A sto punto apro un thread anche su questo argomento
''Salvate mia madre''. Il figlio di Sakineh si appella al Papa e al governo. Esclusiva Adnkronos - Adnkronos Esteri
Roma, 5 set. (Adnkronos/Aki) - Tramite AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL Sajjad Ghaderzadeh, il figlio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, si appella al Papa e al governo italiano per fermare l'esecuzione della madre, condannata alla lapidazione per adulterio. Mi appello a tutti gli italiani - dice contattato telefonicamente - ma soprattutto al loro governo e al premier Silvio Berlusconi".
Poi si rivolge al Pontefice: "Esorto il capo della Chiesa, papa Benedetto XVI, a intervenire per salvare la vita di mia madre", per fermare le "atrocità ingiustificate" a cui è sottoposta. Per Sajjad, l'unica speranza di fermare l'esecuzione è proprio la mobilitazione internazionale, le voci come quella della 'premiere dame' di Francia, Carla Bruni, o del calciatore italiano Francesco Totti, che ha aderito alla campagna di AKI contro la lapidazione di Sakineh, producendo una grande eco in Iran.
"Vorrei ringraziare tutta la comunità internazionale, perché sta seguendo con tanta attenzione il nostro caso - dice - Vi chiedo di non fermare le vostre campagne, perché questo tipo di pressione da tutto il mondo può veramente aiutare mia madre".
"Non fermatevi per favore - ribadisce - siete la nostra unica speranza". "Prima di appellarmi alla comunità internazionale, mi sono rivolto alle massime cariche dello stato - spiega - anche alla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, e al presidente Mahmoud Ahmadinejad, scrivendo diverse lettere, ma senza mai ricevere alcuna risposta".
"E' per questo che mi sono rivolto alla comunità internazionale - continua - Ad Ahmadinejad chiedo dove sia quella giustizia di cui parlava durante la sua campagna elettorale, come mai non interviene a sostegno della mia povera madre. Sono molto deluso dalle autorità iraniane".
Il figlio riferisce che la nuova condanna a 99 frustate a carico della madre "è già stata eseguita". "In seguito alla pubblicazione sul Times di Londra della foto di una donna senza velo erroneamente attribuita a lei, mia madre è stata condannata da un giudice speciale di Tabriz (la città in cui è detenuta, ndr), a 99 frustate - spiega - Secondo le nostre fonti, la sentenza è stata eseguita, mia madre è stata frustata pochi giorni fa".
"Questo è un fatto insopportabile, che mi indigna veramente", dice Sajjad, che da Tabriz, dove vive, continua a denunciare all'estero le "atrocità ingiustificate" a cui è sottoposta la madre, cambiando quasi quotidianamente la scheda del suo cellulare, per paura di essere intercettato e punito dalle autorità del suo paese. Il giovane non conosce le condizioni di salute della madre, perché non gli è permesso di incontrarla "da più di due settimane, dal momento che è stata costretta a rilasciare un'intervista alla tv di Stato - spiega - Sono molto preoccupato, spero di poterla incontrare giovedì, ma non sono sicuro che mi daranno l'autorizzazione".
L'avvenuta esecuzione delle 99 frustate nei giorni scorsi - pena che Sakineh ha subito anche quattro anni fa, all'inizio della sua vicenda giudiziaria - è confermata dall'avvocato della donna, Javid Houtan Kian. "Secondo la testimonianza di due detenute scarcerate venerdì dalla prigione di Tabriz, Sakineh ha subito in carcere un processo per direttissima in cui è stata riconosciuta colpevole di corruzione morale per aver autorizzato la pubblicare di una sua foto senza velo - spiega ad AKI l'avvocato - Dopo la condanna, è stata subito frustata per 99 volte".
"Tutto questo è incredibile - prosegue l'avvocato, che è costantemente in contatto con i figli di Sakineh - anche perché la foto pubblicata dal Times non era la sua". Quindi ripercorre la vicenda: "Io stesso, dopo aver rilasciato un'intervista al quotidiano britannico, su loro richiesta ho inviato una foto di Sakineh con il velo, mentre si occupava dei suoi alunni nell'asilo in cui lavorava".
