Briciole, sempre sulla religione

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  • bersiker1980
    decisamente grosso
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    • Serenissima Veneta Repubblica
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    Originariamente Scritto da Sergio Visualizza Messaggio
    Ed il fatto che ora tu non creda alle fate ed ai folletti non è un buon motivo per non prendere seriamente la cosa, tra 100 anni potrebbero manifestarsi o anche potrebbero non manifestarsi mai, è forse questo un buon motivo per non credere ai folletti? Sei solo tu che non ci arrivi!




    "Suona male" vero quando si parla di fate?
    Ma non è questione di fate e folletti.
    Come ci si rapporta a i grandi problemi dell'esistenza?
    La scienza no li spiega, la religione neppure...che dobbiamo fare allora?
    guarda, io non sto dicendo che la fede dà le risposte eh...la fede fa una proposta, sta a noi scegliere se accettarla o meno.
    sigpic

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    • Sean
      Csar
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      Originariamente Scritto da gorgone Visualizza Messaggio
      sean ladivina provvidenza non è la salvezza trascendente, o se vuoi la Salvezza. non giochiamo a rimpiattino
      tanto che di provvidenza si parla anche fuori dall'uomo, la divina provvidenza si prende cura delle piccole cose, del filo d'erba come dell'uomo, ma ora vogliamo dire che il filo d'erba salirà in paradiso?


      la salvezza è, ripeto, proprio il riconoscimento di dio. quella è la salvezza, quello è il paradiso.

      così come l'inferno altro non è che l'assenza di dio, il vuoto della sua parola. ecco perché chiunque può essere salvato, ecco - di più - perché chiunque è già salvo, è già salvo in quanto dio c'è e parla, è sufficiente aprirsi a lui.

      (c'è un libro bellissimo sul nesso tra provvidenza e salvezza, i segni dei tempi edizioni paoline, non mi ricordo l'autore)
      Sono d'accordo, anzi direi che ci siamo proprio
      Ma come si esplica questo "riconoscimento"?
      Siamo così sicuri che sia l'adesione esteriore ad un rito, ad una fede, ad un'idea concreta di Dio, ad una religione rivelata?
      Perchè è vero anche ciò che dici alla fine, Dio già opera e parla, ed è sufficiente aprirsi a lui, ecco perchè l'unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito (questa chiusura consapevole e portata alle estreme conseguenze del divino).
      Dunque ribadisco quanto detto:
      Se un ateo agisce comunque secondo Dio, è salvo, non è necessario che abbracci alcuna religione, perchè Dio stesso vuole che tutti siano salvi ( e qui trova spazio quella teologia che vuole che l'inferno non sia eterno e che anche Satana, alla fine, sia destinato a tornare a Dio), perchè Dio stesso giudicherà tutti sull'amore che avremo mostrato non (solo) a lui, ma a noi stessi e agli uomini.
      Last edited by Sean; 05-10-2009, 22:26:48.
      ...ma di noi
      sopra una sola teca di cristallo
      popoli studiosi scriveranno
      forse, tra mille inverni
      «nessun vincolo univa questi morti
      nella necropoli deserta»

      C. Campo - Moriremo Lontani


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      • Ecatombe
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        Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
        Sono d'accordo, anzi direi che ci siamo proprio
        Ma come si esplica questo "riconoscimento"?
        Siamo così sicuri che sia l'adesione esteriore ad un rito, ad una fede, ad un'idea concreta di Dio, ad una religione rivelata?
        Perchè è vero anche ciò che dici alla fine, Dio già opera e parla, ed è sufficiente aprirsi a lui, ecco perchè l'unico peccato imperdonabile è quello contro lo Spirito (questa chiusura consapevole e portata alle estreme conseguenze del divino).
        Dunque ribadisco quanto detto:
        Se un ateo agisce comunque secondo Dio, è salvo, non è necessario che abbracci alcuna religione, perchè Dio stesso vuole che tutti siano salvi ( e qui trova spazio quella teologia che vuole che l'inferno non sia eterno e che anche Satana, alla fine, sia destinato a tornare a Dio), perchè Dio stesso giudicherà tutti sull'amore che avremo mostrato non (solo) a lui, ma a noi stessi e agli uomini.
        discorso interessante...
        però credo che la salvezza ci sia per chi davvero riconosca Dio come suo creatore e come unica fonte di amore.
        prendiamo ad es. quanto dice la bibbia ed il vangelo.
        "Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti" (Efesini 2:8).
        o ancora: "L'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù" (Galati 2:16)
        nel vangelo credo sia significativo questo passo:
        di Giovanni 14:6
        «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.




