Adnkronos/IGN Dell'Utri, ritrovato capitolo inedito del "Petrolio "di Pasolini

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  • Sean
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    #16
    Altri particolari sul capitolo scomparso:

    «Quelle carte rubate dopo la morte»

    Pasolini e «Petrolio»: Guido, cugino di Pier Paolo, conferma l’episodio



    Dunque, ricapitoliamo. L’«Appunto 21» di Petrolio, che si intitola «Lampi sull’Eni», fu scritto certamente da Pasolini, ma nel manoscritto del romanzo non c’è: ne è rimasto solo il titolo. Fu scritto certamente, perché qualche pagina dopo l’autore vi fa cenno, rimandando il lettore a quel paragrafo come a un testo compiuto. Il secondo volume Mondadori (Meridiani) dei Romanzi e racconti, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, contiene Petrolio, il libro incompiuto a cui Pasolini stava lavorando da tre anni quando, il 2 novembre 1975, venne ucciso a Ostia nelle circostanze oscure di cui sappiamo. Nella Nota al testo riguardante il romanzo, Silvia De Laude chiarisce la genesi e lo stato dei lavori e nelle Postille che ne seguono commenta, da brava filologa, passo per passo, la situazione testuale, le varianti, le cassature e le inserzioni. Ma in coincidenza di quella pagina bianca e del successivo riferimento nell’«Appunto 22», non c’è nessuna annotazione che illustri le ragioni del vuoto e il cenno alla parte mancante.

    Quella lacuna rimane oscura persino nell’edizione più affidabile di Petrolio. È come se si volesse sorvolare su quella incongruenza. In realtà, la cugina ed erede di Pasolini, Graziella Chiarcossi (filologa a sua volta), nega un’evidenza: e cioè che quelle pagine siano esistite. In un’intervista a Paolo Mauri («la Repubblica» 31 dicembre 2005), afferma: «Sarebbe meglio dire che di quel capitolo è rimasto solo il titolo, come per tanti altri rimasti in bianco», fingendo di ignorare che poche pagine dopo l’autore vi accenna come a un paragrafo compiuto. Nella stessa intervista la Chiarcossi nega anche che dopo la morte di Pier Paolo si sia mai verificato un furto di carte nella casa dell’Eur in cui viveva con suo cugino. E ricorda invece un’effrazione precedente. Ma qui entra in conflitto con il ricordo di Guido Mazzon, cugino anche lui di Pasolini, per via materna (sua nonna era sorella della mamma di Pier Paolo). Il quale Mazzon aveva già dichiarato a Gianni D’Elia, per il suo libro Il Petrolio delle stragi pubblicato nel 2006 da Effigie, di aver ricevuto, giorni dopo la morte del cugino, una telefonata in cui Graziella accennava al fatto che alcuni ladri erano entrati in casa portandosi via dei gioielli e delle carte del poeta. Ora viene annunciato che le carte scomparse saranno esposte alla Mostra del Libro Antico di Milano (dal 12 marzo) e Mazzon conferma tutto con un certo imbarazzo: «Nel ’75, dopo la tragedia di Pier Paolo, Graziella chiamò mia madre per dirle di quel furto. Quando mia madre me lo riferì, pensai: "Accidenti, con quel che è capitato ci mancava pure questa". E pensai anche: "Strano però, che senso ha andare a trafugare le carte di un poeta?". Il mio stato d’animo sul momento fu proprio quello. Avevo 29 anni e ricordo bene la sensazione che ebbi. Poi il particolare del furto mi tornò alla mente leggendo Petrolio e venendo a sapere della parti scomparse».

