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La borghesia è un concetto ambivalente: da un lato nasce e si sviluppa col liberalismo ed il libero mercato e la concezione moderna dello stato e del ruolo che gioca all'interno dello stato l'individuo (dunque è un prodotto della modernità, e se è vero che gli stati moderni sono figli della rivoluzione francese - loro prodromo - allora possiamo dire che la rivoluzione stessa ha aperto alla borghesia), dall'altro però ha anche una veste conservatrice e reazionaria (contro i valori borghesi si scagliarono marxisti e tutti i fascismi del Novecento). Ma la ragione è chiara: una volta raggiunta una posizione, si tende a conservarla. La borghesia, come incarnazione dei "valori" della modernità (successo negli affari, libera impresa, mercato e buone vecchie abitudini) è figlia degli stati moderni ma, all'interno di quegli stessi stati, reazionaria e impermeabile a rotture violente, dalle quali pure è nata (Riforma al Nord, rivoluzione francese a Sud). La borghesia, difatti, fa rima con democrazia.
Questa tendenza all'autoconservazione però è la radice del corporativismo di cui liberarsi con una nuova rivoluzione(in teoria), stiamo forse assistendo alla fine del ceto medio, e non so bene cosa prenderà il suo posto. Qui non mi avventuro in ipotesi, potrei però supporre un appiattimento verso i due estremi della campana, una vasta generazione low-cost contrapposta ad una elite extra-lusso
Questa tendenza all'autoconservazione però è la radice del corporativismo di cui liberarsi con una nuova rivoluzione(in teoria), stiamo forse assistendo alla fine del ceto medio, e non so bene cosa prenderà il suo posto.
Chiaro, questo famoso "uomo nuovo" vagheggiato, da Platone in poi, da tanti ma questa cesura difficilmente avverrà. Ora, più che ad una sostituzione di caste, si va verso una sostituzione dell'uomo, verso una sua riduzione ad un solo elemento: l'uomo economico, fine ultimo del mercato (e della democrazia, dato che il mercato è la regola prima e la ragione di essere delle democrazie). Tutto il processo storico si indirizza a questo: ricerca (con "l'esportazione della democrazia") di nuovi spazi economici e conseguente sostituzione di sistemi politici in conflitto col sistema liberale della "agognata" democrazia (forma di governo assoluta e irriformabile, che ironia per chi professa la conquista di ogni libertà). Il mercato conosce un solo processo evolutivo: svilupparsi, tendenzialmente all'infinito. Per queste ragioni, l'uomo deve sempre più diventare ed essere un individuo che, immerso nella democrazia globale, produca e spenda, spenda e produca. Tutte le categorie altre (di ordine religioso, culturale, tradizionale, anche politico) che lo hanno caratterizzato nei millenni, sono destinate a cadere come segni distintivi, inglobate (e con esse, l'uomo) nel grande unico moloch dell'uomo economico, ingranaggio del mercato lanciato verso una corsa che ad alcuni pare folle, ad altri messianica. Bisogna solo vedere quanto questo processo sia governato e quanto, invece, sia sfuggito (come si sospetta) anche agli stessi governanti o a coloro che ne tessono le lodi pur in presenza di segnali allarmanti. Probabilmente, il treno ormai è troppo lanciato per poterlo solo ripensare se non fermare.
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
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«nessun vincolo univa questi morti
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E' vero se come "popolo" si intende l'alta e medio alta borghesia. Ai nobili ed al clero subentrò l'alta borghesia che finì in alcune cose per "scimmiottare" i nobili, che intanto nel corso dei decenni in diversi casi caddero in disgrazia (non solo in francia). Direi che si sancì il passaggio definitivo del denaro su quello che era stato il lignaggio e l'appartenenza ad una classe privilegiata in quanto tale. Il popolo nei movimenti di piazza inteso in modo ampio fu coinvolto, ma il centro della rivoluzione fu l'alta borghesia, come anche testimoniarono i successivi decenni, e comunque considerata l'epoca fu un cambiamento epocale.
