Originariamente Scritto da kurayami
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Da cosa dobbiamo essere salvati, hai chiesto, ed ecco che ti ho dato la mia interpretazione, e cioè dall'uomo stesso.
In nessun punto ho infilato ciò che io sento e credo, dato che non interessa nessuno e non è l'oggetto del topic, e adesso capisco perchè le replche non abbiano centrato il punto.
Siamo scivolati nel religioso, ti ho riportato come la religione intenda questo rapporto con la parte spirituale caduca e superba che esiste nell'uomo.
Se parliamo di questo si deve di necessità farlo come se l'invenzione (?) Satana-Dio fosse reale, altrimenti di che parliamo o perchè interveniamo?
Una possibile altra lettura (come decine di miti insegnano, caro Kurayami) che tu non hai affatto colto è quella del simbolismo e della rappresentazione, come ho cercato di far trasparire dai post.
Il divino è il limite necessario che l'uomo impone al suo orgoglio, conscio che non tutto può e potrà mai essere in suo potere (in quanto essere mortale):
Da qui la necessità di porre un archè nella trascendenza, la compiutezza di tutto l'essere e di tutte le cose per come realmente sono nella loro forma ideale che sfugge alla comprensione dell'uomo così immerso com'è nel mondo (dunque attratto dalle cose del mondo) e nella finitudine.
Dall'altra il bisogno, ugualmente reale e presente nell'essere, di conoscere e di conoscersi poggiandosi unicamente sulla sua volontà, fondare l'uomo sull'uomo e cercare qui ed ora il senso (anche le ideologie, alcune filosofie hanno questa origine).
Dio, Satana, come Adamo e l'albero, come Icaro e le sue ali o Prometeo ed il suo fuoco, o come gli sciamani di alcune tribù che adorano il palo piantato al centro della capanna, medium tra ciò che è della terra (del mondo) e ciò che ha la sua origine nel cielo, altro non sono che la raffigurazione di questa lotta che l'uomo conduce innanzitutto con se stesso.
Non trovo cosa vi sia di "soggettivo e indimostrabile" in ciò che è storia dei miti e delle religioni, che altro non sono che la risposta che si è dato l'uomo a questo suo sentire, che non si è certo affievolito neppure nell'era della Tecnica, dato che anche questa nasce come spinta ad inseguire, tappa dopo tappa, un "assoluto".
L'uomo nasce per trascendere i suoi limiti, sia che trovi la ragione in sè sia che la ponga fuori da sè, altro che "umano muoversi".
L'uomo sposta il confine del suo recinto sempre più in là, incessantemente, se è vero com'è vero che solo l'uomo è capace di creare la storia, di dare cioè moto al proprio essere e di proiettarlo nel futuro, pur sapendo, in maniera tragica, di essere mortale.
Questa spinta al trascendente può avere nulla a che fare con Dio (e dunque essere, misteriosamente, solo umana) o tutto:
Non c'è altra opzione, e questo è il campo di indagine che non è "personale", ma oggettivo in quanto coinvolge, ab ovo, l'umanità intera.
Stiamo parlando semplicemente di antropologia, Kurayami, e non vorrei che l'unico mistero, alla fine, sia quello del perchè questo direi facile punto ti sfugga.
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