"Ma purtroppo il Times non ha pubblicato quella foto, ha diffuso un'altra immagine, che ritrae un'altra donna, presumendo erroneamente che fosse Sakineh - prosegue - Si tratta di un errore e non è accettabile che la mia cliente sia stata condannata e frustata per la sbaglio commesso da qualcun altro".
"Ho paura per me, ma soprattutto per mia sorella" si sfoga Sajjad. "Abbiamo ricevuto in questi giorni diverse telefonate dal ministero iraniano dell'Intelligence, che ci chiedeva di presentarci presso la sede di Tabriz - racconta ad AKI - Per ora ci siamo rifiutati di presentarci perché abbiamo paura, non sappiamo cosa ci vogliano fare, cosa stiano programmando contro me e mia sorella". E' proprio la sorella minore a preoccupare maggiormente Sajjad.
"Io di giorno lavoro - spiega il giovane, che è controllore sui trasporti pubblici - e lei resta sola in casa per quasi tutta la giornata. Ogni volta che esco penso a lei e spero che non le succeda qualcosa di brutto".
"Purtroppo in Iran non c'e' nessuno che ci sostenga, tranne il nostro avvocato, Javid Houtan Kian - dice - Ci sentiamo soli, abbandonati, nessuno ci protegge qui. Per questo la nostra unica speranza è la comunità internazionale, perché in patria nessuno ci aiuta". Il tono della voce del giovane si fa ancora più grave quando parla della madre. "Per ora non ci sono sviluppi processuali - spiega - sembra che l'autorità giudiziaria sia determinata a lapidarla".
"Non è giusto, stanno usando il suo caso in modo strumentale, per spianare la strada a una scia di nuove esecuzioni e per valutare la reazione internazionale - conclude - Mia madre è solo la prima vittima, questa situazione è intollerabile".
L'esecuzione di Sakineh potrebbe essere "questione di ore", è l'allarme lanciato dal legale della donna. "Il mio ricorso alla Corte Suprema non è stato ancora formalmente accolto - spiega Javid Houtan Kian nell'intervista telefonica ad AKI - e per questo motivo l'autorità giudiziaria ha il potere di rendere esecutiva in ogni istante la condanna a morte per lapidazione".
"Temiamo che questo possa avvenire a breve - ribadisce - Per questo siamo molto preoccupati". L'avvocato riferisce che non gli è permesso di incontrare la sua assistita "da più di due settimane, da quando è stata costretta a rilasciare un'intervista in tv" in cui ammetteva i reati che le vengono attribuiti. Fin da subito il legale e la famiglia di Sakineh avevano denunciato che l'intervista le era stata estorta con le minacce e le torture. Da settimane, ormai, la procedura giudiziaria è ferma, denuncia Houtan Kian.
"Attendiamo la risposta della Corte Suprema, ma al momento la situazione è critica, Sakineh rischia di essere lapidata in ogni momento". Il legale denuncia anche l'operato del suo predecessore, Mohammad Mostafaei, fuggito in Norvegia nelle scorse settimane e da allora spesso intervistato dai media di tutto il mondo. "Mostafaei non rappresenta più Sakineh - dice - pertanto le dichiarazioni che continua a rilasciare non devono essere attribuite alla sua famiglia".
Secondo Javid Houtan Kian "l'accanimento contro Sakineh è motivato dalla volontà dell'autorità giudiziaria di dare il via a un nuovo ciclo di lapidazioni di donne condannate a morte". "Secondo le ultime stime, in Iran ci sono circa 150 donne in attesa di essere lapidate - spiega - Con il caso di Sakineh, la Repubblica Islamica vuole esaminare la reazione della comunità internazionale nei confronti del ricorso a una pratica primitiva come questa".
"Se dovesse ritenere che l'impatto delle campagne internazionali non è poi così forte, allora procederebbe senza indugi alla lapidazione di tutte queste donne", dopo che la pratica non è stata messa in atto per alcuni anni. Per questo motivo, a suo giudizio, l'attivismo internazionale è "molto utile", in quanto può salvare non solo Sakineh, ma anche tante altre donne in attesa di esecuzione.
