Mi sapete spiegare qual'è, in sostanza, la differenza tra "retorica" e "dialettica" ?
Premetto,è una mia curiosità personale, da PERFETTO IGNORANTE in materia. Non ho mai studiato filosofia o similari (avendo frequentato un istituto tecnico e non un liceo), e quindi, come dicevo dell'argomento so poco o nulla (le mie curiosità derivano da libri che ho letto, ma come dicevo, da perfetto niubbo).
E siccome la fonte principale dei niubbi è wikipedia, ho guardato come essa le descrive:
RETORICA:
"La retorica (dal greco rhetorikè téchne, «arte del dire») è l’arte di parlar bene, la disciplina che studia il metodo di composizione dei discorsi, ovvero come organizzare il linguaggio naturale (non simbolico) secondo un criterio per il quale ad una proposizione segua una conclusione. Sotto questo aspetto essa è un metalinguaggio, in quanto cioè un «discorso sul discorso».[1]
Lo scopo della retorica è la persuasione, intesa come approvazione della tesi dell’oratore da parte di uno specifico uditorio. Da un lato, la persuasione consiste in un fenomeno emotivo di assenso psicologico; per altro verso ha una base epistemologica: lo studio dei fondamenti della persuasione è studio degli elementi che, connettendo diverse proposizioni tra loro, portano ad una conclusione condivisa, quindi dei modi di disvelamento della verità nello specifico campo del discorso.
"
DIALETTICA:
"La dialettica è uno dei principali metodi argomentativi della filosofia, che deriva dai termini greci dià-legein (cioè "parlare attraverso", ma anche "raccogliere") + tèchne, ovvero "arte" del dialogare, del riunire insieme. Essa consiste nell'interazione di due tesi o princìpi contrapposti (simbolicamente rappresentati nei dialoghi platonici da due personaggi reali) usata come strumento di indagine della verità."
Ok, fin qui direi che ci siamo, da come è spiegato la retorica è l'arte di argomentare per convincere gli altri, indipendentemente dal fatto che la nostra sia l'effettiva verità o meno,
mentre la dialettica include invece nell'argomentare anche il ragionare per arrivare all'effettiva verità...
Fin qui ho capito giusto o mi sono già perso?
I miei dubbi vengono più avanti, quando (sempre wikipedia, la fonte per gli ignoranti, lo ammetto di nuovo) parla di Socrate, di Platone e dei Sofisti.
Riferendosi alla retorica dice:
"La Sofistica:
Nel corso del V secolo a.C., dalla Magna Grecia la retorica giunse rapidamente in Attica, e soprattutto ad Atene, grazie all’attività di insegnamento dei sofisti.[14] Nell’età di Pericle, che per molti versi rappresentò l’età d’oro della polis ateniese, intellettuali come Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia e Trasimaco trovarono terreno fertile: molti giovani di buona famiglia accorrevano da ogni parte per apprendere, dietro compenso, le lezioni impartite da questi "maestri di virtù", che giravano di città in città insegnando come tenere discorsi nelle assemblee pubbliche. E proprio l’insegnamento della retorica li indusse a sviluppare ulteriormente questa tecnica. Protagora ad esempio, padre della Sofistica, concentrava la propria attenzione su problemi di carattere linguistico e semantico (e lo stesso farà Prodico), alla ricerca di un logos horthótatos, un linguaggio rigoroso e formalmente preciso per definire le cose.[15] Egli era poi un sostenitore del relativismo etico e gnoseologico, espresso dalla celebre massima secondo cui l’uomo è misura di tutte le cose:[16] da queste considerazioni scaturiva il suo interesse per i discorsi contrastanti (dissòi lógoi) e l’antilogica, la tecnica che ha lo scopo di trovare per uno stesso oggetto due argomenti contrapposti, uno cioè che lo afferma e uno che lo nega (portata all’estremo, questa tecnica prende il nome di “eristica”).[17]
Inoltre, con i sofisti la retorica inizia a intrattenere stretti rapporti con la poesia, cessa di essere usata solo in tribunali e assemblee pubbliche e assume valore epidittico, diventando un’arte a sé stante: tutto questo soprattutto grazie a Gorgia di Leontini e Trasimaco di Calcedonia.[18] Per essi l'arte di persuadere era da intendersi soprattutto come una forma di suggestione, totalmente avulsa da ogni esigenza di giungere a una conoscenza o un convincimento basati su argomenti razionali e sulla produzione di prove e argomenti a favore. Il retore doveva possedere una persuasività tale da convincere chiunque di qualsiasi cosa, a prescindere dall'argomento trattato:[19] il logos, la parola, afferma Gorgia nell’Encomio di Elena, è onnipotente sia sugli uomini che sugli dèi, e la sua potenza consiste appunto nell’indurre a ritenere giusto e vero ciò che si afferma.[20]
"
"Platone:
Nel IV secolo a.C., Platone oppose alla concezione sofistica una propria visione della retorica: negando che essa sia un’arte (techne), il filosofo le preferì la definizione di «abilità» (empeiria),[23] attribuendole però allo stesso tempo una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti (la cosiddetta psicagogia).[24] In altre parole, dalla retorica dei sofisti, a cui venivano ascritte unicamente caratteristiche negative, Platone distingueva una retorica per così dire «buona», la quale, esercitata dai filosofi e quindi orientata allo studio della filosofia, potesse essere di utilità per instradare alla conoscenza del bene. La pratica della retorica veniva così ricondotta nell'alveo della stessa filosofia, con la quale finiva per identificarsi, svuotata della propria autonomia. Cambiavano di conseguenza gli interlocutori - non più il popolo o i giudici - e i luoghi - non più assemblee o giudizi.
