Ansia

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  • Bob Terwilliger
    bluesman
    • Dec 2006
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    Originariamente Scritto da Black87 Visualizza Messaggio
    Ottimo, la discussione prende un altro verso. Ringrazio tutti e mi scuso per il mio pessimo carattere.
    Originariamente Scritto da Whipper1980 Visualizza Messaggio
    come + volte sottolineato:NESSUNA PRETESA "TERAPEUTICA", solo il punto di vista di un rompicoglioni così rompicoglioni da volere sempre sapere PERCHE'.
    Ho letto la discussione con interesse sin dall'inizio ma inizialmente ho evitato di intervenire. In realtà la mia prima reazione è stata analoga a quella di Black; ma dopo poco ho cambiato idea. Alcune cose scritte da Whipper sono in effetti inesatte, ma questo secondo me non è un problema.
    Infatti questo topic si è configurato come una sorta di "gruppo di auto-aiuto", con i contributi delle esperienze e delle conoscenze degli utenti che partecipavano. In effetti, in questo genere di problemi, anche affrontati come una chiacchierata tra amici sul web, il principale agente di contenimento è l'empatia. E di empatia ne ho vista in abbondanza. Nulla che possa sostituire una vera terapia, ma qualcosa di alternativo ed utile; starà poi alle singole persone che hanno dichiarato il proprio disagio rispetto alla propria situazione decidere se sia il caso di affrontare un trattamento specifico.


    Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
    Questa analogia di cui parli mi incuriosisce particolarmente. Conosco bene il concetto di "campo" in fisica e la sua evoluzione storica, ma non riesco proprio ad immaginare un analogo psicologico.

    Potresti spiegare o dare riferimenti più precisi?
    La psicologia contemporanea è in mezzo a un dibattito epistemologico molto profondo. Ci sarebbe sicuramente molto da scrivere, ad esempio sulle analogie tra principio d'indeterminatezza e cibernetica di secondo ordine eccetera.
    All'interno di queste riflessioni sui paradigmi conoscitivi, trova posto anche il concetto di campo psicologico.
    La sua prima formulazione si deve a Kurt Lewin negli anni '70. Fino ad allora, la psicologia sociale era stata concepita come lo studio della mente dei singoli attori nelle relazioni sociali, ed eventualmente le influenze tra essi.
    Kurt Lewin ipotizzò un nuovo approccio. Invece dello studio delle proprietà e attività della psiche, viene studiato il campo psicologico. I diversi attori sono in reciproca relazione: ogni cambiamento nel singolo attore influenza l'intero campo, modificandolo. Lo studio non è più focalizzato sull'individuo quindi ma sul campo stesso - fermo restando che è comunque possibile studiare i cambiamenti all'interno della singola psiche influenzata dai cambiamenti del campo.

    In psicoterapia l'analogo è la psicologia relazionale. Mi riferirò in particolare alla psicoanalisi, ma concetti simili si ritrovano anche ad esempio nella psicoterapia cognitivo-costruttivista o in quelle relazionali (Rogersiana, Gestalt).
    Inizialmente la psicoanalisi è stata una psicologia essenzialmente monopersonale. C'è un paziente che ha un problema, c'è un terapeuta che studia la situazione da fuori e porta il paziente sulla strada della salute. Ma da subito viene capito che il terapeuta è influenzato a sua volta dal paziente (vs. Freud, Transfert e controtransfert; Ferenczi).
    Senza voler scrivere una storia del concetto di controtransfert, che sarebbe lunghissima, veniamo direttamente ai giorni nostri con la psicoanalisi relazionale di Mitchell, la psicoanalisi intersoggettiva di Storolow, Atwood ed Orange eccetera. Centro della terapia è la relazione diadica tra terapeuta e paziente; tutto ciò che avviene in analisi va considerato alla luce della relazione tra le due figure.
    Può sembrare un passo piccolo e magari scontato; in realtà è enorme. Non più due figure isolate; soprattutto, non più l'illusione di essere un osservatore esterno che scruta in maniera oggettiva nel mondo intrapsichico del paziente.
    Originariamente Scritto da Sean
    Bob è pure un fervente cattolico.
    E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

    Alice - How long is forever?
    White Rabbit - Sometimes, just one second.

