Benvenuti tra i veleni di Boscoletale
di ALBERTO STATERA
Volano a frotte famelici i gabbiani, scendono dalle nuvole basse sulla discarica di Terzigno grassi come oche, anzi come maiali. Pessimo segno, vaticina in una cupa disperazione ornitologica Gennaro Langella, sindaco di Boscoreale, il paese attaccato ribattezzato Boscoletale, che si è dimesso dal Pdl appena nel vertice della destra a Roma si è deciso che la seconda discarica di Cava Vitiello, lì accanto, si farà anche a costo di infiammare ancor di più l'intifada che si consuma da giorni sulla Rotonda Panoramica.
E che panorama in quello che fu il Parco nazionale del Vesuvio. Il carruggio dei camion che vanno a sversare, come si dice, la monnezza di Napoli, lasciando una scia di velenoso percolato, si diparte dall'incrocio del salubre alloggio per anziani La Venere e del Caseificio Pacera. Sembra il letto di un torrente in secca. Le fenditure profonde, che quando piove diventano rapide, sono riempite da rifiuti di ogni genere: spazzolini del cesso, lattine di pelati, ruote di moto, gomme, assorbenti usati, vecchie eliche di motori marini, ciabatte, mutande.
La leggenda metropolitana vuole che i camion in arrivo da Napoli abbiano un buco nel fondo per disperdere lungo la strada il percolato e altre schifezze in eccesso, lasciando sul terreno la loro scia mefitica. Le zoccole contendono il terreno ai gabbiani grassi. Intorno vigne grigie dalle quali pende uva avvizzita, che pare producesse un buon Lacryma Christi e che oggi nessuno più raccoglie. E ulivi giallastri che sembrano gridare aiuto rivolti al cielo.
Su questa via verso l'inferno, scheletri di case abusive in costruzione e qualche ridente palazzina dipinta in giallo ocra, i cui appartamenti, come garantisce Langella, hanno perso la metà del valore solo nell'ultima settimana. Un cartello turistico segnala i vezzosi nomi dei ristoranti della zona: Il Cigno, Il Boschetto, la Rosa Rossa, L'Incanto, Cupido, Villa Gardenia. "Ma accà - sibila pur con indomito spirito partenopeo un gestore - voi chi vulite che venga più a gustare il nostro vermicello alla puzza? Basta, si chiude, con un grazie di cuore a Bertolaso e Berlusconi".
Dalla Rotonda panoramica, dove è confinata l'intifada del lancio di pietre, giungono strepiti, scoppi e un fumo acre di materiali bruciati che si confonde ed esalta i miasmi della monnezza. I blindati di polizia e carabinieri muovono in assetto di battaglia, mentre qualche uomo dei Servizi in giacca e cravatta non si stacca dai telefonini roventi. Per garantire l'apertura di Cala Vitiello, la discarica gemella di Terzigno, forse la più grande d'Europa, sarà proclamato lo stato d'emergenza e il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha già allertato l'esercito. "Vengano, vengano", fa una signora giunonica e mesciata, una delle mamme vulcaniche che presidiano la rotonda, "sappiamo noi come accoglierli. E se avrà coraggio di venire, come aveva promesso quindici giorni fa, venga pure Berlusconi, glielo grideremo in faccia che è un bugiardo e un traditore. Era sempre qui quando si spupazzava Noemi. Ora è meglio che scappi nel suo condominio di Antigua".
Il sindaco di Boscoreale si è dimesso, ma il suo collega di Terzigno Domenico Auricchio resiste granitico, rischiando il linciaggio degli stessi che lo elessero con un plebiscito: "'A discarica nuova non si fa, me l'ha promesso Berlusconi in persona e io di lui mi fido", continua a giurare, povero figlio del leaderismo irresponsabile, fatto di promesse impossibili e di propaganda, che inquina ogni regola democratica. L'anima nera, per i pochi che ancora qui vogliono salvare il leader, è attribuita a Guido Bertolaso, il cocco di Gianni Letta, uomo delle emergenze e soprattutto degli appalti in deroga. Ma l'appeal di San Silvio alla Rotonda Panoramica sembra oggi un antico ricordo, anzi una devozione totale virata in ostilità inestinguibile.