    Perché l’imbarazzo? «Perché non riesco a capire come mai mia cugina continui a negare quel fatto. Dopo l’annuncio del ritrovamento, l’ho cercata al telefono, ma senza successo: vorrei chiarire, cercare di ricomporre il ricordo. Mia madre è morta due anni fa e non posso più chiederle conferma, ma quella comunicazione telefonica ci fu e si verificò dopo la morte di Pier Paolo, non potrei dire esattamente quanti giorni dopo». Mazzon si dice idealmente pasoliniano a tutti gli effetti. Nell’Oltrepò, dove abita, conserva ancora un prezioso regalo che suo cugino gli fece tanto tempo fa: «Ero a Casarsa l’estate del 1957, avevo undici anni. Pier Paolo, arrivato da Roma in una delle sue fugaci comparse per salutare la madre, mi vede scendere le scale di casa con una vecchia tromba a cilindri in mano. "Come puoi suonare con uno strumento così antiquato?" ("orrendo", stava pensando con un suo aggettivo), mi chiede. Poi con aria leggermente imbarazzata stacca un assegno e mi dice: "Tieni, comprati una tromba nuova, argentata!" ("stupenda", pensava)». È un brano del suo libro, La tromba a cilindri, pubblicato nel 2008 da Ibis. «Pier Paolo mi ha insegnato l’amore per la letteratura e la poesia, che per me è diventata musica». Trombettista e compositore jazz, Guido Mazzon ha messo su qualche anno fa uno spettacolo intitolato «L’eredità ideale». Era un omaggio a Pasolini. Un omaggio, esattamente come il desiderio di ricostruire tutta la verità su Pier Paolo, ribadendo quel lucido ricordo che altri familiari hanno curiosamente rimosso. Perché quel particolare, come si sa, potrebbe aprire nuovi scenari.


    «Quelle carte rubate dopo la morte» - Corriere della Sera
    ...ma di noi
    sopra una sola teca di cristallo
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    «nessun vincolo univa questi morti
    nella necropoli deserta»

    C. Campo - Moriremo Lontani


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    • Leonida
      Filosofo del *****
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      #17
      Originariamente Scritto da KURTANGLE Visualizza Messaggio
      quindi insomma si tratta di intelligenza,arguzia,spirito di osservazione....
      non di conoscenze importanti....
      un romanziere puo' dire la verità senza la verità fatti.
      Originariamente Scritto da gorgone
      è plotino la chiave universale per le vagine
      Originariamente Scritto da gorgone
      secondo me sono pazzi.

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      • Sean
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        #18
        Mistero: Petrolio si/no o solo nella testa di Dell'Utri?

        Il capitolo scomparso di Pasolini ritirato dalla manifestazione milanese

        «Petrolio», il mistero in mostra

        Dell’Utri: «Non sarà esposto, ma l’ho visto: 70 veline con appunti a mano». Il vero titolo: «Lampi su Eni»



        Questa è la strana storia di gente che dice e non dice, che afferma e poi si tira indietro, che allude e si guarda bene dal confermare, che ricorda e poi perde la memoria. Tanto che anche chi non avesse nessuna tendenza al complottismo a tutti i costi, alla fine qualche brutta idea se la fa venire per forza. Per esempio: il senatore Marcello Dell’Utri annuncia, in coda a una conferenza stampa di presentazione della Mostra del Libro Antico (martedì 2 marzo), che (probabilmente) verranno esposti i famigerati fogli di Petrolio, l’ultimo romanzo (rimasto incompiuto) di Pier Paolo Pasolini, misteriosamente scomparsi dopo la sua morte. Annuncio clamoroso. I giornali ovviamente si scatenano e, a poco a poco, col passare dei giorni, la notizia perde credibilità: sì, forse, ma... e alla fine non se ne fa niente. La Mostra si inaugura (oggi alla Permanente di Milano) e i fogli non ci sono: «La persona che me li ha promessi è scomparsa ». Ma lei li ha visti? «Li ho avuti tra le mani per qualche minuto, sperando di poterli leggere con calma dopo». Che fisionomia avevano? «Una settantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano». Poi si preciserà che sono esattamente 78 «di un totale di circa duecento ». Potrebbe essere il famoso capitolo mancante, intitolato Lampi sull’Eni? Risposta: «Più esattamente Lampi su Eni». Che la preposizione sia semplice o articolata, si tratterebbe, dunque, delle pagine del famoso Appunto 21 che nel romanzo coincidono con un foglio in bianco e che, secondo alcuni, dovevano contenere il racconto «sconvolgente» della scalata di Cefis all’ente petrolifero italiano e forse il mistero della morte di Mattei. O più probabilmente rivelazioni sull’oscuro passato partigiano dello stesso Cefis in val d’Ossola.