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    • Whipper1980
      TV Series God-Mod
      • Feb 2006
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      • Genova
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      uh...se ho capito bene è una sorta di indeterminismo psicologico?.... si pensa che sia impossibile non influenzare il paziente????
      sigpic10000 Crunch nn servono a un Caxxo, Questo è il Recordman...6 ore al gg x 6 mesi si è allenato...ANVEDI A PANZA......

      Whipper1980 (@) Bodyweb (.) Com


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      • richard
        scientific mode
        • May 2006
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        Originariamente Scritto da Bob Terwilliger Visualizza Messaggio
        La psicologia contemporanea è in mezzo a un dibattito epistemologico molto profondo. Ci sarebbe sicuramente molto da scrivere, ad esempio sulle analogie tra principio d'indeterminatezza e cibernetica di secondo ordine eccetera.
        All'interno di queste riflessioni sui paradigmi conoscitivi, trova posto anche il concetto di campo psicologico.
        La sua prima formulazione si deve a Kurt Lewin negli anni '70. Fino ad allora, la psicologia sociale era stata concepita come lo studio della mente dei singoli attori nelle relazioni sociali, ed eventualmente le influenze tra essi.
        Kurt Lewin ipotizzò un nuovo approccio. Invece dello studio delle proprietà e attività della psiche, viene studiato il campo psicologico. I diversi attori sono in reciproca relazione: ogni cambiamento nel singolo attore influenza l'intero campo, modificandolo. Lo studio non è più focalizzato sull'individuo quindi ma sul campo stesso - fermo restando che è comunque possibile studiare i cambiamenti all'interno della singola psiche influenzata dai cambiamenti del campo.

        In psicoterapia l'analogo è la psicologia relazionale. Mi riferirò in particolare alla psicoanalisi, ma concetti simili si ritrovano anche ad esempio nella psicoterapia cognitivo-costruttivista o in quelle relazionali (Rogersiana, Gestalt).
        Inizialmente la psicoanalisi è stata una psicologia essenzialmente monopersonale. C'è un paziente che ha un problema, c'è un terapeuta che studia la situazione da fuori e porta il paziente sulla strada della salute. Ma da subito viene capito che il terapeuta è influenzato a sua volta dal paziente (vs. Freud, Transfert e controtransfert; Ferenczi).
        Senza voler scrivere una storia del concetto di controtransfert, che sarebbe lunghissima, veniamo direttamente ai giorni nostri con la psicoanalisi relazionale di Mitchell, la psicoanalisi intersoggettiva di Storolow, Atwood ed Orange eccetera. Centro della terapia è la relazione diadica tra terapeuta e paziente; tutto ciò che avviene in analisi va considerato alla luce della relazione tra le due figure.
        Può sembrare un passo piccolo e magari scontato; in realtà è enorme. Non più due figure isolate; soprattutto, non più l'illusione di essere un osservatore esterno che scruta in maniera oggettiva nel mondo intrapsichico del paziente.
        Ti ringrazio per le delucitazioni.

        Ad ogni modo queste "analogie" con il mondo fisico applicate alla psicologia mi lasciano piuttosto perplesso.

        Parli, ad esempio, di principio di indeterminatezza (o indeterminazione) e applicazioni/similitudini con ambiti psicologici (mi sembra). In realtà le similitudini riguardano interpretazioni del principio di indeterminazione e la psicologia.

        Sarò più esplicito. Il "principio di indeterminazione" nel suo attuale enunciato si riferisce alla non commutativita di operatori hilbertiani associati a osservabili di misura (questo è l'ambito di pertinenza appropriato e rigoroso, anche se piuttosto tecnico). I concetti di commutatività, operatore di Hilbert e osservabile sono concetti matematici legati da una precisissima proposizione logica (ipotesi -> tesi). Questo proposizione (o teorema) ha una prima interpretazione fisica abbracciando il concetto di misurabilità di grandezze fisiche (in ambito microscopico e quindi quantistico), ma già qui i salti per preservare la coerenza logica sono tutt'altro che banali.
        Ora, se vogliamo estendere ulteriormente l'analogia ad una interpretazione in ambito biologico per arrivare infine ad una interpretazione psicologica, passiamo da interpretazione ad interpretazione perdendo totalmente di vista il contesto e la logica da cui il concetto si è diramato. Alla fine rimane soltanto una (magari) accattivante similitudine nella nomenclatura, ma l'idea originaria è totalmente stravolta.

