Nucleare e fonti energetiche alternative: opinioni.

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  • John Pepperone
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    allo stato attuale il nucleare rimane l'unica REALE alternativa al petrolio.
    il resto sono fronzoli

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    • blackbart
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      • Oct 2009
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      Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
      Certamente. Sarebbe naturale pensare quindi ad un legame diretto (nel senso di imposto e convenzionale) tra il significato di denaro e le risorse che l'ambiente fornisce. Nell'attuale concezione economica invece il legame è solo indiretto e passivo, nel senso che, anche se potremmo non rendercene conto, il reale valore del denaro decresce con la sfruttabilità delle risorse fino ad annullarsi quando questa sarà nulla.
      Il "valore" reale del denaro è da tempo scorrelato dalle risorse disponibili. Si è passati dal valore intrinseco della moneta quando era fatta con oro o argento a quello legato alla sua convertibilità in oro (sistema aureo). Oggi non esiste più alcuna moneta che abbia una convertibilità in oro. Puoi compare un lingotto d'oro, se vuoi e se hai i soldi, ma la massa monetaria circolante non è più "coperta" dalla disponibilità o meno di oro o di altre risorse.

      Ciò ha permesso di non avere limiti alla massa monetaria circolante permettendo una certa "vivacità economica" ma, sopratutto, diventando causa primaria della "spirale inflazionistica" (come dice il termine stesso: non sono i beni a diventare più costosi ma la moneta a essere inflazionata, perdendo cioè valore secondo la legge della domanda e dell'offerta).

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      • blackbart
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        Originariamente Scritto da John Pepperone Visualizza Messaggio
        allo stato attuale il nucleare rimane l'unica REALE alternativa al petrolio.
        il resto sono fronzoli
        Se lo dici tu. Poi magari quando hai tempo potresti spiegarmi perchè la Francia, che è nuclearizzata all'80%, importa petrolio e gas quanto l'Italia.

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        • John Pepperone
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          • Nov 2010
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          Originariamente Scritto da blackbart Visualizza Messaggio
          Se lo dici tu. Poi magari quando hai tempo potresti spiegarmi perchè la Francia, che è nuclearizzata all'80%, importa petrolio e gas quanto l'Italia.
          chiunque, e dico chiunque, abbia frequentato un'università scientifica, sa che l'efficienza energetica nucleare (nelle sue varie forme) ha una resa da 3 fino a 10 volte superiore a quella del petrolio (ci ho fatto pure una ***** di tesi, ma sono sicuro che su bodyweb ci sono persone che la sanno più lunga dei docenti con cui ho avuto a che fare per 5 anni)
          i relativi costi di gestione però allo stato attuale sono ancora troppo alti
          ed ecco che la produttività "teorica" di molti impianti è in realtà abbassata dai costi di gestione, sicurezza e smaltimento
          inoltre che la Francia importi tanto petrolio e gas quanto l'italia me lo stai dicendo tu, mentre a me risulta che la differenza sia dal 20 fino al 35% (sul petrolio, sul gas non saprei)
          Last edited by John Pepperone; 27-11-2010, 18:51:34.

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          • blackbart
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            Originariamente Scritto da John Pepperone Visualizza Messaggio
            chiunque, e dico chiunque, abbia frequentato un'università scientifica, sa che l'efficienza energetica nucleare (nelle sue varie forme) ha una resa da 3 fino a 10 volte superiore a quella del petrolio (ci ho fatto pure una ***** di tesi, ma sono sicuro che su bodyweb ci sono persone che la sanno più lunga dei docenti con cui ho avuto a che fare per 5 anni)
            Non so che "***** di tesi" hai svolto ma è difficile capire di cosa stai parlando.
            Infatti non so a cosa ti riferisci per "efficienza energetica nucleare nelle sue varie forme" visto che dalla barretta di uranio alla caldaia si butta almeno il 70% dell'energia termica sviluppata... rendimenti che paiono quelli del motore a scoppio della 500.
            Semmai è vero che l'uranio, tramite fissione, sviluppa una energia talmente elevata da renderlo economico anche se la barretta da bruciare nel camino costa 3000€/kg e l'efficienza è poca.

            i relativi costi di gestione però allo stato attuale sono ancora troppo alti
            ed ecco che la produttività "teorica" di molti impianti è in realtà abbassata dai costi di gestione, sicurezza e smaltimento
            Al contrario l'inefficienza di conversione termica (e quelli derivanti dalla scarsa modulabilità in funzione della richiesta di corrente elettrica) non influisce sui costi di produzione dell'energia elettrica visto che chiunque, anche quelli che leggono Topolino e si informano da Piero Angela, sa questi non derivano (solo) dalla gestione della centrale ma, sopratutto, dal capitale di investimento (in particolare dal tasso di sconto) e dallo smantellamento (lo stoccaggio viene invece esternalizzato tramite la nota Legge del Menga).

            inoltre che la Francia importi tanto petrolio e gas quanto l'italia me lo stai dicendo, mentre io sapevo che la differenza era dal 20 fino al 35% (sul petrolio, sul gas non saprei)
            La Francia importa circa 100 milioni di tonnellate l'anno di petrolio e derivati contro le 80 dell'Italia. Quindi l'Italia importa il 20% di petrolio in meno rispetto alla Francia che pure ha una produzione (quasi doppia) di corrente elettrica che per il 75-80% proviene dal nucleare.
            Last edited by blackbart; 27-11-2010, 19:24:15.