Hai ragione: però in Francia le èlite culturali riuscirono a portare in piazza anche il cosiddetto popolo minuto, e dunque quella rivoluzione fu anche sua (del popolo). Per questo il popolo francese sente di avere un peso (reale o meno, non importa) nei processi costitutivi lo stato stesso (la Francia, dalla rivoluzione, è passata attraverso un impero e cinque repubbliche; noi, dal risorgimento, un regno, una diarchia, e una unica, pesantissima, lunghissima stagione repubblicana). In Italia, mi viene difficile ricordare un solo episodio che possa caretterizzare il Risorgimento come reale "rivoluzione" di popolo, intesa come partecipazione delle masse. Nessuno (tranne i pochi eletti) si accorse di nulla, e continuiamo, in verità, a non accorgercene - al netto della retorica risorgimentale, che fa acqua da tutte le parti. Quando i famosi bersaglieri entrarono per Porta Pia (solo per dirne una) Roma tacque. Questa Roma dipinta dalla propaganda piemontese come sotto ad un potere medievale, oscurantista, incatenante, ebbene questa Roma - pur coi piemontesi alle sue porte - non si sollevò. Portoni sbarrati e finestre chiuse. Non si precipitarono, i romani, nè a tagliare la testa al Papa nè a fare festa al re. In tutta Italia non fu diverso. Uno stato, il nostro, sentito sempre come cosa "altrui": come intuì Verga, da noi solo la "roba" conta, ci appartiene e ci smuove.
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ho letto tutto rispondo ai due quote che più si rivolgevano a quello che ho scritto, ma faccio anche presente che in tutto il resto scritto c'è stata un po' di confusione tra etica, politica, potere politico, formazione dell'etica che sono sì fenomeni da mettere in relazione, ma non si può buttare tutto nello stesso calderone, altrimenti non si capisce più nulla (mi rendo conto di essere noiosa, perché questa frase credo che sia quella che dico più spesso in questo thread però è così, se si mescola sempre tutto non si capisce più nulla), un conto è parlare di come l'etica protestante abbia contribuito in un circolo virtuoso a formare una certa società ed una certa etica del lavoro, un conto è parlare del potere politico del vaticano.
sul primo punto poco si può dire oltre a quello detto da weber.
tornando ai miei quote:
Qua però mi viene una domanda (e mi verrebbero anche alcune altre considerazioni sul liberalismo, che rimando perchè stasera non ho voglia di scrivere). L'Italia ha avuto tutto il tempo di costruirsi una sua classe borghese ed uno spirito civico alla "anglosassone", chiamiamolo così, e precisamente dal momento che i Piemontesi decisero di unirla. Piemontesi che, giova ricordarlo, erano ferocemente anticlericali (in Roma, nella parte di Roma da loro costruita, fecero in modo di non far mai intersecare due strade a formare una croce). Quale dunque la responsabilità del post-Risorgimento in questa stasi italiana, dal momento che il Vaticano oramai contava poco o nulla? Perchè siamo all'Ottocento, e dunque alla rivoluzione industriale, e dunque al mercato, alla libera impresa, al secolo della industrializzazione e della borghesia, secolo nel quale l'Italia è ormai uno stato unitario, inserito nella Europa. La Controriforma risale al XVI secolo...Quale tipo di Stato hanno imposto le èlite del Nord Italia all'Italia tutta? Perchè i risulati, insomma, sono dubbi, come vediamo, e le caste, quelle invece sono rimaste.
il punto è che non si è mai creato un sentimento condiviso riguardo all'etica della cittadinanza, perché quello spazio è stato occupato dall'educazione clericale; persino il fascismo ha tentato di superare l'ostacolo, senza riuscirci e finendo con l'accettare tutto il pack; i piemontesi non hanno imposto nulla, perché niente si può imporre alla società; semplicemente, alla tradizionale frammentazione rinascimentale che ha conservato il substrato localista, si è sovrapposto e integrato il burocratismo spagnolesco del todos caballeros di carlo V, che ha strutturato i rapporti sociali. la modernità formale e materiale è arrivata, ma i necessari traumi di iniziazione non sono stati affrontati, perché il vaticano e i ceti alleati hanno sempre gestito gattopardescamente quelle fasi di transizione.
giusto da qualche settimana sono stata cooptata in una masturbazione da storici, nella fattispecie la riedizione della storia cambiando un particolare: come sarebbe andata se..