        Filippesi 4:13 "Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica"


        http://www.bodyweb.com/forums/arti-marziali/226736-regolamento-di-sezione.html




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        • Sean
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          Originariamente Scritto da bersiker1980 Visualizza Messaggio
          Appunto. Ma il riconoscimento di dio può essere anche inconsapevole e operato solo fattualmente.
          Chi agisce rettamente, a prescindere da ciò in cui crede o non crede, riconosce dio.
          Al contrario chi agisce secondo il male, a prescindere da ciò che dichiara e manifesta, di fatto nega dio
          .
          Esatto.
          Questo credo sia proprio la direttrice che ha guidato le riflessioni teologiche durante il Vaticano II.
          A quel Concilio vi partecipò un sacerdote-teologo, Karl Rahner, in funzione di perito.
          E' sua questa definizione che credo ci possa tornare utile qui:
          Egli parla, riguardo alcuni uomini, di cristianesimo anonimo, a dire che si può vivere una vita cristiana anche se non esplicitata compiutamente:

          "La grazia viene da Dio in un rapporto dialogico e libero ed è quindi indebita e soprannaturale. Una realtà data da sempre, e può essere accettata o rifiutata. L'uomo non può mai uscire da questa caratteristica. Da qui il suo "cristianesimo anonimo" e la convinzione che in ogni religione sia presente la grazia e quindi la chiamata di Dio. Da qui deriva quello che Rahner chiama "il momento trascendentale” della rivelazione storica. De facto dunque, la grazia rimane una permanente determinazione dell'essere dell'uomo, che comunica con Dio e che può rifiutare di comunicare (una scelta, dunque). Perciò l'"uomo naturale" non esiste. L'uomo ha una vocazione soprannaturale, al di là del fatto che sia cristiano o no. La grazia è quindi soprannaturale ed è con l'uomo da sempre, è trascendentale, e accompagna il divenire a posteriori della vita di ognuno, segnandolo in profondità nelle decisioni."
          KARL RAHNER

          Fermo restando un punto, che è Cristo che salva e che, anzi, in virtù della croce, ha già salvato tutti.
          Solo colui che consapevolmente rifiuta l'agire dello Spirito, che si disegna in una miriade di maniere diverse, ha già scritto la sua condanna, ma non perchè rifiuta Cristo-Dio come evento "religioso", ma perchè, semplicemente, chiude le porte ad ogni azione salvifica e dialogica col divino che già è nell'uomo, in ogni uomo.
          ...ma di noi
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            discorso interessante...
            però credo che la salvezza ci sia per chi davvero riconosca Dio come suo creatore e come unica fonte di amore.
            prendiamo ad es. quanto dice la bibbia ed il vangelo.
            "Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti" (Efesini 2:8).
            o ancora: "L'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù" (Galati 2:16)
            nel vangelo credo sia significativo questo passo:
            di Giovanni 14:6
            «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
            La questione è come si operi questo riconoscimento di Cristo, e se non vogliamo pensare all'assurdo che i tre-quarti di umanità non cristiana, non sia salva, allora bisogna definire cosa significa entrare per quella porta che è Cristo, e che tutti vuole condurre al Padre.
            E il cristianesimo è prassi, è fare, non è una religione che segue un Libro, ma un Uomo, non dimentichiamolo mai.
            Da uno dei discorsi escatologici in Matteo:

            31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".