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            • PrinceRiky
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              Originariamente Scritto da blackbart Visualizza Messaggio
              Sì però è un problema pratico che va considerato.
              Lo stesso vale con le centrali nucleari. Si possono fare previsioni e proiezioni che tengano conto degli investimenti iniziali e dello smantellamento quando la centrale sarà arrivata a fine vita e, in base a ciò, stimare un costo in €/MWh.
              Lasciamo perdere il fatto che le centrali nucleari non sono, come alcuni vorrebbero farci credere, scatole magiche che producono corrente elettrica gratis (al netto della carbon tax costa quando produrre corrente elettrica dal carbone, per chi vuole approfondire consiglio nuovamente questo studio) ma andiamo pure oltre il discorso "economicità".

              Nessuno studio tiene conto dei rischi e delle problematiche legate allo stoccaggio delle scorie, non si può prevedere cosa avverrà ad un sito fra 500 o 1000 anni! Le previsioni considerano il momento dello stoccaggio, cioè quando le scorie trattate vengono riposte in deposito, la fine del ciclo. Ma non è così. Già dopo pochi decenni (figuriamoci secoli) possono presentarsi problemi drammatici come quelli delle miniere di sale in Germania, usate come depositi di scorie ma che ora sono inondate d'acqua con centinaia di migliaia di fusti immersi nella salamoia!
              Tutti questi problemi, pur non prevedibili, vengono "esternalizzati" a livello economico e ambientale sulle generazioni future.
              nessun ente pubblico sensato ragiona mai solo con costo iniziale/smaltimento e costi diretti vari. questa è una logica aziendale (spesso puramente teorica) che l'ente pubblico può permettersi di non applicare (anzi dovrebbe).

              se riprendi il post sull'esempio della provincia di trento che ho scritto sopra, capisci meglio cosa voglio dire.

              il fatto che per un privato, attualmente convenga produrre dalla fonte x, non è minimamente detto che al sistema convenga farlo (ma anche per ragioni puramente economiche), ergo il ruolo del regolatore è quello di rendere conveniente quello che il mercato imperfetto non riesce a gestire.


              poi sulle valutazioni puoi tenere conto solo di ciò che sai o che puoi prevedere in modo sensato. non è possibile tenere conto di qualcosa che non si possa stimare.

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              • Barone Bizzio
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                Originariamente Scritto da blackbart Visualizza Messaggio
                Se lo dici tu. Poi magari quando hai tempo potresti spiegarmi perchè la Francia, che è nuclearizzata all'80%, importa petrolio e gas quanto l'Italia.
                Un motivo potrebbe essere perchè le conviene particolarmente, dato che con Total opera in Birmania ( ed è l' unico gigante petrolifero che io sappia ad operare lì)

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                • TheSandman
                  Ex Presidente
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                  Originariamente Scritto da John Pepperone Visualizza Messaggio
                  chiunque, e dico chiunque, abbia frequentato un'università scientifica, sa che l'efficienza energetica nucleare (nelle sue varie forme) ha una resa da 3 fino a 10 volte superiore a quella del petrolio (ci ho fatto pure una ***** di tesi, ma sono sicuro che su bodyweb ci sono persone che la sanno più lunga dei docenti con cui ho avuto a che fare per 5 anni)
                  i relativi costi di gestione però allo stato attuale sono ancora troppo alti
                  ed ecco che la produttività "teorica" di molti impianti è in realtà abbassata dai costi di gestione, sicurezza e smaltimento
                  inoltre che la Francia importi tanto petrolio e gas quanto l'italia me lo stai dicendo tu, mentre a me risulta che la differenza sia dal 20 fino al 35% (sul petrolio, sul gas non saprei)

                  lascia stare...ormai si è deciso che bisogna puntare sul FV e non se ne esce

                  Ci ho mollato anche io che ero partito in quarta...

                  e dire che basterebbe vedere i dati delle altre nazioni per non iniziare nemmeno la discussione...ma tant'è..


                  Tessera N° 6

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                  • blackbart
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                    Originariamente Scritto da Barone Bizzio Visualizza Messaggio
                    Un motivo potrebbe essere perchè le conviene particolarmente, dato che con Total opera in Birmania ( ed è l' unico gigante petrolifero che io sappia ad operare lì)
                    Il motivo è semplicemente che i consumi energetici di una nazione sono solo in minima parte costituiti da quelli elettrici quindi chi afferma che il nucleare permetterebbe di essere "più indipendenti dai fornitori esteri" racconta due balle. La prima è che anche l'uranio va importato dall'estero: anzi si dipenderà dalla filiera nucleare francese che curerà l'estrazione, la lavorazione, la raffinazione, l'arricchimento, la costruzione degli impianti, ecc... lucrando sul valore aggiunto del prodotto finito, ultimo anello della catena. Ma può farlo perchè ha una filiera nucleare consolidata dalla tradizione militare e dalle (ex?) colonie.
                    All'Italia resteranno solo le scorie, una volta processate in Francia (ancora), e non ci sarà alcun arricchimento in termini di valore aggiunto e know how rivendibile.
                    La seconda è che le importazioni di petrolio non si ridurranno per niente!

