che ne pensate riguardo le notizie sui conti pubblici di grecia , portogallo, spagna e forse Italia? posto due articoli a riguardo:
Tra 'Pigs' e Paesi Baltici Eurolandia teme l' effetto domino
Repubblica — 31 gennaio 2010 pagina 110 sezione: PRIMA PAGINA
DAVOS «Too big to fail», troppo grande per essere lasciato fallire. È il pericolo che ha piegato i governi di tutto l' Occidente nel 2008 di fronte al collasso dei giganti bancari. Impossibile subìre il crac delle maggiori banche americane, inglesi, svizzere o belghe: gli Stati sono dovuti intervenire, dissanguando le loro finanze. «TOO big to fail», oggi l' incubo si ripresenta sotto un' altra forma, non meno drammatica. Che fare se è un intero Stato come la Grecia a rischiare la bancarotta, quali le conseguenze per l' Eurozona? Possiamo permetterci di assistere senza intervenire? E se il crollo greco fosse il primo di un effetto-domino, destinato a travolgere altri paesi? Partendo dalla "periferia": perché lì si trovano paesi che già prima della crisi avevano finanze pubbliche più dissestate, Stati meno efficienti, sistemi industriali meno competitivi. Questa nuova emergenza si è imposta ai leader europei mentre affluivano al World Economic Forum. All' inizio della settimana il premier greco Georgios Papandreou ha dovuto rivolgersi in affanno ai mercati internazionali per finanziare il suo debito pubblico. In apparenza ha guadagnato tempo, collocando titoli del Tesoro per 5 miliardi di euro. A un costo altissimo: un interesse del 6,25% che andrà a cumularsi ai debiti greci. E la tregua è stata illusoria. Gli stessi investitori internazionali che avevano presentato domande cinque volte superiori all' offerta di Bot greci, 24 ore dopo fuggivano disordinatamente. Vendite in massa di titoli di Atene hanno fatto schizzarei tassi ancora più su, fino a 3,7 punti sopra i Buoni del Tesoro tedeschi: una forbice-record mai raggiunta da quando la Grecia entrò nell' euro. Un segnale tremendo in vista dei prossimi appuntamenti coi mercati. Quest' anno Papandreou deve riuscire a raccogliere altri 54 miliardi, la metà entro aprile. E se non ce la facesse? Il senso di panico è accresciuto da un giallo, la voce poi smentita secondo cui la Cina avrebbe rifiutato un salvagente finanziario ad Atene. «Voci interessate - ha denunciato Papandreou a Davos - manovre speculative orchestrate da interessi potenti. Colpiscono noi ma hanno in mente bersagli più grossi». Dopo la Grecia il Portogallo, poi la Spagna, infine l' Italia? Le accuse di Papandreou, formato alla London School of Economics, hanno colpito la platea dei Vip a Davos. Coincidono con altre coincidenze inquietanti: la volatilità del mercato mondiale dei bond (obbligazioni e titoli di Stato) assomiglia pericolosamente all' estate del 2007, quando si avvertirono i primi segnali premonitori della grande crisi. Sono circolate voci su un' ipotesi "californiana" per tamponare la bancarotta greca: emettere cambiali (come gli I.O.U. con cui Arnold Schwarzenegger paga i suoi fornitori), ma in dracme anziché in euro, un passo che potrebbe segnare il primo percorso di fuoruscita dall' euro per un paese membro. Fantapolitica alimentata da chi sta prendendo posizioni speculative? La confusione del momento ha ricordato a molti il precedente del 1992, quando George Soros fece crollare la lira italiana e la sterlina, costrette a uscire dallo Sme. Al World Economic Forum è andata in scena una sconcertante cacofonìa delle autorità europee. Di fronte all' emergenza greca si sono levate voci che garantivano un intervento solidale dell' Unione. «Non è solo una questione nazionale, questa è una preoccupazione europea», ha detto il presidente della Commissione José Manuel Barroso. «Il club dell' euro è forte, ha legami di reciproco sostegno», gli ha fatto eco il premier spagnolo José Luis Zapatero che ha la presidenza di turno dell' Unione, ma è anche il "secondo o il terzo della lista" nel mirino della speculazione. Il premio Nobel dell' Economia Joseph Stiglitz ha incoraggiato Bruxelles a «sospendere le regole che vietano i salvataggi delle nazioni, perché ora si tratta di stabilizzare l' Europa stessa». Poi dal più autorevole rappresentante della Germania a Davos è arrivato uno stop brutale: «I greci risolvano i loro problemi - ha detto il ministro dell' Economia Rainer Bruederle - non sta certo al contribuente tedesco o francese