Italiani: egli risorse a Natale

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  • In corpore sano
    Bodyweb Senior
    • Mar 2007
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    Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggio
    non ero daccordo sul fatto che i poliziotti avessero paura di intervenire nelle curve
    Insomma.
    Stadio o piazza, ci sono situazioni simili in cui il comportamento è stato diametralmente opposto.
    Non so se si tratti di paura, impreparazione o altro, ma il risultato è quello che ha detto Ma; se si trovano davanti un "nemico" debole la carica parte e si manganella pesantemente, altrimenti si cerca di contenere il più possibile.
    Faccio un esempio molto semplice: perchè non ricordo cariche della polizia in Via Padova a Milano, quando un po' di tempo fa gruppi di africani misero a ferro e fuoco la zona dopo che un loro amico morì accoltellato?
    Pull me under Pull me under
    Pull me under I’m not afraid
    All that I feel is honor and spite
    All I can do is set it right

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    • ma_75
      Super Moderator
      • Sep 2006
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      Originariamente Scritto da In corpore sano Visualizza Messaggio
      Faccio un esempio molto semplice: perchè non ricordo cariche della polizia in Via Padova a Milano, quando un po' di tempo fa gruppi di africani misero a ferro e fuoco la zona dopo che un loro amico morì accoltellato?
      O Scampia, Quarto Oggiaro e simili dove non si avventurano nemmeno a per sbaglio-
      In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
      ma_75@bodyweb.com

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      • odisseo
        Bodyweb Senior
        • Oct 2008
        • 4878
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        Originariamente Scritto da In corpore sano Visualizza Messaggio
        Insomma.
        Stadio o piazza, ci sono situazioni simili in cui il comportamento è stato diametralmente opposto.
        Non so se si tratti di paura, impreparazione o altro, ma il risultato è quello che ha detto Ma; se si trovano davanti un "nemico" debole la carica parte e si manganella pesantemente, altrimenti si cerca di contenere il più possibile.
        Faccio un esempio molto semplice: perchè non ricordo cariche della polizia in Via Padova a Milano, quando un po' di tempo fa gruppi di africani misero a ferro e fuoco la zona dopo che un loro amico morì accoltellato?
        Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza Messaggio
        O Scampia, Quarto Oggiaro e simili dove non si avventurano nemmeno a per sbaglio-
        io ho solo spiegato il perchè i poliziotti non sono intervenuti nella curva occupata dai serbi.
        "
        Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"

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        • ma_75
          Super Moderator
          • Sep 2006
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          Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggio
          io ho solo spiegato il perchè i poliziotti non sono intervenuti nella curva occupata dai serbi.
          In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
          ma_75@bodyweb.com

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          • Noodles
            Bodyweb Senior
            • Nov 2006
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            • Napoli
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            I serbi si sono salvati perchè non erano dei ragazzini secchi e pacifisti
            [SIGPIC]

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            • 600
              been there, done that
              • Mar 2009
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              • Quel paese
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              Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggio
              io ho solo spiegato il perchè i poliziotti non sono intervenuti nella curva occupata dai serbi.
              I serbi andavano smanganellati, o comunque fermati, ben prima di entrare allo stadio quando già avevano creato ben più disordini dei pastori sardi.
              Always the beautiful answer who asks a more beautiful question

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              • odisseo
                Bodyweb Senior
                • Oct 2008
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                Originariamente Scritto da 600 Visualizza Messaggio
                I serbi andavano smanganellati, o comunque fermati, ben prima di entrare allo stadio quando già avevano creato ben più disordini dei pastori sardi.
                au questo sono daccordo ho detto che il sistema di filtraggio in Italia non funziona.Le forze dell'ordine non sono preparate a fare questo tipo di operazioni perchè in teoria dovrebbero farlo gli stewards.
                io ho spiegato il perchè non sono intervenuti nella CURVA.
                "
                Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"

