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Ancora nulla di fatto per la seconda puntata della serie “Silenzi e ambiguità dell’onorevole...” inaugurata dal Corriere apposta per Di Pietro, chiamato a discolparsi per le case che non ha affittato e non ha abitato, ma soprattutto per essersi laureato in quattro anni invece di andare fuoricorso e per aver segnalato il luogo e i protettori della latitanza del faccendiere Pazienza alle Seychelles anziché farsi i fatti suoi. In compenso, al dossier del Corriere si appiglia un noto statista, già portaborse di Bisaglia e Forlani, poi assurto nientemeno che alla presidenza della Camera e ora finto oppositore del governo: Pier Ferdinando Casini. “Di Pietro – dice Piercasinando – è uno sciacallo che costruisce la sua fortuna politica sulle disgrazie del Paese e su un moralismo che non mi piace. Ci ha spiegato per anni, quando si parlava degli altri, che un conto sono le verità processuali, un conto la necessità che un politico sia al di sopra di ogni sospetto. Valuti Di Pietro se il suo comportamento da magistrato e da politico è stato al di sopra di ogni sospetto”.
Casomai Di Pietro volesse un aiutino per valutare il suo comportamento da magistrato, ecco quel che gli scriveva sulla Stampa un certo Casini il 24 marzo 1995: “Caro Di Pietro, i tuoi articoli rivelano passione civile e senso dell’opinione pubblica e mi inducono a darti un caloroso benvenuto. Ho trovato nelle tue parole qualche assonanza con lo sforzo che stiamo facendo per moderare i toni della contesa e superare le derive ideologiche… Il mio benvenuto, perciò, è ancora più caloroso. Da parte mia ti esprimo consenso soprattutto per il tuo rifiuto ‘della politica urlata, insultata, violentata’. L’insieme delle tue considerazioni segnala quanto sia indispensabile un lavoro comune per riportare lo scontro politico su binari meno rissosi. Spero sia l’inizio di un percorso. Noi del Ccd l’abbiamo avviato da tempo. Se è lo stesso, ci incontreremo. Se sarà diverso, vale almeno la constatazione di esserci trovati in sintonia sull’interesse generale”. E il 4 aprile ‘95: “Spero che Di Pietro in politica contribuisca a saldare il rapporto incrinato tra opinione pubblica e i suoi rappresentanti”. E il 14 aprile ’95: “Per Di Pietro ci vuole un ruolo di primo piano nell’alleanza di centrodestra, la sua collocazione più naturale. Dovrebbe essere uno dei leader della coalizione”.
Ma Piercazzeggiando è un tipo spiritoso: nel 2007 sfilò al Family Day essendo molto affezionato alla famiglia al punto da averne due. Quanto alle case, il Corriere potrebbe dedicare un bel servizio a quel che scoprì L’Espresso tre anni fa: Casini aveva acquistato assieme all’ex moglie un intero palazzo in una delle zone più prestigiose di Roma, intestando gli appartamenti alla sua prima signora, all’ex suocera e alle due figlie di primo letto, il tutto “a prezzi di saldo”. Volendo, poi, si potrebbe dare un’occhiata a quel tabernacolo di moralità che è l’Udc. In Sicilia, per dire, il suo uomo è Totò Cuffaro, condannato in appello per favoreggiamento alla mafia: nel 2006 Casini disse che non avrebbe candidato “nessun inquisito tranne Cuffaro” perché “sulla sua innocenza garantisco io”.
Siccome porta pure bene, Cuffaro fu condannato in primo grado per favoreggiamento semplice e in secondo per favoreggiamento mafioso. Ma il “garante” della sua innocenza è sempre lì a pontificare. Lui che, da presidente della Camera, fece sapere urbi et orbi che aveva telefonato a Dell’Utri “i sensi più profondi di stima e amicizia” mentre il Tribunale di Palermo era in Camera di consiglio per giudicarlo per mafia: fu poi condannato a 9 anni. Poi c’è Lorenzo Cesa, il braccio destro di Pier. Nel ’93 fu arrestato per le mazzette che incassava per conto del ministro Prandini, detto “Prendini”. Appena giunto a Regina Coeli, firmò un verbale da far impallidire Pietro Gambadilegno: “Intendo svuotare il sacco”. Appena l’ha saputo, Casini l’ha promosso deputato e segretario dell’Udc. E poi rieccolo a fare la morale agli incensurati. Come diceva Longanesi, “credono che la morale sia la conclusione delle favole”.
