Le menzogne e gli inganni del Terzo Reich

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    #76
    era un esclamazione estemporanea dal discorso.comunque il terzo reich grazie anche alla politica fallimentare di mussolini soprattutto nel suo paradossale apice/declino ci ha
    lasciato in Italia molti brutti ricordi , molti. e non parlo per dietrologia o perchè sono del mossad .Al "Volemose Bene" bisognerebbe orientarsici , certo , senza utopie , ma
    lo sbilanciamento , la propensione in tutti i campi dovrebbe essere anche quella.Questo non significa non difendersi o poter incappare in errori anche gravi , ma sicuramente
    una propensione al volemose bene è difficile che si possa tramutare in una venerazione a pol pot.eh
    peace&love

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    • salsa
      Bodyweb Zenior
      • Jun 2008
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      #77

      I vescovi finirono con l’accettare senza riserve il nuovo Stato; le loro rassicurazioni piovevano sul
      tavolo di lavoro del Fuhrer, il quale non esiterà ad assorbire progressivamente la chiesa nel regime:
      dei 435 periodici cattolici esistenti nel 1933, dieci anni dopo ne erano rimasti appena sette; tutte le
      associazioni giovanili cattoliche furono a mano a mano disciolte in favore della Hitler-Jugend,
      “anticamera” in particolare delle Waffen-SS.
      Le reazioni del clero e dei fedeli furono del tutto trascurabili. Nessun passaggio alla clandestinità
      era concepibile. Perfino il vescovo di Munster, Clemens August conte von Galen, beatificato da
      Benedetto XVI per il suo coraggioso sermone del 3 agosto 1941 contro il programma di eutanasia,
      era in realtà considerato un patriota tedesco e un fiero anticomunista, dichiaratamente favorevole
      all’apertura del fronte sovietico, operazione iniziata il 22 giugno con il nome di “operazione
      Barbarossa”. Per von Galen, l’eutanasia è la negazione del comandamento divino “non uccidere”.
      Considerato un eroe dell’opposizione al nazionalsocialismo, di lui scrisse Urlich von Hassel,
      ambasciatore tedesco in Italia, giustiziato da Hitler per essere stato fra gli organizzatori
      dell’attentato del 1944. Nel suo diario segreto, l’ambasciatore osserva: «Il vescovo di Mùnster, il
      conte Galen, ha tenuto durante i mesi di luglio e agosto tre omelie molto coraggiose contro le
      persecuzioni nei confronti della Chiesa e la soppressione dei malati di mente, esprimendosi con
      inaudita franchezza sull’assenza di legalità e sui metodi della Gestapo. Himmler bolliva dalla rabbia
      e ha preteso delle misure immediate molto violente, a quanto sembra delle fucilazioni... (Von
      Galen) è stato solo confinato a Mùnster.

      Perché Roma (il Vaticano, ndr) permette che la lotta di Galen resti così isolata?
      Cosa fanno i nostri nobili principi della Chiesa?». Al posto suo furono deportati nei lager 24 preti e
      18 chierici: 10 vi morirono. Galen, così pronto a denunciare il neopaganesimo nazista fin dal 1934 e
      a difendere la libertà della chiesa, non pronunciò mai una sola parola per difendere gli ebrei, tanto
      meno la democrazia. Questo fu il massimo del dissenso che poté permettersi la chiesa. Un altro alto
      prelato passato per “grande oppositore” è il cardinale ultraconservatore Michael von Faulhaber,
      arcivescovo di Monaco e Frisinga, la maggiore diocesi tedesca. Uscendo da un incontro con Hitler
      il 5 novembre 1936, il cardinale arrivò ad annotare: “Senza dubbio il cancelliere vive nella fede in
      Dio. Riconosce la cristianità come fondamento della cultura occidentale”. Negli anni seguenti avrà
      molte altre occasioni per elogiare il Fùhrer.
      Questo è il cardinale passato dalla storiografia cattolica come un eroe della resistenza al nazismo.
      Nel 1934, a difesa dell’origine ebraica del cristianesimo, aveva pubblicato Giudaismo, cristianesimo
      e germanesimo, raccolta delle prediche tenute in san Michele di Monaco durante l’Avvento del
      1933, edite in Italia l’anno seguente. I nazisti, nel loro caratteristico linguaggio da picchiatori, lo
      soprannominarono il Judenkardinal. Da allora, “l’oppositore” non lo si sentì più fiatare.