        Mi chiedo: la psicologia (intesa come scienza) ha davvero bisogno di un vocabolario estratto da altre branche scientifiche per descrive i propri concetti? non sarebbe più proficua una attenzione al metodo piuttosto che una ricerca dell'analogia (spesso, a mio avviso, forzata) in apparati logici, costruiti nel corso dei secoli, che competono ad altri ambiti?

        E' qui, a mio avviso, un primo passo per il discrimine tra disciplina e scienza.

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        • Tex88
          Bodyweb Senior
          • Mar 2009
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          • Piemonte
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          Interessante il discorso della analogie tra la psicologia e altri ambiti scientifici, purtroppo non ho le competenze per inserirmi nel dicorso...

          Per quanto riguarda invece l'eft, Whipper... ho letto il libro... devo ammettere che con certe cose sono d'accordo, sopratutto quando si parla del fatto che la nostra vita, le nostre scelte e le nostre paure siano influenzate dalle cosiddettte "scritte sui muri" cioè le convinzioni che abbiamo appreso fin dall'infanzia e da cui fatichiamo a liberarci...
          Il concetto mi ricorda tanto una canzone che dice "In questo girotondo d'anime non c'è, un posto per scrollarsi via di dosso quello che ci e stato detto e quello che oramai si sa".
          E giusto che uno che è andato incontro a molti fallimenti,o che è sempre stato additato come uno che non combina niente, debba scrollarsi di dosso l'idea di essere uno che effettivamente non è buono a far nulla, altrimenti potrebbe risultarne condizionato in ciò che fa.
          Questa parte, come dicevo, mi è sembrata buona è condivisibile, invece per quanto riguarda l'applicazione del metodo mi spiace ma rimango scettico.
          Ho provato la procedura, ma mi sembra non sia cambiato nulla. Probabilmente la colpa è mia, perchè si richiede, eseguendola, di rimanere concentrati sul problema, mentre io, non sapendo bene come farla, forse non focalizzavo bene il pensiero sul problema perchè dovevo pernsare anche a come si faceva ciò che stavo facendo,quali erano i punti dei meridiani ecc.
          Un alro aspetto limitante secondo me, è che si richiede, per focalizzare l'attenzione sul problema, di averlo individuato.
          Se si parla come allinizio del 3d di un'ansia...diciamo "generica", di cui non si conosce bene l'origine, è più difficile focalizzare l'attenzione su di essa.
          comunque, come dicevo, ho sbagliato qualcosa io. consigli?

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          • Black87
            Bodyweb Senior
            • Apr 2004
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            • A casa di socio a falsificare CV
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            Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
            Ti ringrazio per le delucitazioni.

            Ad ogni modo queste "analogie" con il mondo fisico applicate alla psicologia mi lasciano piuttosto perplesso.

            Parli, ad esempio, di principio di indeterminatezza (o indeterminazione) e applicazioni/similitudini con ambiti psicologici (mi sembra). In realtà le similitudini riguardano interpretazioni del principio di indeterminazione e la psicologia.

            Sarò più esplicito. Il "principio di indeterminazione" nel suo attuale enunciato si riferisce alla non commutativita di operatori hilbertiani associati a osservabili di misura (questo è l'ambito di pertinenza appropriato e rigoroso, anche se piuttosto tecnico). I concetti di commutatività, operatore di Hilbert e osservabile sono concetti matematici legati da una precisissima proposizione logica (ipotesi -> tesi). Questo proposizione (o teorema) ha una prima interpretazione fisica abbracciando il concetto di misurabilità di grandezze fisiche (in ambito microscopico e quindi quantistico), ma già qui i salti per preservare la coerenza logica sono tutt'altro che banali.
            Ora, se vogliamo estendere ulteriormente l'analogia ad una interpretazione in ambito biologico per arrivare infine ad una interpretazione psicologica, passiamo da interpretazione ad interpretazione perdendo totalmente di vista il contesto e la logica da cui il concetto si è diramato. Alla fine rimane soltanto una (magari) accattivante similitudine nella nomenclatura, ma l'idea originaria è totalmente stravolta.