Da il Fatto Quotidiano del 9 giugno
edit:lo posto qui perchè tanto Corriere<=>Berlusconi
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Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
giorni fa leggevo un'intervista di travaglio in cui diceva che, conoscendo gli italiani, la caduta sarà rovinosa e, cosa buffa continuava, saremo noi gli unici a difenderlo.
ed io dentro di me pensavo: è così, noi.. eccetto ma_75.
Certo che sarà rovinosa, in proporzione ai crimini di cui ancora si renderà responsabile fino al momento.
Io no, hai ragione. Ho già un Nabucodonosor di Cristall in fresco per tu sai cosa
dici che funzionerà il ricorso dei dissidenti a Strasburgo?
(ovviamente con "dissidenti" non intendo quelli del corriere)
Con tempi biblici, ma magari sì. Funzionerebbe anche il referendum, considerando che dai sondaggi anche l'elettorato del PDL è in larga pare contrario. Tuttavia una dichiarazione pubblica di Barbara D'Urso sarà sufficiente a convincerli.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
Finalmente il bavaglio è passato al Senato. Ora si spera che passi alla svelta pure alla Camera e diventi legge, così vedremo se abbiamo ancora un capo dello Stato (che in teoria non dovrebbe firmare), una Corte costituzionale (che in teoria dovrebbe bocciare), una Costituzione (che in teoria tutelerebbe la libertà d’informazione e la legalità) e una libera stampa (che in teoria dovrebbe far disobbedienza civile). Finalmente tutte le carte sono in tavola. Si vede quant’è rocciosa l’opposizione del Pd, che dopo aver minacciato per giorni l’occupazione dell’aula (“Se non fate i bravi, occupiamo”), non solo non l’ha occupata, ma l’ha addirittura disertata al momento del voto. Forse per evitare di sentirsi ricordare che il bavaglio su intercettazioni e atti d’indagine faceva parte del suo programma elettorale del 2008. Si vede quant’è tetragona la fronda dei finiani, rimessi a cuccia con un piatto di lenticchie. E si vedranno le conseguenze di una legge che, a parole, poteva essere spacciata per il suo contrario: quando si passerà ai fatti, si capirà perché è stata voluta.
Con un po’ d’informazione e un po’ di coraggio dei magistrati e delle forze dell’ordine, la suprema porcata potrebbe addirittura diventare la tomba della banda che qualcuno ancora chiama governo. Esattamente come l’indulto del 2006 divenne la tomba dell’Unione: ogni giorno saltava su un magistrato o un poliziotto a raccontare che il tizio arrestato per omicidio, o stupro, o rapina era appena uscito grazie all’indulto, così la gente capiva i danni del “liberi tutti” e la maggioranza che l’aveva votata (assieme a B. e a Piercasinando, ci mancherebbe) ne pagava le conseguenze. Ora, ogni qualvolta un pm dovrà astenersi dal processo per aver detto due parole sull’inchiesta, ogni qualvolta si dovranno interrompere gli ascolti perché il termine massimo di 75 giorni (con proroghe di due alla volta), ogni qualvolta un delitto resterà impunito perché si possono piazzare cimici solo dove si sta commettendo (non più dove si sta progettando o commentando) il reato, magistrati e poliziotti potranno spiegare ai cittadini che il colpevole la farà franca non per colpa loro, ma a norma di legge bavaglio.
