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Bersani: «Al Nord, e soprattutto in Piemonte hanno tolto voti un po' a noi, un po' a Di Pietro»
MILANO - Il voto a Beppe Grillo? Segno di un cupio dissolvi del centrosinistra. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, in una chiacchierata informale alla Camera con i cronisti, commenta il voto andato alla lista di Beppe Grillo. «Al Nord, e soprattutto in Piemonte - spiega il leader democratico - hanno tolto voti un po' a noi, un po' a Di Pietro. Non a caso in Toscana, dove Grillo non c'era, Di Pietro è andato molto bene». E ai giornalisti che gli chiedono se abbia senso favorire il centrodestra per impedire la costruzione della Tav, rischiando nel contempo anche la costruzione di una centrale nucleare, Bersani risponde: «Che devo dire? È un cupio dissolvi». LEGA - «Il voto alla Lega è un voto contro Berlusconi» ha detto ancora Bersani. Al Nord, gli elettori del centrodestra «hanno un bello sfogatoio - dice il leader democratico - credono di votare contro Berlusconi e votano Bossi. Probabilmente lo fanno perchè pensano che a un certo punto la Lega si smarcherà. Ma mi sembra chiaro che quello è un voto contro il presidente del Consiglio».
«LAVORO E' LUNGO» - «Mi sento tranquillo, il lavoro è lungo» ha aggiunto ancora Bersani. «Ho dormito da Dio», ha aggiunto Bersani ai giornalisti che incontrerà in conferenza stampa alla sede del Pd.
DI PIETRO - E un invito a Bersani a darsi da fare arriva dal leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che rinnova «stima e fiducia» al segretario del Pd e conferma che lo sentirà per fare il punto sul dopo-elezioni e lo invita, conversando con i giornalisti nella sede del partito, a «fare piazza pulita» delle «nomenclature locali del Pd che, «mosse da odi e rancori interni», sono costate «la vittoria al centrosinistra, preoccupate come sono state di ricandidarsi e confermare i propri posti. Bersani - dice Di Pietro - deve liberarsi finalmente da lacci e lacciuoli e di tutti quei cacicchi» che a livello locale ledono il Partito Democratico. Di Pietro, infine, sottolinea che «il Pd deve riflettere sulla necessità di un cambio generazionale nelle sue fila e non accontentarsi di quello che gli viene imposto dalle nomenclature».
Redazione online
Bersani è un beota, perchè parte dal punto di vista che un voto per il cambiamento non possa che essere un voto per il PD. Ma chi lo dice? In che senso il PD sarebbe il nuovo?
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
Bersani è un beota, perchè parte dal punto di vista che un voto per il cambiamento non possa che essere un voto per il PD. Ma chi lo dice? In che senso il PD sarebbe il nuovo?
Bersani è un beota, perchè parte dal punto di vista che un voto per il cambiamento non possa che essere un voto per il PD. Ma chi lo dice? In che senso il PD sarebbe il nuovo?
Riporto questi due capolavori
"E' falso che il PD al nord sia andato male"
"In Campania successo rilevante"
Onestamente sono sempre più convinto che la storia politica di questo paese non la si debba leggere solo attraverso il conflitto di interessi di berlusconi, ma soprattutto attraverso l' implosione di questa opposizione
Onestamente sono sempre più convinto che la storia politica di questo paese non la si debba leggere solo attraverso il conflitto di interessi di berlusconi, ma soprattutto attraverso l' implosione di questa opposizione
Concordo...berlusconi vince (e lo stesso vale per la lega) per l'assenza totale di alternative valide...confido nelle liste civiche del buon beppe che, finalmente, stanno raccogliendo i consensi che meritano
Aspetta, se il sistema italia si sta modernizzando lo dobbiamo proprio alla lega, che attraverso la retorica truculenta della secessione ha posto come fondamentale un problema da tutti ignorato, quello del federalismo
Ci sono biblioteche di studi giuridici sul federalismo, però siccome lo ha proposto la lega allora è merda a prescindere
Aspetta, se il sistema italia si sta modernizzando lo dobbiamo proprio alla lega, che attraverso la retorica truculenta della secessione ha posto come fondamentale un problema da tutti ignorato, quello del federalismo
Ci sono biblioteche di studi giuridici sul federalismo, però siccome lo ha proposto la lega allora è merda a prescindere
Il federalismo, se fatto come Dio comanda, è cosa buona e giusta. Ma l'intento della lega non è quello di ridurre le sperequazioni a livello regionale e nazionale , è evidente.Come si può attuare il federalismo in una nazione dove il sud è povero, senza lavoro, con mafie tra le più potenti al mondo radicate sia nel territorio che nella politica? Si rischia solo di accentuare ancor di più questa situazione e consegnare definitivamente il sud alle mafie.
