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Nucleare e fonti energetiche alternative: opinioni.
non si può spegnere, ma il carico si può ridurre....non di molto ma si riduce. per tutto il resto, è corretto quello che scrivi .
l'unica cosa...non so se l'Italia compra di notte.
non si può spegnere, ma il carico si può ridurre....non di molto ma si riduce. per tutto il resto, è corretto quello che scrivi .
l'unica cosa...non so se l'Italia compra di notte.
Non importa che, in linea teorica, il carico si possa modulare!
Ridurre la produzione di corrente elettrica in una centrale nucleare non porta a nessun vantaggio... non è come una centrale a carbone o turbogas dove butti meno palate di carbone o chiudi la valvolina e risparmi. In una CN il costo principale è dato dai costi fissi (non fissili ) cioè, in particolare, dagli investimenti iniziali e da quelli per lo smantellamento!
Quindi, qui sta il paradosso del nucleare, conviene continuare a sovra-produrre e, al limite, svendere il surplus.
PS: ogni anno l'Italia compra, prevalentemente di notte, circa 40 TWh di energia elettrica dalla Francia. Come metro di paragone i consumi italiani totali sono sui 320 TWh/anno di cui circa la metà richiesta dal comparto industriale (utilizzo prevalentemente diurno).
Jack forse hai perso la prima parte del discorso che era nato su un altro 3d.
Il dibattito qui non era nucleare vs rinnovabili, tutto era nato dal fatto che Renzo Piano aveva affermato in tv che in italia si dovrebbe investire di piu' su risorse rinnovabili come il solare, pensa te..
E il tutto si era evoluto dicendo che visti i pro e i contro di tutte le strategie di produzione energetica, la comunita' scientifica non aveva ancora espresso un'opinione univoca sulla direzione nella quale muoversi da qui a 50 anni.
Fare un discorso costruttivo qua sarebbe stato anche interessante, soprattutto con interventi pacati e sensati come il tuo, visto che da buon studente di ingegneria sembri avere sia pragmatismo che una conoscenza diretta della questione.
Sulla convenienza nell'investire o meno nel solare in Italia, alcuni ricercatori del MIT mettono il nostro paese in cima alla lista dei luoghi dove, da grafico prezzo dell'elettricita' vs. esposizione alla luce solare, gia' oggi il solare avrebbe un senso.
Chiaramente essendo persone di un certo spessore discutono nel dettaglio anche tutti i problemi del caso.
io sarei stato favorevole al nuclerare 50 anni fa.... ma non ero nato... ahaah!
sono in linea teorica favorevole al nucleare, però ormai è tardi partire adesso, non si sa se ci siano le riserve sufficienti di uranio ecc... le fonti rinnovabili, non fanno di certo ne schifo e ne male, ma non sono sufficienti, bisognerebbe trovare un'altra valida alternativa, ma è un po come dire in campo medico "bisognerebbe sconfiggere i tumori".
Richard, il problema è che quando finiranno carbone e uranio (nel secondo caso, come detto, fra 5000 anni...) i pannelli e le pale saranno pure pressochè inutili
Il tema in generale è tuttora controverso/dibattuto, anche a livello di ricerca; non cerco certamente risposta definitiva in questo thread, né pro, né contro.
Intendevo sollevare una questione che, permettimi, con quanto affermi (vero o falso, obiettivo o "politicamente schierato" che sia) c'entra poco/nulla.
Cioè, mi sembra che il "valore" che tendiamo a dare attualmente al denaro sia spesso e volentieri scorrelato da quella che è la fonte primaria dei nostri beni, ovvero l'energia. Valutiamo quindi in termini di "costi" sulla base di un "valore" del denaro regolato da fattori di natura finanziaria, speculativa, aleatoria, ..., e solo indirettamente legati, tramite i precedenti schemi che probabilmente fuorviano il reale significato di "costo", alla disponibilità/sfruttabilità delle risorse energetiche. Insomma sembriamo ragionare in termini assoluti di "valore" del denaro come se da questo possano essere ricavati beni a prescindere dalla disponibilità di risorse energetiche, presupposto evidentemente fallace.