                    Originariamente Scritto da TheSandman
                    lascia stare...ormai si è deciso che bisogna puntare sul FV e non se ne esce

                    Ci ho mollato anche io che ero partito in quarta...
                    Non ho mai parlato di pannelli FV ma semmai ho risposto a te che magnificavi le centrali nucleari come scatolette magiche che producono corrente elettrica gratis dal nulla.

                    e dire che basterebbe vedere i dati delle altre nazioni per non iniziare nemmeno la discussione...ma tant'è..
                    E postali 'sti dati santo Dio. Vuoi iniziare dalla Spagna? Dalla Germania? Gran Bretagna?
                    Last edited by blackbart; 27-11-2010, 20:21:47.

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                    • TheSandman
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                      Originariamente Scritto da blackbart Visualizza Messaggio
                      E postali 'sti dati santo Dio. Vuoi iniziare dalla Spagna? Dalla Germania? Gran Bretagna?
                      ma ***** pino ti ho postato 100000000 volte i dati della Germania che è la nazione che ha installati più pannelli e più pale del mondo e ti ho detto quali sono i dati scadenti che producono....

                      Cosa altro devo dirti????

                      E' ovvio che a scendere tutte le altre nazioni simili all'Italia sono messe peggio della Germania, avendo meno pale e meno pannelli....

                      Danimarca e naznioni similari a parte per i motivi che ti ho già spiegato nei post addietro...

                      Gira che rigira dico sempre le stesse cose....non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire...


                      Tessera N° 6

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                      • blackbart
                        Hack user
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                        Originariamente Scritto da TheSandman Visualizza Messaggio
                        ma ***** pino ti ho postato 100000000 volte i dati della Germania che è la nazione che ha installati più pannelli e più pale del mondo e ti ho detto quali sono i dati scadenti che producono....

                        Cosa altro devo dirti????

                        E' ovvio che a scendere tutte le altre nazioni simili all'Italia sono messe peggio della Germania, avendo meno pale e meno pannelli....

                        Danimarca e naznioni similari a parte per i motivi che ti ho già spiegato nei post addietro...

                        Gira che rigira dico sempre le stesse cose....non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire...
                        Come al solito giri la frittata e non rispondi mai alle domande e, se lo fai, rispondi a ciò di cui non si discuteva.
                        E' tutto il thread che affermi che l'Italia è indietro, che l'Italia dovrebbe adottare il nucleare e che dovrebbe fare quello che fanno all'estero.
                        Bene. E cosa fanno all'estero?
                        Investono sul nucleare? No, non lo fanno.
                        In Europa ci sono 195 centrali nucleari di cui quasi la metà in Francia (58) e Russia (32).
                        (tra parentesi sono nazioni che hanno una allegra tradizione militare).
                        Ma in costruzione ci sono solamente 19 centrali di cui 11 in Russia. E la stessa Francia, che per te è faro dell'umanità e del progresso, ne ha in costruzione solo una. Nessuna nuova in Spagna, Germania, GB, Svezia, Svizzera, ecc...

                        Se guardiamo alle fonti di produzione è dalla metà degli anni 80 che nazioni quali la Spagna, la Germania, Regno Unito, ecc... non costruiscono nuove centrali.

                        Dai grafici (oramai sai dove trovarli, no?) è evidente come Spagna e Gran Bretagna hanno da tempo abbandonato il miraggio del nucleare. Vanno con le turbogas che costano meno e inquinano pochissimo.
                        In Spagna dalla metà degli anni '90 c'è stato un aumento esponenziale di corrente elettrica prodotto con vento e solare termodinamico, la Francia (dove il trend si sta invertendo) ha puntato invece sull'idroelettrico che aveva ancora ampi margini di miglioramento, ecc... ecc...

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                        • odisseo
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                          Energie rinnovabili: l’esperimento tedesco


                          La Germania sta incentivando le fonti alternative, a partire dal solare,
                          con risultati discutibili, ma con un indubbio valore promozionale.





