C'era un governo
di Filippo Facci
So di parlare a titolo personale, ma dire che sono stufo non rende neppure l'idea. Non si può campare pensando sempre che gli altri sono peggio, che i giudici sono comunisti e che Fini è un traditore: anche se ci fosse del vero in tutto quanto. Non si può passar la vita a difendere il privato di Berlusconi se poi Berlusconi non fa niente per difendere dal suo privato noi, cittadini o giornalisti che perdiamo intere stagioni a discutere delle sue mutande: e questo solo perché lui ha sottovalutato dei rischi o perché deve affermare qualche principio. Berlusconi sarà anche un genio, ma i suoi casini impediscono di dimostrarlo e fanno perdere un sacco di tempo al Paese: e parlo di casini autoprocurati, non di complotti dei poteri forti. Se di notte il Premier non telefona a Obama ma a Nicole Minetti, e se la liberazione di una cubista marocchina è divenuta la missione più rilevante della nostra politica estera, la colpa non è mia. Se il Lodo Alfano serve a guadagnare tempo e a non farlo perdere al Paese, e però per farlo ci vogliono tre anni, la colpa non è mia. Se dietro Berlusconi non c'è un partito ma c'è solo lui, oltre a una serie di soldatini imbarazzanti, la colpa forse è addirittura sua. Non ho capito se alle famiglie italiane arriverà davvero un opuscolo su quanto realizzato dal governo negli ultimi due anni, ma credo che i prossimi due anni alle famiglie italiane interessino addirittura di più. Ci facciano, anzi, ci faccia sapere.
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L'editoriale
Sta per arrivare il botto
I rumors di Palazzo: Berlusconi sarà indagato a Milano. Ecco lo scenario della crisi in sette punti. A Palermo spunta una cubista...
Cosa succede nel Palazzo? Si fanno scenari, come prima più di prima. L’ultima sceneggiatura su cui si stanno scervellando i politici di corto e lungo corso tra Camera e Senato prevede una sequenza da botto finale: 1. Silvio Berlusconi sarà indagato dalla procura di Milano per la vicenda della telefonata alla questura; 2. Un minuto dopo Gianfranco Fini chiederà al presidente del Consiglio di rimettere il suo mandato;
3. Berlusconi proverà a resistere con tutte le sue forze. E il comunicato di ieri del Pdl anticipa questa mossa e avvisa i naviganti: rovesciare il governo sarà una durissima impresa, daremo battaglia;
4. A quel punto il gruppo di Futuro e Libertà farà mancare il suo appoggio alla maggioranza;
5. La Lega coglierà la palla al balzo per spingere verso la crisi, le elezioni anticipate (il Carroccio ieri parlava di «rivolta» contro il governo tecnico) e capitalizzare la propria posizione;
6. Il presidente del Consiglio tenterà un’operazione di puntellamento cercando di coinvolgere l’Udc (primo passo: anticipazione del libro di Vespa) nel gioco della maggioranza, ma di fronte allo sbarramento del neocostituito comitato di liberazione nazionale da Silvio, il premier sarà costretto a salire al Quirinale e formalizzare davanti al Presidente della Repubblica la crisi di governo;
7. Il presidente Napolitano aprirà un giro di consultazioni con tutte le forze politiche. Il racconto per ora si ferma qui, perché i passaggi successivi sono a dir poco nebulosi e soprattutto nessuno può prevedere che cosa farà il Presidente della Repubblica davanti a uno scenario così ingarbugliato e imbarazzante per le istituzioni. Di fronte a Napolitano si presenta infatti l’inedito caso per la nostra storia di un governo che va in crisi per uno scandalo a luci rosse e un brancaleonesco divorzio tra due leader politici che non si sono mai amati ma per sedici anni almeno sopportati a vicenda.
I sette punti elencati possono arricchirsi di ulteriori eventi, contrattempi, incidenti e accidenti, ma sono la trama di un percorso che di ora in ora subisce accelerazioni. Lo stop and go dei finiani non convince più nessuno, ma in questo momento è più che sufficiente per mandare all’aria il governo e poi domani è un altro giorno e si vedrà quale sorte avrà questo Paese. Detto questo, in attesa di vedere altri soggetti entrare in campo e altre situazioni venir fuori dal cilindro magico delle procure, è vero che il nodo di tutta la vicenda è quella telefonata a dir poco irrituale da parte della più alta carica del governo alla polizia di Milano, ma il plot narrativo che resta nell’immaginario collettivo è quello di una storia di donnine venuta a galla per l’ennesima fuga di notizie da parte di una delle tante procure che si stanno dando da fare per incastrare il Cavaliere.
