Silviuccio dice che nel partito tutto va bene
Il Pdl è un vespaio impazzito, il campo di battaglia di faide interne che Berlusconi non riesce a governare. Costretto a fare i conti pure con errate informazioni che gli arrivano da Roma, mentre lui è a Milano, sulla presentazione delle mozioni di sfiducia contro i sottosegretari Nicola Cosentino e Giacomo Caliendo. Mozioni non ancora depositate alla Camera dal Pd e dall’Idv e quindi non calendarizzate. Nonostante ciò, nel pomeriggio di ieri uomini vicini al premier gli hanno attribuito un’indicazione perentoria: chi voterà le mozioni di sfiducia nei confronti di esponenti del governo si pone fuori dal partito e della maggioranza. In serata la rettifica: di tutto questo il presidente Berlusconi non ha mai parlato con alcun esponente del Pdl. Si tratta di una gaffe istituzionale, di una marcia indietro o di una forzatura di chi sta difendendo Cosentino e Verdini dalla bufera giudiziaria? L’impressione è di un ennesimo corto circuito dentro il partito che fa dire a un berlusconiano di provata fede che «il capo si guarda attorno e vede che il partito è fatto da bambini che si sono messi a litigare tra di loro, un esercito di terracotta».
Il premier per il momento è costretto a difendere Verdini e Cosentino dall’attacco «giacobino e giustizialista», perché quando la casa brucia allora bisogna reagire. Poi si vedrà: certe «leggerezze», quelle riunioni a casa del coordinatore del partito per condizionare giudici costituzionali, organizzare affari sull’eolico e imporre candidati-governatori per poi manovrarli, mettono in grave difficoltà il governo di fronte all’opinione pubblica. Poi si vedrà, appunto, ma ora la priorità è far passare la manovra economica, chiudere il dossier sulle intercettazioni e predisporre le condizioni politiche per dimostrare che i protagonisti della «politica politicante» (leggi Fini) fanno di tutto per non consentire di governare. Da qui a minacciare elezioni anticipate il passo potrebbe essere breve. Ma il casus belli potrebbe essere il voto sulle mozioni di sfiducia? I finiani lo escludono, dicono che si tratta di una pistola scarica, «perché non si può rompere tutto per difendere chi è incriminato per camorra».
Come uscire dalle sabbie mobili Berlusconi non ce l’ha chiaro. E’ furioso per il continuo botta e risposta tra esponenti del partito, e non solo finiani e berlusconiani. Anche quest’ultimi litigano e riempiono di veleni i taccuini dei cronisti. Uno dei centri dello scontro è la nascita della componente che si chiama Liberamente (Gelmini, Frattini, Carfagna e Prestigiacomo non vogliono che si chiami corrente). Sono anche loro, e non solo i più duri finiani come Bocchino e Granata, che chiedono un passo indietro di Cosentino almeno come coordinatore della Campania, l’azzeramento del triunvirato e la nomina di un coordinatore unico. Gli avversi interni che fanno capo ad Alfano, Verdini, La Russa, Gasparri, Brambilla, Cicchitto, Quagliariello, Lupi e Santanché, sono convinti che l’obiettivo sia portare Frattini alla guida del Pdl. Ma l’interessato nega decisamente e indica invece Bondi come coordinatore unico.
Il superamento del triumvirato potrebbe essere la soluzione politica per accantonare Verdini senza cedere formalmente alla pressione mediatica e giudiziaria. Un escamotage che risolverebbe un problema a Berlusconi, salvando la faccia. Ma tra gli avversari di Liberamente c’è chi punta il dito sulla Gelmini che è stata vista alla sede del partito ad un incontro con Verdini accompagnata da Luigi Bisignani, uno dei reclutatori della P2 di Gelli. Insomma, secondo i nemici del ministro dell’Istruzione, non avrebbe titolo per parlare. Il Pdl è sempre più balcanizzato. E anche tra i finiani ci sono divisioni. I “moderati” Augello e Moffa auspicano una riappacificazione tra Berlusconi e Fini e cercano di non infiammare il clima. «Mentre i “duri e puri” - spiega uno dei pontieri - gettano benzina sul fuoco. Sarebbe il caso che i benzinai tacessero. E Berlusconi ha ragione quando dice che chi vota le mozioni di sfiducia a un esponente del governo si mette fuori dal partito».