farsene carico». E' un atto di egoismo, ma le motivazioni politiche sono comprensibili. I leader tedeschi osservano quel che accade in America: un' ondata populista contro Barack Obama, accusato di avere dissanguato le finanze pubbliche per aiutare Wall Street e l' industria dell' auto. La stessa ondata potrebbe nascere a Berlino e Parigi, se in una congiuntura sociale già difficile i contribuenti tedeschi e francesi fossero costretti a pagare per il crac greco, poi quello portoghese o spagnolo o lituano. Il populismo si rivolterebbe contro l' idea stessa dell' Europa. La linea della Germania ora sembra vincente. La Commissione europea starebbe per mandare un ultimatum ad Atene con richieste pesanti: tagli secchi agli stipendi pubblici, tetti alle pensioni. Una terapia-choc ancoIl fianco orientale della Ue si adegua. La Repubblica cèca vara tagli per passare dal 9% di deficit al 3% entro il 2014, la Bulgaria riduce del 15% le spese statali, la Romania vara un bilancio di austerità ra più severa di quella già varata da Papandreou, che ha annunciato una cura dimagrante nell' amministrazione pubblica e il congelamento delle retribuzioni. La Suddeutsche Zeitung anticipa un memorandum di Bruxelles dove si evocano «rischi a lungo termine di rialzi nei tassi dei Bot in Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia». E' d' accordo il direttore del Fondo monetario internazionale, Olivier Blanchard: «Altri rischiano la fine della Grecia se non adottano tagli ai deficit pubblici». La corsa per evitare il contagio è scattata. La Spagna prepara 50 miliardi di tagli alle spese. Il Portogallo ha annunciato una manovra per ridurre il deficit pubblico al 9% del Pil. L' Irlanda presenta un piano con riduzioni degli stipendi statali e risparmi di spesa del 6%, il rigore più severo da una generazione. Il fianco orientale dell' Unione si adegua. La Repubblica cèca vara tagli per passare dal 9% di deficit/Pil al 3% entro il 2014, la Bulgaria riduce del 15% le spese statali, la Romania ha un bilancio di austerità che pesa due punti percentuali di Pil. Perfino uno dei paesi più solidi, la Francia, corre ai ripari. Il primo ministro François Fillon ieri si è detto «determinato a prendere misure senza precedenti, per riportare il disavanzo sotto il 3% entro il 2013». Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique StraussKahn, disegna uno scenario cupo: «Il risanamento delle finanze pubbliche ci affliggerà per i prossimi 5, 6 o 7 anni, a seconda dei paesi». Anche negli Stati Uniti, che pure sono una unione federale da oltre due secoli, la solidarietà ha dei limiti. Washington non interviene a salvare la California dal crac. Ma l' America ha altri ammortizzatori: il bilancio federale paga almeno le pensioni e la sanità; gli americani emigrano facilmente dagli Stati in crisi verso quelli più dinamici; e sono disposti a sacrifici per noi inauditi, come il taglio del 10% degli stipendi agli insegnanti californiani. Per il Vecchio continente l' effetto-domino innescato dalla Grecia può segnare l' inizio di una lungae dolorosa ritirata dello Stato sociale, la rimessa in questione di tutto quello che è stato definito il "modello europeo". - dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI
qui si parla anche dei conti italiani ed un possibile aumento della pressione fiscale:
Tremonti e l'Italia che spaventa i mercati
5 febbraio 2010
di Superbonus
Se una banca vi avesse offerto un mutuo di due anni al tasso dell’Euribor più uno spread del 5 per cento probabilmente avreste protestato dal prefetto così come consigliato dal ministro Giulio Tremonti.
Da mercoledì la Grecia paga questo tasso per finanziare il proprio debito pubblico. Gli investitori internazionali hanno capito che Germania e Francia non sono disponibili a garantire il debito degli altri paesi europei e hanno iniziato a chiedere tassi più elevati per continuare a finanziarli. Il Portogallo e la Spagna sono state le prime vittime con tassi sul debito che crescono a vista d’occhio.
L'Italia sta entrando nel mirino. L’ottimismo ostentato dal governo non convince i mercati che l’Italia è meglio di Spagna e Portogallo. Gli investitori internazionali stanno passando al setaccio i conti dell’Italia e non ci metteranno molto a scoprire che nelle proiezioni dei prossimi 3 anni il governo ha peccato di ottimismo e c’è un buco di almeno 15 miliardi all’anno.
