Tralasciando le differenze biologiche vere o presunte, più che altro mi soffermerei su quelle culturali e di civiltà che sono evidentissime e innegabili....
Ma in Sudafrica
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Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggio
questo è il campione mondiale di scacchi
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggioa parte tutto quanto specificato prima, rispondendo qui aggiugno che questi parametri anatomici cerebrali non ci dicono nulla sulle attitudini emotive e sociali. ripeto: geneticamente non vi e' nulla di significativamente differente nel genoma della razza bianca e nera; allora vuol dire che loro ci piallano in quasi tutti gli sports per una diversa "cultura" dell'allenamento? per un fattore ambientale che favorisce l'espressione di un fenotipo atleticamente superiore? ovviamente no, nonostante la sbandierata uguaglianza genetica.
ecco, un parallelismo si puo' apportare tra cio' ed il comprovato successo civile delle popolazioni caucasiche: l'ovvieta' dello stato delle cose forse non avra' ancora un giustificaizione genetica, ma non si puo' per questo negarla
ma mi pare strano starlo qui a spiegare a te, persona preparata
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggioodisseo, ma cosa vorresti sottintendere? si ci riferisce ai grandi numeri, non a picchi di eccellenza. stiamo parlando di demografia, non di individui eccellenti"Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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Originariamente Scritto da Black87 Visualizza Messaggiook, ripeto, io mi sono limitato al cervello, perchè di questo so e parlo, non ho fatto altre assunzioni che mi attribuisci. Se allo stato dell'arte non ci sono differenze genetiche nelle sequenze nucleotidiche che codificano per le proteine espresse nel cervello non è colpa mia.
pensa che le differenze genomiche tra l'uomo e le altre scimmie antropomorfe sono irrisorie. da cio' ne deduci che vi siano differenze irrisorie tra scimmie antropomorfe ed uomo?
e tu in base a quell'affermazione sul genoma, statisticamente non differente in modo significativo tra le diverse razze del genere umano, vorresti negare evidenze storico-sociali?
perche' io mi aspetto tu capisca
Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggionon era mica riferito a te
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggioa parte tutto quanto specificato prima, rispondendo qui aggiugno che questi parametri anatomici cerebrali non ci dicono nulla sulle attitudini emotive e sociali. ripeto: geneticamente non vi e' nulla di significativamente differente nel genoma della razza bianca e nera; allora vuol dire che loro ci piallano in quasi tutti gli sports per una diversa "cultura" dell'allenamento? per un fattore ambientale che favorisce l'espressione di un fenotipo atleticamente superiore? ovviamente no, nonostante la sbandierata uguaglianza genetica.
ecco, un parallelismo si puo' apportare tra cio' ed il comprovato successo civile delle popolazioni caucasiche: l'ovvieta' dello stato delle cose forse non avra' ancora un giustificaizione genetica, ma non si puo' per questo negarla
ma mi pare strano starlo qui a spiegare a te, persona preparata
Nessuno quì dice che siamo geneticamente identici,oltre alle differenti prestazioni sportive si potrebbe far riferimento alla diversa epidemiologia di numerosissime patologie,ma parlando di processi cognitivi:
1-siamo ben lontani dal poter correlare l'espressione di ciascun gene con un affetto fenotipico,soprattutto a livello cerebrale
2-anche fossimo capaci è prevedibile pensare che otterremo valori prossimi,insignificanti se correlati a quella che è la variabilità individuale
In definitiva per quelle che sono le mie conoscenze non c'è motivo alcuno di pensare che un afroamericano inserito in un contesto socio-economico adeguato non ottenga gli stessi risultati di un caucasico (ovviamente parlo di campioni rappresentativi)
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Originariamente Scritto da Je ssò Foorttt'' Visualizza MessaggioNessuno quì dice che siamo geneticamente identici,oltre alle differenti prestazioni sportive si potrebbe far riferimento alla diversa epidemiologia di numerosissime patologie,ma parlando di processi cognitivi:
1-siamo ben lontani dal poter correlare l'espressione di ciascun gene con un affetto fenotipico,soprattutto a livello cerebrale
2-anche fossimo capaci è prevedibile pensare che otterremo valori prossimi,insignificanti se correlati a quella che è la variabilità individuale
In definitiva per quelle che sono le mie conoscenze non c'è motivo alcuno di pensare che un afroamericano inserito in un contesto socio-economico adeguato non ottenga gli stessi risultati di un caucasico (ovviamente parlo di campioni rappresentativi)
- di "campioni rappresentativi" e' pieno il globo e la storia del genere umano, direi
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L’intervista/Parla Luca Cavalli Sforza, studioso di fama mondiale, tra i promotori del progetto Genoma. L’eccessiva importanza attribuita
alle differenze genetiche, la «montatura» dei test sul quoziente d’intelligenza, la religione come scelta. E l’invito a guardare oltre la scienza
«Più del Dna
può la cultura»
di PIETRO M. TRIVELLI
E’ STATO il primo a dimostrare che le razze non esistono. A spiegare che le diversità fra le genti consistono nelle barriere culturali, non nel colore della pelle. Luca Cavalli Sforza, uno dei massimi genetisti (membro della Royal Society di Londra e dell'Accademia nazionale delle scienze degli Stati Uniti), era giunto a questa conclusione prima che la genetica diventasse scienza dello scandalo, per certi esperimenti prossimi a Frankenstein. Nel suo laboratorio di Stanford, in California, ha creato una delle prime banche dati per ricostruire l'albero genetico dell'umanità, dopo aver girato il mondo (per esempio tra i Pigmei), raccogliendo sangue da "schedare" con le tecniche di analisi del Dna.
