14 Luglio.

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  • Lucone
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    • Dec 2008
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    • Perugia
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    #76
    La forza dell'impero romano fù una forte cultura che rese monolingua il mondo allora conosciuto, e nei secoli successivi la sua caduta, fù il "seme d'europa"
    Tutto ciò che ami rimane, il resto è scorie. Tutto ciò che ami non ti può essere sottratto. Tutto ciò che ami è la tua stessa eredità..." (Ezra Pound)

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    • CaiusIulius
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      • Apr 2007
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      #77
      Beh mi pare che i consoli facessero altrettanto coi popoli allora sottomessi

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      • Bob Terwilliger
        bluesman
        • Dec 2006
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        • Osteria
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        #78
        Originariamente Scritto da CaiusIulius Visualizza Messaggio
        C'ero.. infatti consigliai ad Ottaviano di restituire il potere ai romani e fare come avrebbe voluto sui zio Caius Iulius.. per i primi anni fu indeciso e poi fece l'errore
        Non so se Giulio Cesare avesse in mente di restituire il potere al popolo romano: la decisione, nei suoi ultimi giorni, di usare gli stivali rossi dei re di Albalonga è un curioso episodio, su cui si può purtroppo solo speculare.

        Resta legittimo chiedersi se un Giulio Cesare, al vittorioso ritorno dalla progettata campagna contro i Parti, avrebbe avuto la forza di imporre ai romani un nuovo rex in luogo di un semplice imperator. Una piccola parola, ma di grande forza, che forse avrebbe cambiato la percezione del potere di Roma e in ultima analisi la storia.
        Originariamente Scritto da Sean
        Bob è pure un fervente cattolico.
        E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

        Alice - How long is forever?
        White Rabbit - Sometimes, just one second.

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        • CaiusIulius
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          • Apr 2007
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          #79
          La forza dell'impero romano fù una forte cultura che rese monolingua il mondo allora conosciuto, e nei secoli successivi la sua caduta, fù il "seme d'europa"
          la cultura dei romani per buona parte venne dal contatto con le città elleniche e poi dala loro conquista (e l'importazione come schiavi, che poi divennero maestri di greco e "cultura", a Roma). Quindi alla fine Roma (non l'impero romano) fu una spugna capace di assorbire quello che probabilmente di meglio c'era nelle culture sottomesse e con le quali venne a contatto. Alla base c'era quindi la forza militare di Roma.. non tanto la cultura "propria". In quanto all'amministrazione ed al diritto invece è vero che probabilmente furono un caso unico nella storia antica .

          [QUOTENon so se Giulio Cesare avesse in mente di restituire il potere al popolo romano: la decisione, nei suoi ultimi giorni, di usare gli stivali rossi dei re di Albalonga è un curioso episodio, su cui si può purtroppo solo speculare.][/QUOTE]

          Già si è speculato molto su cosa avrebbe fatto Giulio Cesare.. però come vedi sono io Giulio Cesare dal mio nick.. lasciai un sosia e lo feci accoltellare e me ne andai in Spagna perché in quel momento a Roma non tirava aria buona

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          • Sean
            Csar
            • Sep 2007
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            • In piedi tra le rovine
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            #80
            La Rivoluzione Francese vista (incredibilmente al rovescio) dalla Francia e da un francese.
            Il Vecchio Stato, la Rivoluzione e la Reazione...Da che parte sta il Lume della Ragione?

            Come l’89 c’è solo Hitler

            Intervista di Antonio Socci

            Un’aula della Sorbona, a Parigi. Fuori un tiepido gennaio. Dentro comincia la prima lezione dell’anno 1989. Sulla cattedra è il professor Pierre Chaunu, una delle autorità per la storia moderna, membro dell’Institut de France, con una sessantina di titoli al suo attivo.

            Esordisce in tono sarcastico: "Dunque questa è la prima lezione dell’anno: voi sapete che cadono nell’89 una quantità di anniversari importanti". E snocciola una filza di eventi storici, scientifici, economici, ma neanche una parola sulla Grande Commemorazione, quella che infiamma la Francia da otto anni: "Ho dimenticato qualcosa?" chiede beffardo il professor Chaunu, "no, non mi sembra ci sia altro di importante da ricordare".

            È stato il Grande Guastafeste del bicentenario della Rivoluzione. Brillante, corrosivo, preparatissimo, ha appena dato alle stampe un libro di fuoco, La révolution declassée, dove fa a pezzi il mito della Rivoluzione dell’89 e soprattutto il conformismo degli intellettuali di corte e la retorica di regime di questo bicentenario. I suoi stessi avversari non osano contestarlo: persino Max Gallo, obtorto collo, lo ha definito "un ottimo storico". Ed è praticamente invulnerabile, non essendo né cattolico, né reazionario (è infatti protestante e liberale). C’è una lunga tradizione liberale di critica aspra alla Rivoluzione, che comincia addirittura a fine Settecento con l’inglese Edmund Burke. Ma Chaunu si è spinto oltre. Ha guidato le ricerche di alcuni giovani e brillanti storici francesi fra documenti e dossier finora rimossi dalla storiografia ufficiale, e ne sono venuti fuori libri esplosivi, sconvolgenti, come quelli di Reynald Secher sul genocidio della Vandea. Incontriamo Chaunu nella sua casa di Caen.

            Professore, il suo libro è uscito in Francia a marzo, già da alcuni anni lei si è ribellato al coro degli intellettuali e alle ingiunzioni del potere politico, contestando la legittimità di queste celebrazioni. Perché?

            È una mascherata indecente, un’operazione politica elle sfrutta le stupidaggini che la scuola di Stato insegna sulla Rivoluzione. Pensi alle bétises del ministro della Cultura Lang: "L’89 segna il passaggio dalle tenebre alla luce". Ma quale luce? Stiamo commemorando la rivoluzione della menzogna, del furto e del crimine. Ma trovo scioccante soprattutto che, alle soglie del ’92, anche tutto il resto d’Europa festeggi un periodo dove noi ci siamo comportati da aggressori verso tutti i nostri vicini, saccheggiando mezza Europa e provocando milioni di morti. Cosa c’è da festeggiare? Eppure qua in Francia ogni giorno una celebrazione, il 3 aprile, il 5, il 10. È grottesco.

            Ma è stato comunque un evento che ha cambiato la storia.

            Certo, come la peste nera del 1348, ma nessuno la festeggia. Ad un giornalista tedesco ho chiesto: perché voi tedeschi non festeggiate la nascita di Hitler? Quello è sobbalzato sulla sedia. Ma non è forse la stessa cosa?

            Dica la verità, lei è diventato reazionario. Ce l’ha con la modernità?

            Io sono liberale, con una certa simpatia per l’illuminiamo tedesco e inglese. Ma proprio questa è la grande menzogna che pare impossibile poter estirpare: tu sei contro la Rivoluzione, dunque tu sei contro la modernità, sei per la lampada a petrolio e per la carrozza a cavalli. Al contrario. Io sono contro la Rivoluzione francese proprio perché sono per la modernità, per la penicillina, per il vaccino contro il vaiolo. Perché non festeggiamo Jenner che con la sua scoperta, dal ’700 a oggi, ha salvato più di un miliardo di vite umane? Questo è il progresso. La Rivoluzione ha semmai bloccato il cammino verso la modernità; ha distrutto in pochi anni gran parte di ciò che era stato fatto in mille anni. E la Francia, che fino al 1788 era al primo posto in Europa, dalla Rivoluzione non si è più sollevata.