''Salvate mia madre''. Il figlio di Sakineh si appella al Papa e al governo. Esclusiva Adnkronos - Adnkronos Esteri
Roma, 5 set. (Adnkronos/Aki) - Tramite AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL Sajjad Ghaderzadeh, il figlio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, si appella al Papa e al governo italiano per fermare l'esecuzione della madre, condannata alla lapidazione per adulterio. Mi appello a tutti gli italiani - dice contattato telefonicamente - ma soprattutto al loro governo e al premier Silvio Berlusconi".
Poi si rivolge al Pontefice: "Esorto il capo della Chiesa, papa Benedetto XVI, a intervenire per salvare la vita di mia madre", per fermare le "atrocità ingiustificate" a cui è sottoposta. Per Sajjad, l'unica speranza di fermare l'esecuzione è proprio la mobilitazione internazionale, le voci come quella della 'premiere dame' di Francia, Carla Bruni, o del calciatore italiano Francesco Totti, che ha aderito alla campagna di AKI contro la lapidazione di Sakineh, producendo una grande eco in Iran.
"Vorrei ringraziare tutta la comunità internazionale, perché sta seguendo con tanta attenzione il nostro caso - dice - Vi chiedo di non fermare le vostre campagne, perché questo tipo di pressione da tutto il mondo può veramente aiutare mia madre".
"Non fermatevi per favore - ribadisce - siete la nostra unica speranza". "Prima di appellarmi alla comunità internazionale, mi sono rivolto alle massime cariche dello stato - spiega - anche alla Guida Suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, e al presidente Mahmoud Ahmadinejad, scrivendo diverse lettere, ma senza mai ricevere alcuna risposta".
"E' per questo che mi sono rivolto alla comunità internazionale - continua - Ad Ahmadinejad chiedo dove sia quella giustizia di cui parlava durante la sua campagna elettorale, come mai non interviene a sostegno della mia povera madre. Sono molto deluso dalle autorità iraniane".
Il figlio riferisce che la nuova condanna a 99 frustate a carico della madre "è già stata eseguita". "In seguito alla pubblicazione sul Times di Londra della foto di una donna senza velo erroneamente attribuita a lei, mia madre è stata condannata da un giudice speciale di Tabriz (la città in cui è detenuta, ndr), a 99 frustate - spiega - Secondo le nostre fonti, la sentenza è stata eseguita, mia madre è stata frustata pochi giorni fa".
"Questo è un fatto insopportabile, che mi indigna veramente", dice Sajjad, che da Tabriz, dove vive, continua a denunciare all'estero le "atrocità ingiustificate" a cui è sottoposta la madre, cambiando quasi quotidianamente la scheda del suo cellulare, per paura di essere intercettato e punito dalle autorità del suo paese. Il giovane non conosce le condizioni di salute della madre, perché non gli è permesso di incontrarla "da più di due settimane, dal momento che è stata costretta a rilasciare un'intervista alla tv di Stato - spiega - Sono molto preoccupato, spero di poterla incontrare giovedì, ma non sono sicuro che mi daranno l'autorizzazione".
L'avvenuta esecuzione delle 99 frustate nei giorni scorsi - pena che Sakineh ha subito anche quattro anni fa, all'inizio della sua vicenda giudiziaria - è confermata dall'avvocato della donna, Javid Houtan Kian. "Secondo la testimonianza di due detenute scarcerate venerdì dalla prigione di Tabriz, Sakineh ha subito in carcere un processo per direttissima in cui è stata riconosciuta colpevole di corruzione morale per aver autorizzato la pubblicare di una sua foto senza velo - spiega ad AKI l'avvocato - Dopo la condanna, è stata subito frustata per 99 volte".
"Tutto questo è incredibile - prosegue l'avvocato, che è costantemente in contatto con i figli di Sakineh - anche perché la foto pubblicata dal Times non era la sua". Quindi ripercorre la vicenda: "Io stesso, dopo aver rilasciato un'intervista al quotidiano britannico, su loro richiesta ho inviato una foto di Sakineh con il velo, mentre si occupava dei suoi alunni nell'asilo in cui lavorava".