            "Non chi mi dice, Signore, Signore...", è Cristo che ammonisce, che ci dice che è sull'amore che saremo giudicati.
            Paolo stesso (l'ho postato più dietro) ci dice che senza le opere, la fede è nulla.
            Cristo è una realtà viva, Cristo opera da sempre e ovunque, e mettersi alla sua sequela, andare per la sua via, vuol dire pensare e operare il Bene, altrimenti la sua azione di salvezza non si potrebbe definire universale.
            Il "giusto" può avere un colore, una "fede"?
            Cristo è morto in croce solo per i cristiani?
            Last edited by Sean; 05-10-2009, 22:59:42.
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              La questione è come si operi questo riconoscimento di Cristo, e se non vogliamo pensare all'assurdo che i tre-quarti di umanità non cristiana, non sia salva, allora bisogna definire cosa significa entrare per quella porta che è Cristo, e che tutti vuole condurre al Padre.
              E se il cristianesimo è prassi, e fare, non è una religione che segue un Libro, ma un Uomo, non dimentichiamolo mai.
              Da uno dei discorsi escatologici in Matteo:

              31Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. 41Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. 46E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna".


              "Non chi mi dice, Signore, Signore...", è Cristo che ammonisce, che ci dice che è sull'amore che saremo giudicati.
              Paolo stesso (l'ho postato più dietro) ci dice che senza le opere, la fede è nulla.
              Cristo è una realtà viva, Cristo opera da sempre e ovunque, e mettersi alla sua sequela, andare per la sua via, vuol dire pensare e operare il Bene, altrimenti la sua azione di salvezza non si potrebbe definire universale.
              Il "giusto" può avere un colore, una "fede"?
              Cristo è morto in croce solo per i cristiani?
              ottimo! adesso se lo trovo posto un altro spunto interessante...




              Filippesi 4:13 "Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica"


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                Relativamente al discorso fatto da Sean...
                IL CRISTIANESIMO E LE RELIGIONI indice
                porto un esempio ma sarebbe meglio leggerlo tutto! (quando si ha tempo)

                Direttamente dalla Commissione Teologica del 1996

                63. La questione principale non è oggi se gli uomini possano raggiungere la
                salvezza anche se non appartengono alla chiesa cattolica visibile: questa
                possibilità è considerata come teologicamente certa. La pluralità delle
                religioni, di cui i cristiani sono sempre più coscienti, una migliore
                conoscenza di queste religioni e il necessario dialogo con esse, senza
                tralasciare in ultimo luogo una più chiara coscienza delle frontiere
                spaziali e temporali della chiesa, ci pongono la questione se si possa
                ancora parlare della necessità della chiesa per la salvezza, e se questo
                principio sia compatibile con la volontà salvifica universale di Dio.

                68. A differenza di Pio XII, il concilio rinuncia a parlare di 'votum
                implicitum' e applica il concetto di 'votum' soltanto al desiderio esplicito
                dei catecumeni di appartenere alla chiesa ('Lumen gentium', n. 14). Dei non
                cristiani si dice che, in modo diverso, sono ordinati al popolo di Dio.
                Secondo i vari modi in cui la volontà salvifica di Dio abbraccia i non
                cristiani, il concilio distingue quattro gruppi: in primo luogo gli ebrei;
                in secondo luogo i musulmani; in terzo luogo quelli che senza colpa ignorano
                il Vangelo di Cristo e non conoscono la chiesa, ma cercano Dio con cuore
                sincero e si sforzano di compiere la sua volontà conosciuta attraverso la
                coscienza; in quarto luogo quelli che, senza colpa, non sono ancora giunti a
                conoscere espressamente Dio, ma ciò nonostante si sforzano di condurre una
                vita retta ('Lumen gentium', n. 16).