            Ma lei lo può dimostrare?

            Guardi, circa trent’anni fa ho contribuito a fondare la storia economica quantitativa, e oggi, con i modelli econometrici, chiunque può arrivare a queste conclusioni. Sono fatti e cifre. Tutte le curve di crescita del mio Paese si bloccano alla Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull’apparato produttivo, ha scavato un abisso di due milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico.
            Nella produzione media procapite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell’Inghilterra, che da allora non ha avuto più concorrenti. È stato il prezzo della Rivoluzione.

            Ce ne spieghi almeno un motivo.

            Attorno al ’93 - e per un decennio - la Francia ha cominciato a vivere al 78 per cento del prelievo sul capitale e per il 22 per cento sulle tasse e le rendite, che non venivano reinvestite, ma consumate, bruciate e rubate per arricchire la Nomenklatura. È stata una dilapidazione spaventosa, un impoverimento storico. Quando Chateaubriand è tornato in Francia, nel 1800, ha avuto un’intuizione fulminante: "è strano: da quando sono partito non hanno più pitturato persiane e porte". Quando le finestre sono sverniciate e le latrine non funzionano può star certo che c’è stata una rivoluzione.

            Ma comunque la Rivoluzione ha spalancato il pensiero umano.

            Oh, santo cielo! Ma è stata una colossale distruzione di intelligenze e di ricchezze.
            Se lei taglia la testa a Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, a 37 anni, il costo per l’umanità è enorme. Moltiplichi quel caso per cento. Come finì tutta l’élite scientifica e intellettuale? Quelli che non sono emigrati sono stati massacrati. Una perdita gigantesca. Sarebbe questa la conquista della civiltà?
            Il 43 per cento dei francesi, nel 1788, sapeva firmare, sapeva scrivere. Dopo la Rivoluzione si crolla al 39 per cento, perché si erano sottratti i beni alla Chiesa (che per secoli aveva educato il popolo) e si erano distribuiti alla Nomenklatura.
            E le chiese trasformate in porcili e i tesori d’arte devastati.

            È vero: fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche...

            Le ripeto: furto, menzogna e crimine, questa è la vera trilogia della Rivoluzione, che ha messo a ferro e fuoco l’Europa.
            I francesi sono persuasi che la democrazia sia nata nell’89 e che l’umanità abbia imitato loro. È pazzesco! In realtà la sola rivoluzione da festeggiare sarebbe quella inglese del 1668: da lì è venuto il sistema rappresentativo e il governo parlamentare, lo Stato liberale che tutta Europa ha imitato.

            Ma qualcosa di buono ci sarà pùr stato: per esempio la Dichiarazione dei diritti dell’uome e del cittadino.

            Quello fu l’inganno più perverso. Le due Costituzioni più democratiche che siano mai state fatte sono quella sovietica di Stalin del 1936 e quella dei ghigliottinatori francesi del 1793. I loro frutti furono orrendi. Al contrario, il Paese che ha fondato la libertà, l’Inghilterra, non ha mai avuto Costituzioni. Delle Dichiarazioni io me ne infischio! E d’altra parte libertà, fraternità e uguaglianza non esistono che davanti a Dio. Le dirò che il miglior giudizio sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo lo formulò Fustelle de Coulange, il più grande storico francese dell’800 e mio predecessore all’Accademia di scienze morali e politiche. Egli disse: questi principi hanno mille anni, semmai la Dichiarazione li formula in modo un po’ astratto. Ma una cosa nuova c’è: hanno spacciato dei principi antichi per una scoperta loro e l’hanno usata come un’arma contro il passato. Questo è perverso.

            La conseguenza politica della Filosofia dei Lumi, no?

            No. L’Illuminismo c’è stato in tutta Europa. Kant non era certo da meno di Voltaire. Ma la Rivoluzione c’è stata solo qui da noi. Non si può certo credere che i francesi fossero gli unici a pensare, in Europa. Dunque non c’è un nesso storico. È una menzogna anche parlare di fatalità storica, inevitabile. La persecuzione contro la Chiesa e il progetto di sradicare il cristianesimo dalla Francia ebbe come sua prima causa degli interessi finanziari, non questioni metafisiche.

            Ci spieghi, professore.

            Nel XVII secolo tutti gli Stati europei hanno istituzioni rappresentative. La Francia però, a poco a poco, le lasciò cadere in desuetudine. Per questo divenne una sorta di paradiso fiscale, perché - è noto - non si possono aumentare le imposte senza istituzioni rappresentative. Un esempio: la pressione fiscale fra 1670 e 1780 in Francia rimane ad un indice 100, mentre in Inghilterra sale da 70 a 200, in proporzione. La Francia si trova così ad avere uno Stato moderno, un moderno esercito, 450mila uomini, una potenza di prim’ordine, ma con risorse finanziarie vicino alla bancarotta perché per poterle mantenere come l’Inghilterra dovrebbe aumentare le tasse del 100 per cento.

            Dunque viene chiamata ad affrontare la questione la rappresentanza del popolo, gli Stati generali.

            Sì, i rappresentanti eletti però sono la più colossale assemblea di dementi che la storia abbia mai visto. Irresponsabili. Sfrenati solo nelle pretese, perché nessuno voleva farsi carico dei sacrifici (basti pensare che fra i deputati del Terzo stato c’erano un banchiere, 30 imprenditori e 622 avvocati senza causa). Non capiscono nulla di economia, hanno chiaro solo che a pagare devono essere gli altri. Così cominciano a vedere cosa possono confiscare: prima sopprimono la decima alla Chiesa, che nessuno nel popolo chiedeva di sopprimere perché significava sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli ospedali. Si confiscano i beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli, che ammontavano però solo al 7-8 per cento delle terre. Si comincia a diffondere l’idea che la Chiesa nasconda i suoi tesori, si confiscano i beni delle Abbazie.

            E l’operazione si dà pure una maschera ideologica.

            Certo. Si impone la Costituzione civile del clero, perché senza modificare e manomettere la struttura della Chiesa non avrebbero potuto rubare. I beni della Chiesa, che da secoli mantenevano scuole e ospedali, vengono accaparrati da una masnada di 80mila famiglie di ladri, nobili e borghesi, destra e sinistra: è per questo che tuttora la Rivoluzione in Francia è intoccabile! Perché fu una Grande Ruberia a vantaggio della classe dirigente. Il furto ha bisogno della menzogna e della persecuzione perché non era facile imporre ai preti e al popolo il sopruso. Per questo si impose il giuramento ai preti e chi non giurò fu massacrato. La Rivoluzione è stata una guerra di religione.

            E in Vandea cos’è accaduto?

            Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese. I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi al comando dell’esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell’esercito di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

            Ma in Vandea non finisce così.

            Questo è il capitolo più orrendo. Nel di cembre 1793 il governo rivoluzionario d ordine di sterminare la popolazione dell 778 parrocchie: "Bisogna massacrare le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti". Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot. Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell’ordine: "Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio". Allora hanno mandato Turreau, un cretino, alcolizzato, con un’armata di vigliacchi.

            Fu il massacro?

            Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della Convenzione: "Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...". Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti, paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere nati a Fontaine au Campte. Questo fu il genocidio vandeano. È questo che festeggiamo?

            Fece scandalo, nel 1983, quando lei, per la prima volta, usò la parola genocidio, imputando la Rivoluzione. Perché?