questo per dire che è vero che sempre molti fattori entrano in relazione uno con l'altro e sempre molte sono le cause e le concause che generano effetti, ma è anche vero che esistono, e sono individuabili, eventi precisi e precise relazioni di forza che hanno avuto una grande importanza, è innegabile (infatti non mi risulta che esiste una posizione di storici avversa a questa) che la presenza POLITICA, come potere POLITICO di grande rilevanza in italia nel periodo della controriforma abbia determinato una serie di effetti a catena sulla società che hanno fatto dell'italia una situazione peculiare nel panorama europeo i cui effetti sono ancor oggi individuabili, non è un accidente quello di cui parla caius:
In Inghilterra la rivoluzione industriale con l'inurbamento ci fu in maniera importante tra il 1700 e 1800, l'Inghilterra ebbe alcune rivoluzioni che seppure capeggiate da nobili ebbero ampia partecipazione borghese.In Italia l'inurbamento massiccio in realtà si vede solo nel dopoguerra, ancora ai tempi del fascismo era uno stato prevalentemente rurale. Non parliamo dell'unità d'Italia, quando la maggior parte degli stati avevano la presenza di soli braccianti e latifondisti con pochissimi borghesi e intellettuali, non è un caso se i moti carbonari fallirono, perché cercarono un appoggio dalle classi popolari laddove nessuno poteva appoggiarli per motivi principalmente culturali. Tutto ciò trae origine dal modo nel quale l'Italia uscì dal rinascimento in larga parte (e a sua volta, probabilmente, la ragione dello spezzettamento fu la presenza dello stato pontificio e che Roma era stata la capitale dell'impero romano). Poche furono le regioni che aderirono al regno d'Italia per plebiscito, molte, quelle più culturalmente ed economicamente arretrate, furono conquistate. Sicuramente se guardiamo i dati di oggi, ripeto, forse l'Italia è il fanalino di coda dei paesi industrializzati, ma in passato è stato pure peggio
Coi tempi lunghi poi le cose possono cambiare, anche se essendo cambiato molto il mondo gli sviluppo possono essere estremamente rapidi e può essere sbagliato ragionare solo coi "vecchi parametri", può darsi benissimo che una situazione di difficoltà attuale possa essere sfruttata per rafforzarsi e correggere storture preesistenti oppure purtroppo no
la presenza del vaticano in italia, del resto, assieme alla presenza di un forte partito comunista, sono stati due elementi che, dal dopoguerra fino alla caduta dei blocchi della guerra fredda hanno dato una rilevanza ed un'attenzione politica all'italia ben superiore a quella che avrebbe avuto in assenza di queste due variabile.
Non mi spiego una cosa però: il mondo anglosassone, pur col protestantesimo, è permeato ancora da un sentimento religioso che oserei definire bigotto, che cozza profondamente con la modernità. Mi viene da pensare all'insegnamento del creazionismo nelle università americane, all'estremismo dei movimenti prolife, fenomeni non marginali, particolarmente in voga tra la borghesia ed il ceto medio più benestante. Darwin in vita non dico che sia stato trattato peggio di Galileo, ma poco ci manca. Aggiungendo qualche variabile che magari ora mi sfugge, può essere ricondotto tutto alla relazione tra libero pensiero e borghesia matura?
il bigottismo c'è ovunque, a prescindere dalla dottrina che prende a pretesto, e ovviamente le civiltà rurali, dal pakistan alla bible belt sono il terreno ideale per nutrirlo; la discriminante è che nel mondo protestante il clero è frammentato e teologicamente retrocesso ad ente sostanzialmente consultivo e perciò ha finito di esercitare autorità politica "forte" sul singolo, al quale è demandato l'esercizio della coscienza.
ovviamente, sono liberi anche i bigotti nel perseguire ideologie reazionarie, ma, al contrario dell'ambito cattolico, è la stessa nozione di cittadinanza ad essersi formata - in modi diversi - in contrapposizione alla triade corona-clero-aristocrazia.
nel momento in cui lutero afferma sola scriptura, e roma non riesce a farlo abiurare o bruciare, hai eliminato il fondamento teologico della legittimazione assoluta del potere, riducendola al semplice principio (funzionale) di effettività enunciato da hobbes.
perciò, diciamo che la libertà di pensiero e la nozione di pari dignità delle idee ha rimosso passaggi gerarchici nella piramide sociale rendendo più fluido e funzionale il percorso di scambio, e quindi ampliando la mobilità sociale, ecc...; peraltro, tutte circostanze assolutamente constatabili in modo vistoso ogni giorno anche oggi.