Non si tratta, mi chiedo, di un baco che potrebbe inficiare a monte ogni valutazione di convenienza di una tecnologia rispetto ad un'altra, visto che questa scelta è regolata anche e soprattutto da parametri di "costo"? Non dovremmo preliminarmente preoccuparci di fissare nel denaro un significato che sia realmente indicativo della capacità di produrre beni?
La concezione attuale di "valore" di denaro però, apparentemente svincolato dal concetto di energia (unica reale espressione della capacità di produrre un bene), sembra prescindere da questa stessa capacità.
Il tema in generale è tuttora controverso/dibattuto, anche a livello di ricerca; non cerco certamente risposta definitiva in questo thread, né pro, né contro.
Intendevo sollevare una questione che, permettimi, con quanto affermi (vero o falso, obiettivo o "politicamente schierato" che sia) c'entra poco/nulla.
Cioè, mi sembra che il "valore" che tendiamo a dare attualmente al denaro sia spesso e volentieri scorrelato da quella che è la fonte primaria dei nostri beni, ovvero l'energia. Valutiamo quindi in termini di "costi" sulla base di un "valore" del denaro regolato da fattori di natura finanziaria, speculativa, aleatoria, ..., e solo indirettamente legati, tramite i precedenti schemi che probabilmente fuorviano il reale significato di "costo", alla disponibilità/sfruttabilità delle risorse energetiche. Insomma sembriamo ragionare in termini assoluti di "valore" del denaro come se da questo possano essere ricavati beni a prescindere dalla disponibilità di risorse energetiche, presupposto evidentemente fallace.
Non si tratta, mi chiedo, di un baco che potrebbe inficiare a monte ogni valutazione di convenienza di una tecnologia rispetto ad un'altra, visto che questa scelta è regolata anche e soprattutto da parametri di "costo"? Non dovremmo preliminarmente preoccuparci di fissare nel denaro un significato che sia realmente indicativo della capacità di produrre beni?
La concezione attuale di "valore" di denaro però, apparentemente svincolato dal concetto di energia (unica reale espressione della capacità di produrre un bene), sembra prescindere da questa stessa capacità.
Stai sostenendo che, insieme al protocollo di Kyoto e l'effetto serra, la bontà del nucleare è un'altra fantabubbola inventata per metterla nel culo ai paesi in via di sviluppo e controllare tutti gli altri attraverso l'ennesimo oligopolio?
Stai sostenendo che, insieme al protocollo di Kyoto e l'effetto serra, la bontà del nucleare è un'altra fantabubbola inventata per metterla nel culo ai paesi in via di sviluppo e controllare tutti gli altri attraverso l'ennesimo oligopolio?
No. Ti assicuro che sul tema non sono affatto "schierato", né da un lato, né dall'altro.
Non vedo anzi da cosa tu abbia tirato fuori questi dubbi o perplessità (o forse sei ironico).
E' però vero che, visto l'attuale "attaccamento al denaro", se il valore di questo fosse legato alle disponibilità energetiche, probabilmente avremmo tutti comportamenti spontaneamente più ecologici, senza invocare protocolli.
Il tema in generale è tuttora controverso/dibattuto, anche a livello di ricerca; non cerco certamente risposta definitiva in questo thread, né pro, né contro.
Intendevo sollevare una questione che, permettimi, con quanto affermi (vero o falso, obiettivo o "politicamente schierato" che sia) c'entra poco/nulla.
Cioè, mi sembra che il "valore" che tendiamo a dare attualmente al denaro sia spesso e volentieri scorrelato da quella che è la fonte primaria dei nostri beni, ovvero l'energia. Valutiamo quindi in termini di "costi" sulla base di un "valore" del denaro regolato da fattori di natura finanziaria, speculativa, aleatoria, ..., e solo indirettamente legati, tramite i precedenti schemi che probabilmente fuorviano il reale significato di "costo", alla disponibilità/sfruttabilità delle risorse energetiche. Insomma sembriamo ragionare in termini assoluti di "valore" del denaro come se da questo possano essere ricavati beni a prescindere dalla disponibilità di risorse energetiche, presupposto evidentemente fallace.