D’altra parte, è fuor di dubbio che a instradare il giovane Platone allo studio del rapporto tra filosofia e retorica fu la frequentazione del maestro Socrate, il quale, nell’esercizio della sua maieutica, faceva uso di una particolare e originalissima forma di retorica, fatta di domande e risposte brevi (la cosiddetta brachilogia, contrapposta alla macrologia dei sofisti).[25]"
Parlando invece di dialettica dice:
"Socrate
Un metodo simile lo si ritrova nei dialoghi platonici, dove Socrate cerca di trovare le contraddizioni interne nelle tesi dell'interlocutore, scomponendone le enunciazioni e raffrontandole con livelli più elevati del sapere. Il vantaggio iniziale lasciato all'interlocutore più debole è lo strumento dialettico attraverso il quale si staglia più luminoso e conclusivo il parere del maestro.
Ad esempio, nell'Eutifrone, Socrate chiede ad Eutifrone di dare una definizione di pietà. Eutifrone risponde che pio è ciò che è amato dagli Dei. Socrate però gli rinfaccia che gli dei sono litigiosi, e che i loro litigi, come quelli umani, riguardano gli oggetti di amore ed odio. Eutifrone ammette che questo è infatti il caso. Perciò, prosegue Socrate, deve esistere almeno un oggetto che è amato da alcuni Dei ma odiato da altri. Di nuovo Eutifrone assente. Socrate poi conclude che, se la definizione di pietà data da Eutifrone fosse vera, allora dovrebbe esistere almeno un oggetto che è allo stesso tempo sia pio che empio (giacché è amato da alcuni Dei, ma odiato da altri) - il che, ammette Eutifrone, è assurdo.
Questo modo di procedere nel ragionamento, partendo da una tesi e cercando di trovarne le contraddizioni interne, è tipico della dialettica socratica, e si chiama maieutica."
"I Sofisti :
Mentre il proposito di Socrate era essenzialmente quello di ricercare la verità, per i sofisti la dialettica coincide invece con l'eristica, ovvero l'arte di vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, ma senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità."
E qui nasce la mia confusione, perchè parlando di retorica in riferimento a Platone dice:
"negando che essa sia un’arte (techne), il filosofo le preferì la definizione di «abilità» (empeiria),[23] attribuendole però allo stesso tempo una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti "
[...]
"Platone distingueva una retorica per così dire «buona», la quale, esercitata dai filosofi e quindi orientata allo studio della filosofia, potesse essere di utilità per instradare alla conoscenza del bene"
Cioè retorica come mezzo per la ricerca della verità, più simile però alla definizione che era stata data all'inizio di DIALETTICA, piuttosto che a quella di retorica.
Allo stesso modo quando parlando di dialettica e riferendosi ai sofisti dice:
"per i sofisti la dialettica coincide invece con l'eristica, ovvero l'arte di vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, ma senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità."
Che però, anche in questo caso, sembrerebbe ai miei occhi inesperti molto più vicina alla definione inizialmente data di RETORICA, che a quella di dialetticva, anzi, addirittura in antitesi con quest'ultima...
Quindi, perdonate la mia ignoranza data dalla non-formazione che ho in queste materie, ma provate a togliermi questa curiosità:
Qual'è,quindi, la differenza tra RETORICA e DIALETTICA?
ps. Nel titolo ho citato Manx perchè so che insegna filosofia, ma ovviamente sono ben accette spiegazioni da chiunque ne capisca (Per esempio avrei due nomi a caso: Sean e Richard )
Premetto,è una mia curiosità personale, da PERFETTO IGNORANTE in materia. Non ho mai studiato filosofia o similari (avendo frequentato un istituto tecnico e non un liceo), e quindi, come dicevo dell'argomento so poco o nulla (le mie curiosità derivano da libri che ho letto, ma come dicevo, da perfetto niubbo).