Questo è il punto, il resto della vicenda è un corollario e la politica è davvero annichilita, ridotta ai minimi termini. La telefonata in questa telenovelona è solo l’artificio retorico necessario per innescare l’indagine e gli accertamenti non solo sul questore di allora - Indolfi ieri è stato interrogato dalla procura - ma anche sul ruolo avuto dal presidente del Consiglio nella liberazione di Ruby, la ragazza marocchina che ha innescato lo scandalo o presunto tale. In un altro sistema e in un altro Paese, prima di tirare le somme, le righe e soprattutto far tirare le cuoia all’esecutivo si sarebbe aspettato l’accumularsi di fatti precisi, distinguendo la politica a cui si dedicano molte persone perbene, dal folkore, dalle battute a buon mercato e da un contesto di generale degrado e scadimento del dibattito pubblico.
In un altro contesto sarebbe stato decisivo leggere il verbale redatto dalla polizia sulla vicenda Ruby per capire dove stanno i torti e le ragioni, quali sono le reali dimensioni del fatto e del chi ha fatto cosa, ma se osserviamo tutta la dinamica del caso "Bunga Bunga" è chiarissimo che in realtà questo non è che un tassello e non è poi così importante, anzi è addirittura marginale rispetto al the end immaginato da chi tira i fili di questa operazione di macelleria non di un governo, ma dell’intero sistema istituzionale.
Ciò che conta in questo scenario da cinepanettone avariato è la tempistica e l’onda d’urto che viene prodotta dalla notizia del Cav indagato, nient’altro. Il boato sovrasterà ogni ragionamento e tentativo di produrre una soluzione che salvi non Berlusconi, ma quel che resta del nostro sistema politica. La verità per la ditta di demolizioni che ha preso l’appalto dell’opera finale è un incidente di percorso che può verificarsi o meno, ma non è il nocciolo del racconto e non serve a costruire lo scontato epilogo ribaltonesco.
Siamo precipitati in una dimensione totalmente mediatica e stupisce che nella maggioranza in pochi abbiano davvero compreso che la partita si gioca tutta sul piano della comunicazione e non delle eccezioni legali e dei miopi giochetti in toga. Ci vorrebbe non il solito Azzeccagarbugli, ma una sopraffina mente politica per uscire da questo pantano e salvare la maggioranza da una crisi che per il momento appare davvero alle porte. Nessuno pensa seriamente che la legislatura possa giungere al termine in queste condizioni e tra il Pdl e i finiani in realtà è in corso solo il gioco del cerino, un continuo rimandare al mittente la mossa che dovrebbe poi portare alla crisi e caduta del governo. Chi rompe e fa cadere l’esecutivo, si porterà dietro il peccato originale di aver chiuso la legislatura in maniera prematura.
La verità è che siamo giunti a velocità stratosferica alla mano finale del partitone a poker tra l’outsider Berlusconi e l’establishment che per sedici anni non l’ha mai accettato come espressione della maggioranza degli italiani.
La nota dei capigruppo del Pdl che chiede a Fini di esser chiaro una volta per tutte sul suo appoggio all’esecutivo e la scontata risposta di Futuro e Libertà che assicura lealtà e chiede il rilancio del governo è solo un «dialogo» del tutto artificioso in un racconto collettivo della nostra politica che prevede il crollo, lo stupore ipocrita, il crac del Paese e l’arrivo di un Uomo della Provvidenza che puzza di Gattopardo lontano un miglio. Questo minuetto eseguito con lo stiletto nascosto dietro la schiena è il segnale che stiamo per assistere alla fine del primo tempo di una pellicola con una sceneggiatura incredibile, un film che tra qualche giorno delizierà gli spettatori della politica con memorabili scene d’azione, inseguimenti e assalti alla diligenza. Qualcuno in sala in queste ore sta ridendo sguaiatamente, pensa di assistere alla proiezione di un film comico e invece siamo di fronte a una tragedia. Ordinate il popcorn e state incollati alla poltrona, nel Palazzo sta per saltare tutto.