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                • 600
                  been there, done that
                  • Mar 2009
                  • 3861
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                  • Quel paese
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                  Originariamente Scritto da odisseo Visualizza Messaggio
                  au questo sono daccordo ho detto che il sistema di filtraggio in Italia non funziona.Le forze dell'ordine non sono preparate a fare questo tipo di operazioni perchè in teoria dovrebbero farlo gli stewards.
                  io ho spiegato il perchè non sono intervenuti nella CURVA.
                  Prima ancora dell'ingresso allo stadio hanno fatto proprio casino in giro per Genova.
                  Always the beautiful answer who asks a more beautiful question

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                  • _Jamez_
                    Pappagani user
                    • Mar 2007
                    • 5542
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                    Due mie amiche si sono ritrovate in mezzo al casino e sono rimaste parecchio scioccate oltre che stordite dai lacrimogeni.
                    Fortunate a non aver preso botte e qualche lacrimogeno in faccia!

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                    • KURTANGLE
                      Inculamelo: l'ottavo nano...quello gay
                      • Jun 2005
                      • 36444
                      • 1,565
                      • 2,291
                      • Borgo D'io
                      • Send PM

                      Originariamente Scritto da Leonida Visualizza Messaggio
                      "Dopo l'Addaura Emanuele mi disse:
                      in quell'attentato c'entra la polizia"
                      Parla Gianmarco Piazza, suo fratello con un collega salvò Falcone. "Non ne ho parlato fino ad ora perché avevo paura, non mi fidavo di quelli
                      che indagavano"
                      di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
                      L'agente Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde ucciso dalla mafia il 16 marzo 1990 e mai ritrovato
                      PALERMO - Cosa le ha confidato Emanuele? "Mio fratello mi ha detto che ad organizzare il fallito attentato contro il giudice Falcone non era stata la mafia, ma era coinvolta la polizia. Ricordo ancora le sue parole: "C'entra la polizia"... ". E perché ha tenuto nascosto tutto questo per tanto tempo? "Perché avevo paura, perché quello che sapevo avrei dovuto riferirlo proprio alla polizia che indagava sul fallito attentato e sull'uccisione di mio fratello".

                      Nella sua bella casa di Palermo Gianmarco Piazza, avvocato civilista, quarantasei anni, uno dei quattro fratelli di Emanuele - l'agente dei servizi scomparso nel marzo del 1990 mentre cercava di scoprire cosa era accaduto all'Addaura - in quest'intervista con Repubblica svela per la prima volta un segreto su quei candelotti di dinamite piazzati nel giugno del 1989 davanti alla villa di Giovanni Falcone. Emanuele sapeva molto anche sull'uccisione di Vincenzo Agostino, il poliziotto assassinato con sua moglie Ida neanche tre mesi dopo il fallito attentato. Sia Piazza che Agostino - secondo le ultime inchieste - sarebbero stati colpiti perché avevano salvato Falcone da chi lo voleva morto. L'avvocato Gianmarco Piazza, un paio di settimane fa, ha consegnato una memoria ai procuratori di Palermo sui misteri dell'Addaura. Nei prossimi giorni sarà interrogato anche dai magistrati di Caltanissetta che indagano sulle stragi.

                      Avvocato, Emanuele le disse proprio quelle parole: c'entra la polizia...
                      "Con Emanuele avevo un rapporto molto stretto, avevamo vissuto insieme dal 1986 al 1988 in quella casa di Sferracavallo dove lui viveva quando è scomparso. Fra la fine di giugno e l'inizio di luglio del 1989, a Palermo si parlava tanto del fallito attentato contro Falcone, ne parlavamo naturalmente anche a casa, tra noi fratelli, con mio padre. Sulla vicenda Emanuele mi raccontò che lui era sicuro che non era stata Cosa Nostra a fare quell'attentato".

                      E lei gli chiese chi era stato?
                      "Prima lui lasciò intendendere che quella notizia l'aveva appresa per motivi di servizio. Poi, quando gli feci la domanda, rispose secco, senza fare altri commenti: "C'entra la polizia, c'entra qualcuno della polizia...". Io lo sapevo che Emanuele era un collaboratore del Sisde, che era a conoscenza di tante cose... ".