Lo sa Tremonti, lo ha spiegato nei consigli dei ministri dove si vagheggiavano abbassamenti delle tasse e abolizione dell’Irap. Anche perché la struttura di spesa pubblica che il centrodestra aveva promesso di smantellare con un drastico dimagrimento è ancora lì.
La moneta unica, che Tremonti ha spesso attaccato, ci ha consentito di finanziare il nostro debito a tassi bassi, grazie a una implicita fideiussione che ci era stata rilasciata dalla Germania quando ci fece entrare nella moneta unica convinta dai nostri buoni propositi sulla finanza pubblica.
L’euro ci ha permesso di emettere titoli di Stato per pagare non solo il debito pregresso ma anche per pagarne gli interessi. Ci siamo comportati per dieci anni come una famiglia che per pagare gli interessi di un mutuo, contrae nuovi debiti.
I governi presieduti da Silvio Berlusconi hanno aumentato il debito di 400 miliardi di euro senza aver prodotto alcun aumento di benessere e sviluppo. I mercati internazionali stanno per presentarci il conto ed i nostri partner europei non alzeranno un dito per difenderci.
Preparatevi: Lega, Pdl, Tremonti, Brunetta, Scajola, Baldassarri e tutti gli altri grideranno tutti contro la speculazione internazionale, contro quei cattivoni che non compreranno più i titoli di Stato italiani a tassi bassi. Tenteranno di dare la colpa agli avidi banchieri se dovranno fare una manovra da 50 miliardi, se la pressione fiscale aumenterà e il nostro paese passerà momenti veramente difficili.
Questo governo dovrà poi affrontare la sfida più difficile, quella di guidare l’Italia, con un debito pubblico mostruoso, in una nuova Unione europea dove ognuno è giudicato per quello che è non da quale moneta usa.
L’esecutivo dovrà mantenere la coesione sociale anche con i tagli alla spesa, dovrà recuperare l’evasione fiscale con durezza, dovrà dimenticarsi grandi opere, consulenze e prebende varie ai grandi gruppi d’interesse. Ce la farà ? Fate la vostra scommessa perché i giochi stanno per chiudersi.
Da il Fatto Quotidiano del 5 febbraio
Eppure a sentire la Tv abito in Arcadia, cosa c'è di fondato secondo voi in tutto ciò? Ci dobbiamo davvero aspettare una manovra per risanare parzialmente il debito?
Tra 'Pigs' e Paesi Baltici Eurolandia teme l' effetto domino
Repubblica — 31 gennaio 2010 pagina 110 sezione: PRIMA PAGINA
DAVOS «Too big to fail», troppo grande per essere lasciato fallire. È il pericolo che ha piegato i governi di tutto l' Occidente nel 2008 di fronte al collasso dei giganti bancari. Impossibile subìre il crac delle maggiori banche americane, inglesi, svizzere o belghe: gli Stati sono dovuti intervenire, dissanguando le loro finanze. «TOO big to fail», oggi l' incubo si ripresenta sotto un' altra forma, non meno drammatica. Che fare se è un intero Stato come la Grecia a rischiare la bancarotta, quali le conseguenze per l' Eurozona? Possiamo permetterci di assistere senza intervenire? E se il crollo greco fosse il primo di un effetto-domino, destinato a travolgere altri paesi? Partendo dalla "periferia": perché lì si trovano paesi che già prima della crisi avevano finanze pubbliche più dissestate, Stati meno efficienti, sistemi industriali meno competitivi. Questa nuova emergenza si è imposta ai leader europei mentre affluivano al World Economic Forum. All' inizio della settimana il premier greco Georgios Papandreou ha dovuto rivolgersi in affanno ai mercati internazionali per finanziare il suo debito pubblico. In apparenza ha guadagnato tempo, collocando titoli del Tesoro per 5 miliardi di euro. A un costo altissimo: un interesse del 6,25% che andrà a cumularsi ai debiti greci. E la tregua è stata illusoria. Gli stessi investitori internazionali che avevano presentato domande cinque volte superiori all' offerta di Bot greci, 24 ore dopo fuggivano disordinatamente. Vendite in massa di titoli di Atene hanno fatto schizzarei tassi ancora più su, fino a 3,7 punti sopra i Buoni del Tesoro tedeschi: una forbice-record mai raggiunta da quando la Grecia entrò nell' euro. Un segnale tremendo in vista dei prossimi appuntamenti coi mercati. Quest' anno Papandreou deve riuscire a raccogliere altri 54 miliardi, la metà entro aprile. E se non ce la facesse? Il senso di panico è accresciuto da un giallo, la voce poi smentita secondo cui la Cina avrebbe rifiutato un salvagente finanziario ad Atene. «Voci interessate - ha