                81. Oggi non è in discussione la possibilità di salvezza fuori della chiesa
                di quelli che vivono secondo coscienza. Questa salvezza, come si è visto
                nella precedente esposizione, non si produce indipendentemente da Cristo e
                dalla sua chiesa: essa si fonda sulla presenza universale dello Spirito, che
                non si può separare dal mistero pasquale di Gesù ('Gaudium et spes', n. 22;
                'Redemptoris missio', n. 10, ecc.). Alcuni testi del Vaticano II trattano
                specificamente delle religioni non cristiane: coloro ai quali non è stato
                ancora annunciato il Vangelo sono in vari modi ordinati al popolo di Dio, e
                l'appartenenza alle diverse religioni non sembra indifferente agli effetti
                di questo "ordinamento" (cf. 'Lumen gentium', n. 16). Si riconosce che nelle
                diverse religioni si trovano raggi della verità che illumina ogni uomo
                ('Nostra aetate', n. 2), semi del Verbo ('Ad gentes', n. 11); che per
                disposizione di Dio si trovano in esse cose buone e vere ('Optatam totius',
                n. 16); che si trovano elementi di verità, di grazia e di bene non soltanto
                nei cuori degli uomini, ma anche nei riti e nei costumi dei popoli, anche se
                tutto dev'essere "sanato, elevato e completato" (Vaticano II, decr. 'Ad
                gentes' sull'attività missionaria della chiesa, n. 9; 'Lumen gentium', n.
                17). Rimane aperto invece l'interrogativo se le religioni come tali possano
                avere valore in ordine alla salvezza.

                84. A motivo di tale esplicito riconoscimento della presenza dello Spirito
                di Cristo nelle religioni, non si può escludere la possibilità che queste,
                come tali, esercitino una certa funzione salvifica, aiutino cioè gli uomini
                a raggiungere il fine ultimo nonostante la loro ambiguità. Nelle religioni
                viene messo in rilievo esplicitamente il rapporto dell'uomo con l'Assoluto,
                la sua dimensione trascendente. Sarebbe difficile pensare che abbia valore
                salvifico quanto lo Spirito Santo opera nel cuore degli uomini presi come
                individui e non lo abbia quanto lo stesso Spirito opera nelle religioni e
                nelle culture: il recente magistero non sembra autorizzare una differenza
                così drastica. D'altra parte, occorre notare che molti testi a cui ci siamo
                riferiti non parlano soltanto delle religioni, ma insieme a esse nominano
                anche le culture, la storia dei popoli, ecc.: anche queste possono essere
                "toccate" da elementi di grazia.




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                  Un intervento estremamente interessante, che ci dice a che punto è lo stato dell'arte al riguardo...
                  Grazie
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
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                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                  • richard
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                    cmq, qui si divaga di nuovo: il punto fondamentale è che il paradosso del dio buono ed onnipotente che mette al mondo il povero ragazzino che muore, dopo anni di stenti, non ha mai trovato una risposta soddifacente, ma solo sospensioni di quesito/giudizio
                    Al di là dello specifico "povero ragazzino che muore dopo anni di stenti" ... mi sembra (giusto per dare, almeno personalmente, un "senso" al thread) tu voglia rilevare come il significato di dolore/sofferenza della vita umana sia "risolto" in maniera poco soddisfacente dalle religioni (che abbraccino un dichiarato Principio di Bene Assoluto identificato con Dio).

                    Questo tema è di notevole importanza teologica e non possiamo certo pretendere di affrontarlo in maniera adeguata qui. Giusto per onestà intellettuale va riconoscito che molte religioni, in primis quella cattolica, assegnano al significato di sofferenza un valore estremo e lo discutono ampiamente sia sul piano antropologico/sociologico che teologico (chiarisco qui perché dai tuoi post poteva emergere la non corretta idea per cui il tema risulti, in ambito religioso, "scomodo" e quindi da "glissare").
                    Trovare soddisfacenti tali argomentazioni ovviamente non dipende solo da queste, ma anche dalla base culturale con la quale esse si affrontano.

                    Senza entrare specificatamente nel merito di un argomento per cui mi sento piuttosto inadeguato, segnalo soltanto una reference che affronta appunto la questione sulla relazione religiosità-sofferenza, rilevando le varie soluzioni (antropologiche, sociali e teologiche, a seconda dei vari contesti religiosi/culturali) di questo rapporto.