                          Dieci anni fa la Germania adottò un piano sulle energie rinnovabili senza precedenti. Il parlamento tedesco, il Bundestag, approvò una legge che obbligava le aziende elettriche ad acquistare energia «verde» a prezzi maggiorati – circa 60 centesimi a chilowattora per il solare – con contratti che bloccavano il prezzo per una durata massima di vent’anni (all’epoca il prezzo di mercato dell’energia prodotta in centrali a carbone o nucleari era di circa 12 centesimi). L’idea di fondo di questa politica era che chiunque avesse creato una centrale elettrica basata su fonti rinnovabili, o avesse installato un pannello fotovoltaico sul tetto di casa, avrebbe ricavato profitti interessanti cedendo la sua energia alla rete elettrica, ovvero alle aziende elettriche. In una nazione di 80 milioni di abitanti, i maggiori costi sarebbero stati pagati in bolletta, da famiglie e aziende. Secondo Hermann Scheer, uno dei maggiori artefici della normativa, l’impiego di combustibili fossili e dell’atomo sono sintomo di una «piromania globale», mentre «le fonti rinnovabili sono un estintore».
                          Ora, nel momento in cui gli Stati Uniti e altre nazioni riflettono su una possibile normativa per fronteggiare i cambiamenti climatici, l’efficacia dell’esperimento tedesco è al centro di un dibattito internazionale. Da un lato, la legge tedesca sulle fonti rinnovabili ha prodotto effetti che superano le aspettative. L’obiettivo era di ottenere almeno il 10 per cento del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili entro il 2010 e oggi la rete elettrica tedesca riceve più del 16 per cento dell’energia da queste fonti. Il governo ha rilanciato puntando al 30 per cento entro il 2020, contro il 20 per cento fissato in precedenza. Nel 2009 la Germania ha evitato di immettere in atmosfera 74 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica. Il Ministero dell’Ambiente tedesco evidenzia un altro effetto positivo: circa 300 mila posti di lavoro nel settore delle energie pulite. Anche per questo la tariffazione alterata ha ricevuto l’appoggio non solo dei politici di sinistra che l’hanno promossa, ma anche dei partiti conservatori, che all’inizio erano contrari, dice Claudia Kemfert, che guida il dipartimento per l’energia dell’Istituto tedesco per le Ricerche Economiche a Berlino. «Abbiamo superato una fase di scetticismo», dice, «e ora possiamo parlare di successo».
                          Ma, da un altro punto di vista, la politica tedesca è, per certi versi, banale. «Non dovrebbe sorprendere nessuno il fatto che se si destinano risorse a una certa tecnologia, la gente la utilizzerà», dice Severin Borenstein, condirettore dell’Energy Institute della UC Berkeley’s Haas School of Business. Certo, gli incentivi hanno stimolato l’entusiasmo per gli impianti rinnovabili, ma a «costi molto alti», dice Henry Lee, direttore del programma Ambiente e Risorse naturali della John F. Kennedy School of Government di Harvard. Le risorse destinate al fotovoltaico, in particolare, hanno prodotto poco in termini di energia, dice Lee, perché «la Germania è il paese più nuvoloso d’Europa». Ma nonostante le sue caratteristiche meteorologiche, la Germania oggi rappresenta la metà della capacità solare globale, che ammonta a 20 gigawatt. «Ciò che colpisce», dice Lee, «è la decisione di bloccare i prezzi dell’elettricità per vent’anni, per tecnologie che saranno obsolete fra tre anni». Boreinstein conclude: «Ecco, in questo caso l’intervento pubblico non ha pagato».
                          Per quanto riguarda i vantaggi occupazionali, anche in questo caso si potrebbe parlare di un risultato effimero. Pannelli solari e pale eoliche possono essere prodotti in ogni angolo del pianeta. Quindi, anche a causa della concorrenza di produzioni a basso costo che arrivano dalla Cina (si veda Solar’s Great Leap Forward, a pag. XX), molti produttori tedeschi sono in difficoltà. Le azioni di Q-Cells, Conergy e Solarworld hanno cominciato a perdere sin dalla loro partenza nel 2008. Anton Milner, fondatore e amministratore di Q-Cells, si è dimesso a marzo dopo la notizia che l’azienda in un anno ha perso 1,36 miliardi di euro. A maggio, nel tentativo di stare al passo con la discesa dei costi, il Bundestag ha tagliato i tassi stabiliti sulla vendita di energia solare alla rete del 16 invece che dell’11 per cento, in aggiunta alla cifra prevista inizialmente, che era del 10 per cento. I produttori di tecnologie solari hanno licenziato centinaia di addetti nel tentativo di fronteggiare la concorrenza estera, e l’organizzazione che rappresenta gli operatori del solare teme ulteriori licenziamenti.
                          Intanto, anche alcuni dei paesi che si sono ispirati alla politica tedesca assistono alla fine del boom. Nel 2008 la Spagna ha segnato il record assoluto nel campo del fotovoltaico, installando l’equivalente di 2,46 gigawatt di pannelli solari in un solo anno, pari al 41 per cento delle installazioni di tutto il mondo, secondo le cifre di Solarbuzz, un’azienda specializzata in ricerche e consulenze. Ma in Spagna l’acquisto di quell’energia, a prezzi maggiorati, è diventata un peso per le aziende elettriche. Ma, grazie a contratti ancora più lunghi e a una politica dei prezzi aggressiva, ha ridotto drasticamente le tariffe. Senza incentivi, nel 2009 la Spagna ha installato solo il 6 per cento del totale globale.
                          Tuttavia, negli Stati Uniti cresce l’interesse nei confronti delle agevolazioni feed-in-tariffs. Almeno due città – Sacramento, in California, e Gainesville, in Florida – hanno avviato progetti locali. La California, le Hawaii e il Vermont hanno approvato leggi che prevedono tariffe incentivate e almeno altri 15 stati sembrano orientati in questo senso. Ma quanto possono costare queste politiche? In Germania i prezzi dell’elettricità sono cresciuti di più del 60 per cento negli ultimi dieci anni. Ma il Ministero dell’Ambiente tedesco dice che il sistema delle tariffe è responsabile di meno di un decimo di quegli aumenti, pari a circa tre dollari nella bolletta mensile di una famiglia-tipo. Dal momento che una famiglia media tedesca consuma circa la metà rispetto alla famiglia tipica americana, i costi aggiuntivi delle fonti rinnovabili non sembrano destinati a conquistare i consumatori, dice Kemfert, che però precisa che la maggioranza dei tedeschi è favorevole a questa politica. Complessivamente, si stima che queste tariffe siano costate alla Germania circa 11 miliardi di dollari nel 2008, circa un terzo dell’1 per cento del PIL.
                          Ma cosa rende davvero interessanti le feed-in-tariffs? Diversi economisti si dichiarano a favore o di una carbon tax oppure di un sistema cap-and-trade nel quale i gestori delle centrali acquistano sul mercato i permessi per bruciare combustibili fossili. «Tassare l’energia ‘nera’ è meglio che dare sussidi all’energia ‘verde’», dice Borenstein. Tra tutte le fonti di energia, il carbone è il maggior responsabile di emissioni di gas serra e al momento è la fonte di circa metà dell’elettricità prodotta sia negli Stati Uniti sia in Germania. Si dovrebbe puntare a superare il carbone e, dice Borenstein, tassare il carbone lascia al mercato la scelta della fonte rinnovabile più conveniente. Questo meccanismo è più efficiente di quello in cui è il governo a decidere i prezzi.
                          Comunque, né il sistema cap-and-trade, né una tassazione diretta sono politicamente possibili negli USA. Significa che una tariffa incentivata sarebbe un’alternativa accettabile? Oppure anche questa sarebbe impossibile, visto che anch’essa porterebbe un aumento dei prezzi dell’elettricità? Per sostenere una proposta simile in un altro paese, i politici dovrebbero convincere i cittadini della convenienza dell’alternativa rinnovabile, portando la Germania come esempio. In realtà, l’esperimento tedesco mostra che una grande società industriale può raggiungere obiettivi ambiziosi nella promozione di fonti pulite di elettricità distribuendo i costi tra gli utenti. La Germania spera di produrre la maggior parte della sua elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Intanto, gli Stati Uniti producono appena il 7 per cento della loro elettricità da quelle fonti e in gran parte da vecchie centrali elettriche.
                          Il vero significato del progetto tedesco, però, non è nel rappresentare un modello per altre nazioni, ma nell’avere provocato cambiamenti importanti nell’economia globale dell’energia. In questo senso, la Germania può essere paragonata agli early adopters, le persone che per prime comprano e utilizzano apparecchi tecnologicamente avanzati, che accettano di spendere di più, pur sapendo che chi comprerà lo stesso oggetto a distanza di qualche anno spenderà molto meno, acquistando per giunta un oggetto tecnologicamente perfezionato.
                          Si badi a come è cambiato il mercato dell’eolico. Nel 2006 la Germania aveva il più vasto parco di impianti eolici del mondo, con una capacità di 20,6 gigawatt. La diffusione della tecnologia ha abbattuto i costi, che in molte parti del mondo sono diventati pari a quelli di altre fonti. Nel 2009 gli Stati Uniti e la Cina hanno raggiunto la capacità della Germania, ma con prezzi molto inferiori.
                          Grazie anche ai tedeschi, la stessa cosa sembra stia avvenendo con il solare, perché i prezzi dei pannelli fotovoltaici sono scesi del 40 per cento solo durante l’anno scorso. Certo, hanno ragione quanti fanno notare che gli investimenti tedeschi sono stati inefficienti. Ma ciò che la Germania ha fatto è stato il fatto di arrivare per prima sul mercato globale, mostrando a tutti che le tecnologie dell’energia rinnovabile sono un settore nel quale è possibile investire. Gli Stati Uniti potranno scegliere di non seguire la Germania, ma ora sanno che l’energia rinnovabile è un‘opportunità interessante.