            Mi chiedo: la psicologia (intesa come scienza) ha davvero bisogno di un vocabolario estratto da altre branche scientifiche per descrive i propri concetti? non sarebbe più proficua una attenzione al metodo piuttosto che una ricerca dell'analogia (spesso, a mio avviso, forzata) in apparati logici, costruiti nel corso dei secoli, che competono ad altri ambiti?

            E' qui, a mio avviso, un primo passo per il discrimine tra disciplina e scienza.
            Il principio di indeterminazione è una questione che ha toccato più l'ambito sociale della psicologia, nonchè la sociologia stessa. Le analogie non sono vere analogie, si tratta di elucubrazioni mentali () per legittimare il ruolo dell'attore sociale nel momento in cui si caratterizza come studioso di un fenomeno psicologico o sociale, con una relazione logica del tipo: se persino nella misurazione della quantità di moto e della direzione di una particella sono influenzate da chi la misura, la "misurazione" di un fenomeno sociale sarà parimenti scientifico ma soltanto caratterizzato da un più alto grado di indeterminazione (scusatemi se sono impreciso ma non me ne intendo, vado per antiche reminiscenze). Il succo della questione è: non c'è una separazione così netta tra soggetto e oggetto in qualsiasi disciplina, dato che comunque l'osservatore con il solo atto di osservare in qualsiasi caso andrà ad alterare il fenomeno che studia.
            C'è da dire che il principio di indeterminazione è una questione che ha toccato un pò tutte le scienze umane, solo in parte la psicologia, in un periodo storico (non propriamente recente ecco) in cui queste cercavano la loro legittimità nei confronti delle scienze naturali. Periodo in cui gli storicisti tedeschi facevano un distinguo NETTO tra scienze nomotetiche ed idiografiche , distinguo superato proprio grazie a questo ritrovamento in fisica.

            Per quanto riguarda la teoria del campo, si tratta anche qui di un'analogia lontana nel tempo e risalente agli albori della psicologia sociale. E' un concetto sinteticamente spiegato qui: Lewin, Kurt - MSN Encarta

            Ovviamente, queste analogie sono ormai lontane nel tempo e risalenti a QUEL periodo storico. Attualmente in psicologia non c'è assolutamente la necessità di mutuare terminologie o teorie ad altre discipline.
            Last edited by Black87; 03-07-2009, 13:17:19.

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            • richard
              scientific mode
              • May 2006
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              Originariamente Scritto da Black87 Visualizza Messaggio
              Il principio di indeterminazione è una questione che ha toccato più l'ambito sociale della psicologia, nonchè la sociologia stessa. Le analogie non sono vere analogie, si tratta di elucubrazioni mentali () per legittimare il ruolo dell'attore sociale nel momento in cui si caratterizza come studioso di un fenomeno psicologico o sociale, con una relazione logica del tipo: se persino nella misurazione della quantità di moto e della direzione di una particella sono influenzate da chi la misura, la "misurazione" di un fenomeno sociale sarà parimenti scientifico ma soltanto caratterizzato da un più alto grado di indeterminazione (scusatemi se sono impreciso ma non me ne intendo, vado per antiche reminiscenze). Il succo della questione è: non c'è una separazione così netta tra soggetto e oggetto in qualsiasi disciplina, dato che comunque l'osservatore con il solo atto di osservare in qualsiasi caso andrà ad alterare il fenomeno che studia.
              Indubbiamente quella che indichi è stata una delle maggiori rivoluzioni della filosofia della scienza dello scorso secolo. Essa distoglie lo sguardo dall'ottica inquisitiva classica (secondo cui l'osservatore non può e non deve rientrare nel fenomeno osservato) che ha contraddistinto le scienze naturali fino a tutto il 1800. E' pur vero che anche nel '900 trovava comunque fermi oppositori, primo tra tutti lo stesso Einstein.
              Ovviamente l'opposizione dello scienziato non era "gratuita" o "casuale": in effetti, a livello macroscopico, l'interazione osservatore-fenomeno risultà in qualche modo "mediata", di modo che il relativo effetto sulle osservazioni diviene irrilevante. Tant'è vero che, parlando di fisica, l'approccio Newtoniano che sottintende un'ottica classica è perfettamente valido in contesto macroscopico. E' altrettanto vero, però, che in contesto microscopico l'operazione di misura assume connotazioni che non possono più essere ricondotte ad una prospettiva classica (lo stesso Einstein se ne convinse, nell'ultima parte della sua carriera).