            I fatti parlano. Nessuno ha saputo negarli. E nulla può giustificare un simile orrore. Ma prima di me, nel 1894, fu un rivoluzionario socialista, Babeuf, che denunciò "il popolicidio della Vandea" (in un libro introvabile che noi abbiamo fatto ristampare). Non c’è differenza alcuna fra ciò che ha fatto il governo rivoluzionario in Vandea e ciò che ha fatto Hitler. Anzi una c’è. Hitler era scaltro e non dette mai per scritto l’ordine di eliminazione degli ebrei. Questi dell’89, oltreché assassini, erano anche stupidi e dettero l’ordine per scritto e lo pubblicarono perfino su Le Moniteur.

            Certe persecuzioni hanno rinsaldato la fede del popolo. Ma questa francese sembra aver cancellato la cristianità.

            Sì, è così. Per 15 anni fu resa impossibile la trasmissione della fede. Un’intera generazione. Pensi che Michelet fu battezzato a 20 anni e Victor Hugo non ha mai saputo se era stato battezzato o no. Le chiese chiuse. I preti uccisi o costretti a spretarsi e sposarsi o deportati e esiliati. Francamente io non capisco come oggi i cattolici possano inneggiare alla Rivoluzione, Altra cosa è il perdono e altra solidarizzare con i carnefici, rinnegando le vittime e i martiri. Penso che la Chiesa tema, parlando male della Rivoluzione, di sembrare antimoderna, di opporsi alla modernità. lo credo che sia il contrario. E sono orgoglioso che sia stato un Paese protestante come l’Inghilterra a dare asilo ai preti cattolici perseguitati. Infatti non c’è libertà più fondamentale della libertà religiosa."

            Contro la leggenda nera - Come l’89 c’è solo Hitler
            ...ma di noi
            sopra una sola teca di cristallo
            popoli studiosi scriveranno
            forse, tra mille inverni
            «nessun vincolo univa questi morti
            nella necropoli deserta»

            C. Campo - Moriremo Lontani


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            • LARRY SCOTT
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              #81
              I più grandi Imperatori di Roma restano Traiano, Adriano e Marco Aurelio.
              I giulio-claudi erano troppo picchiatelli per i miei gusti

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              • thetongue
                Bodyweb Senior
                • Mar 2003
                • 9739
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                #82
                Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                La Rivoluzione Francese vista (incredibilmente al rovescio) dalla Francia e da un francese.
                Il Vecchio Stato, la Rivoluzione e la Reazione...Da che parte sta il Lume della Ragione?

                Come l’89 c’è solo Hitler

                Intervista di Antonio Socci

                Un’aula della Sorbona, a Parigi. Fuori un tiepido gennaio. Dentro comincia la prima lezione dell’anno 1989. Sulla cattedra è il professor Pierre Chaunu, una delle autorità per la storia moderna, membro dell’Institut de France, con una sessantina di titoli al suo attivo.

                Esordisce in tono sarcastico: "Dunque questa è la prima lezione dell’anno: voi sapete che cadono nell’89 una quantità di anniversari importanti". E snocciola una filza di eventi storici, scientifici, economici, ma neanche una parola sulla Grande Commemorazione, quella che infiamma la Francia da otto anni: "Ho dimenticato qualcosa?" chiede beffardo il professor Chaunu, "no, non mi sembra ci sia altro di importante da ricordare".

                È stato il Grande Guastafeste del bicentenario della Rivoluzione. Brillante, corrosivo, preparatissimo, ha appena dato alle stampe un libro di fuoco, La révolution declassée, dove fa a pezzi il mito della Rivoluzione dell’89 e soprattutto il conformismo degli intellettuali di corte e la retorica di regime di questo bicentenario. I suoi stessi avversari non osano contestarlo: persino Max Gallo, obtorto collo, lo ha definito "un ottimo storico". Ed è praticamente invulnerabile, non essendo né cattolico, né reazionario (è infatti protestante e liberale). C’è una lunga tradizione liberale di critica aspra alla Rivoluzione, che comincia addirittura a fine Settecento con l’inglese Edmund Burke. Ma Chaunu si è spinto oltre. Ha guidato le ricerche di alcuni giovani e brillanti storici francesi fra documenti e dossier finora rimossi dalla storiografia ufficiale, e ne sono venuti fuori libri esplosivi, sconvolgenti, come quelli di Reynald Secher sul genocidio della Vandea. Incontriamo Chaunu nella sua casa di Caen.

                Professore, il suo libro è uscito in Francia a marzo, già da alcuni anni lei si è ribellato al coro degli intellettuali e alle ingiunzioni del potere politico, contestando la legittimità di queste celebrazioni. Perché?

                È una mascherata indecente, un’operazione politica elle sfrutta le stupidaggini che la scuola di Stato insegna sulla Rivoluzione. Pensi alle bétises del ministro della Cultura Lang: "L’89 segna il passaggio dalle tenebre alla luce". Ma quale luce? Stiamo commemorando la rivoluzione della menzogna, del furto e del crimine. Ma trovo scioccante soprattutto che, alle soglie del ’92, anche tutto il resto d’Europa festeggi un periodo dove noi ci siamo comportati da aggressori verso tutti i nostri vicini, saccheggiando mezza Europa e provocando milioni di morti. Cosa c’è da festeggiare? Eppure qua in Francia ogni giorno una celebrazione, il 3 aprile, il 5, il 10. È grottesco.

                Ma è stato comunque un evento che ha cambiato la storia.

                Certo, come la peste nera del 1348, ma nessuno la festeggia. Ad un giornalista tedesco ho chiesto: perché voi tedeschi non festeggiate la nascita di Hitler? Quello è sobbalzato sulla sedia. Ma non è forse la stessa cosa?

                Dica la verità, lei è diventato reazionario. Ce l’ha con la modernità?

                Io sono liberale, con una certa simpatia per l’illuminiamo tedesco e inglese. Ma proprio questa è la grande menzogna che pare impossibile poter estirpare: tu sei contro la Rivoluzione, dunque tu sei contro la modernità, sei per la lampada a petrolio e per la carrozza a cavalli. Al contrario. Io sono contro la Rivoluzione francese proprio perché sono per la modernità, per la penicillina, per il vaccino contro il vaiolo. Perché non festeggiamo Jenner che con la sua scoperta, dal ’700 a oggi, ha salvato più di un miliardo di vite umane? Questo è il progresso. La Rivoluzione ha semmai bloccato il cammino verso la modernità; ha distrutto in pochi anni gran parte di ciò che era stato fatto in mille anni. E la Francia, che fino al 1788 era al primo posto in Europa, dalla Rivoluzione non si è più sollevata.

                Ma lei lo può dimostrare?

                Guardi, circa trent’anni fa ho contribuito a fondare la storia economica quantitativa, e oggi, con i modelli econometrici, chiunque può arrivare a queste conclusioni. Sono fatti e cifre. Tutte le curve di crescita del mio Paese si bloccano alla Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull’apparato produttivo, ha scavato un abisso di due milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico.
                Nella produzione media procapite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell’Inghilterra, che da allora non ha avuto più concorrenti. È stato il prezzo della Rivoluzione.

                Ce ne spieghi almeno un motivo.