                          I modelli possono essere utilizzati per pianificare interventi chirurgici e, in futuro, potrebbero essere impiegati per la sperimentazione di nuovi farmaci. Un cuore sano batte a un ritmo costante, tra le 60 e le 100 volte al minuto. Non è così per tutti, mi viene in mente, mentre guardo all'interno di una scatola di cartone
                          "
                          Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"

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                          • richard
                            scientific mode
                            • May 2006
                            • 19924
                            • 381
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                            Originariamente Scritto da blackbart Visualizza Messaggio
                            Il "valore" reale del denaro è da tempo scorrelato dalle risorse disponibili. Si è passati dal valore intrinseco della moneta quando era fatta con oro o argento a quello legato alla sua convertibilità in oro (sistema aureo). Oggi non esiste più alcuna moneta che abbia una convertibilità in oro. Puoi compare un lingotto d'oro, se vuoi e se hai i soldi, ma la massa monetaria circolante non è più "coperta" dalla disponibilità o meno di oro o di altre risorse.

                            Ciò ha permesso di non avere limiti alla massa monetaria circolante permettendo una certa "vivacità economica" ma, sopratutto, diventando causa primaria della "spirale inflazionistica" (come dice il termine stesso: non sono i beni a diventare più costosi ma la moneta a essere inflazionata, perdendo cioè valore secondo la legge della domanda e dell'offerta).
                            E' quello che sostengo infatti, con il rischio che ho cercato di esporre. Finché le risorse sono abbondanti (come accadeva probabilmente "in quel tempo") l'attuale concezione economica non risulta problematica, pur presentando pro e contro. Quanto più si riduce la sfruttabilità delle risorse, tanto più crescono i contro rispetto ai pro proprio perché le valutazioni dei "costi" non rispecchiano un reale costo in termini di risorse.
                            Ad ogni modo il modello gold, che citi (o equivalenti), sarebbe abbastanza vicino a ciò che intendo con "legare il valore alle risorse". La differenza consisterebbe nel fatto che la risorsa stavolta sarebbe direttamente l'energia e non un metallo prezioso che, per quanto "risorsa", è meno significativo nel ruolo della produzione di beni.
                            Last edited by richard; 27-11-2010, 23:55:18.