Non si tratta, mi chiedo, di un baco che potrebbe inficiare a monte ogni valutazione di convenienza di una tecnologia rispetto ad un'altra, visto che questa scelta è regolata anche e soprattutto da parametri di "costo"? Non dovremmo preliminarmente preoccuparci di fissare nel denaro un significato che sia realmente indicativo della capacità di produrre beni?
La concezione attuale di "valore" di denaro però, apparentemente svincolato dal concetto di energia (unica reale espressione della capacità di produrre un bene), sembra prescindere da questa stessa capacità.
Nelle tue parole c'è troppa filosofia, che mal si concilia con la scienza e la tecnica.
Lo dico senza polemica, credimi
Se vuoi capire cosa conviene, guardati le precentuali di fonti di energia elettrica all'estero senza lasciarti influenzare dalle chiacchiere, di scienziati o di perditempo come me (definizione che mi viene affibiata da qualcuno in questa discussione) che siano...
Scoprirai solo una cosa: il mondo sviluppato va da una parte e man mano che passa il tempo va ancora di più da quella parte, l'italia è andata (e andrà fino alla nascita delle centrali) in senso opposto.
Ciò che ci abbiamo perso è una bolletta più alta di tutto il mondo sviluppato, con conseguenze, tra le altre, per l'occupazione e la competitività delle imprese, influendo anche sul PIL, ciò che ci abbiamo guadagnato è un incognità, visto che i presunti rischi per la salute ormai non sono nemmeno più presunti (ripeto, mio zio N anni a Caorso senza mai un raffreddore causato dal nucleare, ed era più in centrale che a casa sua...)
Nelle tue parole c'è troppa filosofia, che mal si concilia con la scienza e la tecnica.
Lo dico senza polemica, credimi
Ho posto solo delle questioni (ammetto che possano risultare di difficile comprensione) e sono poco propenso agli atteggiamenti "da tifo", non me ne volere se non mi schiero a priori con la tua squadra.
Ripeto: in entrambi i casi è conveniente solo per il supporto monetario pubblico.
è uno dei principali ruoli delle istituzioni quello di colmare le imperfezioni del mercato e garantire la produzione di beni che non trovano economicità.
Valutiamo quindi in termini di "costi" sulla base di un "valore" del denaro regolato da fattori di natura finanziaria, speculativa, aleatoria, ..., e solo indirettamente legati, tramite i precedenti schemi che probabilmente fuorviano il reale significato di "costo", alla disponibilità/sfruttabilità delle risorse energetiche. Insomma sembriamo ragionare in termini assoluti di "valore" del denaro come se da questo possano essere ricavati beni a prescindere dalla disponibilità di risorse energetiche, presupposto evidentemente fallace.
Non si tratta, mi chiedo, di un baco che potrebbe inficiare a monte ogni valutazione di convenienza di una tecnologia rispetto ad un'altra, visto che questa scelta è regolata anche e soprattutto da parametri di "costo"? Non dovremmo preliminarmente preoccuparci di fissare nel denaro un significato che sia realmente indicativo della capacità di produrre beni?
La concezione attuale di "valore" di denaro però, apparentemente svincolato dal concetto di energia (unica reale espressione della capacità di produrre un bene), sembra prescindere da questa stessa capacità.
è esattamente ciò che avrei portato alla luce, se tu non lo avessi già fatto.
la fattibilità è un bilancio molto lungo con decisamente molte più voci di quante se ne stia considerando ora.
progetti mastodontici, che richiedono cooperazioni internazionali, esulano dalla mera variabile "costo crudo"
questo è uno dei motivi per cui attualmente gli stati uniti (per citarne uno a caso, ma anche la china ora e molti altri) possono permettersi il tipo di controllo sulle fonti di approvvigionamento che hanno.
gli usa non si potrebbero permettere di comprare tutto quel petrolio dall'arabia saudita se poi non gli rivendessero migliaia di miliardi di dollari di beni (oltretutto poco tempo fa è stato stipulato un accordo ti vendi d'armi).
