Somalia: è incinta la reporter canadese rapita e ridotta a schiava sessuale
Un reporter locale contattato dal Corriere, Yussuf Hassan, li ha visti da lontano in una casa di Bakara Market, la zona centrale e più pericolosa di Moga*discio. «Non mi hanno fatto avvicinare. Lei aveva il velo e la pelle molto bianca, lui era seduto un po’ più distante». La giornalista canadese Amanda Lindhout e il suo colle*ga australiano Nigel Brennan, sono stati rapiti il 23 agosto scorso sulla strada che unisce Mogadiscio a Afgoi da un comman*do di banditi. Volevano visitare un campo di profughi, uno di quei gironi infernali dove vivono migliaia di persone in fuga da una guerra che dura da 18 anni. Da allora si sono perse le loro tracce. Notizie non confermate pubblicate dai siti somali raccontano cose raccapriccian*ti. Maareg, per esempio, scrive che un po’ di settimane fa i due reporter sono riusciti a fuggire dalla loro prigione. Si sono rifugiati in una moschea dove però sono stati riacciuffati. Chi li ha visti in quei momenti sostiene che Amanda avesse il pancione. Da allora le notizie sulla sua sorte si sono moltiplicate. Amanda, pelle bianchissima, esile, capelli biondi, 28 anni, sarebbe diventata una schiava del sesso, violenta*ta ogni giorno a turno dai suoi rapitori. Nigel invece sarebbe stato costretto a sposare un paio di donne somale, naturalmente dopo essersi convertito all’Islam. La ver*sione del sito internazionale Jihad Watch invece è che uno dei suoi rapitori l’avrebbe costretta a diventare sua moglie, dopo averla violentata e messa incinta. Ma queste informazioni contrastano con quelle raccolte dalla fonte del Corriere che ha contattato a Mogadiscio uno della banda dei rapitori, Idriss.
Idriss, parlan*do al telefono con Nairobi, racconta che Amanda non è incinta e Niger non è sposato. I due stanno bene, compatibilmente con la lunga detenzione che li tiene inchiodati in una casa semidiroccata a Bakara Market. «I rapitori — rivela Idriss, che sostiene di non essere un protagonista del sequestro — chiedono due milioni e mezzo di dollari». Fonti dell’ambasciata canadese a Nairobi rivelano che per i due gior*nalisti sono stati messi a disposizione appena 250 mila dollari.
Un reporter locale contattato dal Corriere, Yussuf Hassan, li ha visti da lontano in una casa di Bakara Market, la zona centrale e più pericolosa di Moga*discio. «Non mi hanno fatto avvicinare. Lei aveva il velo e la pelle molto bianca, lui era seduto un po’ più distante». La giornalista canadese Amanda Lindhout e il suo colle*ga australiano Nigel Brennan, sono stati rapiti il 23 agosto scorso sulla strada che unisce Mogadiscio a Afgoi da un comman*do di banditi. Volevano visitare un campo di profughi, uno di quei gironi infernali dove vivono migliaia di persone in fuga da una guerra che dura da 18 anni. Da allora si sono perse le loro tracce. Notizie non confermate pubblicate dai siti somali raccontano cose raccapriccian*ti. Maareg, per esempio, scrive che un po’ di settimane fa i due reporter sono riusciti a fuggire dalla loro prigione. Si sono rifugiati in una moschea dove però sono stati riacciuffati. Chi li ha visti in quei momenti sostiene che Amanda avesse il pancione. Da allora le notizie sulla sua sorte si sono moltiplicate. Amanda, pelle bianchissima, esile, capelli biondi, 28 anni, sarebbe diventata una schiava del sesso, violenta*ta ogni giorno a turno dai suoi rapitori. Nigel invece sarebbe stato costretto a sposare un paio di donne somale, naturalmente dopo essersi convertito all’Islam. La ver*sione del sito internazionale Jihad Watch invece è che uno dei suoi rapitori l’avrebbe costretta a diventare sua moglie, dopo averla violentata e messa incinta. Ma queste informazioni contrastano con quelle raccolte dalla fonte del Corriere che ha contattato a Mogadiscio uno della banda dei rapitori, Idriss.
Idriss, parlan*do al telefono con Nairobi, racconta che Amanda non è incinta e Niger non è sposato. I due stanno bene, compatibilmente con la lunga detenzione che li tiene inchiodati in una casa semidiroccata a Bakara Market. «I rapitori — rivela Idriss, che sostiene di non essere un protagonista del sequestro — chiedono due milioni e mezzo di dollari». Fonti dell’ambasciata canadese a Nairobi rivelano che per i due gior*nalisti sono stati messi a disposizione appena 250 mila dollari.
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