denunciato Papandreou a Davos - manovre speculative orchestrate da interessi potenti. Colpiscono noi ma hanno in mente bersagli più grossi». Dopo la Grecia il Portogallo, poi la Spagna, infine l' Italia? Le accuse di Papandreou, formato alla London School of Economics, hanno colpito la platea dei Vip a Davos. Coincidono con altre coincidenze inquietanti: la volatilità del mercato mondiale dei bond (obbligazioni e titoli di Stato) assomiglia pericolosamente all' estate del 2007, quando si avvertirono i primi segnali premonitori della grande crisi. Sono circolate voci su un' ipotesi "californiana" per tamponare la bancarotta greca: emettere cambiali (come gli I.O.U. con cui Arnold Schwarzenegger paga i suoi fornitori), ma in dracme anziché in euro, un passo che potrebbe segnare il primo percorso di fuoruscita dall' euro per un paese membro. Fantapolitica alimentata da chi sta prendendo posizioni speculative? La confusione del momento ha ricordato a molti il precedente del 1992, quando George Soros fece crollare la lira italiana e la sterlina, costrette a uscire dallo Sme. Al World Economic Forum è andata in scena una sconcertante cacofonìa delle autorità europee. Di fronte all' emergenza greca si sono levate voci che garantivano un intervento solidale dell' Unione. «Non è solo una questione nazionale, questa è una preoccupazione europea», ha detto il presidente della Commissione José Manuel Barroso. «Il club dell' euro è forte, ha legami di reciproco sostegno», gli ha fatto eco il premier spagnolo José Luis Zapatero che ha la presidenza di turno dell' Unione, ma è anche il "secondo o il terzo della lista" nel mirino della speculazione. Il premio Nobel dell' Economia Joseph Stiglitz ha incoraggiato Bruxelles a «sospendere le regole che vietano i salvataggi delle nazioni, perché ora si tratta di stabilizzare l' Europa stessa». Poi dal più autorevole rappresentante della Germania a Davos è arrivato uno stop brutale: «I greci risolvano i loro problemi - ha detto il ministro dell' Economia Rainer Bruederle - non sta certo al contribuente tedesco o francese farsene carico». E' un atto di egoismo, ma le motivazioni politiche sono comprensibili. I leader tedeschi osservano quel che accade in America: un' ondata populista contro Barack Obama, accusato di avere dissanguato le finanze pubbliche per aiutare Wall Street e l' industria dell' auto. La stessa ondata potrebbe nascere a Berlino e Parigi, se in una congiuntura sociale già difficile i contribuenti tedeschi e francesi fossero costretti a pagare per il crac greco, poi quello portoghese o spagnolo o lituano. Il populismo si rivolterebbe contro l' idea stessa dell' Europa. La linea della Germania ora sembra vincente. La Commissione europea starebbe per mandare un ultimatum ad Atene con richieste pesanti: tagli secchi agli stipendi pubblici, tetti alle pensioni. Una terapia-choc ancoIl fianco orientale della Ue si adegua. La Repubblica cèca vara tagli per passare dal 9% di deficit al 3% entro il 2014, la Bulgaria riduce del 15% le spese statali, la Romania vara un bilancio di austerità ra più severa di quella già varata da Papandreou, che ha annunciato una cura dimagrante nell' amministrazione pubblica e il congelamento delle retribuzioni. La Suddeutsche Zeitung anticipa un memorandum di Bruxelles dove si evocano «rischi a lungo termine di rialzi nei tassi dei Bot in Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia». E' d' accordo il direttore del Fondo monetario internazionale, Olivier Blanchard: «Altri rischiano la fine della Grecia se non adottano tagli ai deficit pubblici». La corsa per evitare il contagio è scattata. La Spagna prepara 50 miliardi di tagli alle spese. Il Portogallo ha annunciato una manovra per ridurre il deficit pubblico al 9% del Pil. L' Irlanda presenta un piano con riduzioni degli stipendi statali e risparmi di spesa del 6%, il rigore più severo da una generazione. Il fianco orientale dell' Unione si adegua. La Repubblica cèca vara tagli per passare dal 9% di deficit/Pil al 3% entro il 2014, la Bulgaria riduce del 15% le spese statali, la Romania ha un bilancio di austerità che pesa due punti percentuali di Pil. Perfino uno dei paesi più solidi, la Francia, corre ai ripari. Il primo ministro François Fillon ieri si è detto «determinato a prendere misure senza precedenti, per riportare il disavanzo sotto il 3% entro il 2013». Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique StraussKahn, disegna uno scenario cupo: «Il risanamento delle finanze pubbliche ci affliggerà per i prossimi 5, 6 o 7 anni, a seconda dei paesi». Anche negli Stati Uniti, che pure sono una unione federale da oltre due secoli, la solidarietà ha dei limiti. Washington non interviene a salvare la California dal crac. Ma l' America ha altri ammortizzatori: il bilancio federale paga almeno le pensioni e la sanità; gli americani emigrano facilmente dagli Stati in crisi verso quelli più dinamici; e sono disposti a sacrifici per noi inauditi, come il taglio del 10% degli stipendi agli insegnanti californiani. Per il Vecchio continente l' effetto-domino innescato dalla Grecia può segnare l' inizio di una lungae dolorosa ritirata dello Stato sociale, la rimessa in questione di tutto quello che è stato definito il "modello europeo". - dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI
qui si parla anche dei conti italiani ed un possibile aumento della pressione fiscale:
Tremonti e l'Italia che spaventa i mercati
5 febbraio 2010
di Superbonus
Se una banca vi avesse offerto un mutuo di due anni al tasso dell’Euribor più uno spread del 5 per cento probabilmente avreste protestato dal prefetto così come consigliato dal ministro Giulio Tremonti.
Da mercoledì la Grecia paga questo tasso per finanziare il proprio debito pubblico. Gli investitori internazionali hanno capito che Germania e Francia non sono disponibili a garantire il debito degli altri paesi europei e hanno iniziato a chiedere tassi più elevati per continuare a finanziarli. Il Portogallo e la Spagna sono state le prime vittime con tassi sul debito che crescono a vista d’occhio.
L'Italia sta entrando nel mirino. L’ottimismo ostentato dal governo non convince i mercati che l’Italia è meglio di Spagna e Portogallo. Gli investitori internazionali stanno passando al setaccio i conti dell’Italia e non ci metteranno molto a scoprire che nelle proiezioni dei prossimi 3 anni il governo ha peccato di ottimismo e c’è un buco di almeno 15 miliardi all’anno.
Lo sa Tremonti, lo ha spiegato nei consigli dei ministri dove si vagheggiavano abbassamenti delle tasse e abolizione dell’Irap. Anche perché la struttura di spesa pubblica che il centrodestra aveva promesso di smantellare con un drastico dimagrimento è ancora lì.
La moneta unica, che Tremonti ha spesso attaccato, ci ha consentito di finanziare il nostro debito a tassi bassi, grazie a una implicita fideiussione che ci era stata rilasciata dalla Germania quando ci fece entrare nella moneta unica convinta dai nostri buoni propositi sulla finanza pubblica.
L’euro ci ha permesso di emettere titoli di Stato per pagare non solo il debito pregresso ma anche per pagarne gli interessi. Ci siamo comportati per dieci anni come una famiglia che per pagare gli interessi di un mutuo, contrae nuovi debiti.
I governi presieduti da Silvio Berlusconi hanno aumentato il debito di 400 miliardi di euro senza aver prodotto alcun aumento di benessere e sviluppo. I mercati internazionali stanno per presentarci il conto ed i nostri partner europei non alzeranno un dito per difenderci.
Preparatevi: Lega, Pdl, Tremonti, Brunetta, Scajola, Baldassarri e tutti gli altri grideranno tutti contro la speculazione internazionale, contro quei cattivoni che non compreranno più i titoli di Stato italiani a tassi bassi. Tenteranno di dare la colpa agli avidi banchieri se dovranno fare una manovra da 50 miliardi, se la pressione fiscale aumenterà e il nostro paese passerà momenti veramente difficili.
Questo governo dovrà poi affrontare la sfida più difficile, quella di guidare l’Italia, con un debito pubblico mostruoso, in una nuova Unione europea dove ognuno è giudicato per quello che è non da quale moneta usa.
L’esecutivo dovrà mantenere la coesione sociale anche con i tagli alla spesa, dovrà recuperare l’evasione fiscale con durezza, dovrà dimenticarsi grandi opere, consulenze e prebende varie ai grandi gruppi d’interesse. Ce la farà ? Fate la vostra scommessa perché i giochi stanno per chiudersi.
Da il Fatto Quotidiano del 5 febbraio
Eppure a sentire la Tv abito in Arcadia, cosa c'è di fondato secondo voi in tutto ciò? Ci dobbiamo davvero aspettare una manovra per risanare parzialmente il debito?
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