                      Non le disse altro Emanuele?
                      "Non mi disse altro. Io non ho mai saputo un nome o un cognome, sono vent'anni che penso a quella frase di Emanuele sulla polizia, mi arrovello, mi tormento".

                      Quella confidenza non l'ha mai comunicata a nessuno, perché? Solo per paura?
                      "Dopo la scomparsa di Emanuele, tutti i rapporti fra noi e la polizia li ha tenuti mio padre. Dal 1990 nessuno mi ha mai chiesto niente, né sulla scomparsa di mio fratello né sull'attentato all'Addaura. Io, fin dal primo momento, non ho voluto raccontare queste cose agli inquirenti semplicemente perché non avevo fiducia in loro. Come potevo avere fiducia di un commissario - Salvatore D'Aleo - che per scoprire gli assassini di mio fratello seguiva una pista passionale? Come potevo avere fiducia quando un altro poliziotto, grande amico di mio fratello - Vincenzo Di Blasi - dopo la scomparsa di Emanuele non venne mai a trovarci. Mio fratello era legatissimo a lui, non venne a salutarci neanche una volta. A volte, per capire, bastano pochi dettagli. E quello fu un dettaglio che a me diceva tutto. L'unico di cui si fidava mio padre - e ci fidavamo tutti - era Falcone".

                      Furono in molti che cominciarono a depistare, a sviare le indagini sulla morte di suo fratello?
                      "Cominciarono con me, qualche ora dopo la scomparsa di Emanuele. Mi accorsi che qui, vicino a casa mia, un'agente donna mi seguiva e mi stava fotografando con un teleobiettivo. Ero sconcertato. Perché seguivano me? Perché cominciavano le indagini proprio da me? Perché non cercavano invece di salvare Emanuele, che in quei giorni di marzo forse era ancora vivo? Poi, per anni, a casa nostra siamo stati tempestati di telefonate, qualcuno faceva squillare il telefono e poi non rispondeva mai. É come se ci volessero avvertire perennemente. E non erano certo mafiosi".

                      Lei ha idea di cosa avesse scoperto Emanuele sul fallito attentato all'Addaura?
                      "Io so soltanto che dal giorno dell'Addaura mio fratello era diventato sempre più taciturno. E poi, dall'autunno del 1989, sempre più cupo. Era preoccupatissimo. Passava quasi tutti i giorni da casa di mio padre, arrivava di umore nero e di umore nero se ne andava. Poi fece due stranissimi viaggi, lui che non amava viaggiare, gli piaceva stare a Palermo. Nell'estate del 1989 partì per la Tunisia. Ritornò in Tunisia anche nel dicembre di quell'anno. Io credo che abbia fatto quei viaggi per allontanarsi da qui".

                      Torniamo agli amici di Emanuele: perché quel poliziotto, così legato a suo fratello, secondo lei non venne mai a trovare voi familiari dopo la scomparsa?
                      "Fin dall'inizio della sua collaborazione con i servizi segreti, Emanuele naturalmente non parlava molto del suo lavoro. Si limitava a dirci con chi era in contatto. Ci parlava di un capitano dei carabinieri e di due angeli custodi, così li chiamava lui... uno era quel poliziotto, Enzo Di Blasi, con il quale erano stati compagni in palestra, facevano lotta libera a 18 anni. E poi si ritrovarono tutti e due a Roma in polizia. Mio fratello gli voleva bene, ma lui - dopo la scomparsa di Emanuele - non lo abbiamo più visto".

                      Lei sostiene di non avere mai avuto fiducia negli inquirenti. Ci sono stati altri episodi che l'hanno spinta a non dire niente in tutti questi anni?
                      "Molti. E soprattutto uno. Dopo la scomparsa di Emanuele è sparito anche un vigile del fuoco molto amico suo, Gaetano Genova. Si vedevano sempre con Emanuele. Una sera venne a casa mia un giovanissimo poliziotto per cercare di capire cosa sapevo io del loro rapporto. Anche in quella occasione sentii di non fidarmi. Non gli dissi nulla".