Aspetta, se il sistema italia si sta modernizzando lo dobbiamo proprio alla lega, che attraverso la retorica truculenta della secessione ha posto come fondamentale un problema da tutti ignorato, quello del federalismo
Ci sono biblioteche di studi giuridici sul federalismo, però siccome lo ha proposto la lega allora è merda a prescindere
Siamo sicuri che il problema dell'Italia sia il federalismo? Io vedo tanta retorica nel federalismo, prima sostenuto solo dalla Lega ora agitato come stendardo purificatore da tutti i partiti. al punto tale che se uno si dice "non federalista" nasce uno scandalo che nemmeno a dirsi missini negli anni 70.
Ecco, questa è retorica, credere che il federalismo sia la soluzione di tuti i mali italiani, il che è come dire che i mali del paese (li conosciamo, non c'è bisogno che stia ad elencarli) dipendono dalla forma dello stato che in sè non è nè buona, nè cattiva, a differenza degli uomini che, lo stato, lo amministrano.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
No aspetta, per me una forma statale come quella italiana, cioè nata centralizzata, non è adatta al fatto che l' italia è fondamentalmente multiculturale, o multi-identitaria
Il federalismo potrebbe valorizzare molto meglio questo paese, ne sono convinto
E' vero che attorno a questo argomento c'è tantissima retorica, ma la retorica è la faccia più evidente del progetto leghista, quella che le garantisce i voti...insomma, dietro la retorica leghista credo che ci siano alcuni progetti sensati, tra i quali appunto il federalismo: che in ogni caso non potrà mai avvenire se non attraverso la via costituzionale, quindi attraverso procedure ampiamente concordate
Considera infatti che la prima spinta federalista è stata data da un governo di centrosinistra, nel 2001, sotto la supervisione di tecnici che con la lega non avevano nulla a che fare
Bersani: «Al Nord, e soprattutto in Piemonte hanno tolto voti un po' a noi, un po' a Di Pietro»
MILANO - Il voto a Beppe Grillo? Segno di un cupio dissolvi del centrosinistra. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, in una chiacchierata informale alla Camera con i cronisti, commenta il voto andato alla lista di Beppe Grillo. «Al Nord, e soprattutto in Piemonte - spiega il leader democratico - hanno tolto voti un po' a noi, un po' a Di Pietro. Non a caso in Toscana, dove Grillo non c'era, Di Pietro è andato molto bene». E ai giornalisti che gli chiedono se abbia senso favorire il centrodestra per impedire la costruzione della Tav, rischiando nel contempo anche la costruzione di una centrale nucleare, Bersani risponde: «Che devo dire? È un cupio dissolvi». LEGA - «Il voto alla Lega è un voto contro Berlusconi» ha detto ancora Bersani. Al Nord, gli elettori del centrodestra «hanno un bello sfogatoio - dice il leader democratico - credono di votare contro Berlusconi e votano Bossi. Probabilmente lo fanno perchè pensano che a un certo punto la Lega si smarcherà. Ma mi sembra chiaro che quello è un voto contro il presidente del Consiglio».
«LAVORO E' LUNGO» - «Mi sento tranquillo, il lavoro è lungo» ha aggiunto ancora Bersani. «Ho dormito da Dio», ha aggiunto Bersani ai giornalisti che incontrerà in conferenza stampa alla sede del Pd.
DI PIETRO - E un invito a Bersani a darsi da fare arriva dal leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che rinnova «stima e fiducia» al segretario del Pd e conferma che lo sentirà per fare il punto sul dopo-elezioni e lo invita, conversando con i giornalisti nella sede del partito, a «fare piazza pulita» delle «nomenclature locali del Pd che, «mosse da odi e rancori interni», sono costate «la vittoria al centrosinistra, preoccupate come sono state di ricandidarsi e confermare i propri posti. Bersani - dice Di Pietro - deve liberarsi finalmente da lacci e lacciuoli e di tutti quei cacicchi» che a livello locale ledono il Partito Democratico. Di Pietro, infine, sottolinea che «il Pd deve riflettere sulla necessità di un cambio generazionale nelle sue fila e non accontentarsi di quello che gli viene imposto dalle nomenclature».
Redazione online
è questa miopia politica che non lascia speranze, l' incapacità di comprendere l' ennesimo fenomeno di disgregazione a sinistra. Che ti costava fare dichiarazioni diverse , raccogliere la sfida e rilanciare i temi concreti che il movimento vuole affrontare? mistero.