di Filippo Facci
So di parlare a titolo personale, ma dire che sono stufo non rende neppure l'idea. Non si può campare pensando sempre che gli altri sono peggio, che i giudici sono comunisti e che Fini è un traditore: anche se ci fosse del vero in tutto quanto. Non si può passar la vita a difendere il privato di Berlusconi se poi Berlusconi non fa niente per difendere dal suo privato noi, cittadini o giornalisti che perdiamo intere stagioni a discutere delle sue mutande: e questo solo perché lui ha sottovalutato dei rischi o perché deve affermare qualche principio. Berlusconi sarà anche un genio, ma i suoi casini impediscono di dimostrarlo e fanno perdere un sacco di tempo al Paese: e parlo di casini autoprocurati, non di complotti dei poteri forti. Se di notte il Premier non telefona a Obama ma a Nicole Minetti, e se la liberazione di una cubista marocchina è divenuta la missione più rilevante della nostra politica estera, la colpa non è mia. Se il Lodo Alfano serve a guadagnare tempo e a non farlo perdere al Paese, e però per farlo ci vogliono tre anni, la colpa non è mia. Se dietro Berlusconi non c'è un partito ma c'è solo lui, oltre a una serie di soldatini imbarazzanti, la colpa forse è addirittura sua. Non ho capito se alle famiglie italiane arriverà davvero un opuscolo su quanto realizzato dal governo negli ultimi due anni, ma credo che i prossimi due anni alle famiglie italiane interessino addirittura di più. Ci facciano, anzi, ci faccia sapere.
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L'editoriale
Sta per arrivare il botto
I rumors di Palazzo: Berlusconi sarà indagato a Milano. Ecco lo scenario della crisi in sette punti. A Palermo spunta una cubista...
Cosa succede nel Palazzo? Si fanno scenari, come prima più di prima. L’ultima sceneggiatura su cui si stanno scervellando i politici di corto e lungo corso tra Camera e Senato prevede una sequenza da botto finale: 1. Silvio Berlusconi sarà indagato dalla procura di Milano per la vicenda della telefonata alla questura; 2. Un minuto dopo Gianfranco Fini chiederà al presidente del Consiglio di rimettere il suo mandato;
3. Berlusconi proverà a resistere con tutte le sue forze. E il comunicato di ieri del Pdl anticipa questa mossa e avvisa i naviganti: rovesciare il governo sarà una durissima impresa, daremo battaglia;
4. A quel punto il gruppo di Futuro e Libertà farà mancare il suo appoggio alla maggioranza;
5. La Lega coglierà la palla al balzo per spingere verso la crisi, le elezioni anticipate (il Carroccio ieri parlava di «rivolta» contro il governo tecnico) e capitalizzare la propria posizione;
6. Il presidente del Consiglio tenterà un’operazione di puntellamento cercando di coinvolgere l’Udc (primo passo: anticipazione del libro di Vespa) nel gioco della maggioranza, ma di fronte allo sbarramento del neocostituito comitato di liberazione nazionale da Silvio, il premier sarà costretto a salire al Quirinale e formalizzare davanti al Presidente della Repubblica la crisi di governo;
7. Il presidente Napolitano aprirà un giro di consultazioni con tutte le forze politiche. Il racconto per ora si ferma qui, perché i passaggi successivi sono a dir poco nebulosi e soprattutto nessuno può prevedere che cosa farà il Presidente della Repubblica davanti a uno scenario così ingarbugliato e imbarazzante per le istituzioni. Di fronte a Napolitano si presenta infatti l’inedito caso per la nostra storia di un governo che va in crisi per uno scandalo a luci rosse e un brancaleonesco divorzio tra due leader politici che non si sono mai amati ma per sedici anni almeno sopportati a vicenda.
I sette punti elencati possono arricchirsi di ulteriori eventi, contrattempi, incidenti e accidenti, ma sono la trama di un percorso che di ora in ora subisce accelerazioni. Lo stop and go dei finiani non convince più nessuno, ma in questo momento è più che sufficiente per mandare all’aria il governo e poi domani è un altro giorno e si vedrà quale sorte avrà questo Paese. Detto questo, in attesa di vedere altri soggetti entrare in campo e altre situazioni venir fuori dal cilindro magico delle procure, è vero che il nodo di tutta la vicenda è quella telefonata a dir poco irrituale da parte della più alta carica del governo alla polizia di Milano, ma il plot narrativo che resta nell’immaginario collettivo è quello di una storia di donnine venuta a galla per l’ennesima fuga di notizie da parte di una delle tante procure che si stanno dando da fare per incastrare il Cavaliere.