      In effetti, a leggere meglio tra le riflessioni del cardinale, se ne trova una come la seguente: “Dopo
      la morte di Cristo, Israele fu licenziato dal servizio della Rivelazione”. Von Faulhaber, orgoglioso
      dell’appoggio sfacciatamente fornito dalla chiesa al governo hitleriano nel 1937 ricordò come la
      “nuova Germania” raccogliesse solo diffidenza e riserbo: ebbene, “la chiesa cattolica - la più grande
      potenza morale del mondo - espresse per mezzo del Concordato la propria fiducia nel nuovo
      governo tedesco”.
      Un atto la cui conseguenza “ebbe un’importanza immensa per la reputazione del nuovo governo”.
      Quando fu incaricato da Pio XI di redigere la prima stesura dell’enciclica Con viva ansia, il
      cardinale di Monaco espresse il dissenso in termini così morbidi da dover poi essere corretto dal
      Pacelli. Approvò senza riserve l’Anschluss e l’invasione della Cecoslovacchia, approvò la
      soppressione delle libertà politiche, tacque sui crimini. Questa è la figura che avrebbe colpito il
      giovane Joseph Ratzinger, poi papa Benedetto XVI allorquando la vide per la prima volta: «Con la
      sua imponente veste color porpora, ne restai talmente colpito da arrivare a dire che anch’ io volevo
      diventare come lui» (J. Ratzinger, Il sale della terra). Ratzinger fu ordinato sacerdote a Monaco da
      Faulhaber nel 1951.

      9.
      Non si contano le prediche, i discorsi, gli articoli e i libri di preti, ecclesiasti e “uomini di cultura”
      legati alla chiesa in favore del nazismo e del suo gran capo, definito dappertutto “uomo devoto a
      Dio e al suo popolo” (così lo chiamò anche il nunzio apostolico Cesare Orsenigo, fascista,
      antisemita e dichiaratamente filonazista), per convincere i pur molti scettici tra i fedeli alla
      “conversione” nazionalsocialista.
      Della compatibilità fra cattolicesimo e nazionalsocialismo furono convinti lo storico della chiesa
      Joseph Lortz e il professore di teologia dogmatica Michael Schumaus, secondo cui la purezza del
      sangue razziale era fondamento spirituale di un popolo. Uno dei maggiori teologi tedeschi, Karl
      Adam, affermò che l’unione fra nazionalsocialismo e cattolicesimo era armonica come lo era
      l’unione fra la natura e la grazia. Definì Hitler come colui “invocato dalle voci dei nostri poeti e dei
      nostri saggi, liberatore del genio germanico”, salvatore “dell’unità di sangue ed essenza germanica”.
      Tanto servilismo non gli impedì, in anni successivi, di avere ugualmente delle noie con i nazisti.
      SA ed SS, mentre massacravano o pestavano a sangue gli oppositori e bruciavano i negozi degli
      ebrei, fra la notte dei lunghi coltelli e notte dei cristalli, annoveravano tra loro una grande quantità
      di “membri cattolici”: le loro cerimonie, benedette immancabilmente con acqua santa, avvenivano
      regolarmente in chiesa alla presenza di prelati piccoli e alti, insieme a molte altre associazioni
      cattoliche, con tanto di scambio di bandiere, baci e abbracci.

      Heinrich Himmler, ritenuto il più “filopagano” e anticlericale degli alti papaveri in divisa, si guardò
      bene dal porre come discriminante essere non cattolico per arruolarsi nelle SS. La formula dei
      giuramenti di appartenenza ai vari corpi delle SS conteneva le parole “davanti a Dio” e “con l’aiuto
      di Dio”, senza specificare di quale confessione. L’anticlericalismo di Himmler si riduceva a
      occasionali imprecazioni, rimandando sine die il conflitto con la chiesa. D’altra parte, fior di
      criminali di guerra usciti dalle SS da lui fondate, come per esempio Erich Priebke, erano abituali
      cattolici praticanti, frequentatori di alti e altissimi prelati; tra una messa e un rosario, uccidevano,
      massacravano, torturavano.
      Dopo la guerra furono protetti a migliaia dalla rete vaticana allestita per farli espatriare in
      Argentina, dove il dittatore di turno, Juan Domingo Peron, era disposto ad accoglierli, sempre in
      contatto organico e col beneplacito finale del Vaticano, come ampiamente documentato dal
      giornalista argentino Uki Goni in Operazione Odessa.

      L’arco temporale dei fatti in oggetto si svolge lungo oltre un ventennio sotto il pontificato di due
      papi, Pio XI (eletto nel 1922) e Pio XII (eletto neI 1939), in una coerente linea di continuità
      diplomatica e ideologica, priva di eclatanti interruzioni o rivolgimenti. L’adesione della chiesa, sia
      dell’episcopato tedesco, sia del centro vaticano, non è quindi episodica, ma sistematica e
      inscindibile dall’ascesa del nazismo. L’opera quantomeno erronea ed ambigua dei due papi, lungi
      dalla cancellazione graduale del tempo, è divenuta argomento vivacemente discussa, in attesa di una
      collocazione definitiva nei libri di storia. La chiesa, in questo momento, sta rispondendo a
      formidabili accuse di connivenze con un modello di barbarie senza precedenti nella storia. La tanto
      conclamata opposizione cattolica al nazionalsocialismo era in verità ridotta a ben poca cosa: una
      lotta sibillina e strisciante contro la corrente pagana approvata dei vertici del Terzo Reich.
      Per un confronto, valga l’esempio dei Testimoni di Geova. Essi rifiutarono il coinvolgimento nella
      vita politica del nazismo, non volevano né dire “Heil Hitler” né indossare la divisa servendo
      nell’esercito tedesco e organizzarono una rete clandestina.Da 25.000 all’epoca dell’ascesa al potere
      nazista, dopo la capitolazione del Reich si contavano ancora 7.000 attivi evangelizzatori. La
      stragrande maggioranza,
      coraggiosamente, non fece compromesso col regime, anche a costo della
      propria vita.