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                            • blackbart
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                              • Oct 2009
                              • 3303
                              • 114
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                              Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                              Ad ogni modo il modello gold, che citi (o equivalenti), sarebbe abbastanza vicino a ciò che intendo con "legare il valore alle risorse". La differenza consisterebbe nel fatto che la risorsa stavolta sarebbe direttamente l'energia e non un metallo prezioso che, per quanto "risorsa", è meno significativo nel ruolo della produzione di beni.
                              Una specie di "energy standard"? La vedo una cosa un po' difficile da realizzare ma anche pericolosa per via delle possibili speculazioni (vedi i black out provocati dalla Enron). Oppure potrebbero incentivarsi sovra-produzioni di energia non necessarie (inflazione energetica).
                              Inoltre l'energia è un qualcosa di estremamente flottante e al tempo stesso volatile, poco adatto (al pari del dollaro, per carità) a dare stabilità all'economia globale.
                              Last edited by blackbart; 28-11-2010, 01:27:30.

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                              • TheSandman
                                Ex Presidente
                                • Jun 2008
                                • 4902
                                • 579
                                • 729
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                                Originariamente Scritto da blackbart Visualizza Messaggio
                                Come al solito giri la frittata e non rispondi mai alle domande e, se lo fai, rispondi a ciò di cui non si discuteva.
                                E' tutto il thread che affermi che l'Italia è indietro, che l'Italia dovrebbe adottare il nucleare e che dovrebbe fare quello che fanno all'estero.
                                Bene. E cosa fanno all'estero?
                                Investono sul nucleare? No, non lo fanno.
                                In Europa ci sono 195 centrali nucleari di cui quasi la metà in Francia (58) e Russia (32).
                                (tra parentesi sono nazioni che hanno una allegra tradizione militare).
                                Ma in costruzione ci sono solamente 19 centrali di cui 11 in Russia. E la stessa Francia, che per te è faro dell'umanità e del progresso, ne ha in costruzione solo una. Nessuna nuova in Spagna, Germania, GB, Svezia, Svizzera, ecc...

                                Se guardiamo alle fonti di produzione è dalla metà degli anni 80 che nazioni quali la Spagna, la Germania, Regno Unito, ecc... non costruiscono nuove centrali.

                                Dai grafici (oramai sai dove trovarli, no?) è evidente come Spagna e Gran Bretagna hanno da tempo abbandonato il miraggio del nucleare. Vanno con le turbogas che costano meno e inquinano pochissimo.
                                In Spagna dalla metà degli anni '90 c'è stato un aumento esponenziale di corrente elettrica prodotto con vento e solare termodinamico, la Francia (dove il trend si sta invertendo) ha puntato invece sull'idroelettrico che aveva ancora ampi margini di miglioramento, ecc... ecc...

                                Ti sei risposto da solo...parli di nazioni che hanno già le centrali nucleari che gli servono, alcune addirittura una per milione di abitanti....

                                in alcuni casi poi anche se non si costruiscono centrali si aumenta il loro fattore di capacità, aumentando pertanto comunque la quantità di energia elettronucleare prodotta..

                                ---------- Post added at 01:30:33 ---------- Previous post was at 01:28:03 ----------

                                Originariamente Scritto da Elitemember Visualizza Messaggio
                                Grazie Liam.
                                Sono pro-nucleare, tuttavia alla luce dei cronici ritardi che abbiamo maturato durante questi anni, il ricorso all'energia proveniente dell'atomo credo non sia più conveniente.
                                Dovremmo in pratica, oltre la costruzione di centrali nucleari, comprare tecnologia e scienziati che si occupino del mantenimento delle stesse perchè, oltre il professor Cumo, in Italia non si è investito granche in ricerca e sviluppo dell'energia atomica, di conseguenza molti sono migrati all'estero.
                                Piuttosto dovremmo investire sullo sviluppo e rendimento della cella fotovoltaica, ridurre il numero dei pannelli aumentatone al massimo il rendimento.
                                E' impensabile che si tappezzi interi terreni coltivabili con pannelli fotovoltaici, mentre tutti convergono nel ruolo cruciale dell'agricoltura nei prossimi decenni - è davvero un controsenso.
                                però dobbiamo uscire dai combustibili fossili e purtroppo fotovolatico ecc.ecc. anche se fossero utili da soli non basterebbero, visto che se il vento non soffia e il sole non brilla sono perfettamente inutili.

                                Anche qualora il FV e l'eolico fossero una soluzione (E così, per me, non è) una soluzione che garantisca l'approvvigionamento certo serve comunque.

                                Senza comunque contare che è impossibile raggiungere con pannelli e pale eoliche le percentuali di energia che si possono produrre con il nucleare, quindi esse non rappresentano nemmeno nelle migliori delle ipotesi un'alternativa, ma semmai un'integrazione...

                                ---------- Post added at 01:40:23 ---------- Previous post was at 01:30:33 ----------

                                Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggio
                                Energie rinnovabili: l’esperimento tedesco


                                La Germania sta incentivando le fonti alternative, a partire dal solare,
                                con risultati discutibili, ma con un indubbio valore promozionale.