il punto è che non si è mai creato un sentimento condiviso riguardo all'etica della cittadinanza, perché quello spazio è stato occupato dall'educazione clericale; persino il fascismo ha tentato di superare l'ostacolo, senza riuscirci e finendo con l'accettare tutto il pack; i piemontesi non hanno imposto nulla, perché niente si può imporre alla società; semplicemente, alla tradizionale frammentazione rinascimentale che ha conservato il substrato localista, si è sovrapposto e integrato il burocratismo spagnolesco del todos caballeros di carlo V, che ha strutturato i rapporti sociali. la modernità formale e materiale è arrivata, ma i necessari traumi di iniziazione non sono stati affrontati, perché il vaticano e i ceti alleati hanno sempre gestito gattopardescamente quelle fasi di transizione.
giusto da qualche settimana sono stata cooptata in una masturbazione da storici, nella fattispecie la riedizione della storia cambiando un particolare: come sarebbe andata se..
questo per dire che è vero che sempre molti fattori entrano in relazione uno con l'altro e sempre molte sono le cause e le concause che generano effetti, ma è anche vero che esistono, e sono individuabili, eventi precisi e precise relazioni di forza che hanno avuto una grande importanza, è innegabile (infatti non mi risulta che esiste una posizione di storici avversa a questa) che la presenza POLITICA, come potere POLITICO di grande rilevanza in italia nel periodo della controriforma abbia determinato una serie di effetti a catena sulla società che hanno fatto dell'italia una situazione peculiare nel panorama europeo i cui effetti sono ancor oggi individuabili, non è un accidente quello di cui parla caius:
Ecco, mi sembra che la questione così si articoli di più ed in maniera più precisa rispetto al Vaticano tout-court. Dici però che "i necessari traumi di iniziazione non sono stati affrontati, perché il vaticano e i ceti alleati hanno sempre gestito gattopardescamente quelle fasi di transizione". Così però si deresponsabilizza lo Stato unitario, che avocò a sè l'educazione dei giovani e si premurò di far sorgere tutta una religione laica fondata sulla mitologia del Risorgimento ("Cuore" di De Amicis ne è un esempio, così come lo è il culto degli eroi civili al Gianicolo o lo stesso Vittoriano). I preti fuorono rimessi in parrocchia, il Papa chiuso in Vaticano e si aprirono le porte alla modernità illuminata, alla dea Ragione e a tante belle cose che già ebbe la Francia con la sua Rivoluzione (tutte orientate in senso antireligioso). L'acme di questa educazione civica si raggiunse con la Prima Guerra Mondiale, col sacrario laico del Milite Ignoto e la mitizzazione di quell'evento bellico, vera prova del fuoco per il nuovo Stato unitario (e prima autentica crisi, quella post-bellica, dello Stato stesso). Ma dove altrove questi elementi hanno funzionato, in Italia hanno invece fallito: c'è da chiedersi il perchè. Perchè questi "necessari traumi" da noi non hanno funzionato? Lungi dall'addossare la croce al potere politico vaticano (reazionario, certo, e conservatore per sua stessa natura storica), l'autentico punto è che mai vi fu una partecipazione di popolo, che sentì sempre la classe politica dell'Italia post-unitaria come aliena: tutto il Risorgimento fu fatto letteralmente sopra alle teste degli italiani, un'operazione in vitro. Tra i potentati che non hanno permesso all'Italia una reale maturazione politica, vanno inserite le classi dominanti il Paese. Lo Stato non si prese carico della reale trasformazione di tutti gli italiani in cittadini, ma pensò solo a costruire una unità di facciata, sostituendo ai vecchi principati dei nuovi. Ci sarebbe addirittura da domandarsi se gli italiani-popolo abbiano mai sentito la reale necessità e il desiderio di vedere la loro nazione diventare una. Metà nazione fu lasciata addirittura fuori dal processo di modernizzazione che coinvolse il Nord, tanto che il fenomeno delle mafie nasce da lì (in assenza dello Stato, ci si affilia ad una organizzazione presente e forte sul territorio, sorta di visibile anti-stato là dove lo Stato è invisibile).