Così chi ha votato per la banda in nome della “sicurezza” e della “tolleranza zero” avrà di che picchiare la testa contro il muro e dirne quattro ai suoi parlamentari preferiti. Basterà leggere le cronache dall’estero per capire che, contrariamente alla propaganda di regime, negli altri paesi si intercetta molto più. Se in Italia, negli ultimi due anni, le intercettazioni sono diminuite, negli Stati Uniti – lo racconta Repubblica – “le intercettazioni telefoniche nelle indagini sono in pieno boom. In 12 mesi sono aumentate del 26%. Escludendo quelle dell’antiterrorismo e per la sicurezza nazionale (che hanno una ‘corsia segreta’ nella National Security Agency), i magistrati Usa l’anno scorso hanno autorizzato intercettazioni per 2.376 inchieste su 268.488 persone”, venti volte quelle intercettate in Italia. Naturalmente, quando le indagini toccano personaggi o vicende di interesse pubblico, i giornali scrivono tutto, com’è appena avvenuto per l’inchiesta sulle truffe di Goldman Sachs e come accadde due anni fa con l’arresto per corruzione del governatore dell’Illinois Rod Blagojevic, fedelissimo a Obama.
Arrampicandosi sugli specchi, Il Foglio tenta di sostenere che “sono i fatti che hanno portato alla caduta di Blagojevic, non la loro rappresentazione in intercettazioni”. Già, ma se i giornali non le avessero pubblicate (dopo che il procuratore aveva tenuto una conferenza stampa e distribuito gli atti ai giornalisti), chi li avrebbe conosciuti, i fatti? Per questo da noi si fa la legge bavaglio: i giornalisti potranno riassumere soltanto le ordinanze di arresto ma senza alcun riferimento alle intercettazioni, così i giornalisti non avranno più nulla da riassumere e i cittadini non capiranno più niente. Quando Blagojevic ha detto “ho sbagliato, mi scuso”, voleva dire: ho sbagliato paese.
Da il Fatto Quotidiano dell'11 giugno
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Voi potete mentire a voi stesso, a quei servi che stanno con voi. Ma scappare, però, non potrete giammai, perché là, vi sta guardando Notre Dame"
Il Corriere della Sera è la quintessenza dell'italico medio. Una ******* che nella sua storia si è venduta a tutti i poteri. Compresa quella P2 di cui era (è) membro il nostro amato premier.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
La legge bavaglio è allo stesso tempo tragica e comica. E' tragica perché sancisce per legge la scomparsa dell'informazione, è comica perché l'informazione in Italia è scomparsa da tempo immemorabile. La legge bavaglio fotografa uno stato di fatto e a molti paraculi questo non sta bene. Volevano continuare a non informare motu proprio, in silenzio per l'appunto. Il regime, perché viviamo in un regime da molto tempo, è un regime bipartisan che coloro che si stracciano ora le vesti hanno reso possibile, vitale, con gaudio. La "gioiosa macchina da guerra dell'informazione" ha operato in modo trasversale senza guardare in faccia a nessuno e senza alcun rispetto della libertà.
Due anni fa organizzai un referendum per una "Libera informazione in libero Stato", poneva tre quesiti, uno era l'abolizione della legge Gasparri che ha ratificato il controllo delle televisioni nelle mani di un unico soggetto. Io e due milioni di persone, che parteciparono e firmarono, il 25 aprile 2008, fummo sbeffeggiati dai giornali. La Repubblica ospitò un feroce editoriale in prima pagina. Il Corriere diede uno spazio superiore rispetto al Vday a un'intervista in ginocchio al noto bibliofilo Dell'Utri. La Stampa pubblicò una foto di un Grillo urlante al culo del cavallo di piazza San Carlo, ripresa dal basso, come se fosse vuota, e invece erano presenti 150.000 persone. Le televisioni, più sobriamente, ignorarono del tutto l'evento. La Confindustria, i sindacati, la sinistra che la trionferà, i partiti, tutti contro. Quelli che invocano oggi la piazza con vari colori non hanno mai mosso un dito per cambiare le regole. Quando i cittadini sono andati in piazza, li hanno abbandonati a sé stessi. D'Alema con una legge infame (n. 488, art.27 comma 9, del 23/12/1999) ha regalato, quando era presidente del Consiglio, le televisioni a Berlusconi. Il Pdmenoelle è un partito collaborazionista, è nei suoi geni, gli altri sono mosche cocchiere del Regime, ne vivono di riflesso. Questo governo, questo Parlamento, questi partiti devono collassare per poter ripartire.