«La specie umana è una e diversa al tempo stesso, per cui le differenze genetiche sono meno importanti degli apporti culturali e ambientali che separano i diversi gruppi etnici», spiega Luca Cavalli Sforza, genovese, 79 anni, già professore a Cambridge e a Pavia, prima di trasferirsi nel 1971 in America, dove dal 1991 si occupa del progetto Genoma Umano, di cui è uno dei promotori: una "mappa storica" della diaspora umana, a partire dal nucleo originario nell'Africa subsahariana. Le sue ricerche le ha raccolte in oltre 500 pubblicazioni, fra le quali resta fondamentale Geni, popoli e lingue (Adelphi), una specie di archeologia biologica, dove scava nella complessa variabilità da individuo a individuo. E’ stato premiato dal Centro Pio Manzù (le cui giornate di studio hanno avuto per tema quest’anno il mistero della vita) per aver "ricucito" il filo d'Arianna che lega la storia dell'umanità: insanguinata - come accade ancora adesso - da forsennati conflitti provocati non solo da ideologie e culture contrapposte, ma persino da fedi e religioni diverse, forse più di ogni barbarie.
Esiste un nesso tra "razze", etnie, e religioni?
«No, non vedo questo nesso. Né credo che sia possibile cercarlo», risponde Cavalli Sforza. «Dubito persino - aggiunge - che, al giorno d'oggi, si possa ancora parlare di religione. Con i risultati che si vedono in giro, non vorrei che i nostri lontani posteri scoprissero che non c'è mai stata pietà religiosa, come noi abbiamo già fatto per smentire l'esistenza delle razze».
Perché?
«Ma perché, anche in questo caso, sono soprattutto ragioni storiche a creare le differenze di religione, non meno di quelle politiche e culturali. Non sono mai riuscito a vederci delle motivazioni genetiche e continuo a non vedercele. Sul piano scientifico, in ogni caso, sarebbero ipotesi troppo deboli».
Proviamo a farne qualcuna?
«Non mi diverto a fare ipotesi. Ho sempre il terrore che vengano prese sul serio. Come capita a certi miei colleghi che, innamorati dei geni, se ne servono per spiegare tutto e il contrario di tutto. Mentre io sono convinto che i geni sono indubbiamente importanti, ma lo è altrettanto l'educazione: non nel senso stretto della parola, bensì per quanto riguarda l'ambiente sociale in cui siamo cresciuti».
Si può misurare una priorità genetica rispetto a quella ambientale e culturale?
«E' molto difficile stabilire una scala gerarchica di valutazione delle due componenti. Ma abbiamo ormai accertato che le differenze culturali sono enormemente importanti, almeno quanto quelle genetiche, anzi probabilmente di più».
La religiosità estremizzata può annoverarsi nell'ambito genetico di una certa cultura, per esempio islamica o ebraica o cristiana?