E siccome la fonte principale dei niubbi è wikipedia, ho guardato come essa le descrive:
RETORICA:
"La retorica (dal greco rhetorikè téchne, «arte del dire») è l’arte di parlar bene, la disciplina che studia il metodo di composizione dei discorsi, ovvero come organizzare il linguaggio naturale (non simbolico) secondo un criterio per il quale ad una proposizione segua una conclusione. Sotto questo aspetto essa è un metalinguaggio, in quanto cioè un «discorso sul discorso».[1]
Lo scopo della retorica è la persuasione, intesa come approvazione della tesi dell’oratore da parte di uno specifico uditorio. Da un lato, la persuasione consiste in un fenomeno emotivo di assenso psicologico; per altro verso ha una base epistemologica: lo studio dei fondamenti della persuasione è studio degli elementi che, connettendo diverse proposizioni tra loro, portano ad una conclusione condivisa, quindi dei modi di disvelamento della verità nello specifico campo del discorso.
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DIALETTICA:
"La dialettica è uno dei principali metodi argomentativi della filosofia, che deriva dai termini greci dià-legein (cioè "parlare attraverso", ma anche "raccogliere") + tèchne, ovvero "arte" del dialogare, del riunire insieme. Essa consiste nell'interazione di due tesi o princìpi contrapposti (simbolicamente rappresentati nei dialoghi platonici da due personaggi reali) usata come strumento di indagine della verità."
Ok, fin qui direi che ci siamo, da come è spiegato la retorica è l'arte di argomentare per convincere gli altri, indipendentemente dal fatto che la nostra sia l'effettiva verità o meno,
mentre la dialettica include invece nell'argomentare anche il ragionare per arrivare all'effettiva verità...
Fin qui ho capito giusto o mi sono già perso?
I miei dubbi vengono più avanti, quando (sempre wikipedia, la fonte per gli ignoranti, lo ammetto di nuovo) parla di Socrate, di Platone e dei Sofisti.
Riferendosi alla retorica dice:
"La Sofistica:
Nel corso del V secolo a.C., dalla Magna Grecia la retorica giunse rapidamente in Attica, e soprattutto ad Atene, grazie all’attività di insegnamento dei sofisti.[14] Nell’età di Pericle, che per molti versi rappresentò l’età d’oro della polis ateniese, intellettuali come Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia e Trasimaco trovarono terreno fertile: molti giovani di buona famiglia accorrevano da ogni parte per apprendere, dietro compenso, le lezioni impartite da questi "maestri di virtù", che giravano di città in città insegnando come tenere discorsi nelle assemblee pubbliche. E proprio l’insegnamento della retorica li indusse a sviluppare ulteriormente questa tecnica. Protagora ad esempio, padre della Sofistica, concentrava la propria attenzione su problemi di carattere linguistico e semantico (e lo stesso farà Prodico), alla ricerca di un logos horthótatos, un linguaggio rigoroso e formalmente preciso per definire le cose.[15] Egli era poi un sostenitore del relativismo etico e gnoseologico, espresso dalla celebre massima secondo cui l’uomo è misura di tutte le cose:[16] da queste considerazioni scaturiva il suo interesse per i discorsi contrastanti (dissòi lógoi) e l’antilogica, la tecnica che ha lo scopo di trovare per uno stesso oggetto due argomenti contrapposti, uno cioè che lo afferma e uno che lo nega (portata all’estremo, questa tecnica prende il nome di “eristica”).[17]
Inoltre, con i sofisti la retorica inizia a intrattenere stretti rapporti con la poesia, cessa di essere usata solo in tribunali e assemblee pubbliche e assume valore epidittico, diventando un’arte a sé stante: tutto questo soprattutto grazie a Gorgia di Leontini e Trasimaco di Calcedonia.[18] Per essi l'arte di persuadere era da intendersi soprattutto come una forma di suggestione, totalmente avulsa da ogni esigenza di giungere a una conoscenza o un convincimento basati su argomenti razionali e sulla produzione di prove e argomenti a favore. Il retore doveva possedere una persuasività tale da convincere chiunque di qualsiasi cosa, a prescindere dall'argomento trattato:[19] il logos, la parola, afferma Gorgia nell’Encomio di Elena, è onnipotente sia sugli uomini che sugli dèi, e la sua potenza consiste appunto nell’indurre a ritenere giusto e vero ciò che si afferma.[20]
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"Platone:
Nel IV secolo a.C., Platone oppose alla concezione sofistica una propria visione della retorica: negando che essa sia un’arte (techne), il filosofo le preferì la definizione di «abilità» (empeiria),[23] attribuendole però allo stesso tempo una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti (la cosiddetta psicagogia).[24] In altre parole, dalla retorica dei sofisti, a cui venivano ascritte unicamente caratteristiche negative, Platone distingueva una retorica per così dire «buona», la quale, esercitata dai filosofi e quindi orientata allo studio della filosofia, potesse essere di utilità per instradare alla conoscenza del bene. La pratica della retorica veniva così ricondotta nell'alveo della stessa filosofia, con la quale finiva per identificarsi, svuotata della propria autonomia. Cambiavano di conseguenza gli interlocutori - non più il popolo o i giudici - e i luoghi - non più assemblee o giudizi.
