Il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri ha annunciato la scoperta di un dattiloscritto scomparso dell’autore Pierpaolo Pasolini, che avrebbe costituito un capitolo dell’incompiuto romanzo, “Petrolio” pubblicato postumo nel 1992 da Einaudi.
Scoperta quanto mai inedita ma soprattutto di grande valore storico. Secondo il senatore Dell’Utri infatti, conterrebbe delle importanti verità che svelerebbero alcuni dei misteri sugli anni di piombo italiani.
In particolare, Dell’Utri lo definisce un ritrovamento “inquietante per l’Eni”, perché Pasolini nel suo scritto dal carattere frammentario e vorticoso, si era riproposto di scrivere tutto ciò che la realtà del momento suggeriva, restituendo logica e coerenza ad un quadro politico apparentemente frammentario.
Dunque, nelle sue righe, si trovavano legate da un sottile filo rosso le stragi di Stato, la strategia della tensione, la questione del petrolio che intitola il romanzo e quindi le vicende legate all'Eni e al mistero della morte di Enrico Mattei.
Il bibliofilo Dell’Utri, ha annunciato che la scoperta sarà svelata soltanto all’apertura della XXI mostra del libro antico di Milano, che si terrà a Palazzo della Permanente dal 12 al 14 marzo. Non è noto sapere come il senatore sia venuto in possesso di un simile reperto e non volendone tantomeno svelare il suo contenuto, Dell'Utri ha speigato che a suo parere, vista la rilevanza storica dello scritto, è probabile che fosse scomparso perché rubato dallo studio di Pasolini.
Subito si è pronunciato sulla vicenda, Gianni D’Elia, poeta, saggista e scrittore che ben comprende l’importanza di un tale ritrovamento. «Pazzesco, roba da matti, incredibile. Quel capitolo del romanzo “Petrolio”, ritenuto dal giudice Calia un documento storico sulle stragi d’Italia, è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un “corpo di reato”. Se è vero, Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini», dichiara D’Elia.
Dunque il Pasolini di “Petrolio”, tutto concentrato sulla sua ossessione e frantumazione dell’identità che costituisce l’impianto del romanzo, sapeva, conosceva nomi e fatti ma come egli stesso affermò, non aveva prove, né indizi, ciò che non gli impedì di raccontare il nostro Paese negli anni in cui si compivano violenze e stragi.
Concepito nel 1972, il romanzo non trovò compimento perché l’autore morì pochi anni dopo, nel 1975, e si presenta come una sorta di raccolta incompleta di appunti dalla trama poco chiara (Carlo, il protagonista è un ingegnere dell’Eni, emblema della socialità e simbolo di provocazione), ma con una intenzione comunicativa ben precisa: la sua struttura vorticosa si riconduce a quella che Pasolini indica come la condizione genetica del suo progetto, vale a dire la volontà di dismettere le vesti del narratore convenzionale e di proporsi in quanto “autore reale”.
Roberta Valenzano
Scoperta quanto mai inedita ma soprattutto di grande valore storico. Secondo il senatore Dell’Utri infatti, conterrebbe delle importanti verità che svelerebbero alcuni dei misteri sugli anni di piombo italiani.
In particolare, Dell’Utri lo definisce un ritrovamento “inquietante per l’Eni”, perché Pasolini nel suo scritto dal carattere frammentario e vorticoso, si era riproposto di scrivere tutto ciò che la realtà del momento suggeriva, restituendo logica e coerenza ad un quadro politico apparentemente frammentario.
Dunque, nelle sue righe, si trovavano legate da un sottile filo rosso le stragi di Stato, la strategia della tensione, la questione del petrolio che intitola il romanzo e quindi le vicende legate all'Eni e al mistero della morte di Enrico Mattei.
Il bibliofilo Dell’Utri, ha annunciato che la scoperta sarà svelata soltanto all’apertura della XXI mostra del libro antico di Milano, che si terrà a Palazzo della Permanente dal 12 al 14 marzo. Non è noto sapere come il senatore sia venuto in possesso di un simile reperto e non volendone tantomeno svelare il suo contenuto, Dell'Utri ha speigato che a suo parere, vista la rilevanza storica dello scritto, è probabile che fosse scomparso perché rubato dallo studio di Pasolini.
Subito si è pronunciato sulla vicenda, Gianni D’Elia, poeta, saggista e scrittore che ben comprende l’importanza di un tale ritrovamento. «Pazzesco, roba da matti, incredibile. Quel capitolo del romanzo “Petrolio”, ritenuto dal giudice Calia un documento storico sulle stragi d’Italia, è stato rubato da casa di Pasolini. In termini giuridici è un “corpo di reato”. Se è vero, Dell’Utri deve dire come lo ha avuto, chi glielo ha dato, per quali fini», dichiara D’Elia.
Dunque il Pasolini di “Petrolio”, tutto concentrato sulla sua ossessione e frantumazione dell’identità che costituisce l’impianto del romanzo, sapeva, conosceva nomi e fatti ma come egli stesso affermò, non aveva prove, né indizi, ciò che non gli impedì di raccontare il nostro Paese negli anni in cui si compivano violenze e stragi.
Concepito nel 1972, il romanzo non trovò compimento perché l’autore morì pochi anni dopo, nel 1975, e si presenta come una sorta di raccolta incompleta di appunti dalla trama poco chiara (Carlo, il protagonista è un ingegnere dell’Eni, emblema della socialità e simbolo di provocazione), ma con una intenzione comunicativa ben precisa: la sua struttura vorticosa si riconduce a quella che Pasolini indica come la condizione genetica del suo progetto, vale a dire la volontà di dismettere le vesti del narratore convenzionale e di proporsi in quanto “autore reale”.
Roberta Valenzano
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