                Attorno al ’93 - e per un decennio - la Francia ha cominciato a vivere al 78 per cento del prelievo sul capitale e per il 22 per cento sulle tasse e le rendite, che non venivano reinvestite, ma consumate, bruciate e rubate per arricchire la Nomenklatura. È stata una dilapidazione spaventosa, un impoverimento storico. Quando Chateaubriand è tornato in Francia, nel 1800, ha avuto un’intuizione fulminante: "è strano: da quando sono partito non hanno più pitturato persiane e porte". Quando le finestre sono sverniciate e le latrine non funzionano può star certo che c’è stata una rivoluzione.

                Ma comunque la Rivoluzione ha spalancato il pensiero umano.

                Oh, santo cielo! Ma è stata una colossale distruzione di intelligenze e di ricchezze.
                Se lei taglia la testa a Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, a 37 anni, il costo per l’umanità è enorme. Moltiplichi quel caso per cento. Come finì tutta l’élite scientifica e intellettuale? Quelli che non sono emigrati sono stati massacrati. Una perdita gigantesca. Sarebbe questa la conquista della civiltà?
                Il 43 per cento dei francesi, nel 1788, sapeva firmare, sapeva scrivere. Dopo la Rivoluzione si crolla al 39 per cento, perché si erano sottratti i beni alla Chiesa (che per secoli aveva educato il popolo) e si erano distribuiti alla Nomenklatura.
                E le chiese trasformate in porcili e i tesori d’arte devastati.

                È vero: fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche...

                Le ripeto: furto, menzogna e crimine, questa è la vera trilogia della Rivoluzione, che ha messo a ferro e fuoco l’Europa.
                I francesi sono persuasi che la democrazia sia nata nell’89 e che l’umanità abbia imitato loro. È pazzesco! In realtà la sola rivoluzione da festeggiare sarebbe quella inglese del 1668: da lì è venuto il sistema rappresentativo e il governo parlamentare, lo Stato liberale che tutta Europa ha imitato.

                Ma qualcosa di buono ci sarà pùr stato: per esempio la Dichiarazione dei diritti dell’uome e del cittadino.

                Quello fu l’inganno più perverso. Le due Costituzioni più democratiche che siano mai state fatte sono quella sovietica di Stalin del 1936 e quella dei ghigliottinatori francesi del 1793. I loro frutti furono orrendi. Al contrario, il Paese che ha fondato la libertà, l’Inghilterra, non ha mai avuto Costituzioni. Delle Dichiarazioni io me ne infischio! E d’altra parte libertà, fraternità e uguaglianza non esistono che davanti a Dio. Le dirò che il miglior giudizio sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo lo formulò Fustelle de Coulange, il più grande storico francese dell’800 e mio predecessore all’Accademia di scienze morali e politiche. Egli disse: questi principi hanno mille anni, semmai la Dichiarazione li formula in modo un po’ astratto. Ma una cosa nuova c’è: hanno spacciato dei principi antichi per una scoperta loro e l’hanno usata come un’arma contro il passato. Questo è perverso.

                La conseguenza politica della Filosofia dei Lumi, no?

                No. L’Illuminismo c’è stato in tutta Europa. Kant non era certo da meno di Voltaire. Ma la Rivoluzione c’è stata solo qui da noi. Non si può certo credere che i francesi fossero gli unici a pensare, in Europa. Dunque non c’è un nesso storico. È una menzogna anche parlare di fatalità storica, inevitabile. La persecuzione contro la Chiesa e il progetto di sradicare il cristianesimo dalla Francia ebbe come sua prima causa degli interessi finanziari, non questioni metafisiche.

                Ci spieghi, professore.

                Nel XVII secolo tutti gli Stati europei hanno istituzioni rappresentative. La Francia però, a poco a poco, le lasciò cadere in desuetudine. Per questo divenne una sorta di paradiso fiscale, perché - è noto - non si possono aumentare le imposte senza istituzioni rappresentative. Un esempio: la pressione fiscale fra 1670 e 1780 in Francia rimane ad un indice 100, mentre in Inghilterra sale da 70 a 200, in proporzione. La Francia si trova così ad avere uno Stato moderno, un moderno esercito, 450mila uomini, una potenza di prim’ordine, ma con risorse finanziarie vicino alla bancarotta perché per poterle mantenere come l’Inghilterra dovrebbe aumentare le tasse del 100 per cento.

                Dunque viene chiamata ad affrontare la questione la rappresentanza del popolo, gli Stati generali.

                Sì, i rappresentanti eletti però sono la più colossale assemblea di dementi che la storia abbia mai visto. Irresponsabili. Sfrenati solo nelle pretese, perché nessuno voleva farsi carico dei sacrifici (basti pensare che fra i deputati del Terzo stato c’erano un banchiere, 30 imprenditori e 622 avvocati senza causa). Non capiscono nulla di economia, hanno chiaro solo che a pagare devono essere gli altri. Così cominciano a vedere cosa possono confiscare: prima sopprimono la decima alla Chiesa, che nessuno nel popolo chiedeva di sopprimere perché significava sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli ospedali. Si confiscano i beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli, che ammontavano però solo al 7-8 per cento delle terre. Si comincia a diffondere l’idea che la Chiesa nasconda i suoi tesori, si confiscano i beni delle Abbazie.

                E l’operazione si dà pure una maschera ideologica.

                Certo. Si impone la Costituzione civile del clero, perché senza modificare e manomettere la struttura della Chiesa non avrebbero potuto rubare. I beni della Chiesa, che da secoli mantenevano scuole e ospedali, vengono accaparrati da una masnada di 80mila famiglie di ladri, nobili e borghesi, destra e sinistra: è per questo che tuttora la Rivoluzione in Francia è intoccabile! Perché fu una Grande Ruberia a vantaggio della classe dirigente. Il furto ha bisogno della menzogna e della persecuzione perché non era facile imporre ai preti e al popolo il sopruso. Per questo si impose il giuramento ai preti e chi non giurò fu massacrato. La Rivoluzione è stata una guerra di religione.

                E in Vandea cos’è accaduto?

                Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese. I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi al comando dell’esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell’esercito di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

                Ma in Vandea non finisce così.

                Questo è il capitolo più orrendo. Nel di cembre 1793 il governo rivoluzionario d ordine di sterminare la popolazione dell 778 parrocchie: "Bisogna massacrare le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti". Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot. Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell’ordine: "Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio". Allora hanno mandato Turreau, un cretino, alcolizzato, con un’armata di vigliacchi.

                Fu il massacro?

                Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della Convenzione: "Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...". Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti, paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere nati a Fontaine au Campte. Questo fu il genocidio vandeano. È questo che festeggiamo?

                Fece scandalo, nel 1983, quando lei, per la prima volta, usò la parola genocidio, imputando la Rivoluzione. Perché?

                I fatti parlano. Nessuno ha saputo negarli. E nulla può giustificare un simile orrore. Ma prima di me, nel 1894, fu un rivoluzionario socialista, Babeuf, che denunciò "il popolicidio della Vandea" (in un libro introvabile che noi abbiamo fatto ristampare). Non c’è differenza alcuna fra ciò che ha fatto il governo rivoluzionario in Vandea e ciò che ha fatto Hitler. Anzi una c’è. Hitler era scaltro e non dette mai per scritto l’ordine di eliminazione degli ebrei. Questi dell’89, oltreché assassini, erano anche stupidi e dettero l’ordine per scritto e lo pubblicarono perfino su Le Moniteur.