              Quindi, ancora una volta, ritorna il discorso "contesto". E si capisce che quel passaggio "microscopico -> macroscopico -> antropico -> sociale" che prevederebbe una "crescente indetermiazione" risulta (questo sì) un tantino gratuito, almeno finché non si chiarisce l'evoluzione del processo di misura (cioè il processo di confronto/interazione tra l'osservatore e l'oggetto osservato) nei singoli step intermedi. Ma questo chiarimento è da ricercarsi principalmente nel metodo, non nell'analogia con altre branche delle scienze naturali.

              Spero di aver chiarito i motivi delle mie perplessità che divengono radicali quando leggo titoli del tipo "la relatività di Einstein al servizio del benessere".

              Ti ringrazio per il link sul concetto di "campo psicologico". Vediamo se possiamo in qualche modo applicare le considerazioni di queste nostre parentesi tornando a parlare di ansia.

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              • Bob Terwilliger
                bluesman
                • Dec 2006
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                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                Ad ogni modo queste "analogie" con il mondo fisico applicate alla psicologia mi lasciano piuttosto perplesso.

                Parli, ad esempio, di principio di indeterminatezza (o indeterminazione) e applicazioni/similitudini con ambiti psicologici (mi sembra). In realtà le similitudini riguardano interpretazioni del principio di indeterminazione e la psicologia.

                [...]

                Ora, se vogliamo estendere ulteriormente l'analogia ad una interpretazione in ambito biologico per arrivare infine ad una interpretazione psicologica, passiamo da interpretazione ad interpretazione perdendo totalmente di vista il contesto e la logica da cui il concetto si è diramato. Alla fine rimane soltanto una (magari) accattivante similitudine nella nomenclatura, ma l'idea originaria è totalmente stravolta.

                Mi chiedo: la psicologia (intesa come scienza) ha davvero bisogno di un vocabolario estratto da altre branche scientifiche per descrive i propri concetti? non sarebbe più proficua una attenzione al metodo piuttosto che una ricerca dell'analogia (spesso, a mio avviso, forzata) in apparati logici, costruiti nel corso dei secoli, che competono ad altri ambiti?

                E' qui, a mio avviso, un primo passo per il discrimine tra disciplina e scienza.
                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                Indubbiamente quella che indichi è stata una delle maggiori rivoluzioni della filosofia della scienza dello scorso secolo. Essa distoglie lo sguardo dall'ottica inquisitiva classica (secondo cui l'osservatore non può e non deve rientrare nel fenomeno osservato)
                Nella scienza c'è un livello applicativo ed un livello sovraordinato epistemologico.
                Le mie conoscenze del principio di indeterminatezza in fisica si limitano all'enunciato secondo cui è impossibile misurare contemporaneamente la posizione e la velocità di un elettrone a causa della perturbazione introdotta dalla misurazione.
                Il livello superiore, quello puramente epistemologico, si riferisce all'unitarietà fondamentale di quella che, precedentemente, era considerata la diade osservatore-fenomeno. Ad esempio nella cibernetica di primo livello (scienza dei meccanismi a retroazione e dei sistemi orientati a uno scopo) si considera il meccanismo a feedback costituito da un effettore e un'organo di senso; nella cibernetica di secondo ordine il feedback considerato è quello tra lo studio del fenomeno e la teoria di riferimento (si vedano per esempio Bateson e Von Foerster).