                    Rebecca Sachs Norris, The paradox of healing pain, Religion Volume 39, Issue 1, March 2009, Pages 22-33.

                    Riporto il primo paragrafo delle conclusioni:

                    In the same way that pain is shaped by experience, other types of suffering are also capable of being transformed over time through ideas, emotions, and experience. In the interviews I conducted, and examining Boucher‘s account of her experience, it is evident that simply having a schema that validates pain or suffering as a valuable element of human experience provides a way for people to integrate those experiences into their identity within a larger framework. This coherence, or degree of coherence, is part of the value of a religious or spiritual worldview—there is some kind of explanation (even if only vaguely or confusedly understood) or way to work with that pain or suffering when it occurs, or upon reflection. Cardinal Bernardin’s statement that “suffering and pain make little sense to me without God” (Bernardin, 1997: 95) is echoed by one of the men I interviewed: “Without faith suffering has no purpose.” In a religious or spiritual framework, the full range of human experience of suffering is recognized and responded to.
                    Last edited by richard; 07-10-2009, 22:23:50.

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                    • thetongue
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                      Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                      Al di là dello specifico "povero ragazzino che muore dopo anni di stenti" ... mi sembra (giusto per dare, almeno personalmente, un "senso" al thread) tu voglia rilevare come il significato di dolore/sofferenza della vita umana sia "risolto" in maniera poco soddisfacente dalle religioni (che abbraccino un dichiarato Principio di Bene Assoluto identificato con Dio).

                      Questo tema è di notevole importanza teologica e non possiamo certo pretendere di affrontarlo in maniera adeguata qui. Giusto per onestà intellettuale va riconoscito che molte religioni, in primis quella cattolica, assegnano al significato di sofferenza un valore estremo e lo discutono ampiamente sia sul significato antropologico/sociologico che teologico (chiarisco qui perché dai tuoi post poteva emergere la non corretta idea per cui il tema risulti, in ambito religioso, "scomodo" e quindi da "glissare").
                      Trovare soddisfacenti tali argomentazioni ovviamente non dipende solo da queste, ma anche dalla base culturale con la quale esse si affrontano.

                      Senza entrare specificatamente nel merito di un argomento per cui mi sento piuttosto inadeguato, segnalo soltanto una reference che affronta appunto la questione sulla relazione religiosità-sofferenza, rilevando le varie soluzioni (antropologiche, sociali e teologiche, a seconda dei vari contesti religiosi/culturali) di questo rapporto.

                      Rebecca Sachs Norris, The paradox of healing pain, Religion Volume 39, Issue 1, March 2009, Pages 22-33.

                      Riporto il primo paragrafo delle conclusioni:

                      In the same way that pain is shaped by experience, other types of suffering are also capable of being transformed over time through ideas, emotions, and experience. In the interviews I conducted, and examining Boucher‘s account of her experience, it is evident that simply having a schema that validates pain or suffering as a valuable element of human experience provides a way for people to integrate those experiences into their identity within a larger framework. This coherence, or degree of coherence, is part of the value of a religious or spiritual worldview—there is some kind of explanation (even if only vaguely or confusedly understood) or way to work with that pain or suffering when it occurs, or upon reflection. Cardinal Bernardin’s statement that “suffering and pain make little sense to me without God” (Bernardin, 1997: 95) is echoed by one of the men I interviewed: “Without faith suffering has no purpose.” In a religious or spiritual framework, the full range of human experience of suffering is recognized and responded to.
                      molto più semplicemente, io, come l'uomo da sempre del resto, mi chiedo che senso abbia per un dio buono ed onnipotente far nascere una creatura, per farle attraversare un'esistenza fatta di atrocità e sofferenze per poi morire in modo disgraziato così afflitto entro alcuni anni

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                      • richard
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                        Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                        molto più semplicemente, io, come l'uomo da sempre del resto, mi chiedo che senso abbia per un dio buono ed onnipotente far nascere una creatura, per farle attraversare un'esistenza fatta di atrocità e sofferenze per poi morire in modo disgraziato così afflitto entro alcuni anni
                        La reference affronta anche il tuo interrogativo.

