POL - "Direttore-evasore", confutata l'autodifesa di Ezio Mauro
Roma, 3 set (Velino) - Per discolparsi dall'accusa di aver evaso il fisco nell'acquisto di un immobile, versandone "al nero" una parte del prezzo, il direttore de la Repubblica, Ezio Mauro, sostiene di aver pagato più tasse di quanto la legge gli avrebbe consentito di pagare, perché non si è avvalso di una norma (l'articolo 52 del D. P. R. 26 aprile 1986 numero 131, sull'imposta di registro) che allora, nel 2000, a suo avviso gli avrebbe permesso di "realizzare un forte risparmio fiscale". Citazione sbagliata della norma. Secondo Giorgio Fabbri, ex direttore tributario dell'Agenzia delle Entrate, "il suo tentativo di autoassoluzione non regge". L'articolo 52 del Dpr 131/86, spiega infatti in una lettera a il Giornale, "non è una sorta di licenza a dichiarare un importo del corrispettivo tassabile, inferiore a quello pattuito e pagato", come Mauro ha lasciato intendere. L'articolo 72 dello stesso Dpr 131/86 citato dal direttore de la Repubblica stabilisce la sanzione per l'"omissione di corrispettivo", e nel suo caso il "direttore-evasore", calcola Fabbri, "avrebbe dovuto corrispondere la differenza di imposta non pagata sulla somma di circa 800 milioni, che corrisponde a circa 80 milioni di lire (che ha sicuramente evaso) e poi avrebbe dovuto pagare una sanzione amministrativa che l'ufficio fiscale avrebbe irrogato da un minimo di 160 a un massimo di 320 milioni di lire". Per una somma complessiva, nel migliore dei casi, di 240 milioni di lire. Quindi, conclude Fabbri, "il nostro direttore-evasore è proprio evasore e basta, il resto lo può dare a intendere solo ai suoi compagni".
Ma a confutare l'autodifesa di Mauro è anche Marino Longoni, vice direttore del quotidiano giuridico-economico Italia Oggi, che parla di "suicidio mediatico perfetto". "La base imponibile dell'imposta di registro - spiega il vicedirettore - non è il valore catastale (come Ezio Mauro vorrebbe dare a intendere), ma il valore effettivo dell'immobile... definito dal prezzo di compravendita dichiarato dalle parti (le quali sono ovviamente tenute a dichiararlo per l'ammontare effettivamente praticato)". Il comma 4 dell'art. 52 del dpr 131/1986, citato da Mauro, stabilisce che, "se il valore su cui le parti autoliquidano le imposte è superiore al valore catastale, questo accertamento di maggior valore non può avere luogo e la partita si chiude tra fisco e contribuenti nella piena correttezza dei reciproci comportamenti. Resta il fatto che - prosegue Longoni - se il valore catastale è 100 e le parti dichiarano un valore ad esso superiore (Mauro dice di aver dichiarato 524 milioni in più del valore catastale), ma al contempo inferiore di quello che è l'effettivo prezzo di compravendita praticato (i giornali hanno parlato, non smentiti, di assegni in nero per 850 milioni, oltre alla parte in chiaro dichiarata in atto), non è affatto vero che il comportamento delle parti è conforme alla legge". "La condotta evasiva di cui si è macchiato Ezio Mauro - conclude il vicedirettore di Italia Oggi - ha un nome e una sua specifica sanzione". Si tratta di "parziale occultamento del corrispettivo", sanzionato a norma dell'art. 72 del Dpr 131/1986, richiamato nella sua lettera a il Giornale dall'ex direttore tributario dell'Agenzia delle Entrate. Solo che i termini per l'accertamento - tre anni dall'atto di compravendita - sono ormai prescritti.
Roma, 3 set (Velino) - Per discolparsi dall'accusa di aver evaso il fisco nell'acquisto di un immobile, versandone "al nero" una parte del prezzo, il direttore de la Repubblica, Ezio Mauro, sostiene di aver pagato più tasse di quanto la legge gli avrebbe consentito di pagare, perché non si è avvalso di una norma (l'articolo 52 del D. P. R. 26 aprile 1986 numero 131, sull'imposta di registro) che allora, nel 2000, a suo avviso gli avrebbe permesso di "realizzare un forte risparmio fiscale". Citazione sbagliata della norma. Secondo Giorgio Fabbri, ex direttore tributario dell'Agenzia delle Entrate, "il suo tentativo di autoassoluzione non regge". L'articolo 52 del Dpr 131/86, spiega infatti in una lettera a il Giornale, "non è una sorta di licenza a dichiarare un importo del corrispettivo tassabile, inferiore a quello pattuito e pagato", come Mauro ha lasciato intendere. L'articolo 72 dello stesso Dpr 131/86 citato dal direttore de la Repubblica stabilisce la sanzione per l'"omissione di corrispettivo", e nel suo caso il "direttore-evasore", calcola Fabbri, "avrebbe dovuto corrispondere la differenza di imposta non pagata sulla somma di circa 800 milioni, che corrisponde a circa 80 milioni di lire (che ha sicuramente evaso) e poi avrebbe dovuto pagare una sanzione amministrativa che l'ufficio fiscale avrebbe irrogato da un minimo di 160 a un massimo di 320 milioni di lire". Per una somma complessiva, nel migliore dei casi, di 240 milioni di lire. Quindi, conclude Fabbri, "il nostro direttore-evasore è proprio evasore e basta, il resto lo può dare a intendere solo ai suoi compagni".
Ma a confutare l'autodifesa di Mauro è anche Marino Longoni, vice direttore del quotidiano giuridico-economico Italia Oggi, che parla di "suicidio mediatico perfetto". "La base imponibile dell'imposta di registro - spiega il vicedirettore - non è il valore catastale (come Ezio Mauro vorrebbe dare a intendere), ma il valore effettivo dell'immobile... definito dal prezzo di compravendita dichiarato dalle parti (le quali sono ovviamente tenute a dichiararlo per l'ammontare effettivamente praticato)". Il comma 4 dell'art. 52 del dpr 131/1986, citato da Mauro, stabilisce che, "se il valore su cui le parti autoliquidano le imposte è superiore al valore catastale, questo accertamento di maggior valore non può avere luogo e la partita si chiude tra fisco e contribuenti nella piena correttezza dei reciproci comportamenti. Resta il fatto che - prosegue Longoni - se il valore catastale è 100 e le parti dichiarano un valore ad esso superiore (Mauro dice di aver dichiarato 524 milioni in più del valore catastale), ma al contempo inferiore di quello che è l'effettivo prezzo di compravendita praticato (i giornali hanno parlato, non smentiti, di assegni in nero per 850 milioni, oltre alla parte in chiaro dichiarata in atto), non è affatto vero che il comportamento delle parti è conforme alla legge". "La condotta evasiva di cui si è macchiato Ezio Mauro - conclude il vicedirettore di Italia Oggi - ha un nome e una sua specifica sanzione". Si tratta di "parziale occultamento del corrispettivo", sanzionato a norma dell'art. 72 del Dpr 131/1986, richiamato nella sua lettera a il Giornale dall'ex direttore tributario dell'Agenzia delle Entrate. Solo che i termini per l'accertamento - tre anni dall'atto di compravendita - sono ormai prescritti.
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