"Ma purtroppo il Times non ha pubblicato quella foto, ha diffuso un'altra immagine, che ritrae un'altra donna, presumendo erroneamente che fosse Sakineh - prosegue - Si tratta di un errore e non è accettabile che la mia cliente sia stata condannata e frustata per la sbaglio commesso da qualcun altro".
"Ho paura per me, ma soprattutto per mia sorella" si sfoga Sajjad. "Abbiamo ricevuto in questi giorni diverse telefonate dal ministero iraniano dell'Intelligence, che ci chiedeva di presentarci presso la sede di Tabriz - racconta ad AKI - Per ora ci siamo rifiutati di presentarci perché abbiamo paura, non sappiamo cosa ci vogliano fare, cosa stiano programmando contro me e mia sorella". E' proprio la sorella minore a preoccupare maggiormente Sajjad.
"Io di giorno lavoro - spiega il giovane, che è controllore sui trasporti pubblici - e lei resta sola in casa per quasi tutta la giornata. Ogni volta che esco penso a lei e spero che non le succeda qualcosa di brutto".
"Purtroppo in Iran non c'e' nessuno che ci sostenga, tranne il nostro avvocato, Javid Houtan Kian - dice - Ci sentiamo soli, abbandonati, nessuno ci protegge qui. Per questo la nostra unica speranza è la comunità internazionale, perché in patria nessuno ci aiuta". Il tono della voce del giovane si fa ancora più grave quando parla della madre. "Per ora non ci sono sviluppi processuali - spiega - sembra che l'autorità giudiziaria sia determinata a lapidarla".
"Non è giusto, stanno usando il suo caso in modo strumentale, per spianare la strada a una scia di nuove esecuzioni e per valutare la reazione internazionale - conclude - Mia madre è solo la prima vittima, questa situazione è intollerabile".
L'esecuzione di Sakineh potrebbe essere "questione di ore", è l'allarme lanciato dal legale della donna. "Il mio ricorso alla Corte Suprema non è stato ancora formalmente accolto - spiega Javid Houtan Kian nell'intervista telefonica ad AKI - e per questo motivo l'autorità giudiziaria ha il potere di rendere esecutiva in ogni istante la condanna a morte per lapidazione".
"Temiamo che questo possa avvenire a breve - ribadisce - Per questo siamo molto preoccupati". L'avvocato riferisce che non gli è permesso di incontrare la sua assistita "da più di due settimane, da quando è stata costretta a rilasciare un'intervista in tv" in cui ammetteva i reati che le vengono attribuiti. Fin da subito il legale e la famiglia di Sakineh avevano denunciato che l'intervista le era stata estorta con le minacce e le torture. Da settimane, ormai, la procedura giudiziaria è ferma, denuncia Houtan Kian.
"Attendiamo la risposta della Corte Suprema, ma al momento la situazione è critica, Sakineh rischia di essere lapidata in ogni momento". Il legale denuncia anche l'operato del suo predecessore, Mohammad Mostafaei, fuggito in Norvegia nelle scorse settimane e da allora spesso intervistato dai media di tutto il mondo. "Mostafaei non rappresenta più Sakineh - dice - pertanto le dichiarazioni che continua a rilasciare non devono essere attribuite alla sua famiglia".
Secondo Javid Houtan Kian "l'accanimento contro Sakineh è motivato dalla volontà dell'autorità giudiziaria di dare il via a un nuovo ciclo di lapidazioni di donne condannate a morte". "Secondo le ultime stime, in Iran ci sono circa 150 donne in attesa di essere lapidate - spiega - Con il caso di Sakineh, la Repubblica Islamica vuole esaminare la reazione della comunità internazionale nei confronti del ricorso a una pratica primitiva come questa".
"Se dovesse ritenere che l'impatto delle campagne internazionali non è poi così forte, allora procederebbe senza indugi alla lapidazione di tutte queste donne", dopo che la pratica non è stata messa in atto per alcuni anni. Per questo motivo, a suo giudizio, l'attivismo internazionale è "molto utile", in quanto può salvare non solo Sakineh, ma anche tante altre donne in attesa di esecuzione.
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