      10°
      La competizione per l’egemonia sull’ideologia e sullo Stato nazista ebbe due principali momenti di
      sbocco: la pubblicazione nel 1930 de Il Mito del XX Secolo di Alfred Rosenberg e la risposta della
      chiesa nel 1937, con l’enciclica papale Mit Brennender Sorge, Con viva ansia, da taluni tradotto
      Con grandissima preoccupazione. Nel libro di Rosemberg si possono leggere affermazioni come
      questa: «La nostra anima è stata contaminata dall’ebraismo; i mezzi per fare questo sono stati la
      Bibbia e la Chiesa di Roma. Con il loro aiuto il demone del deserto è diventato il dio dell’Europa».
      Da qui, l’invito a proibire la lettura dell’Antico testamento nelle scuole e a creare una chiesa
      nazionale tedesca fondata sui concetti di razza e di purezza del sangue ricorrendo a una scientifica
      selezione genetica della razza germanica.
      La chiesa ottenne in più riprese, in più incontri, vive assicurazioni da Hitler:
      né il governo, né il partito si sognavano di aderire alla “terza religione”, o di appoggiare la nascita
      di una chiesa nazionale tedesca comprendente cattolici e protestanti insieme, né “altri movimenti
      analoghi avversi al cristianesimo”, parole testuali del Fuhrer in particolare proferite il 27 giugno
      1934 davanti a tre vescovi in rappresentanza dell’episcopato tedesco: i monsignori Wilhelm
      Berning, Nikolaus Bares e il “vescovo bruno” (di camicia), Konrad Grober imposto nel 1932 da
      Pacelli quale arcivescovo di Friburgo. Gròber fu “sostenitore”, se non appartenente, delle SS, da cui
      comunque non fu così riamato: fu il primo a sconfessare per iscritto l’eutanasia forzata imposta dal
      regime e certi eccessi dell’antisemitismo contro gli ebrei cristianizzati. Ciò non gli impedì,
      nell’agosto 1933 di pubblicare sul giornale ufficiale dell’ Arcidiocesi di Friburgo una direttiva del
      Ministero della Cultura e Istruzione del Baden in cui si disponeva di offrire l’omaggio a Hitler
      durante le ore di insegnamento religioso, sancendo così per la prima volta - fra la notevole
      indignazione dei fedeli - un rituale nemmeno previsto dal Concordato firmato pochi mesi addietro.
      Ancora nel 1941 lo si trova sul pulpito a pronunciare un violento sermone con parole molto vicine
      al vocabolario antisemita dei governanti nazisti. Eppure, anche Gròber passò, nel dopoguerra, quale
      eroe della resistenza.

      La chiesa attese ben sette anni, con l’uscita di Con viva ansia, prima di mettere ufficialmente in
      discussione le tesi ultrarazziste del Rosemberg, che incredibilmente fa moderatamente sue,
      contestando invece la pretesa di proibire l’ uso scolastico dell’Antico testamento e di sostituire le
      Sacre scritture con l’idolatria della razza.
      Con viva ansia è un documento sopravvalutatissimo dagli odierni assertori di un conflitto, peraltro
      mai seriamente esistito, a parte qualche incidente, fra chiesa cattolica ufficiale e nazionalsocialismo.
      L’enciclica, in lingua tedesca e diffusa in decine di migliaia di copie, non fu affatto rivolta “contro
      il Reich nazista”, come annuncia la squillante biografia ufficiale del Vaticano alla voce “papa Pio
      XI”, ma solamente contro le tendenze neopaganeggianti del regime, gli eccessi del nazionalismo e
      del razzismo, senza per questo denunciare le responsabilità ben più gravi e complessive del regime.
      Rosemberg disse il vero, durante il processo di Norimberga, quando sostenne che il suo ruolo aveva
      una mera funzione culturale. Non fu lui “il massimo esponente dell’ideologia nazista”, come si
      sostiene sempre più spesso per accreditare l’inesistenza di un nazionalsocialismo cristiano. Il vero e
      unico teorico del nazismo fu solo e sempre Hitler col suo Mein Kampf, non il libro di Rosemberg,
      troppo neopagano e anticattolico per essere preso sul serio dal governo guidato da Hitler. Non è
      neppure lontanamente pensabile che una figura tutto sommato secondaria del Terzo Reich superasse
      il Fùhrer in campo ideologico. Sia negli incontri appartati con l’alto clero cattolico, sia quando
      esponeva pubblicamente o privatamente il suo pensiero, mai il Fuhrer si espresse contro la chiesa,
      definita “meravigliosa istituzione e maestra”.