                                Dieci anni fa la Germania adottò un piano sulle energie rinnovabili senza precedenti. Il parlamento tedesco, il Bundestag, approvò una legge che obbligava le aziende elettriche ad acquistare energia «verde» a prezzi maggiorati – circa 60 centesimi a chilowattora per il solare – con contratti che bloccavano il prezzo per una durata massima di vent’anni (all’epoca il prezzo di mercato dell’energia prodotta in centrali a carbone o nucleari era di circa 12 centesimi). L’idea di fondo di questa politica era che chiunque avesse creato una centrale elettrica basata su fonti rinnovabili, o avesse installato un pannello fotovoltaico sul tetto di casa, avrebbe ricavato profitti interessanti cedendo la sua energia alla rete elettrica, ovvero alle aziende elettriche. In una nazione di 80 milioni di abitanti, i maggiori costi sarebbero stati pagati in bolletta, da famiglie e aziende. Secondo Hermann Scheer, uno dei maggiori artefici della normativa, l’impiego di combustibili fossili e dell’atomo sono sintomo di una «piromania globale», mentre «le fonti rinnovabili sono un estintore».
                                Ora, nel momento in cui gli Stati Uniti e altre nazioni riflettono su una possibile normativa per fronteggiare i cambiamenti climatici, l’efficacia dell’esperimento tedesco è al centro di un dibattito internazionale. Da un lato, la legge tedesca sulle fonti rinnovabili ha prodotto effetti che superano le aspettative. L’obiettivo era di ottenere almeno il 10 per cento del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili entro il 2010 e oggi la rete elettrica tedesca riceve più del 16 per cento dell’energia da queste fonti. Il governo ha rilanciato puntando al 30 per cento entro il 2020, contro il 20 per cento fissato in precedenza. Nel 2009 la Germania ha evitato di immettere in atmosfera 74 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica. Il Ministero dell’Ambiente tedesco evidenzia un altro effetto positivo: circa 300 mila posti di lavoro nel settore delle energie pulite. Anche per questo la tariffazione alterata ha ricevuto l’appoggio non solo dei politici di sinistra che l’hanno promossa, ma anche dei partiti conservatori, che all’inizio erano contrari, dice Claudia Kemfert, che guida il dipartimento per l’energia dell’Istituto tedesco per le Ricerche Economiche a Berlino. «Abbiamo superato una fase di scetticismo», dice, «e ora possiamo parlare di successo».
                                Ma, da un altro punto di vista, la politica tedesca è, per certi versi, banale. «Non dovrebbe sorprendere nessuno il fatto che se si destinano risorse a una certa tecnologia, la gente la utilizzerà», dice Severin Borenstein, condirettore dell’Energy Institute della UC Berkeley’s Haas School of Business. Certo, gli incentivi hanno stimolato l’entusiasmo per gli impianti rinnovabili, ma a «costi molto alti», dice Henry Lee, direttore del programma Ambiente e Risorse naturali della John F. Kennedy School of Government di Harvard. Le risorse destinate al fotovoltaico, in particolare, hanno prodotto poco in termini di energia, dice Lee, perché «la Germania è il paese più nuvoloso d’Europa». Ma nonostante le sue caratteristiche meteorologiche, la Germania oggi rappresenta la metà della capacità solare globale, che ammonta a 20 gigawatt. «Ciò che colpisce», dice Lee, «è la decisione di bloccare i prezzi dell’elettricità per vent’anni, per tecnologie che saranno obsolete fra tre anni». Boreinstein conclude: «Ecco, in questo caso l’intervento pubblico non ha pagato».
                                Per quanto riguarda i vantaggi occupazionali, anche in questo caso si potrebbe parlare di un risultato effimero. Pannelli solari e pale eoliche possono essere prodotti in ogni angolo del pianeta. Quindi, anche a causa della concorrenza di produzioni a basso costo che arrivano dalla Cina (si veda Solar’s Great Leap Forward, a pag. XX), molti produttori tedeschi sono in difficoltà. Le azioni di Q-Cells, Conergy e Solarworld hanno cominciato a perdere sin dalla loro partenza nel 2008. Anton Milner, fondatore e amministratore di Q-Cells, si è dimesso a marzo dopo la notizia che l’azienda in un anno ha perso 1,36 miliardi di euro. A maggio, nel tentativo di stare al passo con la discesa dei costi, il Bundestag ha tagliato i tassi stabiliti sulla vendita di energia solare alla rete del 16 invece che dell’11 per cento, in aggiunta alla cifra prevista inizialmente, che era del 10 per cento. I produttori di tecnologie solari hanno licenziato centinaia di addetti nel tentativo di fronteggiare la concorrenza estera, e l’organizzazione che rappresenta gli operatori del solare teme ulteriori licenziamenti.
                                Intanto, anche alcuni dei paesi che si sono ispirati alla politica tedesca assistono alla fine del boom. Nel 2008 la Spagna ha segnato il record assoluto nel campo del fotovoltaico, installando l’equivalente di 2,46 gigawatt di pannelli solari in un solo anno, pari al 41 per cento delle installazioni di tutto il mondo, secondo le cifre di Solarbuzz, un’azienda specializzata in ricerche e consulenze. Ma in Spagna l’acquisto di quell’energia, a prezzi maggiorati, è diventata un peso per le aziende elettriche. Ma, grazie a contratti ancora più lunghi e a una politica dei prezzi aggressiva, ha ridotto drasticamente le tariffe. Senza incentivi, nel 2009 la Spagna ha installato solo il 6 per cento del totale globale.