Questo è il punto, il resto della vicenda è un corollario e la politica è davvero annichilita, ridotta ai minimi termini. La telefonata in questa telenovelona è solo l’artificio retorico necessario per innescare l’indagine e gli accertamenti non solo sul questore di allora - Indolfi ieri è stato interrogato dalla procura - ma anche sul ruolo avuto dal presidente del Consiglio nella liberazione di Ruby, la ragazza marocchina che ha innescato lo scandalo o presunto tale. In un altro sistema e in un altro Paese, prima di tirare le somme, le righe e soprattutto far tirare le cuoia all’esecutivo si sarebbe aspettato l’accumularsi di fatti precisi, distinguendo la politica a cui si dedicano molte persone perbene, dal folkore, dalle battute a buon mercato e da un contesto di generale degrado e scadimento del dibattito pubblico.
In un altro contesto sarebbe stato decisivo leggere il verbale redatto dalla polizia sulla vicenda Ruby per capire dove stanno i torti e le ragioni, quali sono le reali dimensioni del fatto e del chi ha fatto cosa, ma se osserviamo tutta la dinamica del caso "Bunga Bunga" è chiarissimo che in realtà questo non è che un tassello e non è poi così importante, anzi è addirittura marginale rispetto al the end immaginato da chi tira i fili di questa operazione di macelleria non di un governo, ma dell’intero sistema istituzionale.
Ciò che conta in questo scenario da cinepanettone avariato è la tempistica e l’onda d’urto che viene prodotta dalla notizia del Cav indagato, nient’altro. Il boato sovrasterà ogni ragionamento e tentativo di produrre una soluzione che salvi non Berlusconi, ma quel che resta del nostro sistema politica. La verità per la ditta di demolizioni che ha preso l’appalto dell’opera finale è un incidente di percorso che può verificarsi o meno, ma non è il nocciolo del racconto e non serve a costruire lo scontato epilogo ribaltonesco.
Siamo precipitati in una dimensione totalmente mediatica e stupisce che nella maggioranza in pochi abbiano davvero compreso che la partita si gioca tutta sul piano della comunicazione e non delle eccezioni legali e dei miopi giochetti in toga. Ci vorrebbe non il solito Azzeccagarbugli, ma una sopraffina mente politica per uscire da questo pantano e salvare la maggioranza da una crisi che per il momento appare davvero alle porte. Nessuno pensa seriamente che la legislatura possa giungere al termine in queste condizioni e tra il Pdl e i finiani in realtà è in corso solo il gioco del cerino, un continuo rimandare al mittente la mossa che dovrebbe poi portare alla crisi e caduta del governo. Chi rompe e fa cadere l’esecutivo, si porterà dietro il peccato originale di aver chiuso la legislatura in maniera prematura.
La verità è che siamo giunti a velocità stratosferica alla mano finale del partitone a poker tra l’outsider Berlusconi e l’establishment che per sedici anni non l’ha mai accettato come espressione della maggioranza degli italiani.
La nota dei capigruppo del Pdl che chiede a Fini di esser chiaro una volta per tutte sul suo appoggio all’esecutivo e la scontata risposta di Futuro e Libertà che assicura lealtà e chiede il rilancio del governo è solo un «dialogo» del tutto artificioso in un racconto collettivo della nostra politica che prevede il crollo, lo stupore ipocrita, il crac del Paese e l’arrivo di un Uomo della Provvidenza che puzza di Gattopardo lontano un miglio. Questo minuetto eseguito con lo stiletto nascosto dietro la schiena è il segnale che stiamo per assistere alla fine del primo tempo di una pellicola con una sceneggiatura incredibile, un film che tra qualche giorno delizierà gli spettatori della politica con memorabili scene d’azione, inseguimenti e assalti alla diligenza. Qualcuno in sala in queste ore sta ridendo sguaiatamente, pensa di assistere alla proiezione di un film comico e invece siamo di fronte a una tragedia. Ordinate il popcorn e state incollati alla poltrona, nel Palazzo sta per saltare tutto.
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