Qui alle ultime elezioni il Pdl prese l'80 per cento dei voti, con la promessa che mai si sarebbe aperta la Cava Vitiello, ma oggi a fidarsi delle promesse sembra reduce in rada compagnia solo Auricchio, e non solo a Terzigno e a Boscoreale, ma in tutti i paesi alle falde del Vesuvio, una cassaforte elettorale della destra, dove dilaga lo slogan: "Proprio ci volete ammazzare, sotto la lava preferiamo bruciare". Eppure, Vincenzo De Luca, vicepresidente della Commissione Ecomafie dice che in Campania ci sono ben 691 cave abbandonate, dove si potrebbe buttare di tutto. Bertolaso lo sapeva bene, ma ha fatto finta di niente, sfidando anche l'esecutivo dell'Unione europea che sta per deferire l'Italia alla Corte di Giustizia per le aberrazioni sul suolo campano e per non aver rispettato la sentenza del 5 marzo 2010 in cui si condannava il governo Berlusconi per non aver adottato le misure necessarie per evitare di mettere in pericolo la salute umana e danneggiare l'ambiente. E per non aver creato una rete adeguata e integrata di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti. Erano previsti tre termovalorizzatori e ce ne è soltanto uno che lavora per un terzo. Quello di Acerra, che il 26 marzo 2009 Berlusconi inaugurò in pompa magna, dopo aver vinto le elezioni del 2008, come certificarono i suoi spin doctor, sull'Alitalia e sulla monnezza. Due fallimenti sui quali a meno di tre anni data si verifica la forza propagandistica, ma non quella fattuale di un premier senza portafoglio che oggi accusa il commissariamento da parte di Giulio Tremonti e dei suoi soci della Vandea leghista, che giorno dopo giorno mettono a frutto la golden share sul governo.
Brave persone, pare proprio un popolo di brave persone vessate da un potere cieco e autoreferenziale quello che fronteggia qui oggi alla Rotonda i blindati della polizia e i sospetti di collusione con la camorra. "Non siamo santi, molti di noi hanno costruito abusivamente - confessa Gianni, pensionato sessantenne - e in questa storia ci sarà pure qualche scalmanato, che non ci aiuta con i sassi contro la polizia, che ci danneggia favorendo la propaganda del governo. Ma la camorra non c'entra proprio niente".
Conferma il procuratore di Napoli Lepore: "Non nascondiamoci per favore dietro l'alibi della camorra, che semmai ha interesse a far aprire le discariche perché ci guadagna nel trasporto dei rifiuti". "Guardate piuttosto i camorristi che Berlusconi ha fatto eleggere", strilla uno dell'intifada con barba risorgimentale, che li ha votati soltanto due anni e mezzo fa. In effetti, l'album di famiglia berlusconiano alla falde del Vesuvio è piuttosto inquietante. La propaganda attribuisce tutte le colpe a Rosetta Iervolino, il sindaco che tra pochi mesi lascerà definitivamente, con generale sollievo, palazzo San Giacomo e che questa volta ha meno colpe del solito. Il presidente della regione Stefano Caldoro, l'uomo che doveva far dimenticare Bassolino, ha ereditato la Protezione civile, e soprattutto il presidente della Provincia Luigi Cesaro, detto alternativamente Gigino o Purpetta, quello che in continua lotta con la lingua italiana a Palazzo Chigi porta le mozzarelle di bufala a Paolo Bonaiuti, è ben noto ai giudici della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il pentito Gaetano Vassallo, quello che gestiva il business dei rifiuti per conto dei casalesi, ha raccontato che il signor presidente era considerato una specie di postino dei clan.
Condannato in primo grado a cinque anni, fu poi assolto, nonostante un rapporto dei carabinieri lo descrivesse come "solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata". "Sono qui perché questo è il giorno del riscatto", esultò il ministro Mara Carfagna quando il 17 gennaio 2009 si celebrò la candidatura dell'uomo che da presidente della Provincia avrebbe dovuto risolvere definitivamente il problema dei rifiuti partenopei, attorniato sul palco a spellarsi le mani dal noto Nicola Cosentino e da Mario Landolfi, Sergio De Gregorio, Paolo Russo e Stefano Caldoro, come raccontano nel libro "La Peste" Tommaso Sodano e Nello Trocchia.