                      Perché oggi ha deciso di raccontare quello che sa?
                      "Perché stano affiorando frammenti di verità sulla morte di Emanuele e sull'Addaura. Perché, vent'anni fa, a parte la sfiducia nei confronti degli inquirenti, non potevo sapere che la morte di mio fratello potesse essere in qualche modo collegata al fallito attentato contro il giudice Falcone".



                      in quale paese al mondo una storia del genere non sarebbe la notizxia di apertura di tutti i telegiornali , l argomento chiave di qualunque programma politico , e il titolone da prima pagina su ogni giornale?
                      Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                      parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                      Originariamente Scritto da GoodBoy!
                      ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                      grazie.




                      PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                      • KURTANGLE
                        Inculamelo: l'ottavo nano...quello gay
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                        Originariamente Scritto da Leonida Visualizza Messaggio
                        "Dopo l'Addaura Emanuele mi disse:
                        in quell'attentato c'entra la polizia"
                        Parla Gianmarco Piazza, suo fratello con un collega salvò Falcone. "Non ne ho parlato fino ad ora perché avevo paura, non mi fidavo di quelli
                        che indagavano"
                        di ATTILIO BOLZONI e FRANCESCO VIVIANO
                        L'agente Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde ucciso dalla mafia il 16 marzo 1990 e mai ritrovato
                        PALERMO - Cosa le ha confidato Emanuele? "Mio fratello mi ha detto che ad organizzare il fallito attentato contro il giudice Falcone non era stata la mafia, ma era coinvolta la polizia. Ricordo ancora le sue parole: "C'entra la polizia"... ". E perché ha tenuto nascosto tutto questo per tanto tempo? "Perché avevo paura, perché quello che sapevo avrei dovuto riferirlo proprio alla polizia che indagava sul fallito attentato e sull'uccisione di mio fratello".

                        Nella sua bella casa di Palermo Gianmarco Piazza, avvocato civilista, quarantasei anni, uno dei quattro fratelli di Emanuele - l'agente dei servizi scomparso nel marzo del 1990 mentre cercava di scoprire cosa era accaduto all'Addaura - in quest'intervista con Repubblica svela per la prima volta un segreto su quei candelotti di dinamite piazzati nel giugno del 1989 davanti alla villa di Giovanni Falcone. Emanuele sapeva molto anche sull'uccisione di Vincenzo Agostino, il poliziotto assassinato con sua moglie Ida neanche tre mesi dopo il fallito attentato. Sia Piazza che Agostino - secondo le ultime inchieste - sarebbero stati colpiti perché avevano salvato Falcone da chi lo voleva morto. L'avvocato Gianmarco Piazza, un paio di settimane fa, ha consegnato una memoria ai procuratori di Palermo sui misteri dell'Addaura. Nei prossimi giorni sarà interrogato anche dai magistrati di Caltanissetta che indagano sulle stragi.

                        Avvocato, Emanuele le disse proprio quelle parole: c'entra la polizia...
                        "Con Emanuele avevo un rapporto molto stretto, avevamo vissuto insieme dal 1986 al 1988 in quella casa di Sferracavallo dove lui viveva quando è scomparso. Fra la fine di giugno e l'inizio di luglio del 1989, a Palermo si parlava tanto del fallito attentato contro Falcone, ne parlavamo naturalmente anche a casa, tra noi fratelli, con mio padre. Sulla vicenda Emanuele mi raccontò che lui era sicuro che non era stata Cosa Nostra a fare quell'attentato".

                        E lei gli chiese chi era stato?
                        "Prima lui lasciò intendendere che quella notizia l'aveva appresa per motivi di servizio. Poi, quando gli feci la domanda, rispose secco, senza fare altri commenti: "C'entra la polizia, c'entra qualcuno della polizia...". Io lo sapevo che Emanuele era un collaboratore del Sisde, che era a conoscenza di tante cose... ".

                        Non le disse altro Emanuele?
                        "Non mi disse altro. Io non ho mai saputo un nome o un cognome, sono vent'anni che penso a quella frase di Emanuele sulla polizia, mi arrovello, mi tormento".