sul piatto della bilancia di accordi che muovono % sostanziali del gdp ci sono molto più che i costi opportunità del megawatt/ora o del ritorno dell'investimento.
questo può aver senso se la f.lli Rossi snc, che fa serramenti artigianali e ha 12 dipendenti, decidesse di fissare dei pannelli solari sul tetto della fabbrica e riscaldare il locale col biocombustibile.
qui parliamo di interessi sovranazionali. la questione meramente tecnica è sicuramente importante, ma secondaria.
in germania si va verso una certa direzione perché c'è convenienza a farlo. le fabbriche tedesche producono più del 15% del mercato mondiale di pannelli solari. gli investimenti che fanno loro nel solare non sono valutati al costo al megawatt rispetto al carbone o al gas bruciato. c'è tutto un mondo intorno (cit.)
faccio un esempio così spero di fornire un contributo se non utile, almeno chiaro.
Provincia di Trento (mi correggano i trentini se sbaglio)
La provincia di trento regala ( ndr gratis-soldi pubblici) dei bidoni particolari alle famiglie in cui raccogliere i rifiuti organici. regala anche un prodotto da mettere sopra perché questi rifiuti vengano velocemente decomposti in concime.
qualcuno dirà: una spesa a vuoto, sono ricchi, possono.
in realtà è un progetto ben più complesso
- i bidoni (ndr migliaia quante le famiglie trentine) sono prodotti da aziende trentine, con materiali trentini e mano d'opera trentina e venduti alla provincia ad un prezzo di molto superiore a quello di mercato. con quei soldi (in parte pubblici) pagano le tasse;
- i comuni risparmiano, perché non devono più ritirare una parte dei rifiuti;
- questo concime prodotto può essere dato ad alcuni privati che lo ottengono così a costo irrisorio e i cittadini possonoi spuntare una piccola riduzione sulle tasse;
- queste aziende lo rivendono ad un prezzo conveniente agli orticultori della zona e con
questi ricavi pagare le tasse;
- gli orticultori producono i lamponi a costi inferiori che poi rivendono sul mercato (magari agli operai che producono i bidoni) e con i ricavi pagano le tasse..
ora, essendo la provincia un'ente pubblico e senza scopo di lucro (quindi al massimo si impegna a coprire i costi) con poteri ben più grandi di un qualsiasi privato, è in grado di
tenere in piedi questa catena del valore, che in trentino funziona alla grande perché tutti pagano le tasse e non grattano il bordo della moneta.
se non ci fosse la provincia di mezzo, l'azienda di bidoni non funzionerebbe perché questi
bidoni se non regalati e col bollino della provincia (unitamente ad una campagna di sensibilizzazione) li comprerebbero in 10 (a costi anche abbastanza alti).
come mi sembra chiaro qui il livello di valutazione è decisamente più ampio rispetto alla
mera profittabilità dell'azienda che produce bidoni e solo grazie all'intervento pubblico è
possibile far sopravvivere un business che nessuna azienda si sognerebbe mai di
intraprendere. e inoltre questo business ne agevola tanti altri.
naturalmente per valutare è opportuno non considerare il mondo intero e si sceglierà un
punto di sostenibilità in cui registrare l'esito dello scenario e deciderne sulla
fattibilità.
ciò che in questa discussione non stiamo tenendo in considerazione è che interessi su scala molto ampia possono allungare questa catena del valore, molto più di quanto possa fare una singola impresa (seppure enorme e multinazionale).
ecco come prodotti (per esempio potrebbero essere i pannelli) possano essere anche
totalmente regalati dallo stato o avere altissimi incentivi se il valore aggiunto di ogni
singolo anello va a coprire il costo dell'incetivo (anche con catene piuttosto lunghe).
quindi valutare un progetto di questo tipo unicamente al costo per kwatt o all'efficienza non rispecchia la reale fattibilità, perché è possibilissimo che tecnologie con efficienza ed efficacia molto minori, siano in realtà più attrattive e convenienti di altre meno costose al kwatt o con tempi di ritorno più brevi.