Che fare? Se ognuno vale uno, ognuno deciderà se fare disobbedienza civile e pagarne le conseguenze. Io per primo. Continuerò a fare informazione in Italia, da un sito italiano, con un server italiano. Se ognuno vale uno non dovrà permettere che tutto cambi perché nulla cambi. La transizione dalla Prima Repubblica alla Seconda Repubblica è avvenuta con facce nuove nella continuità di vecchi poteri. Questo è il rischio più grave, che la storia si ripeta, che sepolcri imbiancati o finti oppositori si approprino dello Stato. L'unico punto di riferimento deve essere il cittadino. Nessuno ha la legittimità di rappresentarlo. Tanto meno i partiti che, in un momento di crisi economica che sta distruggendo lo stesso Stato sociale, non hanno la dignità di rinunciare a un miliardo di euro di cosiddetti (da loro) rimborsi elettorali e di consentire ai parlamentari di maturare la pensione dopo due anni e mezzo. Sono tutti complici. I giornali che vivono di carità pubblica attraverso il finanziamento dello Stato, la Confindustria che è una concessionaria dello Stato. I sindacati che come le stelle sono rimasti sempre a guardare. Quando la dittatura è palese, nessuno può più negarla. La legge bavaglio è una buona notizia. E' a suo modo, una grande operazione di verità.
TALK SHOW - Dal Cavaliere poi un attacco ai talk show. «C'è una comunicazione che considero del tutto impossibile nei pollai allestiti in alcune trasmissioni dove si fa solo diffamazione e disinformazione a vantaggio di una stessa parte politica che è la sinistra» ha detto il premier, rispondendo a chi gli chiedeva perché non pensasse a tornare in tv. «La sinistra continua a ripetere come un mantra che il presidente del Consiglio controlla tutte le televisioni», ma in Rai «tutti i talk show tranne uno sono contro il premier e il governo» ha aggiunto Berlusconi, citando «validissimi professionisti come Michele Santoro, Giovanni Floris o Gad Lerner, che però - è l'affondo del presidente del Consiglio - con i loro talk show finiscono sempre con il fare un tipo di informazione di tipo esclusivamente ideologico». Quanto a Mediaset, il capo del governo ritiene che, a parte Emilio Fede «l'ultimo dei Mohicani che fa il tifo per me», tutte le altre trasmissioni sono assolutamente «super partes». «È in un certo senso un'affermazione che mi mette malinconia - ha replciato il diretto del Tg4 - in quanto essere l'unico non mi piace, perché è una vita che faccio il giornalista. Sarebbe più bello che in Italia si tornasse fare un tipo di informazione diversa, meno faziosa. Vorrei che i professionisti tornassero a fare quello che se vogliono sanno fare meglio e non limitarsi a dare giudizi o emettere sentenze solo ed esclusivamente a danno del premier e del suo governo» ha spiegato Fede.
