A Francesco Cossiga, che in queste ore lotta per la vita in ospedale Cossiga grave ma stabile Gianni Letta lo va a trovare - Repubblica.it bisogna riconoscere l'onore delle armi.
Protagonista assoluto della politica italiana degli ultimi cinquanta anni, in una Prima Repubblica che sovente premiava i vecchi riuscì ad infilare una serie di record (più giovane Ministro degli Interni, più giovane Presidente del Senato, più giovane Presidente della Repubblica) che ne sottolineano le capacità e la statura di autentico animale politico.
Chi ha vissuto i '70 o ne ha letto le cronache storiche ben conosce il suo ruolo di tutore dell'ordine e del regime democratico, in una stagione di fortissime contrapposizioni, di lotte di piazza, di scontri ideologici combattuti a mano armata.
"Kossiga" arrivarono a scrivere i suoi nemici sui muri, per indicare come, da Ministro degli Interni, non ebbe paura di mandare la polizia tra la folla con l'ordine, nel caso, di sparare.
Già in quegli anni dimostrò che poco badava all'ipocrisia del "politicamente corretto":
Se aveva qualcosa da fare o da dire la faceva e la diceva, in barba alla melassa democratica e cristiana che rappresentava, all'epoca, la bandiera del regime; lui difendeva il suo contro gli attacchi di chi avrebbe voluto istaurarne un altro attraverso "rivoluzioni proletarie":
Come ogni regime anche la democrazia si difende coi carri armati, ebbe a dire.
Da Presidente della Repubblica quella stessa lucidità, schiettezza ed intelligenza politica lo porterà, prima di tanti altri, a capire che quel sistema che aveva governato l'Italia da dopo la guerra si stava inesorabilmente sfaldando, e allora sarà l'epoca delle famose "picconate".
Intese il suo ruolo di Presidente in maniera estensiva (quale differenza con l'attuale inquilino del Quirinale), non limitandosi a fare da firmacarte ma intervenendo in ogni occasione per mettere in luce la finzione e la dissimulazione di un sistema politico diventato un Golem ingordo ed autoreferenziale, oramai staccato dalla realtà.
Da esperto ed appassionato di servizi segreti e forze dell'ordine, riformò quelle italiane (sue le invenzioni dei NOCS e dei GIS) e si buttò senza paura nell'avventura di Gladio, la struttura parallela e segreta che avrebbe dovuto sventare una possibile deriva comunista in Italia.
Solo la tragedia di Moro lo segnò, lui che la visse da Ministro degli Interni.
"Coi terroristi non si tratta", e non trattò, ma non riuscì a liberare l'amico e maestro:
I capelli precocemente sbiancati e le macchie sulla pelle sono il segno di un dramma vissuto in prima persona, dentro quello, più ampio, che coinvolse una intera nazione.
Pochi si avvidero che in quel funerale senza bara officiato in San Giovanni in Laterano si stava recitando il De Profundis per una intera classe e stagione politica:
Cossiga se ne ricorderà, invece, quando si tratterà di dare gli ultimi colpi di piccone a quel mondo vissuto da protagonista e sul quale non ebbe timore di far calare il sipario:
In questo almeno, e a dispetto dei suoi sodali, non fu un conservatore.
Protagonista assoluto della politica italiana degli ultimi cinquanta anni, in una Prima Repubblica che sovente premiava i vecchi riuscì ad infilare una serie di record (più giovane Ministro degli Interni, più giovane Presidente del Senato, più giovane Presidente della Repubblica) che ne sottolineano le capacità e la statura di autentico animale politico.
Chi ha vissuto i '70 o ne ha letto le cronache storiche ben conosce il suo ruolo di tutore dell'ordine e del regime democratico, in una stagione di fortissime contrapposizioni, di lotte di piazza, di scontri ideologici combattuti a mano armata.
"Kossiga" arrivarono a scrivere i suoi nemici sui muri, per indicare come, da Ministro degli Interni, non ebbe paura di mandare la polizia tra la folla con l'ordine, nel caso, di sparare.
Già in quegli anni dimostrò che poco badava all'ipocrisia del "politicamente corretto":
Se aveva qualcosa da fare o da dire la faceva e la diceva, in barba alla melassa democratica e cristiana che rappresentava, all'epoca, la bandiera del regime; lui difendeva il suo contro gli attacchi di chi avrebbe voluto istaurarne un altro attraverso "rivoluzioni proletarie":
Come ogni regime anche la democrazia si difende coi carri armati, ebbe a dire.
Da Presidente della Repubblica quella stessa lucidità, schiettezza ed intelligenza politica lo porterà, prima di tanti altri, a capire che quel sistema che aveva governato l'Italia da dopo la guerra si stava inesorabilmente sfaldando, e allora sarà l'epoca delle famose "picconate".
Intese il suo ruolo di Presidente in maniera estensiva (quale differenza con l'attuale inquilino del Quirinale), non limitandosi a fare da firmacarte ma intervenendo in ogni occasione per mettere in luce la finzione e la dissimulazione di un sistema politico diventato un Golem ingordo ed autoreferenziale, oramai staccato dalla realtà.
Da esperto ed appassionato di servizi segreti e forze dell'ordine, riformò quelle italiane (sue le invenzioni dei NOCS e dei GIS) e si buttò senza paura nell'avventura di Gladio, la struttura parallela e segreta che avrebbe dovuto sventare una possibile deriva comunista in Italia.
Solo la tragedia di Moro lo segnò, lui che la visse da Ministro degli Interni.
"Coi terroristi non si tratta", e non trattò, ma non riuscì a liberare l'amico e maestro:
I capelli precocemente sbiancati e le macchie sulla pelle sono il segno di un dramma vissuto in prima persona, dentro quello, più ampio, che coinvolse una intera nazione.
Pochi si avvidero che in quel funerale senza bara officiato in San Giovanni in Laterano si stava recitando il De Profundis per una intera classe e stagione politica:
Cossiga se ne ricorderà, invece, quando si tratterà di dare gli ultimi colpi di piccone a quel mondo vissuto da protagonista e sul quale non ebbe timore di far calare il sipario:
In questo almeno, e a dispetto dei suoi sodali, non fu un conservatore.
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