagio si estendesse all'Algeria, dove la Francia ha la forza della lingua e degli interessi, ma forse non quella dell'autorità morale. La Libia si presentava dunque a Sarkozy come il teatro ideale per testare la propria strategia di espansione su tre fronti: la politica, l'economia e quindi i mercati, e l'energia. E di farlo a danno dell'Italia, il vicino debole, con il quale è in eterna concorrenza per le commesse militari (ultimo esempio, la vendita di fregate proprio al Raìs). Se avrà successo come guida della coalizione, Parigi non solo potrà ambire a rimpiazzarci come primo partner energetico e commerciale nel dopo-Gheddafi, ma anche a proporsi come riferimento per l'intera fascia maghrebina. Che dovrà essere innanzi tutto riarmata, dotata di infrastrutture e rifornita di tecnologie e prodotti di largo consumo. È una strategia di conquista diversa nelle modalità ma non negli obiettivi da quella di cui il nostro sistema economico sta facendo le spese direttamente qui in casa. Lo stop posto da Giulio Tremonti alla scalata della Lactalis alla Parmalat, un'azienda ripulita dai debiti dopo un salvataggio che è costato miliardi a risparmiatori e contribuenti italiani, è solo l'ultimo argine ed il primo, forse tardivo, intervento del governo. «Mi sto documentando, stiamo facendo shopping giuridico» ha spiegato il ministro dell'Economia «ho trovato un'interessante legge anti-opa del Canada». Intanto però lo shopping lo fanno i francesi. Pochi giorni fa si è arrivati ad un soffio dalla conquista di Edison da parte di EdF, mentre Bulgari è stata appena presa da Lvhm e Gucci è da tempo nelle mani di Pinault-Printemps-Redoute. Ma l'elenco è lunghissimo: si va dalle attenzioni di Groupama per la Premafin della famiglia Ligresti a quelle di Bolloré per le Generali. Senonché Groupama e Vincent Bolloré sono alleati ed entrambi a loro volta azionisti di Mediobanca, cioè del nocciolo radioattivo delle centrali finanziarie italiane.
La lista prosegue con l'alleanza tra EdF ed Enel nell'energia, nucleare e non, e con quella tra Areva e Ansaldo negli impianti; e tuttavia EdF come abbiamo visto non esita a tentare anche la conquista di Edison, mentre da tempo ha chiesto (e ottenuto) che l'Eni gli facesse spazio anche nel gasdotto South Stream. Nel campo energetico la strategia del colosso pubblico francese è dichiarata: coprire tutte le fonti, dal petrolio al nucleare al gas, e fare dell'Italia l' hub sul fronte sud, il proprio trampolino mediterraneo. Ma anche Gaz de France-Suez, la concorrente di EdF, non molla per ora l'Acea nonostante gli impegni a farlo. Altrettanto esplicita l'attenzione per l'Alitalia da parte di Air France-Klm. La nostra azienda doveva diventare francese a titolo semigratuito nel 2008: come disse l'allora ministro Padoa-Schioppa «non c'è un minuto da perdere, è l'unico pronto soccorso che abbiamo trovato aperto». Eppure nonostante l'intervento della cordata Colaninno voluta dal Cavaliere, Air France si è poi accomodata in corridoio con la sua quota del 25 per cento, ad attendere il paziente, possibilmente risanato sempre con denaro pubblico. È una partita entrata nella fase acuta da dieci anni, nella quale i francesi prevalgono grazie alle debolezze, alla litigiosità e spesso alle piccinerie del sistema finanziario italiano. Ma è anche una partita truccata dalle leggi protezioniste attuate dai governi di Parigi, tra cui spicca il decreto Villepin del 2005 che individua una serie di aziende strategiche dove ogni eventuale acquisizione straniera è soggetta all'ok governativo. E questo in barba alle norme comunitarie sulla concorrenza: d'altra parte è sempre derogando alle regole sugli aiuti pubblici che lo Stato francese ha aumentato fino a 660 miliardi la presenza in aziende quotate e non, ha approfittato della crisi finanziaria per ricapitalizzare le banche con il debito pubblico, ha sbarrato la strada non solo alle imprese italiane, ma anche tedesche (Siemens) e americane (Pepsi Cola). Nel frattempo da noi si assiste ad un interessante scambio di accuse tra Diego Della Valle e Cesare Geronzi sul tema se la nostra industria debba o meno fare sistema. Il nostro più diretto concorrente il sistema lo fa da sempre; e non discute: agisce. Come in Libia.Last edited by odisseo; 20-03-2011, 15:16:19."Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggioadesso ha una grande influenza in Marocco ed Algeria,è da sempre il maggior partner commerciale della Tunisia.
analisi più dettagliata da Marlowe su Il Tempo:
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioDobbiamo necessariamente chiudere il cerchio: tutto sta a vedere come e con chi verrà gestito il dopo-Gheddafi. Le ripercussioni sociali ed economiche, che Sarkozy certamente spera siano ottime per la sua Francia (noi temo che siamo già fuori, come sosteneva Ma_ e come sostiene anche Marlowe su Il Tempo ) e gli eventuali loro sviluppi si vedranno da lì.
Anche Sechi nel suo editoriale dice : " Come spiega Marlowe in queste pagine, quello di Sarkò è un piano coerente con i disegni di rinnovata grandeur di una SuperFrancia che si proietta sui mercati del Mare Nostrum. È la guerra di Sarkozy, non di Obama. Bossi questo l’ha intuito bene, ma gli sfugge lo scenario globale e la ragione per cui avremmo dovuto prendere noi il timone dell’operazione.
L’Italia partecipa alle grandi manovre, ma in seconda fila: è un dato di fatto che registriamo con amarezza. Avevamo detto per primi che nel Maghreb si stava aprendo un’altra era, ma né la maggioranza né l’opposizione si sono dimostrati all’altezza della sfida. Mentre i dittatori del Nord Africa uno ad uno cadevano, la sinistra al caviale sognava una «soluzione egiziana» per Berlusconi, mentre il centrodestra alle vongole stava alla finestra in attesa dell’arrivo di un colpo di fantasia del Silvio-Godot. Abbiamo tentennato fin dal primo giorno della rivolta libica, poi abbiamo sempre giocato di rimessa fino a subire le decisioni del terzetto composto da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Comprendo la prudenza diplomatica, ma l’Italia aveva lo spazio giocare una partita epocale.E questa maggioranza aveva le carte in regola per poterlo fare: siamo andati in Iraq con onore, in Afghanistan i nostri soldati si battono bene, garantiamo una fragile pace in Libano, ma nella crisi della Libia no, non siamo riusciti (finora) ad avere un ruolo all’altezza del nostro interesse nazionale. Attenzione, le guerre sono sempre un’incognita e il Colonnello è un osso duro anche a mani nude, ma in questa storia chi preme il grilletto per primo ha poi il diritto di sedersi al tavolo dei vincitori. Ho il fondato sospetto che l’Italia non ci sarà.""Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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