      Il Mein Kampf di Hitler è uscito nel 1925: già allora conteneva espliciti messaggi antisemiti e
      razzisti; bisogna essere ben miopi per non vederli. Eppure non fu collocato all’Indice dei libri
      proibiti dalla chiesa cattolica
      , come ci si poteva aspettare, né fu bersaglio di critiche provenienti da
      Roma.
      Pacelli non si dette da fare per condannare il vademecum dei nazionalsocialisti, non ci pensò
      nemmeno. Dopo l’opposizione iniziale di molti suoi esponenti, la chiesa finì con il concordare
      pienamente con il contenuto del Mein Kampf. E comunque va tenuto presente che né il libro di
      Hitler, né quello di Rosemberg preannunciavano esplicitamente l’intenzione di uccidere tutti gli
      ebrei e gli oppositori, limitandosi ambedue a parlare di “annientamento” politico, economico,
      sociale e culturale.
      L’idea dell’Olocausto maturò durante la guerra e molto difficilmente la decisione di procedere con
      uno sterminio di tali proporzioni poteva essere presa senza la sicurezza di una sostanziale, tacita
      accondiscendenza dell’intero mondo cristiano tedesco, cattolici e protestanti compresi.
      Questi pochi elementi di analisi basterebbero da soli a inquadrare l’atmosfera di apertura
      ecclesiastica che consentì a tanti fedeli di leggere il Mein Kampf e farlo proprio, preparandosi
      mentalmente all’Olocausto, spazzando via al tempo stesso qualsiasi dubbio circa una pretesa
      “resistenza” antinazista covante nel mondo cattolico. E come avrebbe potuto, il Mein Kampf, subire
      la pur meritata condanna da parte dei teologi?

      Il suo autore non solo si proclama cattolico a tutti gli effetti, anche se non esagera in devozione per
      non dover turbare le altre componenti religiose del suo popolo, primi fra tutti i protestanti, ma
      nemmeno si risparmia nell’elogiare fini e organizzazione della chiesa cattolica, così capace di
      forgiare il carattere dei popoli, in particolare di valorizzare l’essenza ariana dei tedeschi. La quale
      ultima, non doveva e non poteva essere disgiunta da una pressante missione rievangelizzatrice,
      fortemente avversa all’ateismo e alneopaganesimo. Si tende troppo spesso a tralasciare che il
      nazismo di codesta missione si è dichiarato primo e assoluto garante. È tutto scritto nel vademecum
      del dittatore: se Hitler ha un “pregio” da vantare rispetto a tanti leader democratici, è di avere
      utilizzato i suoi ampi poteri per attuare scrupolosamente programma e filosofia senza mai scostarsi
      di una virgola dal Mein Kampf
      Addebitare tanta accondiscendenza e apparente debolezza alla necessità di non esporre i cattolici
      alle rappresaglie del regime incattivito è francamente fatica sprecata. La chiesa stessa aveva
      consentito a Hitler di salire “legalmente” al potere, nel progetto di assecondare palesemente tutti i
      regimi totalitari non comunisti e professando a chiare lettere la piena conciliabilità fra cristianesimo
      e nazismo.