L'obiettivo del Fascismo era non solo ridimensionare la cultura clericale italiana (ma anticlericale, mi ripeto, fu pure tutto il Risorgimento ed il post-Risorgimento) ma anche il potere della borghesia e delle caste politico-economiche che fecero l'Italia unita (ed il Fascismo fallì proprio per via delle resistenze opposte al cambiamento non solo dal Vaticano, ma anche da larga parte dell'apparato statale che voleva la conservazione dello status-quo). In definitiva, bisogna dare un nome a quegli altri potentati che tu affianchi al Vaticano quando dici: "vaticano e i ceti alleati hanno sempre gestito gattopardescamente quelle fasi di transizione". Ebbene, si scopre che questi alleati del clero nella mancata trasformazione dell'Italia e degli italiani in un paese moderno, dallo sviluppato senso civico, contrassegnato da un rapporto maturo tra lo Stato ed il cittadino, ebbene questi alleati dei clericali furono proprio i mandatari del Risorgimento prima ed i governanti del nuovo Stato poi.
...ma di noi
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"i piemontesi non hanno imposto nulla, perché niente si può imporre alla società". Se ti interessa davvero trasformare una società nel senso desiderato, il modo di imporre una nuova visione della società lo si trova e lo si attua. Due gli esempi: l'Inghilterra, che da cattolica diventa protestante (una rivoluzione tutta gestita dall'alto come il nostro Risorgimento, senza reale partecipazione di popolo, ma che, a differenza di quanto accadde in Italia, funzionò e attecchì in larga parte di quello stesso popolo, portando al sorgere di una nuova società) e la Francia rivoluzionaria ed illuminista, col cattolicesimo (fortissimo in quella nazione, che si era guadagnata il nome di "figlia prediletta della Chiesa") disarticolato e ridotto a "superstizione" privata, anche qui con conseguente nuova idea di Stato e di uomo. Solo l'Italia, nel processo di modernizzazione degli Stati, non ha ottenuto alcun risultato degno di rilievo: probabilmente, la ragione risiede nel fatto che non interessava, a chi di dovere, "fare gli italiani". D'altra parte, ricordo qua che i nuovi padroni del vapore si presentarono all'Italia unita con un biglietto da visita che avrebbe avuto epigoni sino ai nostri giorni: lo scandalo della Banca Romana. Ecco in cosa hanno fatto scuola e storia.
...ma di noi
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Ecco, in buona sostanza su questo assunto-cardine: "il punto è che non si è mai creato un sentimento condiviso riguardo all'etica della cittadinanza, perché quello spazio è stato occupato dall'educazione clericale" ti trovo ingenerosa riduzionista, riguardo alle responsabilità della classe dirigente del nuovo Stato unitario. Scusami le risposte a puntate, ma è che ci ripenso e rifletto dopo
...ma di noi
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Sì, vero. Ma oggi ho un mal di testa che neppure l'analgesico è riuscito a mandar via, e sono abbastanza confusionario
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mi spiace, io ho sempre un gluteo stirato che è una roba fastiosissima, peraltro non mi capacito di come abbia fatto a stirarmi un muscolo così grosso.
btw, sul tentativo di religione laica del risorgimento..
ci hanno provato un po'...
ma tieni conto che sostanzialmente quella classe dirigente era omogenea nei limiti a quella del resto d'italia, dato che lo stesso piemonte prima di carlo alberto era stato esclusivamente uno stato reazionario e ultra-legittimista. quando le relazioni sociali si sono modellate per secoli secondo le modalità di affiliazione a potentati di protettori descritte da manzoni, a nord come a sud, e l'idea di ciò che bello, giusto e pertanto desiderabile per il notabilato di provincia - il ceto che riusciva appena ad emergere dall'anonimato della plebe, soprattutto al sud - corrisponde al modello donchisciottesco dell'hidalgo, dell'uomo inutile, cioè campare, magari da pezzente, ma di rendita e con un titolo onorifico piuttosto che avere a che fare con lo sterco del demonio, il commercio, l'industria, ecc... sei alle prese con qualcosa che sfugge alla politica.
insomma, se domani arrivasse uno che toglie di mezzo tutta la classe dirigente nazionale in un giorno, verosimilmente le cose tornerebbero più o meno come prima, con gente diversa finché ci sarà una burocrazia in grado grado di intermediare discrezionalmente nel processo di costituzione e allocazione della ricchezza e una potenziale clientela per quelle discrezionalità.
mi spiace, io ho sempre un gluteo stirato che è una roba fastiosissima, peraltro non mi capacito di come abbia fatto a stirarmi un muscolo così grosso.
btw, sul tentativo di religione laica del risorgimento..
ci hanno provato un po'...