                                Tuttavia, negli Stati Uniti cresce l’interesse nei confronti delle agevolazioni feed-in-tariffs. Almeno due città – Sacramento, in California, e Gainesville, in Florida – hanno avviato progetti locali. La California, le Hawaii e il Vermont hanno approvato leggi che prevedono tariffe incentivate e almeno altri 15 stati sembrano orientati in questo senso. Ma quanto possono costare queste politiche? In Germania i prezzi dell’elettricità sono cresciuti di più del 60 per cento negli ultimi dieci anni. Ma il Ministero dell’Ambiente tedesco dice che il sistema delle tariffe è responsabile di meno di un decimo di quegli aumenti, pari a circa tre dollari nella bolletta mensile di una famiglia-tipo. Dal momento che una famiglia media tedesca consuma circa la metà rispetto alla famiglia tipica americana, i costi aggiuntivi delle fonti rinnovabili non sembrano destinati a conquistare i consumatori, dice Kemfert, che però precisa che la maggioranza dei tedeschi è favorevole a questa politica. Complessivamente, si stima che queste tariffe siano costate alla Germania circa 11 miliardi di dollari nel 2008, circa un terzo dell’1 per cento del PIL.
                                Ma cosa rende davvero interessanti le feed-in-tariffs? Diversi economisti si dichiarano a favore o di una carbon tax oppure di un sistema cap-and-trade nel quale i gestori delle centrali acquistano sul mercato i permessi per bruciare combustibili fossili. «Tassare l’energia ‘nera’ è meglio che dare sussidi all’energia ‘verde’», dice Borenstein. Tra tutte le fonti di energia, il carbone è il maggior responsabile di emissioni di gas serra e al momento è la fonte di circa metà dell’elettricità prodotta sia negli Stati Uniti sia in Germania. Si dovrebbe puntare a superare il carbone e, dice Borenstein, tassare il carbone lascia al mercato la scelta della fonte rinnovabile più conveniente. Questo meccanismo è più efficiente di quello in cui è il governo a decidere i prezzi.
                                Comunque, né il sistema cap-and-trade, né una tassazione diretta sono politicamente possibili negli USA. Significa che una tariffa incentivata sarebbe un’alternativa accettabile? Oppure anche questa sarebbe impossibile, visto che anch’essa porterebbe un aumento dei prezzi dell’elettricità? Per sostenere una proposta simile in un altro paese, i politici dovrebbero convincere i cittadini della convenienza dell’alternativa rinnovabile, portando la Germania come esempio. In realtà, l’esperimento tedesco mostra che una grande società industriale può raggiungere obiettivi ambiziosi nella promozione di fonti pulite di elettricità distribuendo i costi tra gli utenti. La Germania spera di produrre la maggior parte della sua elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030. Intanto, gli Stati Uniti producono appena il 7 per cento della loro elettricità da quelle fonti e in gran parte da vecchie centrali elettriche.
                                Il vero significato del progetto tedesco, però, non è nel rappresentare un modello per altre nazioni, ma nell’avere provocato cambiamenti importanti nell’economia globale dell’energia. In questo senso, la Germania può essere paragonata agli early adopters, le persone che per prime comprano e utilizzano apparecchi tecnologicamente avanzati, che accettano di spendere di più, pur sapendo che chi comprerà lo stesso oggetto a distanza di qualche anno spenderà molto meno, acquistando per giunta un oggetto tecnologicamente perfezionato.
                                Si badi a come è cambiato il mercato dell’eolico. Nel 2006 la Germania aveva il più vasto parco di impianti eolici del mondo, con una capacità di 20,6 gigawatt. La diffusione della tecnologia ha abbattuto i costi, che in molte parti del mondo sono diventati pari a quelli di altre fonti. Nel 2009 gli Stati Uniti e la Cina hanno raggiunto la capacità della Germania, ma con prezzi molto inferiori.
                                Grazie anche ai tedeschi, la stessa cosa sembra stia avvenendo con il solare, perché i prezzi dei pannelli fotovoltaici sono scesi del 40 per cento solo durante l’anno scorso. Certo, hanno ragione quanti fanno notare che gli investimenti tedeschi sono stati inefficienti. Ma ciò che la Germania ha fatto è stato il fatto di arrivare per prima sul mercato globale, mostrando a tutti che le tecnologie dell’energia rinnovabile sono un settore nel quale è possibile investire. Gli Stati Uniti potranno scegliere di non seguire la Germania, ma ora sanno che l’energia rinnovabile è un‘opportunità interessante.

                                http://www.technologyreview.it/index...article&a=1674
                                A parte che il 16% di energia prodotta da rinnovabili immagino comprenda anche l'idroelettrico, altrimenti è un dato fasullo, aggiungerei che i posti di lavoro creati nella fase di PRODUZIONE di energia sono un dato feticcio.
                                I reali posti di lavoro creati sono quelli che si ottengono nella fase di CONSUMO dell'energia, grazie, ad esempio, a un costo più basso della bolletta.

                                Altrimenti facciamo pedalare 10 milioni di disoccupati per produrre energia e risolviamo il problema della disoccupazione in Italia....

                                Il problema è che queste tecnologie e i loro incentivi aumentano la bolletta elettrica alla voce "oneri di sistema" e mandano fuori mercato le imprese più energivore.

                                me ne faccio poco di 3 operai a montare i pannelli sul tetto dell'azienda se poi ne vengono licenziati 5 al primo piano perchè l'azienda ha bollette altissime che influiscono sulla sua competitività e sulla sua produttività...
                                Last edited by TheSandman; 28-11-2010, 02:45:45.


                                Tessera N° 6

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