D’altra parte, è fuor di dubbio che a instradare il giovane Platone allo studio del rapporto tra filosofia e retorica fu la frequentazione del maestro Socrate, il quale, nell’esercizio della sua maieutica, faceva uso di una particolare e originalissima forma di retorica, fatta di domande e risposte brevi (la cosiddetta brachilogia, contrapposta alla macrologia dei sofisti).[25]"
Parlando invece di dialettica dice:
"Socrate
Un metodo simile lo si ritrova nei dialoghi platonici, dove Socrate cerca di trovare le contraddizioni interne nelle tesi dell'interlocutore, scomponendone le enunciazioni e raffrontandole con livelli più elevati del sapere. Il vantaggio iniziale lasciato all'interlocutore più debole è lo strumento dialettico attraverso il quale si staglia più luminoso e conclusivo il parere del maestro.
Ad esempio, nell'Eutifrone, Socrate chiede ad Eutifrone di dare una definizione di pietà. Eutifrone risponde che pio è ciò che è amato dagli Dei. Socrate però gli rinfaccia che gli dei sono litigiosi, e che i loro litigi, come quelli umani, riguardano gli oggetti di amore ed odio. Eutifrone ammette che questo è infatti il caso. Perciò, prosegue Socrate, deve esistere almeno un oggetto che è amato da alcuni Dei ma odiato da altri. Di nuovo Eutifrone assente. Socrate poi conclude che, se la definizione di pietà data da Eutifrone fosse vera, allora dovrebbe esistere almeno un oggetto che è allo stesso tempo sia pio che empio (giacché è amato da alcuni Dei, ma odiato da altri) - il che, ammette Eutifrone, è assurdo.
Questo modo di procedere nel ragionamento, partendo da una tesi e cercando di trovarne le contraddizioni interne, è tipico della dialettica socratica, e si chiama maieutica."
"I Sofisti :
Mentre il proposito di Socrate era essenzialmente quello di ricercare la verità, per i sofisti la dialettica coincide invece con l'eristica, ovvero l'arte di vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, ma senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità."
E qui nasce la mia confusione, perchè parlando di retorica in riferimento a Platone dice:
"negando che essa sia un’arte (techne), il filosofo le preferì la definizione di «abilità» (empeiria),[23] attribuendole però allo stesso tempo una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti "
[...]
"Platone distingueva una retorica per così dire «buona», la quale, esercitata dai filosofi e quindi orientata allo studio della filosofia, potesse essere di utilità per instradare alla conoscenza del bene"
Cioè retorica come mezzo per la ricerca della verità, più simile però alla definizione che era stata data all'inizio di DIALETTICA, piuttosto che a quella di retorica.
Allo stesso modo quando parlando di dialettica e riferendosi ai sofisti dice:
"per i sofisti la dialettica coincide invece con l'eristica, ovvero l'arte di vincere nelle discussioni, confutando le affermazioni dell'avversario, ma senza riguardo alla loro intrinseca verità o falsità."
Che però, anche in questo caso, sembrerebbe ai miei occhi inesperti molto più vicina alla definione inizialmente data di RETORICA, che a quella di dialetticva, anzi, addirittura in antitesi con quest'ultima...
Quindi, perdonate la mia ignoranza data dalla non-formazione che ho in queste materie, ma provate a togliermi questa curiosità:
Qual'è,quindi, la differenza tra RETORICA e DIALETTICA?
ps. Nel titolo ho citato Manx perchè so che insegna filosofia, ma ovviamente sono ben accette spiegazioni da chiunque ne capisca (Per esempio avrei due nomi a caso: Sean e Richard )
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