ma tieni conto che sostanzialmente quella classe dirigente era omogenea nei limiti a quella del resto d'italia, dato che lo stesso piemonte prima di carlo alberto era stato esclusivamente uno stato reazionario e ultra-legittimista. quando le relazioni sociali si sono modellate per secoli secondo le modalità di affiliazione a potentati di protettori descritte da manzoni, a nord come a sud, e l'idea di ciò che bello, giusto e pertanto desiderabile per il notabilato di provincia - il ceto che riusciva appena ad emergere dall'anonimato della plebe, soprattutto al sud - corrisponde al modello donchisciottesco dell'hidalgo, dell'uomo inutile, cioè campare, magari da pezzente, ma di rendita e con un titolo onorifico piuttosto che avere a che fare con lo sterco del demonio, il commercio, l'industria, ecc... sei alle prese con qualcosa che sfugge alla politica.
insomma, se domani arrivasse uno che toglie di mezzo tutta la classe dirigente nazionale in un giorno, verosimilmente le cose tornerebbero più o meno come prima, con gente diversa finché ci sarà una burocrazia in grado grado di intermediare discrezionalmente nel processo di costituzione e allocazione della ricchezza e una potenziale clientela per quelle discrezionalità.
Sì, l'analisi è precisa e qua concordo, pur se restano - a parer mio - aperte tutte le possibilità e le capacità di uno Stato di educare i cittadini verso un modello (se si ha però idea di quale modello si desideri). Insomma, come dice Platone, se la musica è buona anche l'educazione dei cittadini ai valori e al rispetto degli ordinamenti e degli stati e delle leggi sarà buona; diversamente, una cattiva musica: "non fa altro se non insidiarsi a poco a poco, e blandamente filtrare nei costumi e nelle abitudini: da questi passa, fatta più grande, nei commerci reciproci, e da questi alle leggi e alle costituzioni con grave disordine, sinchè alla fine sovverte in pubblico e in privato ogni cosa" (Repubblica, Libro IV). Per questo motivo per il potere, ovunque ed in ogni secolo, l'esclusiva educazione dei giovani è fatto centrale ed ineludibile.
In buona sostanza, l'Italia sconta dei mali storici, una parte dei quali si possono certamente addebitare al Vaticano inteso come potentato politico (e agente dunque nella politica; spesso e volentieri fu il Papa a chiamare gli stranieri qua per difendere (1) - con alleanze a volte terribilmente rischiose e ballerine - i suoi possedimenti), ma, più ancora, il cancro si annida nell'animo stesso degli italiani, diseducati (almeno dal tramonto di Roma imperiale) alla buona musica, quella che fa emergere le virtù cittadine, quella per la quale ogni cittadino diventa come un guardiano dello Stato, sviluppando un senso civico che qua manca irrimediabilmente. Se qualche volta questa buona musica è suonata da queste parti (gli ordinamenti della Firenze comunale erano una buona musica allora, tanto che i fiorentini erano degli ottimi guardiani dello Stato, come li loda anche il Burckhardt) per il fatto di essere l'Italia divisa in principati, ducati, staterelli, questo circolo virtuoso non si espandeva e non permeava la nazione tutta, educandola. Concedimelo, al momento di compiere l'unità, abbiamo avuto cattivi musici e, dunque, una musica ancor peggiore. Oggi poi non ne parliamo.
_____________________
1) Mi permetto un inciso su quel punto centrale della nostra storiografia: c'è una ragione profonda sul perchè il Vaticano chiamò spesso e volentieri a sua difesa gli stranieri, e questa risiede nella paura di perdere - col territorio - anche la sua libertà, ovvero la libertà di poter professare una religione (e le verità di quella religione) senza dover sottostare ad un potere politico di natura statuale, laica o di altra specie. In Inghilterra, la chiesa inglese è finita sotto al Parlamento e alla Corona; in tutti gli stati protestanti, la chiesa è chiesa di stato e alle leggi dello stato si adegua; la stessa cosa è accaduta alla parte ortodossa del cristianesimo, dove la religione non è libera (Russia, Turchia etc...) ma o si fa chiesa di stato o allo stato deve ubbidire (la Turchia, appunto, che approva o meno anche l'elezione del patriarca). La Chiesa cattolica sentì sempre come necessario ed ineludibile un pezzo di terra dove esercitare in pienezza la sua sovranità, dove essere libera di dire o fare qualcosa anche contro le leggi degli stati, se vedeva che quelle leggi erano contro le verità cristiane. Oggi, di tutti i cristianesimi, resta ancora l'unica voce autenticamente libera (e, dunque, la più fedele alla missione). Nessun Romano Pontefice (e quanti ne sono passati...) ebbe mai il minimo dubbio su questo punto. Le garanzie di Cavour (libera chiesa in libero stato) avrebbero ridotto la Chiesa cattolica a chiesa di corte, tanto che Pio IX fece non bene ma benissimo a rifiutare le Guarentigie, atto arrogante ed unilaterale. Per esercitare una sovranità piena, serve (come concesse Mussolini) un pezzo di terra dove stare e da dove poter agire.