Per una volta, nostro malgrado, salviamo Rosetta Iervolino, che finalmente va a casa, e come avviene nell'informatissima Rotonda Panoramica di Terzigno tra i miasmi e i gabbiani maialati, prendiamo atto che questa partita, dimenticato Bassolino, è tutta interna al centrodestra, che le mille e passa tonnellate di monnezza che assediano il San Paolo, mentre incedono a frotte i tifosi del Liverpool, sono tutta opera berlusconiana, di un centrodestra incapace quanto e forse persino più del centrosinistra di affrontare un'emergenza con qualche carattere antropologico. Che vede nell'improntitudine distinguersi persino personaggi lontani mille chilometri come il presidente leghista del Veneto Luca Zaia, il quale nel dichiarare che i rifiuti napoletani no pasaran, dimentica o forse ignora che Enerambiente, che raccoglie qui i rifiuti e fa un superbusiness, è una società che parla veneto, fino a qualche giorno fa rappresentata in loco da Corrado Cigliano, fratello di Dario, consigliere provinciale del Pdl e uomo di fiducia del noto Cosentino, coordinatore del Pdl che ha appena schivato miracolosamente la galera; e amministrata da Salvatore Florio, un altro cosentiniano di sicura fede. Sulla nuova appaltatrice Lavajet forse potrebbe dire qualcosa in prima persona il premier, esperto di fiduciarie esterovestite, visto che appartiene a una società nascosta negli Emirati Arabi e ad una costituita a Montecarlo, proprio vicino all'appartamento abitato dal cognato di Gianfranco Fini. "Se è vero che Berlusconi nel 2008 vinse sulla monnezza le elezioni, che aspettano Bersani e Fini a farsi vedere qui sui cumuli dei nostri veleni quotidiani", si chiede un consigliere ex An strattonato dai poliziotti che non ci consegna neanche il suo nome.
Scende la sera fredda e rovente sulla Rotonda Panoramica, mentre a Napoli in centro si incontrano i tifosi del Liverpool, gli studenti e i disoccupati organizzati. E trema il questore Santi Giuffrè. Se adesso si saldasse tutto in un'unica catalizzante intifada partenopea?
Stanno avvelenando il cuore del Vulcano. Ma quello ha una memoria di ferro e se ne strafotte di Berlusconi, Bertolaso e Caldoro. Poi restituirà con i debiti interessi la merda che gli fanno ingurgitare in questi giorni.
di ALBERTO STATERA
Volano a frotte famelici i gabbiani, scendono dalle nuvole basse sulla discarica di Terzigno grassi come oche, anzi come maiali. Pessimo segno, vaticina in una cupa disperazione ornitologica Gennaro Langella, sindaco di Boscoreale, il paese attaccato ribattezzato Boscoletale, che si è dimesso dal Pdl appena nel vertice della destra a Roma si è deciso che la seconda discarica di Cava Vitiello, lì accanto, si farà anche a costo di infiammare ancor di più l'intifada che si consuma da giorni sulla Rotonda Panoramica.
E che panorama in quello che fu il Parco nazionale del Vesuvio. Il carruggio dei camion che vanno a sversare, come si dice, la monnezza di Napoli, lasciando una scia di velenoso percolato, si diparte dall'incrocio del salubre alloggio per anziani La Venere e del Caseificio Pacera. Sembra il letto di un torrente in secca. Le fenditure profonde, che quando piove diventano rapide, sono riempite da rifiuti di ogni genere: spazzolini del cesso, lattine di pelati, ruote di moto, gomme, assorbenti usati, vecchie eliche di motori marini, ciabatte, mutande.
La leggenda metropolitana vuole che i camion in arrivo da Napoli abbiano un buco nel fondo per disperdere lungo la strada il percolato e altre schifezze in eccesso, lasciando sul terreno la loro scia mefitica. Le zoccole contendono il terreno ai gabbiani grassi. Intorno vigne grigie dalle quali pende uva avvizzita, che pare producesse un buon Lacryma Christi e che oggi nessuno più raccoglie. E ulivi giallastri che sembrano gridare aiuto rivolti al cielo.
Su questa via verso l'inferno, scheletri di case abusive in costruzione e qualche ridente palazzina dipinta in giallo ocra, i cui appartamenti, come garantisce Langella, hanno perso la metà del valore solo nell'ultima settimana. Un cartello turistico segnala i vezzosi nomi dei ristoranti della zona: Il Cigno, Il Boschetto, la Rosa Rossa, L'Incanto, Cupido, Villa Gardenia. "Ma accà - sibila pur con indomito spirito partenopeo un gestore - voi chi vulite che venga più a gustare il nostro vermicello alla puzza? Basta, si chiude, con un grazie di cuore a Bertolaso e Berlusconi".