                Certe persecuzioni hanno rinsaldato la fede del popolo. Ma questa francese sembra aver cancellato la cristianità.

                Sì, è così. Per 15 anni fu resa impossibile la trasmissione della fede. Un’intera generazione. Pensi che Michelet fu battezzato a 20 anni e Victor Hugo non ha mai saputo se era stato battezzato o no. Le chiese chiuse. I preti uccisi o costretti a spretarsi e sposarsi o deportati e esiliati. Francamente io non capisco come oggi i cattolici possano inneggiare alla Rivoluzione, Altra cosa è il perdono e altra solidarizzare con i carnefici, rinnegando le vittime e i martiri. Penso che la Chiesa tema, parlando male della Rivoluzione, di sembrare antimoderna, di opporsi alla modernità. lo credo che sia il contrario. E sono orgoglioso che sia stato un Paese protestante come l’Inghilterra a dare asilo ai preti cattolici perseguitati. Infatti non c’è libertà più fondamentale della libertà religiosa."

                Contro la leggenda nera - Come l’89 c’è solo Hitler
                Interessante

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                • CaiusIulius
                  Bodyweb Advanced
                  • Apr 2007
                  • 2054
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                  • 22
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                  #83
                  Ma sì che è interessante, ma anche estremista.
                  Non si fa cenno agli sprechi della corte, dei nobili e del clero, che con la rivoluzione furono in gran parte cancellati.
                  O al concetto di potere del monarca che proviene direttamente da Dio.. cancellato con la rivoluzione.
                  In questo senso la rivoluzione è stata modernità.. anche perché prima a governare erano nobili e clero, dopo sarà principalmente l'alta borghesia.
                  Sugli aspetti negativi della rivoluzione essi sono molti..ne avevo già parlato in precedenza, anche se in maneira più generica, mentre qui sono riportati molti fatti specifici

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                  • gabriele81
                    eh eh son manzo
                    • Jul 2006
                    • 10168
                    • 861
                    • 167
                    • roma
                    • Send PM

                    #84
                    In questa intervista c'è del vero.

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                    • ma_75
                      Super Moderator
                      • Sep 2006
                      • 52669
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                      #85
                      Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                      La Rivoluzione Francese vista (incredibilmente al rovescio) dalla Francia e da un francese.
                      Il Vecchio Stato, la Rivoluzione e la Reazione...Da che parte sta il Lume della Ragione?

                      Come l’89 c’è solo Hitler

                      Intervista di Antonio Socci

                      Un’aula della Sorbona, a Parigi. Fuori un tiepido gennaio. Dentro comincia la prima lezione dell’anno 1989. Sulla cattedra è il professor Pierre Chaunu, una delle autorità per la storia moderna, membro dell’Institut de France, con una sessantina di titoli al suo attivo.

                      Esordisce in tono sarcastico: "Dunque questa è la prima lezione dell’anno: voi sapete che cadono nell’89 una quantità di anniversari importanti". E snocciola una filza di eventi storici, scientifici, economici, ma neanche una parola sulla Grande Commemorazione, quella che infiamma la Francia da otto anni: "Ho dimenticato qualcosa?" chiede beffardo il professor Chaunu, "no, non mi sembra ci sia altro di importante da ricordare".

                      È stato il Grande Guastafeste del bicentenario della Rivoluzione. Brillante, corrosivo, preparatissimo, ha appena dato alle stampe un libro di fuoco, La révolution declassée, dove fa a pezzi il mito della Rivoluzione dell’89 e soprattutto il conformismo degli intellettuali di corte e la retorica di regime di questo bicentenario. I suoi stessi avversari non osano contestarlo: persino Max Gallo, obtorto collo, lo ha definito "un ottimo storico". Ed è praticamente invulnerabile, non essendo né cattolico, né reazionario (è infatti protestante e liberale). C’è una lunga tradizione liberale di critica aspra alla Rivoluzione, che comincia addirittura a fine Settecento con l’inglese Edmund Burke. Ma Chaunu si è spinto oltre. Ha guidato le ricerche di alcuni giovani e brillanti storici francesi fra documenti e dossier finora rimossi dalla storiografia ufficiale, e ne sono venuti fuori libri esplosivi, sconvolgenti, come quelli di Reynald Secher sul genocidio della Vandea. Incontriamo Chaunu nella sua casa di Caen.

                      Professore, il suo libro è uscito in Francia a marzo, già da alcuni anni lei si è ribellato al coro degli intellettuali e alle ingiunzioni del potere politico, contestando la legittimità di queste celebrazioni. Perché?

                      È una mascherata indecente, un’operazione politica elle sfrutta le stupidaggini che la scuola di Stato insegna sulla Rivoluzione. Pensi alle bétises del ministro della Cultura Lang: "L’89 segna il passaggio dalle tenebre alla luce". Ma quale luce? Stiamo commemorando la rivoluzione della menzogna, del furto e del crimine. Ma trovo scioccante soprattutto che, alle soglie del ’92, anche tutto il resto d’Europa festeggi un periodo dove noi ci siamo comportati da aggressori verso tutti i nostri vicini, saccheggiando mezza Europa e provocando milioni di morti. Cosa c’è da festeggiare? Eppure qua in Francia ogni giorno una celebrazione, il 3 aprile, il 5, il 10. È grottesco.

                      Ma è stato comunque un evento che ha cambiato la storia.

                      Certo, come la peste nera del 1348, ma nessuno la festeggia. Ad un giornalista tedesco ho chiesto: perché voi tedeschi non festeggiate la nascita di Hitler? Quello è sobbalzato sulla sedia. Ma non è forse la stessa cosa?

                      Dica la verità, lei è diventato reazionario. Ce l’ha con la modernità?

                      Io sono liberale, con una certa simpatia per l’illuminiamo tedesco e inglese. Ma proprio questa è la grande menzogna che pare impossibile poter estirpare: tu sei contro la Rivoluzione, dunque tu sei contro la modernità, sei per la lampada a petrolio e per la carrozza a cavalli. Al contrario. Io sono contro la Rivoluzione francese proprio perché sono per la modernità, per la penicillina, per il vaccino contro il vaiolo. Perché non festeggiamo Jenner che con la sua scoperta, dal ’700 a oggi, ha salvato più di un miliardo di vite umane? Questo è il progresso. La Rivoluzione ha semmai bloccato il cammino verso la modernità; ha distrutto in pochi anni gran parte di ciò che era stato fatto in mille anni. E la Francia, che fino al 1788 era al primo posto in Europa, dalla Rivoluzione non si è più sollevata.

                      Ma lei lo può dimostrare?

                      Guardi, circa trent’anni fa ho contribuito a fondare la storia economica quantitativa, e oggi, con i modelli econometrici, chiunque può arrivare a queste conclusioni. Sono fatti e cifre. Tutte le curve di crescita del mio Paese si bloccano alla Rivoluzione. Era un Paese di 28 milioni di abitanti, il più sviluppato, creativo, evoluto, con un trend da primato: la Rivoluzione, insieme alle devastazioni sull’apparato produttivo, ha scavato un abisso di due milioni di morti, un crollo di generazioni che ha accompagnato il crollo economico.
                      Nella produzione media procapite, Francia e Inghilterra, i due Paesi più sviluppati del mondo, avevano rispettivamente, nel 1780, un indice 110 e 100. Ebbene nel 1815 la Francia era precipitata a 60, contro 100 dell’Inghilterra, che da allora non ha avuto più concorrenti. È stato il prezzo della Rivoluzione.