«No, direi di no. Ma può anche darsi che ci siano delle componenti e delle diversità genetiche pure in materia di religiosità. Però è estremamente difficile stabilirlo, oltre che rischioso. Credo che non ci sia alcuna speranza di arrivare a una simile conclusione. Se dovessimo eseguire esperimenti di laboratorio, come si fa sui topi, bisognerebbe ricavarne degli incroci collocando i risultati in ambienti il più possibile omogenei se non identici. Ma nemmeno così sarebbe una ricerca facile. In simili esperimenti si constata che persino i topi vanno a cercarsi un loro ambiente, in condizioni diverse uno dall'altro. Per quanto riguarda l'uomo, tuttavia, è proprio impossibile stabilire se i caratteri di comportamento siano genetici oppure no. Altrimenti si resta in una generica aneddotica».
Qualche esempio, tra aneddoti e rigore scientifico?
«Eccone uno. Dalla misurazione del quoziente d'intelligenza, che io considero una grossa montatura, si è visto che ci sarebbe una differenza media di quindici punti tra l'intelligenza di americani bianchi e neri. Molti hanno cominciato a chiedersi se non dipendesse da fattori genetici. Diversi anni dopo, però, lo stesso test è stato sperimentato sui giapponesi. E questi sono risultati di undici punti più intelligenti degli americani bianchi. Tale esito era semplicemente dovuto al fatto che in Giappone ci sono scuole migliori di quelle americane. Allo stesso modo si è visto - altro esempio - che i cinesi sono molto più bravi in matematica».
Come si spiega quest'attitudine?
«Sono convinto, pur senza averne le prove, che la differenza con gli occidentali è dovuta al fatto che cinesi e giapponesi usano un alfabeto ideografico. Quando si vanno ad esaminare i test d'intelligenza più raffinati ed astratti, si constata che sono quasi come la lettura dei caratteri ideografici. Chi ci è abituato fin da piccolo riesce ad imparare diecimila o ventimila caratteri, distinguendo i concetti da leggere rapidissimamente. E questo è senza dubbio un magnifico training per il quoziente d'intelligenza. Se ne ha la controprova esaminando con il medesimo test i cinesi cresciuti senza la tradizionale cultura degli ideogrammi».
Fino a che punto, dunque, le "barriere culturali" condizionano o determinano le diversità?
«Ce ne sono moltissime, di queste barriere. Per esempio, tra la Cina del Nord e la Cina del Sud c'è una barriera antichissima, superata solo negli ultimi duemila anni, quando è stato possibile stabilire lingue comuni, o almeno molto simili per quelle popolazioni, con l'unificazione politica di immensi territori. Tuttavia ciò non si è subito tradotto nell'unificazione culturale completa», spiega ancora Luca Cavalli Sforza, abbracciando una situazione per molti aspetti mondiale: per sei miliardi di abitanti che soffrono di diecimila malattie più o meno fisse, come quelle individuate da Mendel 136 anni fa. E questo è stato uno degli argomenti specifici trattati dall’insigne genetista alle stimolanti giornate del Centro "Pio Manzù" (mentre "La storia umana degli ultimi centomila anni" è il titolo della sua successiva conferenza alle Letture Aloisi dell'università di Padova, a cura della Fondazione Sigma-Tau). Senza dimenticare il tema di moda della clonazione.
Che ne pensa delle manipolazioni genetiche? Ridurranno davvero il genere umano a una fotocopia di se stesso?
«Non dimentichiamo - dice Cavalli Sforza, smorzando il pessimismo degli apocalittici - che l'ingegneria genetica è utile alla salute. Mentre l'idea di trasformare la specie umana mi sembra impensabile».
Speriamo che abbia ragione. Tanto l'uomo - se ci si mette - sa essere brutto e cattivo da solo. Senza clonarsi"Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggiole "sequenze nucleotidiche" non sono differenti statisticamente in modo significativo. cio', nei fatti, cosa vuol dire? prendiamo un esempio: nel genoma delle razze bianca e nera non vi e' alcuna differenza statisticamente significativa sulla morfologia labiale. nonostante cio', vorresti dirmi che, in base a cio' che osservi, le labbra di bianchi e neri siano mediamente uguali? no.
pensa che le differenze genomiche tra l'uomo e le altre scimmie antropomorfe sono irrisorie. da cio' ne deduci che vi siano differenze irrisorie tra scimmie antropomorfe ed uomo?
e tu in base a quell'affermazione sul genoma, statisticamente non differente in modo significativo tra le diverse razze del genere umano, vorresti negare evidenze storico-sociali?
perche' io mi aspetto tu capisca
La scienza dice una cosa e si limita a fotografare i geni.
La civiltà e la cultura ne dicono un'altra, e noi ne abbiamo sotto agli occhi i frutti.