      11.
      Una menzione per “attività speciali” merita il vescovo Alois Hudal, austriaco, rettore a Roma del
      germanico Istituto pontificio santa Maria dell’Anima e membro della congregazione vaticana del
      Sant’ Uffizio, corrispondente alla vecchia Inquisizione e all’attuale Congregazione per la Dottrina
      della Fede. Durante la guerra fu commissario dell’Episcopato dei cattolici tedeschi in Italia e padre
      confessore della comunità tedesca in Roma: in pratica, fu il vescovo dell’esercito occupante prima e
      dei prigionieri di guerra dopo. Con la piena approvazione dell’arcivescovo di Vienna Theodor
      Innitzer, nel 1937 scrisse I fondamenti del nazionalsocialismo, un’ apologia vera e propria del
      nazismo che, a suo avviso, analogamente a tanti suoi colleghi e teologi e “uomini di cultura”,
      poteva essere “conciliato” con il cristianesimo; Hudal divenne l’uomo di fiducia di Hitler in
      Vaticano. Nei suoi scritti aveva affermato che «il nazionalsocialismo è una grazia divina». La
      Chiesa, scriveva Hudal, doveva venire fiduciosamente a patti con i nazionalsocialisti
      “conservatori”, detto in altri termini con la componente sicuramente non pagana.Tra il 1947 e il
      1952 Hudal, forte del suo ruolo di assistente spirituale dei prigionieri di guerra, organizzò una ben
      ramificata rete per l’emigrazione nelle due Americhe e in Oceania di profughi di lingua tedesca. La
      rete disponeva nel mondo di enti, associazioni, strutture caritative e diocesi ed era in grado di
      contattare i governi per il disbrigo delle autorizzazioni a immigrare. Una seconda rete fu
      specializzata nel far fuggire i criminali ustascia croati; era diretta e coordinata da padre Krunoslav
      Draganovi, segretario dell’istituto Croato di San Girolamo.Parallelamente, in molti Stati agivano
      conniventi e funzionari statali corrotti, lautamente finanziati con oro e valuta internazionale che le
      SS avevano rubato agli ebrei e alle popolazioni sottomesse, un autentico tesoro messo al sicuro
      proprio per questo scopo nei mesi antecedenti la fine del conflitto. L’organizzazione che se ne
      occupò si chiamò O.D.E.SS.A, acronimo di Organisation der Ehemaligen SS-Angeh
      Organizzazione dei membri delle ex SS.Chi tirava le fila mondiali era comunque la rete di
      monsignor Hudal.All’interno di tale attività, riuscirono a scappare, fra migliaia di nazisti e
      filonazisti, i maggiori criminali di guerra, compresi coloro che avevano avuto pesanti responsabilità
      nelle stragi avvenute sotto i governi collaborazionisti. Riuscirono a fuggire, fra tanti altri, Adolf
      Eichmann, responsabile della “soluzione finale”; Josef Mengele, notissimo per gli esperimenti
      “scientifici” su esseri umani ad Auschwitz; Gerhard Bohne, medico nazista che operò nel castello di
      Hartheim; Erich Priebke, pianificatore e organizzatore con Herbert Kappler della strage delle fosse
      Ardeatine (335 trucidati); Josef Schwammberger, responsabile del lager di sterminio di Rozwadow,
      in Polonia; Alois Brunner, spietato organizzatore delle deportazioni; Franz Stangl, comandante del
      campo di concentramento di Treblinka; Walter Rauff, l’inventore dei camion-camera a gas;
      Eduard Roschmann, comandante del ghetto di Riga; Richard Glticks, ispettore dei campi di
      concentramento; Heinrich Mtiller, Capo della Gestapo; Klaus Barbie, detto il boia di Lione,
      comandante della Gestapo in quella città.
      Grazie a padre Draganovi fuggirono il dittatore croato Ante Pavelic, nonché Bilanovic Sakic,
      responsabile del campo di concentramento di Jasenovac, in Croazia, dove per pulizia etnica furono
      sterminati migliaia di cristiani ortodossi.
      Nel 1952, Hudal fu obbligato dal Vaticano a smettere, ma solo dopo l’uscita sulla stampa americana
      di diversi articoli dove si incominciava a mettere in luce il suo ruolo nella protezione dei nazisti in
      fuga.

      12.
      A partire dal 1937, più in Vaticano che in Germania, quando ormai è troppo tardi, si incomincia a
      intravedere un cambiamento di rotta nella percezione del problema ebraico.
      Lo stesso Pio XI, a meno di due anni dalla morte, revisionerà di persona i testi de la Civiltà
      cattolica, contro i quali prima non ebbe mai nulla di ridire, attenuando l’impostazione radicalmente
      antigiudaica.
      La messa al bando dei partiti democratici aveva condotto in breve tempo la chiesa a non avere più
      un solo alleato esterno ai regimi totalitari che pure aveva appoggiato. Essa rimase sola a garantire i
      diritti minimi della persona, di fronte a governi nazifascisti rivelatisi ben presto inaffidabili e
      incontrollabili.

      Il Vaticano s’accorge di correre gravissimi rischi. Il 18 febbraio 1937, Himmler rivolge ai generali
      delle SS un messaggio segreto in cui parla dei “pericoli razziali e biologici dell’omosessualità”.
      In un violentissimo discorso in cui si elencano puntualmente i soggetti da annientare, compaiono
      per la prima volta i preti cattolici, accusati di diffondere l’omosessualità e di essere loro stessi i
      pervertiti, sadici diffusori dell’omoamore: «Però, fra quattro anni porteremo, spero, una prova molto
      convincente: dimostreremo che la Chiesa, sia a livello dei dirigenti che a quello dei preti, costituisce
      nella maggior parte un’associazione erotica di uomini che terrorizza l’umanità da 1.800 anni, che
      esige che questa umanità le fornisca una grandissima quantità di vittime e che, nel passato, si è
      dimostrata sadica e perversa. Posso soltanto citare i processi alle streghe e agli eretici».