                        Quella confidenza non l'ha mai comunicata a nessuno, perché? Solo per paura?
                        "Dopo la scomparsa di Emanuele, tutti i rapporti fra noi e la polizia li ha tenuti mio padre. Dal 1990 nessuno mi ha mai chiesto niente, né sulla scomparsa di mio fratello né sull'attentato all'Addaura. Io, fin dal primo momento, non ho voluto raccontare queste cose agli inquirenti semplicemente perché non avevo fiducia in loro. Come potevo avere fiducia di un commissario - Salvatore D'Aleo - che per scoprire gli assassini di mio fratello seguiva una pista passionale? Come potevo avere fiducia quando un altro poliziotto, grande amico di mio fratello - Vincenzo Di Blasi - dopo la scomparsa di Emanuele non venne mai a trovarci. Mio fratello era legatissimo a lui, non venne a salutarci neanche una volta. A volte, per capire, bastano pochi dettagli. E quello fu un dettaglio che a me diceva tutto. L'unico di cui si fidava mio padre - e ci fidavamo tutti - era Falcone".

                        Furono in molti che cominciarono a depistare, a sviare le indagini sulla morte di suo fratello?
                        "Cominciarono con me, qualche ora dopo la scomparsa di Emanuele. Mi accorsi che qui, vicino a casa mia, un'agente donna mi seguiva e mi stava fotografando con un teleobiettivo. Ero sconcertato. Perché seguivano me? Perché cominciavano le indagini proprio da me? Perché non cercavano invece di salvare Emanuele, che in quei giorni di marzo forse era ancora vivo? Poi, per anni, a casa nostra siamo stati tempestati di telefonate, qualcuno faceva squillare il telefono e poi non rispondeva mai. É come se ci volessero avvertire perennemente. E non erano certo mafiosi".

                        Lei ha idea di cosa avesse scoperto Emanuele sul fallito attentato all'Addaura?
                        "Io so soltanto che dal giorno dell'Addaura mio fratello era diventato sempre più taciturno. E poi, dall'autunno del 1989, sempre più cupo. Era preoccupatissimo. Passava quasi tutti i giorni da casa di mio padre, arrivava di umore nero e di umore nero se ne andava. Poi fece due stranissimi viaggi, lui che non amava viaggiare, gli piaceva stare a Palermo. Nell'estate del 1989 partì per la Tunisia. Ritornò in Tunisia anche nel dicembre di quell'anno. Io credo che abbia fatto quei viaggi per allontanarsi da qui".

                        Torniamo agli amici di Emanuele: perché quel poliziotto, così legato a suo fratello, secondo lei non venne mai a trovare voi familiari dopo la scomparsa?
                        "Fin dall'inizio della sua collaborazione con i servizi segreti, Emanuele naturalmente non parlava molto del suo lavoro. Si limitava a dirci con chi era in contatto. Ci parlava di un capitano dei carabinieri e di due angeli custodi, così li chiamava lui... uno era quel poliziotto, Enzo Di Blasi, con il quale erano stati compagni in palestra, facevano lotta libera a 18 anni. E poi si ritrovarono tutti e due a Roma in polizia. Mio fratello gli voleva bene, ma lui - dopo la scomparsa di Emanuele - non lo abbiamo più visto".

                        Lei sostiene di non avere mai avuto fiducia negli inquirenti. Ci sono stati altri episodi che l'hanno spinta a non dire niente in tutti questi anni?
                        "Molti. E soprattutto uno. Dopo la scomparsa di Emanuele è sparito anche un vigile del fuoco molto amico suo, Gaetano Genova. Si vedevano sempre con Emanuele. Una sera venne a casa mia un giovanissimo poliziotto per cercare di capire cosa sapevo io del loro rapporto. Anche in quella occasione sentii di non fidarmi. Non gli dissi nulla".

                        Perché oggi ha deciso di raccontare quello che sa?
                        "Perché stano affiorando frammenti di verità sulla morte di Emanuele e sull'Addaura. Perché, vent'anni fa, a parte la sfiducia nei confronti degli inquirenti, non potevo sapere che la morte di mio fratello potesse essere in qualche modo collegata al fallito attentato contro il giudice Falcone".