Per lunghi millenni bianchi e neri sono rimasti due entità separate.
Mentre da noi fiorivano le civiltà greca e romana, nello stesso tempo, senza che alcun elemento esterno ed inquinante potesse modificare lo sviluppo storico delle civiltà negroidi, i suddetti erano alle famose capanne di fango.
Mentre da noi sorgeva Aristotele, quelli stavano senza scrittura.
Questo è il fatto nudo e crudo da prendere.
La conclusione spassionata che io colgo è questa:
Apparteniamo alla stessa razza umana? Sì.
Apparteniamo alla stessa qualità della razza umana, o vi è un salto ontologico tra bianchi e neri (posti ciascuno in un territorio libero da influenze reciproche)? Vi è un salto ontologico, vi è quello che alcuni hanno definito "razzismo spirituale".
Non è nel conteggio del genoma la chiave di lettura....ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio- appunto perche' siamo ben lontani da quello che indichi al punto 1., affermazioni volte a suffragare l'eguaglianza genetica a tal uopo non hanno senswo
- di "campioni rappresentativi" e' pieno il globo e la storia del genere umano, direi
2-in quanti casi i neri sono stati messi in condizioni di esprimere il loro potenziale?Gli afroamericani in cinquant'anni di uguaglianza giuridica hanno messo un'uomo alla casa bianca,lui non è statisticamente significativo,ma le lobby che lo hanno sostenuto si
Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioDevo quotare questo post di Tongue.
La scienza dice una cosa e si limita a fotografare i geni.
La civiltà e la cultura ne dicono un'altra, e noi ne abbiamo sotto agli occhi i frutti.
Per lunghi millenni bianchi e neri sono rimasti due entità separate.
Mentre da noi fiorivano le civiltà greca e romana, nello stesso tempo, senza che alcun elemento esterno ed inquinante potesse modificare lo sviluppo storico delle civiltà negroidi, i suddetti erano alle famose capanne di fango.
Mentre da noi sorgeva Aristotele, quelli stavano senza scrittura.
Questo è il fatto nudo e crudo da prendere.
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Originariamente Scritto da Sean Visualizza MessaggioDevo quotare questo post di Tongue.
La scienza dice una cosa e si limita a fotografare i geni.
La civiltà e la cultura ne dicono un'altra, e noi ne abbiamo sotto agli occhi i frutti.
Per lunghi millenni bianchi e neri sono rimasti due entità separate.
Mentre da noi fiorivano le civiltà greca e romana, nello stesso tempo, senza che alcun elemento esterno ed inquinante potesse modificare lo sviluppo storico delle civiltà negroidi, i suddetti erano alle famose capanne di fango.
Mentre da noi sorgeva Aristotele, quelli stavano senza scrittura.
Questo è il fatto nudo e crudo da prendere.
La conclusione spassionata che io colgo è questa:
Apparteniamo alla stessa razza umana? Sì.
Apparteniamo alla stessa qualità della razza umana, o vi è un salto ontologico tra bianchi e neri (posti ciascuno in un territorio libero da influenze reciproche)? Vi è un salto ontologico, vi è quello che alcuni hanno definito "razzismo spirituale".
Non è nel conteggio del genoma la chiave di lettura.
Perchè gli africani rimarranno ancora ai margini?
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Originariamente Scritto da Je ssò Foorttt'' Visualizza Messaggio
Pensi che i nostri antenati avrebbero costruito cattedrali nel deserto?Io ne dubito.E' innegabile l'impatto delle contingenze ambientali su quello che siamo,anche su nostro genoma
L'Africa si dice sia la culla della vita, che la razza umana sia partita da là:
L'ambiente non doveva poi essere così sfavorevole, e fiumi di acqua e verde vi erano in abbondanza nell'Africa subsahariana.
La Grecia è un pezzo di terra rocciosa, con poche o nulle pianure, brulla, dove crescono quelle piante robuste che sono gli ulivi, e non a caso, in quell'ambiente:
Non mi pare queste condizioni abbiano influito in maniera decisiva sui Greci.
Tre millenni i ***** hanno avuto per mostrarci quello di cui - liberi - erano capaci:
Non ci hanno dato nulla di neanche lontanamente paragonabile a quello che, nello stesso tempo, abbiamo fatto noi.
Non possiamo, con tutta la buona volontà, cercare di far credere che un quadrato è, in realtà, un cerchio.Last edited by Sean; 20-06-2010, 23:38:34....ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
C. Campo - Moriremo Lontani
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