Dalla Rotonda panoramica, dove è confinata l'intifada del lancio di pietre, giungono strepiti, scoppi e un fumo acre di materiali bruciati che si confonde ed esalta i miasmi della monnezza. I blindati di polizia e carabinieri muovono in assetto di battaglia, mentre qualche uomo dei Servizi in giacca e cravatta non si stacca dai telefonini roventi. Per garantire l'apertura di Cala Vitiello, la discarica gemella di Terzigno, forse la più grande d'Europa, sarà proclamato lo stato d'emergenza e il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha già allertato l'esercito. "Vengano, vengano", fa una signora giunonica e mesciata, una delle mamme vulcaniche che presidiano la rotonda, "sappiamo noi come accoglierli. E se avrà coraggio di venire, come aveva promesso quindici giorni fa, venga pure Berlusconi, glielo grideremo in faccia che è un bugiardo e un traditore. Era sempre qui quando si spupazzava Noemi. Ora è meglio che scappi nel suo condominio di Antigua".
Il sindaco di Boscoreale si è dimesso, ma il suo collega di Terzigno Domenico Auricchio resiste granitico, rischiando il linciaggio degli stessi che lo elessero con un plebiscito: "'A discarica nuova non si fa, me l'ha promesso Berlusconi in persona e io di lui mi fido", continua a giurare, povero figlio del leaderismo irresponsabile, fatto di promesse impossibili e di propaganda, che inquina ogni regola democratica. L'anima nera, per i pochi che ancora qui vogliono salvare il leader, è attribuita a Guido Bertolaso, il cocco di Gianni Letta, uomo delle emergenze e soprattutto degli appalti in deroga. Ma l'appeal di San Silvio alla Rotonda Panoramica sembra oggi un antico ricordo, anzi una devozione totale virata in ostilità inestinguibile.
Qui alle ultime elezioni il Pdl prese l'80 per cento dei voti, con la promessa che mai si sarebbe aperta la Cava Vitiello, ma oggi a fidarsi delle promesse sembra reduce in rada compagnia solo Auricchio, e non solo a Terzigno e a Boscoreale, ma in tutti i paesi alle falde del Vesuvio, una cassaforte elettorale della destra, dove dilaga lo slogan: "Proprio ci volete ammazzare, sotto la lava preferiamo bruciare". Eppure, Vincenzo De Luca, vicepresidente della Commissione Ecomafie dice che in Campania ci sono ben 691 cave abbandonate, dove si potrebbe buttare di tutto. Bertolaso lo sapeva bene, ma ha fatto finta di niente, sfidando anche l'esecutivo dell'Unione europea che sta per deferire l'Italia alla Corte di Giustizia per le aberrazioni sul suolo campano e per non aver rispettato la sentenza del 5 marzo 2010 in cui si condannava il governo Berlusconi per non aver adottato le misure necessarie per evitare di mettere in pericolo la salute umana e danneggiare l'ambiente. E per non aver creato una rete adeguata e integrata di impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti. Erano previsti tre termovalorizzatori e ce ne è soltanto uno che lavora per un terzo. Quello di Acerra, che il 26 marzo 2009 Berlusconi inaugurò in pompa magna, dopo aver vinto le elezioni del 2008, come certificarono i suoi spin doctor, sull'Alitalia e sulla monnezza. Due fallimenti sui quali a meno di tre anni data si verifica la forza propagandistica, ma non quella fattuale di un premier senza portafoglio che oggi accusa il commissariamento da parte di Giulio Tremonti e dei suoi soci della Vandea leghista, che giorno dopo giorno mettono a frutto la golden share sul governo.
Brave persone, pare proprio un popolo di brave persone vessate da un potere cieco e autoreferenziale quello che fronteggia qui oggi alla Rotonda i blindati della polizia e i sospetti di collusione con la camorra. "Non siamo santi, molti di noi hanno costruito abusivamente - confessa Gianni, pensionato sessantenne - e in questa storia ci sarà pure qualche scalmanato, che non ci aiuta con i sassi contro la polizia, che ci danneggia favorendo la propaganda del governo. Ma la camorra non c'entra proprio niente".