è esattamente ciò che avrei portato alla luce, se tu non lo avessi già fatto.
la fattibilità è un bilancio molto lungo con decisamente molte più voci di quante se ne stia considerando ora.
progetti mastodontici, che richiedono cooperazioni internazionali, esulano dalla mera variabile "costo crudo"
Perfetto. Riprendo questo tuo spunto per focalizzare ed ulteriormente estendere ciò che intendevo. Procedo per punti, in maniera più schematica e "meno filosofica" (), sperando che la questione risulti più chiara. In questo modo si può, volendo, circoscrivere meglio il materiale su cui eventualmente ribattere, per chi fosse interessato e abbia le conoscenze tecniche per farlo in tema.
(Vi renderete conto, spero, che il discorso abbandona lo specifico di determinate tecnologie energetiche piuttosto che altre, com'era l'intento iniziale della considerazione, per andare invece a quelli che dovrebbero essere i presupposti di ogni dibattito su tema energetico.)
1) Lo sfruttamento energetico (incluso il lavoro umano come particolare "espressione energetica") rappresenta l'origine dei beni (materiali) e del nostro benessere.
2) Il significato del denaro (in particolare il suo "valore") è per lo più direttamente collegato a meccanismi finanziari, per natura convenzionali (cioè frutto di accordi umani) ed intrinsecamente aleatori.
3) L'atteggiamento comune sembra essere quello di considerare il denaro come "origine dei beni" (e quindi del benessere) tanto che, più che come mezzo per l'ottenimento di un bene, lo si afferma come bene fine. In economia, per esempio, si utilazza la cosiddetta "funzione utilità" che traduce frequentemente la propensione ad un bene in termini del suo "valore in denaro".
4) Ogni valutazione di convenienza (che dirige anche lo sviluppo tecnologico stesso e, in definitiva, il progresso) in tema energetico poggia sul "costo" in denaro per lo sfruttamento di una tale risorsa energetica piuttosto che un'altra.
Da qui, il punto 2), alla luce dell' 1), sembra implicare una indipendenza ontologica del valore del denaro dall'origine dei beni e quindi del benessere.
Il punto 3) sembra indicare, d'altra parte, un moto dell'economia verso il profitto (ovvero l'ottenimento di denaro) piuttosto che verso il diretto ottenimento di beni (ovvero il diretto benessere).
Dai punti 1) e 4), infine, sembrerebbe che il "costo" attribuito allo sfruttamento di una risorsa non sia associato, come forse dovrebbe, alla perdita di capacità di produrre beni da quella risorsa (ovvero alla "perdita di energia sfruttabile"), ma solo alla perdita di "valore in denaro".
Questa impostazione, se realmente condivisa, potrebbe sottintendere un baco di fondo per cui, in presenza di scarsa sfruttabilità energetica, sarebbe fuorviato il concetto stesso di "costo per lo sfruttamento". Tale baco potrebbe quindi condurre ad una fuorviata valutazione della convenienza. Il rischio finale è di aver effettivamente "risparmiato denaro", ma non risorse energetiche e quindi, in definitiva, non la capacità di produrre beni.
In definitiva dovrebbe forse essere l'energia a fissare il valore del denaro su cui basiamo il concetto di "costo" e non, viceversa, un concetto "aleatorio" di denaro su cui basiamo le strategie di sfruttamento delle risorse energetiche e in definitiva il futuro del nostro benessere.
faccio un esempio così spero di fornire un contributo se non utile, almeno chiaro.
Ti ringrazio per il contributo (non quoto tutto per agevolare la leggibilità). E' certamente illuminante e almeno non va avanti per slogan ripetitivi, tipo striscioni calcistici.
Mi dispiace, ma "meno filosofico" di così mi risulta difficile. E' difficile essere "poco filosofici" quando si toccano i presupposti di un discorso, più che le strette deduzioni da presupposti condivisi.
Tu dovresti comunque, mi sembra, esserci abituato.
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