NAPOLI - Mara Carfagna è la più amata dai campani: è lei la più eletta in consiglio regionale con oltre 55 mila preferenze. Una performance che la fa diventare il consigliere regionale con più preferenze in Italia, da sempre.
«SENTO LA RESPONSABILITA', MA RINUNCIO - «Un risultato così forte mi fa sentire ancora di più la responsabilità di essere un punto di riferimento per i campani». Commenta il ministro per le Pari opportunità nel corso di una conferenza stampa. Carfagna ha detto che proseguirà la sua esperienza di governo- lo aveva già annunciato all’inizio della campagna elettorale che non sarebbe entrata in consiglio regionale - dicendosi soddisfatta se al suo posto entrerà una donna in consiglio regionale.
Una sculettatrice tv è la più votata in Italia, come consigliere regionale, da sempre. Più di un qualunque politico della prima repubblica, per dire.
La stessa ottiene questo straordinario tributo d'affetto da un popolo che sa bene che lei non siederà mai in consiglio regionale.
Veramente l'Italia è malata: la sua malattia è la demenza, l'ignoranza, il rincoglionimento collettivo.
NAPOLI - Mara Carfagna è la più amata dai campani: è lei la più eletta in consiglio regionale con oltre 55 mila preferenze. Una performance che la fa diventare il consigliere regionale con più preferenze in Italia, da sempre.
«SENTO LA RESPONSABILITA', MA RINUNCIO - «Un risultato così forte mi fa sentire ancora di più la responsabilità di essere un punto di riferimento per i campani». Commenta il ministro per le Pari opportunità nel corso di una conferenza stampa. Carfagna ha detto che proseguirà la sua esperienza di governo- lo aveva già annunciato all’inizio della campagna elettorale che non sarebbe entrata in consiglio regionale - dicendosi soddisfatta se al suo posto entrerà una donna in consiglio regionale.
Una sculettatrice tv è la più votata in Italia, come consigliere regionale, da sempre. Più di un qualunque politico della prima repubblica, per dire.
La stessa ottiene questo straordinario tributo d'affetto da un popolo che sa bene che lei non siederà mai in consiglio regionale.
Veramente l'Italia è malata: la sua malattia è la demenza, l'ignoranza, il rincoglionimento collettivo.
Un partito politico ostaggio dei voti di un comico.
C'è qualcosa che non và nel PD.
Si, il problema del PD è che fa più ridere di Beppe Grillo
Bersani doveva pur trovare un capro espiatorio, ma la soluzione più semplice (ovvero ammettere la propria incapacità) sarebbe stata la migliore.
Articolo (di Stella, ormai l'unica firma non stomachevole del Corriere) che spiega bene di quali proporzioni sia la vittoria leghista.
L’«esercito» lumbard alle porte di Roma In Piemonte è boom e sfonda in Toscana
Tempi duri, per i tori. Dicono le cronache che ogni volta che vince una sfida Luca Zaia festeggia passando dei tori allo spiedo. Non passerotti: tori. Due tori da presidente della provincia di Treviso, tre tori da vicepresidente regionale, sette tori da ministro. Per adesso, stando alle agenzie, gli amici leghisti avrebbero preparato oltre un quintale di sopressa, pancetta e salame più mezzo quintale di braciole. Ma il momento dello spiedo arriverà. E allo spiedo, prima o poi, rischia di finirci Berlusconi. Certo, non subito. In un momento come questo, dopo un trionfo impensabile solo pochi mesi fa, Bossi non ha interesse a forzare i tempi. Ha detto mille volte che «la Lega è leale». Ha dato disposizioni ferree ai suoi perché facessero una campagna elettorale senza strilli. Da forza tranquilla. Così da allagare, sempre più, i bacini che una volta erano della Dc. Tornato al governo nel 2001 disse che lui aveva fretta di cambiare tutto: «Quando sei lì fai quello che vuoi. I ministri della Lega le riforme le fanno subito per subito». Poi ha scelto tempi diversi. Al di là dei sorrisi, però, il Cavaliere ha buoni motivi per non sentirsi del tutto rassicurato. Non che tema, oggi, che l'amico Umberto torni a certi toni del passato, quando diceva che «Berlusconi è la bistecca e la Lega il pestacarne».