Conferma il procuratore di Napoli Lepore: "Non nascondiamoci per favore dietro l'alibi della camorra, che semmai ha interesse a far aprire le discariche perché ci guadagna nel trasporto dei rifiuti". "Guardate piuttosto i camorristi che Berlusconi ha fatto eleggere", strilla uno dell'intifada con barba risorgimentale, che li ha votati soltanto due anni e mezzo fa. In effetti, l'album di famiglia berlusconiano alla falde del Vesuvio è piuttosto inquietante. La propaganda attribuisce tutte le colpe a Rosetta Iervolino, il sindaco che tra pochi mesi lascerà definitivamente, con generale sollievo, palazzo San Giacomo e che questa volta ha meno colpe del solito. Il presidente della regione Stefano Caldoro, l'uomo che doveva far dimenticare Bassolino, ha ereditato la Protezione civile, e soprattutto il presidente della Provincia Luigi Cesaro, detto alternativamente Gigino o Purpetta, quello che in continua lotta con la lingua italiana a Palazzo Chigi porta le mozzarelle di bufala a Paolo Bonaiuti, è ben noto ai giudici della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il pentito Gaetano Vassallo, quello che gestiva il business dei rifiuti per conto dei casalesi, ha raccontato che il signor presidente era considerato una specie di postino dei clan.
Condannato in primo grado a cinque anni, fu poi assolto, nonostante un rapporto dei carabinieri lo descrivesse come "solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata". "Sono qui perché questo è il giorno del riscatto", esultò il ministro Mara Carfagna quando il 17 gennaio 2009 si celebrò la candidatura dell'uomo che da presidente della Provincia avrebbe dovuto risolvere definitivamente il problema dei rifiuti partenopei, attorniato sul palco a spellarsi le mani dal noto Nicola Cosentino e da Mario Landolfi, Sergio De Gregorio, Paolo Russo e Stefano Caldoro, come raccontano nel libro "La Peste" Tommaso Sodano e Nello Trocchia.
Per una volta, nostro malgrado, salviamo Rosetta Iervolino, che finalmente va a casa, e come avviene nell'informatissima Rotonda Panoramica di Terzigno tra i miasmi e i gabbiani maialati, prendiamo atto che questa partita, dimenticato Bassolino, è tutta interna al centrodestra, che le mille e passa tonnellate di monnezza che assediano il San Paolo, mentre incedono a frotte i tifosi del Liverpool, sono tutta opera berlusconiana, di un centrodestra incapace quanto e forse persino più del centrosinistra di affrontare un'emergenza con qualche carattere antropologico. Che vede nell'improntitudine distinguersi persino personaggi lontani mille chilometri come il presidente leghista del Veneto Luca Zaia, il quale nel dichiarare che i rifiuti napoletani no pasaran, dimentica o forse ignora che Enerambiente, che raccoglie qui i rifiuti e fa un superbusiness, è una società che parla veneto, fino a qualche giorno fa rappresentata in loco da Corrado Cigliano, fratello di Dario, consigliere provinciale del Pdl e uomo di fiducia del noto Cosentino, coordinatore del Pdl che ha appena schivato miracolosamente la galera; e amministrata da Salvatore Florio, un altro cosentiniano di sicura fede. Sulla nuova appaltatrice Lavajet forse potrebbe dire qualcosa in prima persona il premier, esperto di fiduciarie esterovestite, visto che appartiene a una società nascosta negli Emirati Arabi e ad una costituita a Montecarlo, proprio vicino all'appartamento abitato dal cognato di Gianfranco Fini. "Se è vero che Berlusconi nel 2008 vinse sulla monnezza le elezioni, che aspettano Bersani e Fini a farsi vedere qui sui cumuli dei nostri veleni quotidiani", si chiede un consigliere ex An strattonato dai poliziotti che non ci consegna neanche il suo nome.
Scende la sera fredda e rovente sulla Rotonda Panoramica, mentre a Napoli in centro si incontrano i tifosi del Liverpool, gli studenti e i disoccupati organizzati. E trema il questore Santi Giuffrè. Se adesso si saldasse tutto in un'unica catalizzante intifada partenopea?
Stanno avvelenando il cuore del Vulcano. Ma quello ha una memoria di ferro e se ne strafotte di Berlusconi, Bertolaso e Caldoro. Poi restituirà con i debiti interessi la merda che gli fanno ingurgitare in questi giorni.
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