      Per Himmler «la svalorizzazione della donna è un atteggiamento tipicamente cristiano» da cui
      derivano il celibato dei preti e la mitizzazione della castità, soprattutto femminile, che allontanano
      fra loro i due sessi promovendo , di fatto, un eccessivo avvicinamento fra persone di sesso uguale.
      Durante la repubblica di Weimar, le due chiese cristiane, cattolica e protestante, si erano
      ferocemente opposte all’abrogazione delle vecchie leggi germaniche in cui si considerava
      l’omosessualità un reato punito con alcuni anni di carcere, ottenendo anzi da Hitler il raddoppio
      delle pene (fino a dieci anni) e addirittura, per la prima volta nella storia, la penalizzazione della
      masturbazione.
      Non bastò a porre in salvo il clero cattolico e anzi si rivelò un pericoloso boomerang.
      Himmler è anche il responsabile della Gestapo, la temutissima polizia segreta del Terzo Reich.
      Probabilmente sa di poter costruire interi dossier in grado di documentare la “perversione” della
      “maggior parte” del clero cattolico, sufficiente per sollevare grandi scandali e distruggerne la
      credibilità.
      Comunque, l’avvertimento è chiaro: se i cattolici daranno fastidio, sappiano quale sarà la loro fine,
      e fissa il minaccioso limite di quattro anni, cioè il 1941, entro i quali sarebbe giunta la resa dei
      conti.
      Nel ‘41 le SS avrebbero avuto altro a cui pensare, nella scala delle priorità i preti cattolici non
      c’erano e quei tremila rinchiusi a Dachau, salvo eccezioni, non erano certo accusati di immoralità.
      La visita di Hitler in Italia nel maggio 1938 salterà il tradizionale omaggio al papa di un capo
      estero.Pio XI si rifiuta di riceverlo e dà ordine ai vescovi di non apparire nelle cerimonie ufficiali di Stato
      celebranti l’incontro con le autorità romane. L’Osservatore romano arriverà a censurare tra le sue
      colonne ogni riferimento alla visita del dittatore tedesco in Italia, visita che sancì l’alleanza
      “indissolubile” fra i due dittatori ad esclusione della chiesa.

      Tendenzialmente, la battaglia contro la componente ario-pagana del nazismo fu perduta con
      l’introduzione delle inaudite leggi razziali nel 1938, mirate all’esclusione generalizzata degli ebrei
      sia in Germania, sia in Italia, ricalcanti quelle germaniche. Furono emanate tra il 5 Settembre 1938
      e il 29 Giugno 1939, mentre la Civiltà cattolica nei suoi articoli non cessava di richiamare
      l’antisemitismo alla moderazione, provocando qualche risentimento a Roma (mai giunto oltre la
      soglia della censura) e a Berlino: stupiva che fossero proprio dei cattolici di così alto livello a
      lamentarsi, dopo decenni in cui li si era visti impegnati a denunciare “l’invadenza sionista”.

      Diventava sempre più chiaro che né Mussolini, né tanto meno Hitler si sarebbero mai lasciati
      controllare dalla chiesa; anzi, si stava verificando l’ esatto opposto. La chiesa, in Italia e ancor più
      in Germania, è chiusa in una trappola. Va peraltro sottolineato che la rivista dei gesuiti, così come
      gran parte del mondo cattolico ufficiale, mantenne comunque una visione autodefinita di
      “antigiudaismo religioso” fino al 1943, preferendo parlare di “segregazione amichevole”, o di
      “discriminazione soave”.
      Il Vaticano, inoltre, ampiamente consultato da Mussolini, non si oppose affatto alle leggi razziali,
      alla segregazione e all’antisemitismo sostanziale, come oggi furbamente si tenta di accreditare, ma
      solo alla parte normativa in cui non si teneva in nessun conto la richiesta di risparmiare i giudei
      convertiti, o sposati a cattolici e “in buona fede”, tra l’altro in aperta violazione del Concordato.

      13°
      La giudeofobia cristiana mascherata da “antigiudaismo religioso” aveva lo scopo di distruggere la
      modernità, la democrazia, il liberalismo, il laicismo, tutti ricondotti in blocco a misteriosi complotti
      giudei. L’ antigiudaismo cattolico, così vivo fino alla metà del secolo scorso, aveva la funzione
      fondamentale di rendere estranei alla tradizione cristiana i capisaldi dello Stato secolare. Una volta
      introdotti i Concordati e tramite questi inchiodati gli Stati alle loro responsabilità verso la chiesa,
      era convinzione diffusa fra i cattolici che sarebbe stato uno scherzo controllare i processi politici e
      sociali. Se non altro, l’antigiudaismo cattolico non puntava allo sterminio di massa che invece si
      profilava e comunque distingueva fra ebrei buoni e cattivi, salvando ad un tempo i primi, soprattutto
      se convertiti, e le apparenze.