        Ma cosa che già non si sappia? E cosa che non sia contenuto in un libro, Chi è Cefis? L’altra faccia dell’onorato presidente, firmato con lo pseudonimo Giorgio Steimetz, pubblicato nel ’72 dall’Ami (Agenzia Milano Informazioni) e fatto immediatamente sparire dalla circolazione? Pamphlet di cui—è acclarato—Pasolini possedeva una delle rarissime copie sopravvissute e a cui lo scrittore attinse a piene mani per costruire il suo romanzo. Quel che rimane del presunto documento destinato alla Mostra sono esili tracce: sarebbe stato proposto a Dell’Utri da una persona di Roma che spaventata dal rumore seguito all’annuncio avrebbe pensato bene di tirarsi indietro (dopo aver offerto il libro di Steimetz, che invece è regolarmente esposto, accanto a un altro volume raro, intitolato L’uragano Cefis, a cura di Laura Betti, Giovanni Raboni e Francesca Sanvitale, pubblicato sotto la sigla editoriale EGR e privo di data). Insomma, tanti condizionali d’obbligo, a questo punto, se non si riesce neppure a capire come mai sia stato dato l’annuncio del sorprendente ritrovamento (sia pure in forma dubitativa) quando ancora l’acquisizione per la Mostra non era certa. Mistero gaudioso. O doloroso, a seconda dei punti di vista.


        Ora, la soluzione più comoda sarebbe quella di tagliare la testa al toro e sentenziare che quel testo non è mai esistito e che si tratta solo di ipotesi fantasiose di impenitenti dietrologi, allineandosi così tranquillamente alle dichiarazioni degli eredi Pasolini. I quali hanno sempre escluso recisamente che dopo il 2 novembre 1975 sia avvenuto un furto in casa dello scrittore (peraltro smentiti dalla testimonianza di Guido Mazzon, un altro cugino di Pasolini). Affermazione che non basta, perché quelle carte potrebbero, eventualmente, essere state sottratte secondo modalità «lecite», magari in seguito a sopralluoghi delle forze dell’ordine (fatto di cui la famiglia non ha più memoria). È questa un’altra ipotesi che circola presso ambienti universitari. Alessandro Noceti, che ha curato l’esposizione pasoliniana alla Mostra milanese, conferma che quelle pagine ci sono e non dispera che vengano fuori nei prossimi giorni. Ma rimane tutto appeso ai condizionali, come l’intera vicenda.



        Il dato di fatto, interno al testo, è che all’Appunto 21 (quello mancante) viene fatto esplicito riferimento nel capitolo successivo come a un brano già compiuto: «Per quanto riguarda le imprese antifasciste, ineccepibili e rispettabili, malgrado il misto, della formazione partigiana guidata da Bonocore, ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato "Lampi sull’Eni", e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria ». (In Petrolio, Mattei viene chiamato Bonocore, mentre a Cefis spetta il cognome, non proprio lusinghiero, di Troya). Ora, è pur vero che il romanzo si presenta in forma di brogliaccio, ma proprio per questo l’autore avrebbe dovuto sorvolare sui nessi interni quando ancora non erano certi, per precisarli in una fase successiva. Del resto, è lo stesso Pasolini a confessare: «Il mio non è un romanzo "a schidionata", ma "a brulichio" e quindi è comprensibile che il lettore resti un po’ disorientato». Forse non avrebbe immaginato che il disorientamento sarebbe stato accresciuto trentacinque anni dopo da troppe omertà. O dall’uso strumentale cui si presta un’opera ancora dolorosamente attuale.

        «Petrolio», il mistero in mostra - Corriere della Sera
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        sopra una sola teca di cristallo
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        forse, tra mille inverni
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        C. Campo - Moriremo Lontani


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