Redazione online
TALK SHOW - Dal Cavaliere poi un attacco ai talk show. «C'è una comunicazione che considero del tutto impossibile nei pollai allestiti in alcune trasmissioni dove si fa solo diffamazione e disinformazione a vantaggio di una stessa parte politica che è la sinistra» ha detto il premier, rispondendo a chi gli chiedeva perché non pensasse a tornare in tv. «La sinistra continua a ripetere come un mantra che il presidente del Consiglio controlla tutte le televisioni», ma in Rai «tutti i talk show tranne uno sono contro il premier e il governo» ha aggiunto Berlusconi, citando «validissimi professionisti come Michele Santoro, Giovanni Floris o Gad Lerner, che però - è l'affondo del presidente del Consiglio - con i loro talk show finiscono sempre con il fare un tipo di informazione di tipo esclusivamente ideologico». Quanto a Mediaset, il capo del governo ritiene che, a parte Emilio Fede «l'ultimo dei Mohicani che fa il tifo per me», tutte le altre trasmissioni sono assolutamente «super partes». «È in un certo senso un'affermazione che mi mette malinconia - ha replciato il diretto del Tg4 - in quanto essere l'unico non mi piace, perché è una vita che faccio il giornalista. Sarebbe più bello che in Italia si tornasse fare un tipo di informazione diversa, meno faziosa. Vorrei che i professionisti tornassero a fare quello che se vogliono sanno fare meglio e non limitarsi a dare giudizi o emettere sentenze solo ed esclusivamente a danno del premier e del suo governo» ha spiegato Fede.
Redazione online
in Italia purtroppo non è periodo di opposizione......
sono peraltro iniziati i Mondiali ale ohh ale ohhh........quindi la gente è piu' distratta che mai...
siamo ad una svolta "epocale"......il DDL sulle intercettazioni è passato al Senato ed attende l approvazione della camera ( tra 1 o 2 mesi) per la sua nascita....
non possono esistere piu' tre opposizioni , nè i vari distinguo , ne le opposizioni morbide....
l intera opposizione avrebbe dovuto occupare il Senato..e nel momento in cui fossero intervenute le forze dell Ordine per sgombrarlo dovevano andare sull Aventino...
uscire totalmente dalla scena politica......manifestare tutto il giorno , dare un segno tangibile di cosa il Parlamento stia mettendo ai voti.....
non l ha fatto , bene.....nessuno di costoro merita di continuare a esistere politicamente quando Berlusconi non ci sara' piu'
Originariamente Scritto da SPANATEMELA
parliamo della mezzasega pipita e del suo golllaaaaaaaaaaaaazzzoooooooooooooooooo contro la rubentus
Originariamente Scritto da GoodBoy!
ma non si era detto che espressioni tipo rube lanzie riommers dovevano essere sanzionate col rosso?
un bell'articolo di Telese su Fini: Intercettazioni: Fini sbaglia un altro goal
Sulla legge bavaglio l'ex leader di An gioca l'ultima partita con Berlusconi, ma anche stavolta non arriva alla porta e confida in un intervento dell'arbitro
Ci sono stati grandi giocatori perennemente afflitti da questo difetto fatale. Finta, controfinta, dribbling, stupore e adrenalina sugli spalti. E poi - immancabilmente - portiere a terra ma goal sbagliato. Un giorno alla vigilia del Mundial del 1982, Enzo Bearzot fu apostrofato da una signora imbufalita perché non convocava Evaristo Beccalossi in Nazionale: “Lei è uno scimmione!”. Aveva ragione el vecio, invece, Evaristo in azzurro non concretizzava mai. Oppure, avete presente Ciccio Graziani? Cavallone fantastico, capace di sgroppate da un capo all’altro del campo con un sospiro di apnea. Poi, arrivato nell’area piccola, svirgolava: tiro a banana, fuori.
Se pensi a come Gianfranco Fini si è giocato la partita delle intercettazioni - almeno finora - l’immagine del campione afflitto dal difetto fatale della difficoltà di realizzare torna prepotentemente davanti agli occhi. E può sforzarsi quanto vuole Fabio Granata a dire che il giorno in cui è stato varato il testo hanno vinto i finiani; Silvio Berlusconi, può persino divertirsi a improvvisare la manfrina del “mi sono astenuto, perché sono stato messo in minoranza nel Pdl”. Quello che ormai è chiaro è che anche stavolta i giochi sembrano fatti senza che il leader di An sia riuscito a mettere in rete la palla della sua squadra repubblicana. È vero, i finiani hanno ottenuto - come spiega con la sua solita meticolosità Italo Bocchino “ben sette miglioramenti al testo”. Ma i nodi decisivi non sono stati toccati: i reati spia, l’impossibilità di intercettazione nei luoghi privati, il farraginoso obbligo di proroga a 75 giorni per usura, riciclaggio, estorsione e traffico illecito. Se il testo del ddl resta quello “blindato” dal premier, Fini rischia di fallire per l’ennesima volta la sua palla goal decisiva a un passo dalla rete.