      Le leggi razziali, al contrario, discriminarono là dove i cattolici non potevano e non volevano
      arrivare: la stirpe, l’essere figlio o nipote di ebrei, l’origine genetica. Furono perseguitati
      indifferentemente ebrei praticanti e non praticanti, ebrei convertiti o non convertiti ad altre fedi,
      appartenenti a qualsivoglia ideologia, senza distinzioni. Il nazifascismo, così, si avvicinava
      pericolosamente alla distruzione delle stesse radici cristiane, ampiamente affondanti nell’ Antico
      testamento. Pochi cattolici riuscirono a cogliere tale aspetto delle leggi razziali e uno di questi fu
      proprio Pio XI negli ultimissimi anni della sua vita, quando nel 1939 giunse a concepire un’apposita
      enciclica, mai pubblicata ma a cui si dette un nome, la Humani Generis Unitas (L’unità della razza
      umana), che avrebbe dovuto condannare in modo diretto l’ideologia della razza superiore. La
      ragione per cui non fu mai pubblicata non è nella morte improvvisa del papa, come si sostiene, ma
      nel folle ritardo con cui fu concepita e nelle incertezze ancora persistenti in Vaticano, tanto che il
      successore Pio XII preferì impedirne la pubblicazione.

      Ancora nell’agosto del 1943, un mese dopo la caduta di Mussolini, un gesuita di vasto prestigio,
      Pietro Tacchi-Venturi, incaricato dal Vaticano di seguire l’evolversi della situazione italiana, chiese
      il mantenimento della legislazione antiebraica inviando una lettera al cardinale Luigi Maglione,
      segretario di Stato, dove parla di “disposizioni meritevoli di conferma”, nell’intento di evitarne
      l’abrogazione sic et simpliciter e di limitarla unicamente alle parti da sempre perorate dalla chiesa.
      Maglione aderì vigorosamente alla richiesta, assumendo una posizione che non poteva non essere
      stata concordata con Pio XII. A onta del popolo italiano, l’abrogazione totale delle vergognose leggi
      razziali fu imposta dagli Alleati con l’armistizio dell’ 8 settembre.

      14°
      La Santa sede, spiegava Ernesto Rossi, “se criticava il totalitarismo, il razzismo e il nazionalismo
      esagerato, li criticava in astratto senza mai farne risalire la responsabilità ai governi di Mussolini e
      di Hitler, e senza mai levare la voce contro gli assassini degli oppositori, le persecuzioni degli ebrei,
      le violazioni dei trattati internazionali”.
      Decine di pubblicazioni pro e contro la consistenza di una opposizione cattolica ad Adolf Hitler e al
      suo inqualificabile regime nato su presupposti antisemiti, hanno tenuto di gran lunga testa all’intero
      dibattito storiografico sulle principali problematiche della storia contemporanea. Si tratta di un
      dibattito umiliante per la maggiore “potenza morale” del mondo.

      A fronte delle vaste persecuzioni preannunciate dai nazisti fin dagli esordi, non si vede in base a
      quale criterio etico ai cattolici avrebbe dovuto essere garantita una protezione speciale, come se
      l’appartenenza a una religione “forte” possa moralmente giustificare sordide connivenze ed
      esenzioni fortunate. nonché l’abbandono al suo destino di chiunque sia perseguitato per un credo
      diverso. Mentre in Germania un’intera fede religiosa con settemila anni di tradizione subiva palesi
      oltraggi, la chiesa badava ai propri interessi firmando il Concordato del 1934.
      Lo stesso inqualificabile atteggiamento manifestò in Italia nel 1929, sigillando i Patti lateranensi
      con chi aveva distrutto lo Stato liberale; si ripeté nel 1940 con il Portogallo di Salazar e nel 1953
      con la Spagna di Franco.

      Tutti i Concordati sono il frutto di una anacronistica alleanza con regimi autoritari disposti a
      concedere trattamenti di favore.La chiesa strinse un vero e proprio patto col diavolo pur di liquidare
      i suoi nemici storici ponendo al riparo il grosso dei fedeli, concesse un formidabile aiuto al nazismo
      nella fase ascendente, quando ancora poteva essere energicamente combattuto e successivamente
      quando era l’ora di svegliare le coscienze.
      Sfruttò a proprio esclusivo vantaggio i punti ancora deboli del nazismo, come la negativa
      considerazione internazionale e la presenza viva delle forze democratiche, cattoliche, socialiste e
      liberali, offrendo i propri pubblici servigi.
      La condanna del nazifascismo non giunse nemmeno quando le sorti della guerra erano ormai decise;
      le connivenze proseguirono nel periodo post bellico con migliaia di nazisti e di loro accoliti in
      Europa protetti dalla rete di fuga predisposta congiuntamente dal Vaticano, dall’Argentina di Peron
      e dalle stesse associazioni filonaziste.