                Il principio secondo cui l'osservatore influenza il fenomeno ed il fenomeno influenza l'osservazione viene applicato anche alle scienze umane come la psicologia. C'è quindi un'analogia tra concetti di scienze diverse; non si tratta di mutuare forzatamente tra discipline inconciliabili: il campo di applicazione e la natura dell'oggetto di studio rendono conto della differenza, ma non inficiano l'analogia tra i concetti.

                Originariamente Scritto da Whipper1980 Visualizza Messaggio
                uh...se ho capito bene è una sorta di indeterminismo psicologico?.... si pensa che sia impossibile non influenzare il paziente????
                Più che altro è impossibile che il paziente non influenzi il terapeuta

                D'altronde esistono numerose forme di psicoterapie che si basano su cornici teoriche di riferimento diverse, e tendono ad essere più direttive. Un esempio: la Terapia Breve Strategica di Watzlawick e Nardone, o la PNLt dell'Ikos. Queste due forme di terapia hanno, secondo me, un limite enorme nella mancanza di approfondimento della relazione terapeutica. Ciò porta il terapeuta a identificare il "problema" all'interno di un sistema arbitrario, invece di cercare i significati ed i valori del paziente e di renderlo in grado di decidere autonomamente quali siano i suoi valori della salute/maturità/sviluppo/individuazione eccetera.
                Ricordo un caso clinico molto curioso su un libro di Nardone: un ragazzo viene portato in terapia dai genitori perché fa uso di steroidi. Alla fine della breve terapia, è "guarito", nel senso che ha smesso l'uso. Non c'è la minima attenzione ai valori del ragazzo, alla sua libertà di scelta, non c'è distinzione tra uso ed abuso. I valori della salute (smettere l'uso) sono stabiliti arbitrariamente dal terapeuta e dai genitori del ragazzo sulla base della loro morale.

                Io preferisco teorie e pratiche diverse, ancorchè più lunghe ed impegnative (anche sotto il profilo economico, due anni di terapia sono diversi da tre mesi). Senza voler gettar la croce addosso a forme di terapia che hanno comunque il loro perché, volevo sottolineare come usare teorie basate su epistemologie vecchie e superate conduca per forza di cose a valori della salute vecchi e superati.
                Originariamente Scritto da Sean
                Bob è pure un fervente cattolico.
                E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

                Alice - How long is forever?
                White Rabbit - Sometimes, just one second.

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                • richard
                  scientific mode
                  • May 2006
                  • 19924
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                  Originariamente Scritto da Bob Terwilliger Visualizza Messaggio
                  Ad esempio nella cibernetica di primo livello (scienza dei meccanismi a retroazione e dei sistemi orientati a uno scopo) si considera il meccanismo a feedback costituito da un effettore e un'organo di senso; nella cibernetica di secondo ordine il feedback considerato è quello tra lo studio del fenomeno e la teoria di riferimento (si vedano per esempio Bateson e Von Foerster).
                  E qui ricadiamo appunto nella concezione non classica secondo cui la formulazione del processo di "misura" (cioè l'interazione tra osservatore e oggetto osservato) entra a far parte della stessa fenomenologia.
                  Una teoria della natura è difatti, secondo tale concezione, innanzitutto il prodotto dell'assiomatizzazione del processo di "misura".
                  Ma questo non è sinonimo di "principio di indeterminazione". L'inclusione del processo di misura nella fenomenologia e, quindi, nella teoria è un meccanismo a monte.
                  Per chiarire: il "principio di indeterminazione" è solo un corollario (di natura fisico-matematica) di una particolare assiomatizzazione (quella della Meccanica Quantistica) del processo di misura.


                  Originariamente Scritto da Bob Terwilliger
                  Il principio secondo cui l'osservatore influenza il fenomeno ed il fenomeno influenza l'osservazione viene applicato anche alle scienze umane come la psicologia. C'è quindi un'analogia tra concetti di scienze diverse; non si tratta di mutuare forzatamente tra discipline inconciliabili: il campo di applicazione e la natura dell'oggetto di studio rendono conto della differenza, ma non inficiano l'analogia tra i concetti.
                  Anche qui nulla da dire, purché si chiarisca che questo non è il caso di titoli, come detto, del tipo: "La scienza di Einstein al servizio del benessere".