                      Ce ne spieghi almeno un motivo.

                      Attorno al ’93 - e per un decennio - la Francia ha cominciato a vivere al 78 per cento del prelievo sul capitale e per il 22 per cento sulle tasse e le rendite, che non venivano reinvestite, ma consumate, bruciate e rubate per arricchire la Nomenklatura. È stata una dilapidazione spaventosa, un impoverimento storico. Quando Chateaubriand è tornato in Francia, nel 1800, ha avuto un’intuizione fulminante: "è strano: da quando sono partito non hanno più pitturato persiane e porte". Quando le finestre sono sverniciate e le latrine non funzionano può star certo che c’è stata una rivoluzione.

                      Ma comunque la Rivoluzione ha spalancato il pensiero umano.

                      Oh, santo cielo! Ma è stata una colossale distruzione di intelligenze e di ricchezze.
                      Se lei taglia la testa a Lavoisier, il fondatore della chimica moderna, a 37 anni, il costo per l’umanità è enorme. Moltiplichi quel caso per cento. Come finì tutta l’élite scientifica e intellettuale? Quelli che non sono emigrati sono stati massacrati. Una perdita gigantesca. Sarebbe questa la conquista della civiltà?
                      Il 43 per cento dei francesi, nel 1788, sapeva firmare, sapeva scrivere. Dopo la Rivoluzione si crolla al 39 per cento, perché si erano sottratti i beni alla Chiesa (che per secoli aveva educato il popolo) e si erano distribuiti alla Nomenklatura.
                      E le chiese trasformate in porcili e i tesori d’arte devastati.

                      È vero: fecero a pezzi le statue di Notre Dame, distrussero Cluny, e quasi tutte le chiese romaniche e gotiche...

                      Le ripeto: furto, menzogna e crimine, questa è la vera trilogia della Rivoluzione, che ha messo a ferro e fuoco l’Europa.
                      I francesi sono persuasi che la democrazia sia nata nell’89 e che l’umanità abbia imitato loro. È pazzesco! In realtà la sola rivoluzione da festeggiare sarebbe quella inglese del 1668: da lì è venuto il sistema rappresentativo e il governo parlamentare, lo Stato liberale che tutta Europa ha imitato.

                      Ma qualcosa di buono ci sarà pùr stato: per esempio la Dichiarazione dei diritti dell’uome e del cittadino.

                      Quello fu l’inganno più perverso. Le due Costituzioni più democratiche che siano mai state fatte sono quella sovietica di Stalin del 1936 e quella dei ghigliottinatori francesi del 1793. I loro frutti furono orrendi. Al contrario, il Paese che ha fondato la libertà, l’Inghilterra, non ha mai avuto Costituzioni. Delle Dichiarazioni io me ne infischio! E d’altra parte libertà, fraternità e uguaglianza non esistono che davanti a Dio. Le dirò che il miglior giudizio sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo lo formulò Fustelle de Coulange, il più grande storico francese dell’800 e mio predecessore all’Accademia di scienze morali e politiche. Egli disse: questi principi hanno mille anni, semmai la Dichiarazione li formula in modo un po’ astratto. Ma una cosa nuova c’è: hanno spacciato dei principi antichi per una scoperta loro e l’hanno usata come un’arma contro il passato. Questo è perverso.

                      La conseguenza politica della Filosofia dei Lumi, no?

                      No. L’Illuminismo c’è stato in tutta Europa. Kant non era certo da meno di Voltaire. Ma la Rivoluzione c’è stata solo qui da noi. Non si può certo credere che i francesi fossero gli unici a pensare, in Europa. Dunque non c’è un nesso storico. È una menzogna anche parlare di fatalità storica, inevitabile. La persecuzione contro la Chiesa e il progetto di sradicare il cristianesimo dalla Francia ebbe come sua prima causa degli interessi finanziari, non questioni metafisiche.

                      Ci spieghi, professore.

                      Nel XVII secolo tutti gli Stati europei hanno istituzioni rappresentative. La Francia però, a poco a poco, le lasciò cadere in desuetudine. Per questo divenne una sorta di paradiso fiscale, perché - è noto - non si possono aumentare le imposte senza istituzioni rappresentative. Un esempio: la pressione fiscale fra 1670 e 1780 in Francia rimane ad un indice 100, mentre in Inghilterra sale da 70 a 200, in proporzione. La Francia si trova così ad avere uno Stato moderno, un moderno esercito, 450mila uomini, una potenza di prim’ordine, ma con risorse finanziarie vicino alla bancarotta perché per poterle mantenere come l’Inghilterra dovrebbe aumentare le tasse del 100 per cento.

                      Dunque viene chiamata ad affrontare la questione la rappresentanza del popolo, gli Stati generali.

                      Sì, i rappresentanti eletti però sono la più colossale assemblea di dementi che la storia abbia mai visto. Irresponsabili. Sfrenati solo nelle pretese, perché nessuno voleva farsi carico dei sacrifici (basti pensare che fra i deputati del Terzo stato c’erano un banchiere, 30 imprenditori e 622 avvocati senza causa). Non capiscono nulla di economia, hanno chiaro solo che a pagare devono essere gli altri. Così cominciano a vedere cosa possono confiscare: prima sopprimono la decima alla Chiesa, che nessuno nel popolo chiedeva di sopprimere perché significava sopprimere i finanziamenti per le scuole e gli ospedali. Si confiscano i beni del clero, donati alla Chiesa nel corso dei secoli, che ammontavano però solo al 7-8 per cento delle terre. Si comincia a diffondere l’idea che la Chiesa nasconda i suoi tesori, si confiscano i beni delle Abbazie.

                      E l’operazione si dà pure una maschera ideologica.

                      Certo. Si impone la Costituzione civile del clero, perché senza modificare e manomettere la struttura della Chiesa non avrebbero potuto rubare. I beni della Chiesa, che da secoli mantenevano scuole e ospedali, vengono accaparrati da una masnada di 80mila famiglie di ladri, nobili e borghesi, destra e sinistra: è per questo che tuttora la Rivoluzione in Francia è intoccabile! Perché fu una Grande Ruberia a vantaggio della classe dirigente. Il furto ha bisogno della menzogna e della persecuzione perché non era facile imporre ai preti e al popolo il sopruso. Per questo si impose il giuramento ai preti e chi non giurò fu massacrato. La Rivoluzione è stata una guerra di religione.

                      E in Vandea cos’è accaduto?

                      Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese. I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi al comando dell’esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell’esercito di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

                      Ma in Vandea non finisce così.

                      Questo è il capitolo più orrendo. Nel di cembre 1793 il governo rivoluzionario d ordine di sterminare la popolazione dell 778 parrocchie: "Bisogna massacrare le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti". Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot. Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell’ordine: "Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio". Allora hanno mandato Turreau, un cretino, alcolizzato, con un’armata di vigliacchi.

                      Fu il massacro?

                      Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della Convenzione: "Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini...". Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti, paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere nati a Fontaine au Campte. Questo fu il genocidio vandeano. È questo che festeggiamo?

                      Fece scandalo, nel 1983, quando lei, per la prima volta, usò la parola genocidio, imputando la Rivoluzione. Perché?