      Contemporaneamente, incurante dei comunisti italiani, determinanti per l’inserimento dei patti
      concordatari nelle norme costituzionali, la chiesa non esitava a scomunicare il marxismo.
      Per l’intero mondo cattolico, il confronto sull’atteggiamento opportunistico tenuto verso le dittature
      resterà arduo fino alla fine dei tempi; dall’Europa all’America latina, il rapporto tenuto con tutti i
      regimi dittatoriali instaurati negli Stati cristiani è fonte di inquietanti interrogativi.
      La Santa sede è stata per lunghissimo tempo il vero e proprio Comintern di quei regimi, senza
      badare al prezzo e soprattutto senza andare troppo per il sottile nel scegliersi alleanze e “braccia
      secolari”. Nel “difendere” l’atteggiamento remissivo del Vaticano verso il nazismo, la storiografia
      cattolica sottolinea l’ateismo sostanziale o il “paganesimo” di coloro che non seppe subito
      identificare quali suoi grandi nemici.

      Sventola presunti pericoli di un ritorno ai tempi dell’imperatore Diocleziano. Tuttavia, la firma del
      Concordato su modello mussoliniano fra il Vaticano e Hitler nel 1934, nonché la messa fuori legge
      nella Germania nazista di tutti i gruppi e le associazioni a carattere esoterico e scopertamente
      pagano ma antirazziste, sono lì a smentire una simile ipotesi. Il giudizio di insufficienza per quanto
      concerne il Vaticano e di aperta connivenza da parte dell’intero episcopato tedesco emerge da dati
      di fatto incontrovertibili e lo si ritrova ovunque non solo nelle analisi delle relazioni Stato-chiesa in
      Germania, ma anche nelle fotografie, nei filmati, nei ricordi personali.
      E francamente molto difficile vedere in quelle grosse facce rosse e quelle pance ben pasciute
      coperte dalla veste da prete o da vescovo, spuntanti fra divise brune e cachi, fra svastiche, cinture di
      cuoio e stivali da SS, i potenziali oppositori al regime.
      Last edited by salsa; 08-12-2010, 20:37:23.
      I guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.

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      • Sciamannado
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        #78
        n'è che ti si consuma ctrl/alt/v compà?
        peace&love

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        • Sean
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          #79
          Originariamente Scritto da Sciamannado Visualizza Messaggio
          era un esclamazione estemporanea dal discorso.comunque il terzo reich grazie anche alla politica fallimentare di mussolini soprattutto nel suo paradossale apice/declino ci ha
          lasciato in Italia molti brutti ricordi , molti. e non parlo per dietrologia o perchè sono del mossad .Al "Volemose Bene" bisognerebbe orientarsici , certo , senza utopie , ma
          lo sbilanciamento , la propensione in tutti i campi dovrebbe essere anche quella.Questo non significa non difendersi o poter incappare in errori anche gravi , ma sicuramente
          una propensione al volemose bene è difficile che si possa tramutare in una venerazione a pol pot.eh
          Il Fascismo non ebbe alcuno sbocco alla Pol Pot. Sul Nazismo ci sono varie opinioni in campo, mi limito a dire questo, e gli storici devono essere lasciati liberi di ricostruire tutte le vicende, senza leggi che obblighino alla sola lettura di parte; leggi che, se messe in campo per indirizzare la storia, già puzzano...Poi si rimprovera sempre al Fascismo di essere andato a ruota di Hitler:
          Chi di noi, nel 1940, vedendo il Fuhrer a Parigi, non si sarebbe mosso alla guerra, considerandola di brevissima durata e a tutto vantaggio dell'Italia? Italia che nel '39, ricordiamolo, incerta scelse la non belligeranza? Oggi giudicare è troppo facile. Chi si sarebbe mai aspettato il capitalismo alleato col comunismo? Le decisioni andavano prese in quei giorni, non sessant'anni dopo.
          ...ma di noi
          sopra una sola teca di cristallo
          popoli studiosi scriveranno
          forse, tra mille inverni
          «nessun vincolo univa questi morti
          nella necropoli deserta»

          C. Campo - Moriremo Lontani


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          • salsa
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            #80
            Tony Braschi
            Il libro nero del Vaticano

            ---------- Post added at 19:41:02 ---------- Previous post was at 19:37:49 ----------

            Originariamente Scritto da Sciamannado Visualizza Messaggio
            n'è che ti si consuma ctrl/alt/v compà?
            carino da parte tua
            I guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.

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            • Sean
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              #81
              Ma chi è sto Tony Braschi? Io leggo "artista" Che fa il giocoliere? Lavora al circo?

              E perchè si occuperebbe di storia, questo "artista"? A quale titolo?
              ...ma di noi
              sopra una sola teca di cristallo
              popoli studiosi scriveranno
              forse, tra mille inverni
              «nessun vincolo univa questi morti
              nella necropoli deserta»

              C. Campo - Moriremo Lontani


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                #82
                Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                Ma chi è sto Tony Braschi? Io leggo "artista" Che fa il giocoliere? Lavora al circo?

                si si ho trovato anche io su google un video di chitarre
                I guai da pignàta i sapa a cucchijàra chi i manìja.

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