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                        • thetongue
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                          Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                          La reference affronta anche il tuo interrogativo.
                          ho dato una scorsa ai titoli dei vari paragrafi: non mi pare, ma ti ringrazio comunque.
                          il fatto, richard, è che il tipo di significato a cui gli utenti si riferiscono in questo 3d non si trova fra i paragrafi di un libro, ma dovrebbe fiorire nello spirito dell'uomo come evidenza
                          Last edited by thetongue; 06-10-2009, 02:08:18.

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                          • richard
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                            Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                            ho dato una scorsa ai titoli dei vari paragrafi: non mi pare, ma ti ringrazio comunque.
                            Certo non troverai (ovviamente, mi permetto di aggiungere) il "ragazzino che muore di stenti in Africa", ma riferimenti sul significato di sofferenza in varie fedi (cattolica o orientali, ad esempio) sono ben evidenti.
                            Ti consiglio di leggere con attenzione il corpo (voglia e tempo permettendo).

                            Originariamente Scritto da thetongue
                            il fatto, richard, è che il tipo di significato a cui gli utenti si riferiscono in questo 3d non si trova fra i paragrafi di un libro, ma dovrebbe fiorire nello spirito dell'uomo come evidenza
                            Beh, nei libri non troviamo mica l' "inaccessibile arcano degli dei", ma semplicemente il pensiero che "fiorisce dallo spirito" dell'autore (quando la comunicazione è in buonafede).

                            Per quanto tu sottolinei il caso del "bambino africano", forse principalmente per un maggiore "imapatto emozionale" su chi legga il thread, la questione non è concettualmente differente dall'uomo (retto) condotto, dalle avversità della vita, alla sofferenza e alla morte.

                            Comunque significativo l'incipit della reference che porta maggiormente a interrogarsi sul senso dei tuoi quesiti:


                            Pain may be seen as a problem to be healed or as a means for healing. The experience of pain is a subjective, enculturated experience; the meaning that pain or suffering holds within a given cultural context affects the experience of pain and suffering.1 In a context where pain and suffering are not understood to have value, that attitude can create more suffering, even in conditions meant to alleviate suffering, such as in biomedical situations. In contrast, where pain and suffering are understood to be valuable, such as within a religious context, those experiences can be used for spiritual transformation; the liminal state that pain can induce contributes to this process.

                            Capisci bene che, se accetti questi presupposti (io personalmente mi sento di farlo), il tuo "fiorire nello spirito dell'uomo come evidenza", in questo contesto, diventa piuttosto relativo.

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                            • Ecatombe
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                              molto più semplicemente, io, come l'uomo da sempre del resto, mi chiedo che senso abbia per un dio buono ed onnipotente far nascere una creatura, per farle attraversare un'esistenza fatta di atrocità e sofferenze per poi morire in modo disgraziato così afflitto entro alcuni anni
                              beh tongue un cattolico trova la risposta alla tua domanda nelle stesse "Beatitudini" che troviano nel vangelo di Matteo (5;3-12)
                              « Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
                              Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
                              Beati i miti, perché erediteranno la terra.
                              Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
                              Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
                              Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
                              Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
                              Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
                              Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
                              Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli »

                              Allo stesso tempo troviamo nel vangelo di Luca (6;24-26)
                              « Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
                              Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
                              Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
                              Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. »

                              Capisco comunque la difficoltà a non comprendere la terribile sofferenza di un bambino e comunque di qualsiasi altro essere umano.




                              Filippesi 4:13 "Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica"


                              http://www.bodyweb.com/forums/arti-marziali/226736-regolamento-di-sezione.html




                              ecatombe.bodyweb@tiscali.it

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                                Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
                                Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. »
                                Scusate, ma come si fa a scrivere sta roba? .........................



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