Il Pdl è un vespaio impazzito, il campo di battaglia di faide interne che Berlusconi non riesce a governare. Costretto a fare i conti pure con errate informazioni che gli arrivano da Roma, mentre lui è a Milano, sulla presentazione delle mozioni di sfiducia contro i sottosegretari Nicola Cosentino e Giacomo Caliendo. Mozioni non ancora depositate alla Camera dal Pd e dall’Idv e quindi non calendarizzate. Nonostante ciò, nel pomeriggio di ieri uomini vicini al premier gli hanno attribuito un’indicazione perentoria: chi voterà le mozioni di sfiducia nei confronti di esponenti del governo si pone fuori dal partito e della maggioranza. In serata la rettifica: di tutto questo il presidente Berlusconi non ha mai parlato con alcun esponente del Pdl. Si tratta di una gaffe istituzionale, di una marcia indietro o di una forzatura di chi sta difendendo Cosentino e Verdini dalla bufera giudiziaria? L’impressione è di un ennesimo corto circuito dentro il partito che fa dire a un berlusconiano di provata fede che «il capo si guarda attorno e vede che il partito è fatto da bambini che si sono messi a litigare tra di loro, un esercito di terracotta».
Il premier per il momento è costretto a difendere Verdini e Cosentino dall’attacco «giacobino e giustizialista», perché quando la casa brucia allora bisogna reagire. Poi si vedrà: certe «leggerezze», quelle riunioni a casa del coordinatore del partito per condizionare giudici costituzionali, organizzare affari sull’eolico e imporre candidati-governatori per poi manovrarli, mettono in grave difficoltà il governo di fronte all’opinione pubblica. Poi si vedrà, appunto, ma ora la priorità è far passare la manovra economica, chiudere il dossier sulle intercettazioni e predisporre le condizioni politiche per dimostrare che i protagonisti della «politica politicante» (leggi Fini) fanno di tutto per non consentire di governare. Da qui a minacciare elezioni anticipate il passo potrebbe essere breve. Ma il casus belli potrebbe essere il voto sulle mozioni di sfiducia? I finiani lo escludono, dicono che si tratta di una pistola scarica, «perché non si può rompere tutto per difendere chi è incriminato per camorra».
Come uscire dalle sabbie mobili Berlusconi non ce l’ha chiaro. E’ furioso per il continuo botta e risposta tra esponenti del partito, e non solo finiani e berlusconiani. Anche quest’ultimi litigano e riempiono di veleni i taccuini dei cronisti. Uno dei centri dello scontro è la nascita della componente che si chiama Liberamente (Gelmini, Frattini, Carfagna e Prestigiacomo non vogliono che si chiami corrente). Sono anche loro, e non solo i più duri finiani come Bocchino e Granata, che chiedono un passo indietro di Cosentino almeno come coordinatore della Campania, l’azzeramento del triunvirato e la nomina di un coordinatore unico. Gli avversi interni che fanno capo ad Alfano, Verdini, La Russa, Gasparri, Brambilla, Cicchitto, Quagliariello, Lupi e Santanché, sono convinti che l’obiettivo sia portare Frattini alla guida del Pdl. Ma l’interessato nega decisamente e indica invece Bondi come coordinatore unico.
Il superamento del triumvirato potrebbe essere la soluzione politica per accantonare Verdini senza cedere formalmente alla pressione mediatica e giudiziaria. Un escamotage che risolverebbe un problema a Berlusconi, salvando la faccia. Ma tra gli avversari di Liberamente c’è chi punta il dito sulla Gelmini che è stata vista alla sede del partito ad un incontro con Verdini accompagnata da Luigi Bisignani, uno dei reclutatori della P2 di Gelli. Insomma, secondo i nemici del ministro dell’Istruzione, non avrebbe titolo per parlare. Il Pdl è sempre più balcanizzato. E anche tra i finiani ci sono divisioni. I “moderati” Augello e Moffa auspicano una riappacificazione tra Berlusconi e Fini e cercano di non infiammare il clima. «Mentre i “duri e puri” - spiega uno dei pontieri - gettano benzina sul fuoco. Sarebbe il caso che i benzinai tacessero. E Berlusconi ha ragione quando dice che chi vota le mozioni di sfiducia a un esponente del governo si mette fuori dal partito».
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