                        in quale paese al mondo una storia del genere non sarebbe la notizxia di apertura di tutti i telegiornali , l argomento chiave di qualunque programma politico , e il titolone da prima pagina su ogni giornale?
                        Originariamente Scritto da SPANATEMELA
                        parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
                        Originariamente Scritto da GoodBoy!
                        ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?


                        grazie.




                        PROFEZZOREZZAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

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                        • ma_75
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                          Sgarbi condannato. Aveva dato a Travaglio della “merda tutta intera” Il critico d'arte sostiene che l'espressione non è ingiuriosa ma secondo il giudice viene pronunciata per esprimere sprezzo e spregio

                          Se errare è umano perseverare è diabolico. Dovrebbe averlo capito anche Vittorio Sgarbi che è stato condannato dal Tribunale di Torino a pagare la somma di 35mila euro per avere reiterato alcune pesanti offese (“è una merda tutta intera”) nei confronti di Marco Travaglio.

                          Ma andiamo con ordine. La storia comincia durante la puntata di Annozero del primo maggio 2008, quando, dopo un battibecco sulla popolarità di Beppe Grillo, l’allora assessore comunale di Milano dà a Travaglio del “pezzo di merda puro”. Dopo la querela del giornalista, il 10 dicembre del 2009, i giudici lo condannano a pagare 30mila euro. Una decisione che fa inalberare il critico d’arte e che pochi giorni dopo lo convince a reiterare gli insulti aumentando pure la dose. Prima dalle colonne del quotidiano online La Voce d’Italia e due giorni dopo dagli studi di Domenica Cinque, il programma televisivo condotto da Barbara D’Urso, Sgarbi precisa che l’editorialista di Annozero non è solo un pezzo di merda ma “una merda tutta intera”.

                          Altra querela e, il 6 ottobre 2010, altra condanna. Sanzione di 35mila euro (cinquemila euro in più della volta precedente) e obbligo di pubblicare il provvedimento sul Corriere della Sera e su La Stampa entro quindici giorni dalla data della sua pubblicazione. Ovviamente il tutto a spese di Vittorio Sgarbi che deve anche pagare il conto, circa 3700 euro, di Andrea Fiore, l’avvocato del giornalista.

                          In questa vicenda è interessante notare la posizione di Sgarbi che, così come riportato dall’ordinanza, sostiene che la frase in oggetto “non ha nessuna valenza offensiva ma positiva per la persona di Travaglio”. Secondo lui, grazie alla sua colorita espressione, il giornalista torinese ha ricevuto della pubblicità indiretta che lo ha pure avvantaggiato nella sua professione di giornalista.

                          Non deve averla pensata così il giudice Roberta Dotta che però ha riconosciuto come la parola “merda” possa avere anche dei significati positivi. Ad esempio in agricoltura, il termine: “può essere utilizzato per descrivere gli escrementi animali utilizzabili anche in senso positivo quale concime”. Ma non è questo il caso. Secondo il giudice, la parola incriminata viene pronunciata “per esprimere sprezzo e spregio e in tale ultimo senso viene percepita”. Ma soprattutto la frase: “Mi correggo. Travaglio non è un pezzo di merda. E’ una merda tutta intera”, reitera un’espressione già ritenuta illecita e già sanzionata.

                          Insomma se Sgarbi voleva fare un complimento o della pubblicità al vicedirettore del Fatto, lui non se n’è accorto. E nemmeno il giudice.


                          Sgarbi
                          In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                          ma_75@bodyweb.com

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                          • VINICIUS
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                            Non so perché ma questo titolo su Pompei si sta rivelando, purtroppo, non ancora corrispondente alla realtà. In questo momento il governo sembra rinvigorito, forte di una legge Alfano già per metà passata, di una legge sulla giustizia già pronta e del consenso rinnovato di fli.
                            Ciao.

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                            • ma_75
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                              Botte da orbi da Santoro
                              In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                              ma_75@bodyweb.com

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                              • ma_75
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                                Ma secondo voi quel genio di Paragone si è reso conto che l'hanno perculato per tutta la durata della trasmissione?
                                In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                                ma_75@bodyweb.com

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