Come un Mondiale. Se la guardi alla moviola, questa interminabile sfida come il Cavaliere lunga un quindicennio, può sembrare scadenzata come un Mondiale: ogni quattro anni una finale e una piccola impresa ribelle, ogni quattro anni un vincitore che butta la palla in porta (Berlusconi) e un contendente che torna nello spogliatoio tra gli applausi, ma battuto (Fini). Adesso, nel mondiale delle garanzie costituzionali, si giocano gli ultimi novanta minuti di partita, poi nulla di più. Fini provò a rompere l’egemonia di Forza Italia alle europee del 1999, con l’Elefante, ma nelle urne non riuscì a sfondare (forse perché non funzionava l’arruolamento in squadra di Mariotto Segni). Ci provò clamorosamente nel 2007, ai tempi del predellino: “Ho menato come un fabbro”, disse a microfoni aperti a Matrix. E parlava dei colpi assestati a Berlusconi. “Il Cavaliere sarà il candidato del centrodestra se Prodi cadesse?”, chiedeva Enrico Mentana. “No di certo”, rispondeva lui. Oppure: “La Cdl è un ectoplasma, non esiste più... Ognuno di noi avrà le mani libere su televisioni e giustizia”. Parole sconvolgenti, a ricordarle oggi. Come andò è noto. Il Fini delle “comiche finali” fece il partito con Berlusconi, senza mai riuscire a giocare la partita che aveva immaginato.
Il duello dell’Auditorium. Anche il duello di via della Conciliazione, a ripensarci oggi, sembra lontano: “Che fai, mi cacci?”. Non l’ha cacciato. Lo ha ghettizzato. Allora i finiani immaginavano e minacciavano un’altra strategia: gruppi separati, mani libere, lotta sulla giustizia, resistenza alla Lega. Oggi, nemmeno un mese dopo, di nuovo si ritrovano avviluppati e impotenti: il premier vara la Finanziaria lacrime e sangue, la Lega dà le carte, la giustizia viene stritolata.
La strategia di Bocchino. Se ascolti Italo Bocchino capisci che anche stavolta il derby tra i due Pdl è combattuto aspramente: “Questo per noi è solo un compromesso accettabile: molto meglio di quello che si era prospettato, non ancora quello che avremmo votato”. Ma l’ex vicecapogruppo, messo fuori rosa proprio per le sue posizioni eretiche, aggiunge: “Se il Pdl correggesse le tre cose che per noi non vanno saremmo molto contenti. Ma questa per noi non è una battaglia di vita o di morte”.
Partita finale. Anche stavolta il risultato finale è già acquisito? Non del tutto. In questi anni Fini si è rivelato uno stratega incerto nel disegno delle grandi strategie, ma un grandissimo tattico per la capacità di attraversare tempeste e frangenti difficili. In fondo la sua carriera da protagonista inizia con la sconfitta patita a Rimini per mano dei rautiani, prosegue con il fiancheggiamento non concluso al piccone di Cossiga, sembra subire una battuta di arresto fatale con la battaglia persa per il proporzionale nel 1993 e la bella sconfitta di Roma contro Rutelli.
Eppure, dopo tutte queste battute d’arresto Fini trova sempre il modo di tornare in campo. Stavolta, però, non ci sono mezze vie. Gli uomini più vicini ti spiegano che il presidente della Camera confida in un intervento dell’arbitro. Se il Quirinale esercita la sua moral suasion sui due punti a rischio di incostituzionalità (divieto di pubblicazione delle intercettazioni non coperte da segreto e meccanismo burocratico delle proroghe) Fini darà battaglia. Altrimenti si accontenterà di un’altra bella sconfitta.
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