                      I fatti parlano. Nessuno ha saputo negarli. E nulla può giustificare un simile orrore. Ma prima di me, nel 1894, fu un rivoluzionario socialista, Babeuf, che denunciò "il popolicidio della Vandea" (in un libro introvabile che noi abbiamo fatto ristampare). Non c’è differenza alcuna fra ciò che ha fatto il governo rivoluzionario in Vandea e ciò che ha fatto Hitler. Anzi una c’è. Hitler era scaltro e non dette mai per scritto l’ordine di eliminazione degli ebrei. Questi dell’89, oltreché assassini, erano anche stupidi e dettero l’ordine per scritto e lo pubblicarono perfino su Le Moniteur.

                      Certe persecuzioni hanno rinsaldato la fede del popolo. Ma questa francese sembra aver cancellato la cristianità.

                      Sì, è così. Per 15 anni fu resa impossibile la trasmissione della fede. Un’intera generazione. Pensi che Michelet fu battezzato a 20 anni e Victor Hugo non ha mai saputo se era stato battezzato o no. Le chiese chiuse. I preti uccisi o costretti a spretarsi e sposarsi o deportati e esiliati. Francamente io non capisco come oggi i cattolici possano inneggiare alla Rivoluzione, Altra cosa è il perdono e altra solidarizzare con i carnefici, rinnegando le vittime e i martiri. Penso che la Chiesa tema, parlando male della Rivoluzione, di sembrare antimoderna, di opporsi alla modernità. lo credo che sia il contrario. E sono orgoglioso che sia stato un Paese protestante come l’Inghilterra a dare asilo ai preti cattolici perseguitati. Infatti non c’è libertà più fondamentale della libertà religiosa."

                      Contro la leggenda nera - Come l’89 c’è solo Hitler

                      Interessante notare come storicamente il revisionismo sia consentito fino alla prima guerra mondiale, mentre sul resto esiste una vulgata solida come il marmo. E, tuttavia, storicamente tutti i fenomenti sono stati riletti in maniera diametralmente opposta all'ipotesi tradizionale; così, nel tempo, abbiamo avuto chi ha considerato la Grecia una società periferica, la Russia degli Zar un paese moderno, i Vandeani i difensorti della libertà...Allo stesso modo questo pezzo del sanfedista Socci, propone una visione del fenomeno rivoluzionario che è tutt'altro che la più diffusa.
                      Da Michelet a Lefebvre da Mathiez a Soboul la lettura "classica" della rivoluzione gode ancora di solida stampa e il nuovismo è certo ben spendibile sul mercato ma, queasi sempre, rimane un fenomento marginale del pensiero storiografico. La rivoluzione fu criminale in certi suoi atti? Non lo mette in dubbio nessuno. Ma se non si percepisce che il miracolo del Terrore fu la capacità di un pugno di uomini assediati dagli eserciti dei sovrani europei e dai nobili esuli di resistere militarmente e di sbaragliare in campo aperto quelle forze tanto superiori per numero e preparazione e che questo miracolo si ottenne attraverso una mirabile unità di intenti, uno straordinario spirito patrio che non conosceva e non permetteva ripensamenti o tradimento (per quelli c'era la ghigliottina assicurata), rimangono solo le esecuzioni di piazza. La storia insegna che, quando un popolo è assediato e sente in pericolo le sue libertà, esso è disposto a compattarsi attorno a leader carismatici e, seguendoli ciecamente, si sa spingere fino all'estremo sacrificio. Dagli spartani di Leonida, ai Cartaginesi rinchiusi a Byrsam dagli indiani d'America agli uomini della rivoluzione francese, arriva sempre lo stesso messaggio di eroismo e sono questi uomini ad aver fatto la storiua a e a suscitare la nostra ammirazione non certo Maria Antonietta che irride il popolo affamato o il clero che pratiacava come opere spirtuali i balli di corte.
                      In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                      ma_75@bodyweb.com