E infine, somma ironia: i Patti Lateranensi stabilirono (col capitolato finanziario) una verità storica, il furto commesso dai Piemontesi a danno della Chiesa e del legittimo patrimonio della Chiesa. Se lo Stato Pontificio era un impedimento alla riunificazione della Nazione, era un elemento alieno, era un illegittimo starci (in Roma e nel cuore dell'Italia), non si capisce perchè i Savoia e lo Stato italiano dettero alla Chiesa un risarcimento in denaro per "la perdita del suo antico territorio". Non mi risulta che, a Nord come al Sud, furono risarciti dall'esproprio i regnanti dei vari stati italiani: furono semplicemente estromessi e cancellati. La firma di quella convenzione sancì, da parte dello Stato italiano, l'ammissione di un atto illegale, la presa dell'Urbe e l'annessione dello Stato pontificio all'Italia infine riunita in e attorno Roma. Ancora una volta, i musici non l'hanno suonata chiara. E' stato un "Risorgimento" all'italiana: ma poteva andare diversamente?
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Camera e Senato spendono almeno un milione di euro ogni anno per decine di migliaia di agende, racconta Libero
Camera e Senato spendono almeno un milione di euro ogni anno per decine di migliaia di agende, racconta Libero
Oggi la prima pagina di Libero dedica la sua apertura alla storia degli appalti per le agendine della Camera e del Senato. La gara della Camera si è conclusa a dicembre: dare a ogni deputato “oltre 50 agende”, scrive Tommaso Montesano, costerà poco più di un milione di euro l’anno. Quella del Senato si concluderà il prossimo 4 giugno: l’istituzione offre 950 mila euro più IVA ogni anno per dare a ogni senatore circa 70 agende.
Alla Camera dei deputati la gara si è conclusa a dicembre. E per stampare ogni anno 32.800 agende dal 2013 al 2015, Montecitorio ha messo sul piatto poco più di un milione di euro ogni dodici mesi. Totale da pagare nel triennio: 3,015 milioni più Iva. Al Senato, invece, la procedura si concluderà solo il prossimo 4 giugno, quando saranno aperte le buste con le offerte per il biennio 2013-2014. Offerte che potranno essere presentate fino alle 15 di lunedì 28 maggio. L’ufficio per le gare e i contratti di Palazzo Madama offre 950mila euro più Iva per produrre ogni anno 5.200 agende da tavolo e 16.800 agende tascabili. Numeri da moltiplicare per due, visto che la fornitura sarà biennale (e rinnovabile).
In futuro, quindi, i 630 deputati avranno a disposizione oltre cinquanta agende a testa, mentre i 315 senatori – più i senatori a vita – ne riceveranno addirittura una settantina. In tempi di lotta gli sprechi e di sacrifici chiesti ai cittadini, il Parlamento allenta i cordoni della borsa sulle agende.
tempo fa avevano dato le cifre spese per la fornitura annua di coccoina (non è un errore di battitura, intendo proprio la colla )
Ma dall’esame del bilancio della Camera per il 2012, viene fuori che un deputato, ogni mese, ha diritto a 2000 fogli di carta intestata “Camera dei deputati” con le relative 2000 buste (24mila fogli di carta e buste l’anno cadauno) e, inoltre, mille fogli di carta bianca per fotocopie, 6 gomme (3 da biro e 3 da matita) ogni tre mesi, una dotazione di 10 dvd e 20 cd a supporto delle trasmissioni di atti informatici. C’è, ancora, una fornitura spropositata di Coccoina, quei tubetti di colla che rimangono spesso accatastati da una parte perché che ***** debba incollare un deputato non lo saprà mai nessuno, ebbene, la fornitura annua di colla per ogni deputato è di un chilo (o litro) di colla che, a parte la carta, non serve a niente altro
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