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                  • Gary
                    Queen Of The Balls - Ex Mod.
                    • Mar 2007
                    • 35989
                    • 1,893
                    • 1,470
                    • Tempio Pausania
                    • Send PM

                    cavolo topic interessante, sopratutto gli interventi di whipper, domani mattina me lo leggo tutto
                    Originariamente Scritto da modgallagher
                    gandhi invece di giocarsi il libretto della macchina si gioca la cartella clinica
                    " tra noi sarebbe come abbinare un vino pregiato a un ottimo cibo " ..


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                    • Bob Terwilliger
                      bluesman
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                      • Osteria
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                      Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                      E qui ricadiamo appunto nella concezione non classica secondo cui la formulazione del processo di "misura" (cioè l'interazione tra osservatore e oggetto osservato) entra a far parte della stessa fenomenologia.
                      Una teoria della natura è difatti, secondo tale concezione, innanzitutto il prodotto dell'assiomatizzazione del processo di "misura".
                      Ma questo non è sinonimo di "principio di indeterminazione". L'inclusione del processo di misura nella fenomenologia e, quindi, nella teoria è un meccanismo a monte.
                      Per chiarire: il "principio di indeterminazione" è solo un corollario (di natura fisico-matematica) di una particolare assiomatizzazione (quella della Meccanica Quantistica) del processo di misura.
                      E' doverosa, da parte mia, una precisazione.
                      L'epistemologia moderna nasce in ambiti differenti. Per esempio il costruttivismo, pur appicabile a qualsiasi fenomeno, nasce nelle scienze umane; invece il concetto di unità fenomeno-osservatore deriva principalmente proprio dalle teorie della fisica quantistica. Nel momento in cui diventa filosofia della scienza pura, diventa poi applicabile ad altri ambiti. Oltre alla cibernetica, penso alla teoria dell'autopoiesi di Maturana e Varela: è una delle possibili sistematizzazioni nell'ambito di scienze sociali, psicologia, etologia ed evoluzionismo. Ma è proprio la parabola della cibernetica a mostrare la natura sovraordinata, indipendente dal campo di applicazione, delle epistemologie moderne.
                      Negli anni '40, Norbert Wiener - allievo di Bertrand Russel - raccoglie una serie di studiosi di discipline diverse interessati in diversi modi ai meccanismi a retroazione; tra gli altri, il già citato Kurt Lewin, Gregory Bateson, Von Neumann (pioniere dei calcolatori digitali), Claude Shannon (autore con Warren Weaver della celebre ricerca sulla quantità e qualità dell'informazione della Bell Telephone), il neurofisiologo McCulloch, il logico matematico Walter Pitts, il sociologo Morgenstern (autore della teoria dei giochi) eccetera. Studiosi di discipline così diverse trovarono un comune denominatore in un nuovo approccio alla scienza: l'entusiasmo per la cibernetica era proprio nel sogno, realizzato solo parzialmente, di realizzare una cornice che rendesse integrabili scienze fino ad allora considerate completamente separate.

                      Per questo ho parlato di analogia e non di sinonimia.
                      Originariamente Scritto da Sean
                      Bob è pure un fervente cattolico.
                      E' solo in virtù di questo suo essere del Cristo che gli perdono quei suoi certi amori per le polveri, il rock, la psicologia, la pornografia e pure per Sion.

                      Alice - How long is forever?
                      White Rabbit - Sometimes, just one second.

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                        Vedo che il post da semplice chiaccherata ha preso una piega piacevolmente seria.
                        Faccio comunque la mia domanda, anche se leggendo le ultime risposte mi sembra un pò fuori luogo, è comunque inerente alla tematica.
                        Può l'ansia continua o comunque molto frequente inificiare l'allenamento? Nel senso di essere un ulteriore ostacolo all'aumento di massa.

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