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                      • Sean
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                        #86
                        Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza Messaggio
                        Interessante notare come storicamente il revisionismo sia consentito fino alla prima guerra mondiale, mentre sul resto esiste una vulgata solida come il marmo.
                        Qua tocchi un tasto per noi dolente e, in pari misura, veritiero
                        Venendo alla Rivoluzione tu giustamente metti in rilievo la funzione del Terrore calandolo nel contesto in cui si è venuto a trovare, senza il quale la Rivoluzione sarebbe stata soffocata nella culla.
                        C'è tuttavia da considerare un aspetto, e cioè quello del fine rivoluzionario;
                        Una società non può vivere e prosperare in uno stato di rivoluzione permanente, è necessario, infine, che si passi dalla idealità che muove alla pace che mantiene, che quella virtù che una rivoluzione fa rinascere in un popolo (della quale ci hai citato sommi esempi) sia poi instillata gradualmente nel popolo stesso, onde evitare il caos e l'anarchia, nemici mortali di ogni società.
                        Il salto tra la rivoluzione e la stabilizzazione deve essere necessariamente il più breve possibile, ad evitare una distruzione totale di ciò che in verità si vuole salvare (Mussolini ed Hitler, preso il potere, cercarono immediatamente la pace interna per mettere in pratica quella edificazione sociale che si ripromettevano).
                        Ora a te che sei un appassionato, un conoscitore, un uomo al quale pulsa visibilmente il cuore quando si ritrova a maneggiare quel periodo della Storia che, in qualunque maniera lo si legga, ha tanto mutato il mondo, ora a te chiedo se a quegli uomini sia mancata la visione della parte seconda, quella construens, o se il loro fine era solo il sangue, o se ne erano essi stessi incapacitati per natura o limite di visione, o ne sono stati privati dalla necessità del momento, ricordando che loro stessi sono stati fagocitati da quello stesso Terrore nato certamente per necessità ma forse proratto oltre il reale bisogno.
                        E da qui discende un'altra domanda, e cioè se la visione che è mancata loro non sia invece quella che ha sostenuto e mosso il grande Napoleone:
                        Possiamo definire il Corso come colui che ha dato compimento allo slancio rivoluzionario, stabilizzando la Nazione, facendo di lui l'uomo che ha avuto la capacità di discernere l'acqua sporca dal bambino, senza la foga di gettare entrambi?
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                        • ma_75
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                          #87
                          Sean, poni certamente un interrogativo legittimo. Credo sia bene esaminare il percorso della rivoluzione per capire se, e-nel caso- perchè, la rivoluzione fu solo una pars destruens della storia umana. Non si può, evidentemente, prescindere da un fatto: la storia della rivoluzione, così come ci viene proposta dalla manualistica scolastica, è una storia unitaria che si dipana, ad ogni modo, in solo cinque anni che, nella storia dei cambiamenti epocali dell'uomo, sono nulla. In cinque anni non si compì certo il passaggio dal sistema greco delle aristocrazia al miracolo democratico e le convulsioni che portarono dalla repubblica romana all'impero-per restare in un argomento che alcuni hanno voluto proporre in questa discussione- durarono poco meno di un secolo.
                          Ma il punto è che questi 5 anni ebbero realmente poco in comune tra loro. Il passaggio di testimone da uomini come Lafayette e Brissot a Danton e Robespierre, infine, non è la staffetta di uomini che facevano parte del medesimo percorso, ma ogni passaggio è una nuova rottura, un nuovo trauma. Il moderato e realista Lafayette, che causa il massacro del Campo di Marte, facendo sparare sulla folla che chiedeva l'abolizione della monarchia, ha poco a che spartire con Robespierre che rappresenta la sublimazione dello spirito partigiano, quello per il quale nessuna opposizione è possibile dentro lo stato e nessuna concessione è possibile al nemico, interno ed esterno. E questo è talmente vero che l'epoca del dominio giacobino in Francia non durò nemmeno due anni, e, fatto salvo il caso di Parigi, essi mai detennero stabilmente il dominio, in quell'anno o poco più, nel paese. Il fatto che i giacobini avessero ripreso da I la numerazione degli anni, facendola coincidere con l'inizio del proprio governo, sanciva, di fatto, la rottura col passato, anche quello che era compreso tra il 1789 ed il 1792, che era altro da sè.
                          Cosa rimane, dunque? Rimangono pochi mesi, nei quali si cercò di porre il popolo al centro della vita politica, con una rottura inimmaginabile ancora oggi, epoca nella quale alle aristocrazie di sangue si sono sostituite quelle di censo, alla doppia moralità del grande clero, l'immoralità divenuta legge. Abbattere, non con il compromesso, ma con uno scontro frontale, un nemico non solo saldamente in sella in patria, in virtù del controllo che operava su tutte le leve del potere, ma anche forte dell'appoggio degli eserciti stranieri...bene questo è un miracolo, per l'audacia del progetto, per le energie che vennero profuse senza risparmio, per la concezione del singolo come piccola entità in un progetto più ampio e superiore: una patria comune, libera e forte. Il Terrore rappresentò certamente una pars destruens, ma non fu solo questo: fu la sperimentazione di nuove misure economiche, come il calmieramento dei prezzi, fu il coinvolgimento dei cittadini nelle leve pubbliche, dai tribunali alle cariche militari: non era più richiesta la nobiltà di stirpe per comandare l'esercito, ma il coraggio e l'amore della patria. Ma non fu, questo no, il trionfo di ogni estremismo e Robespierre stesso pagò con la vita questo atteggiamento: le teste tagliate ai fanatici hebertisti, il rifiuto di modelli "comunisti" di colletivizzazione della proprietà, la condanna di tendenze ateistiche, furono altrettanti nemici che si trovò contro al momento in cui fu politicamente processato ed abbandondato alla mercè delle forze restauratrici, quelle stesse che diedero l'avvio al Termidoro. Napoleone cosa fu? Non credo lo si possa definire un continuatore della rivoluzione, ma, non di certo, un uomo del vecchio regime. Egli non potè essere nè l'uno nè l'altro, giacchè aveva raccolto una nave, quella della Francia, sconvolta dal quinquennio rivoluzionario al punto da essere ormai trasformata rispetto a ciò che era stata solo cinque anni prima. Quei 5 anni, che furono paragonabili a 100 anni per i cambiamenti che apportarono, consegnarono a Napoleone un paese che cercava un pacificatore e ne trovò uno magnifico ma la sicurezza, l'ordine, la pacificazione che egli offrì non era senza prezzo: in cambio si dovette cedere la parte irrazionale, il sogno, la magnifica illusione della rivoluzione. Per questo, concludo, trovo più eroica la figura magnifica e tragica di Robespierre che muore all'apice della propria carriera, chiudendo in sè il sogno che perseguiva. Neanche per due anni egli potè avere l'onore di amministrare lo stato, Napoleone in circa venti anni attraversò tutte le fasi della vita politica, i compromessi, i cedimenti, le pressioni, la vittoria e la sconfitta, il grande uomo e il piccolo esule (quell'esilio assume un valore paradigmatico solo nella magnifica illusione manzoniana della conversione):"due volte nella polvere, due volte sull'altar". Ed uno ha una Francia che lo celebra come il suo maggiore eroe, monumenti in ogni angolo del paese, lo spirito patrio allo stato puro. Dell'altro non esiste nemmeno una statua in Francia, non un ricordo della sua esistenza terrana, sicchè in Francia si celebra la festa del 14 luglio, ma non i suoi padri: una rivoluzione senza rivoluzionari.
                          La differenza è tutta qui.
                          In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                          ma_75@bodyweb.com

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                          • Sean
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                            #88
                            Con questa tua ottima e, come immaginavo, appassionata risposta, ci riporti alla vexata quaestio di cosa sia meglio per l'Eroe, l'idealità o la concretezza che di necessità si fa assai terrena, e si capisce anche quale delle due tu preferisca
                            Della prima partecipano pochissimi, ed il fatto che un Robespierre non abbia avuto neppure un segno a ricordarlo nella sua Nazione ci fa capire come non solo pochissimi vi partecipino, ma pure come a pochi arrivi intatto, nella sua purezza innocente, quel messaggio.
                            Per costruire ed ancorare l'ideale alla terra, invece, bisogna che qualcuno si sporchi le mani, che una parabola quindi si svolga nella sua interezza, come quella napoleonica;
                            Siccome questi ultimi qualcosa, manovrando nella terra, lasciano, ecco che il popolo, che ama più la prosa che la poesia, si convince ad erigere il monumento a coloro che, potendone toccare sensibilmente l'opera, vede come Grandi, ma mi chiedo se in quell'esilio, ripensando a tutta la sua vita, Napoleone non abbia immaginato e desiderato anche lui, come preferibile, il morire giovane, all'acme della sua folgore ideale, come accaduto a Robespierre.
                            ...ma di noi
                            sopra una sola teca di cristallo
                            popoli studiosi scriveranno
                            forse, tra mille inverni
                            «nessun vincolo univa questi morti
                            nella necropoli deserta»

                            C. Campo - Moriremo Lontani


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                            • ma_75
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                              #89
                              Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                              Della prima partecipano pochissimi, ed il fatto che un Robespierre non abbia avuto neppure un segno a ricordarlo nella sua Nazione ci fa capire come non solo pochissimi vi partecipino, ma pure come a pochi arrivi intatto, nella sua purezza innocente, quel messaggio.


                              Solo una piccola chiosa: a Londra di fronte a Westminster troneggia la statua di Oliver Cromwell: golpista, regicida e dittatore. Di queste tre cose Robespierre fu, ed in pressochè unanime compagnia, solo la seconda. E, allora, perchè gli inglesi, pur così lontani dal cromwellismo da avere ancora oggi una monarchia, ne venerano il ricordo con una statua in faccia al parlamento, quasi a sorvegliarlo? Perchè i francesi hanno condannato Robespierre alla damnatio memoriae? Che sia uno scontro tra il pragmatismo inglese e l'ideologia francese? Anche noi, d'altro canto, abbiamo dedicato delle vie a Badoglio, cancelland, invece, la memoria di 20 anni.
                              In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                              ma_75@bodyweb.com

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                              • CaiusIulius
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                                #90
                                Io credo che il terrore sia stato protratto oltre il necessario, e che si sia abusato dell pena di morte (vedi Lavoisier ed altri illustri ghigliottinati).
                                D'altra parte come ho già detto la rivoluzione ebbe aspetti importantissimi.. che cambiarono non solo l'Europa ma il mondo.
                                Robenspierre: lo vedo come una figura di idealista certo (uno dei maggiori attori della rivoluzione) ma anche come il personaggio del terrore.. che non solo difende come logico la rivoluzione, ma probabilmente abusa del proprio potere, della propria posizione.. proprio come, anche se in altro modo, aveva fatto in passato il clero o la nobiltà..
                                Riguardo a Cromwell la stessa cosa anche se con accenti diversi.. comunque la rivoluzione in Inghilterra fu decisamente meno sanguinosa.. ma ebbe anche un'eco minore

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