Ma dopo lo sfondamento di ieri, è difficile che il Senatur non passi prima o poi all'incasso. I numeri, anche al di là della vittoria di Roberto Cota su Mercedes Bresso, non meno clamorosa, dicono che il Carroccio raddoppia in Piemonte passando dall'otto e mezzo al 16%, raddoppia in Lombardia salendo dal 15 a oltre il 27%, raddoppia in Liguria inerpicandosi al 10%, sfonda in Emilia-Romagna triplicando dal 5 scarso a quasi il 14%, penetra nelle Marche e in Toscana superando il 6%, si incunea in Umbria dove arriva ad avere un peso superiore all’Udc. Per non dire, appunto, del trionfo nel Veneto. La terra in cui la prima Liga Veneta era riuscita a farsi largo mandando un deputato e un senatore a Roma nell'ormai lontano 1983. Soltanto l'anno scorso, dopo le Europee, al sindaco di Verona Flavio Tosi che si era sbilanciato («Supereremo il Pdl in modo assai più netto di quanto non si pensi») sul sorpasso, viceversa mancato di un soffio (finì 29,3% per il Pdl contro il 28,4%) Giancarlo Galan rispose con uno sberleffo: «Vi ricordate di quel detto che canta per un punto Martin perse la cappa?».
Parole sulle quali molti leghisti oggi sarebbero tentati di maramaldeggiare. Sceso nel 2006 al suo minimo storico, l'11%, il Carroccio non solo va a conquistare oggi per la prima volta il voto di oltre un Veneto su tre (quasi il 35%, fatta la tara, si capisce, all'astensionismo) ma stacca il Popolo della Libertà di 10 punti. Di più, arriva con Luca Zaia a un siderale 60%. Una quota alla quale il «Galan Grande» non si era mai neppure avvicinato sfiorando al massimo, nel 2000, il 54,9%. Quanto basta perché l'onorevole Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella, esulti rivendicando di aver mandato l'altro giorno agli amici un messaggio sms che, al di là dello strumento, pareva scritto intingendo il pennino nel calamaio: «Lunedì Luca Zaia sarà il nostro Doge. E' dal 1797 (la caduta della serenissima) che aspettiamo. Alla Lega Nord-Liga veneta il compito di guidare la riscossa per la nostra gente! Una buona stella veglia sul nostro cammino e ci guida verso la libertà!».
Parole che per il neogovernatore sono miele. Lui stesso, nel ritratto a tinte pastello pubblicato sul suo sito, dove ricorda che «la famiglia Zaia è venetissima» e che «si era stabilita nel Coneglianese già cinquecento anni fa» e che «a tavola erano diciassette i piccoli da sfamare» e che la casa paterna è «immersa nella natura: qui Luca conosce i cicli delle stagioni e la socialità rurale» e che lui si è guadagnato la vita «come cameriere, uomo delle pulizie, muratore, docente privato di chimica, istruttore di equitazione, operaio in un'impresa di pellami, pr in discoteca e organizzatore di feste» e come amministratore ha fatto fare «400 rotatorie », il punto di riferimento è sempre quello: «La Serenissima, fondata sull'idea della sua autonomia ».
Dirà qualche storico che non è proprio così. E ricorderà quanto già ha detto più volte uno come Alvise Zorzi, che ha avuto dei Dogi (veri) in famiglia e secondo l'indice delle biblioteche universitarie italiane ha firmato 151 libri, saggi, lavori vari tradotti in tutte le lingue dedicati alla Repubblica del Leone: «La Venezia dei dogi non si è mai ritenuta la capitale di una federazione ma «il potere». Un potere gestito con oculatezza e intelligenza, ma assoluto. Era la città dominante sulle città suddite. Insomma, il Veneto era una colonia. Come la Nigeria dell'Inghilterra». Ma che importa? Si faccia festa e basta. Sotto con il prossimo toro allo spiedo. E lì torniamo, a Berlusconi. Che potrebbe fare qualche scongiuro ripensando, al di là dei «complimenti » di Patrizia D'Addario («è infaticabile: un toro»), a tutte le volte in cui lui stesso si è dipinto come il fiero animale emblema della forza.
Capiamoci: Luca Zaia può passare per un leghista anomalo, rispetto a certi stereotipi. Mai una sparata razzista. Mai una esagerazione polemica. Mai una rissa tivù. Non bastasse, dice che i suoi personaggi preferiti sono l'imperatore Adriano (un romano!) e Napoleone, cioè l'uomo che abbattè la Serenissima e il famoso Leon della colonna a San Marco se lo portò a Parigi, da dove la povera bestia sarebbe tornata rotta in 84 pezzi. Ma «el Governador » ha già spiegato pochi giorni fa al «Giornale di Vicenza» come intende esercitare il suo dogato: «Noi veneti abbiamo perso tempo in questi decenni perché comunque non abbiamo trovato un governo che desse ascolto». Ma come: neanche quelli berlusconiani? Macché. Obiettivo? Modello Catalogna. Sbuffava già Galan, su certe cose. Fino a dire dell'attuale esecutivo: «Questo governo si sta meridionalizzando ». Sarà interessante da vedere, adesso, i nuovi rapporti. Molto interessante.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
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