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di "fun"

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    #31
    Originariamente Scritto da pina colada Visualizza Messaggio
    Su questo mi trovo favorevole..
    Sì sull'essere intolleranti, specialmente verso le chiacchiere vane, ma non insofferenti verso la vita..
    Il silenzio lo trovo fondamentale per ascoltrare se stessi, che talvolta è veramente difficile, e da lì trovare la strada per capire che è ancora possibile provare delle emozioni, come dicevi giustamente, Sean

    io non sono insofferente verso la vita,amica mia,quanto più intollerante nei confronti della quotidiana vacuità dalla quale, per ovvi motivi, non sempre riesco a fuggire.
    è proprio perchè amo la vita e vorrei viverla sempre che spesso devo fuggire da ciò che gli altri considerano vita.
    al di là di ciò nulla dal mio atteggiamento esterno riesce a far trapelare questo mio singolare,forse neanche troppo,modo di intendere la vita.
    non paio certo un aristocratico pensatore quanto a volte più in ritardato
    "Nulla è gratuito in questo basso mondo. Tutto si sconta, il bene come il male, presto o tardi si paga. Il bene è necessariamente molto più caro."

    L.F.Celine

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      #32
      Originariamente Scritto da simones Visualizza Messaggio
      io non sono insofferente verso la vita,amica mia,quanto più intollerante nei confronti della quotidiana vacuità dalla quale, per ovvi motivi, non sempre riesco a fuggire.
      è proprio perchè amo la vita e vorrei viverla sempre che spesso devo fuggire da ciò che gli altri considerano vita.
      al di là di ciò nulla dal mio atteggiamento esterno riesce a far trapelare questo mio singolare,forse neanche troppo,modo di intendere la vita.
      non paio certo un aristocratico pensatore quanto a volte più in ritardato
      Ah.. da alcune frasi nel 3d pensavo si parlasse di insofferenza.. c'è stato un problema di incomprensione, scusami Cmq allora sì, in questo mi sento come te.. infatti per questo ho specificato la differenza tra insofferenza e intolleranza.. Anch'io non sono solita divertirmi come la maggior parte delle mie coetanee.. o anche quando lo faccio questi divertimenti mi lasciano una profonda insoddisfazione.. Però sono aperta alle emozioni che può darti la vita.. esse saranno diverse da quelle che proveranno le mie coetanee, ma dove sta scritto che sia io ad avere un problema o loro??

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        #33
        Originariamente Scritto da pina colada Visualizza Messaggio
        Ah.. da alcune frasi nel 3d pensavo si parlasse di insofferenza.. c'è stato un problema di incomprensione, scusami Cmq allora sì, in questo mi sento come te.. infatti per questo ho specificato la differenza tra insofferenza e intolleranza.. Anch'io non sono solita divertirmi come la maggior parte delle mie coetanee.. o anche quando lo faccio questi divertimenti mi lasciano una profonda insoddisfazione.. Però sono aperta alle emozioni che può darti la vita.. esse saranno diverse da quelle che proveranno le mie coetanee, ma dove sta scritto che sia io ad avere un problema o loro??

        curiosità mia, cosa ti contraddistingue tanto dalle tue coetanee?

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          #34
          Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
          Io credo che una certa intolleranza invece sia necessaria contro questo profluvio di chiacchiere, di immagini, di quotidiane confessioni e di privati deliri messi tutti in piazza, o riversati nell'orecchio del "confidente", sovente il primo che passa:
          Perchè l'esperienza non emoziona più, perchè quasi nulla più ci attrae, e ci manteniamo come lontani da tutto, già stanchi e sazi al solo pensiero di muovere un primo passo?
          Non sono mutate le cose del mondo e le emozioni possibili, è mutato lo scenario attorno, il silenzio, l'introspezione, tutto ciò che serve ad apparecchiare la necessaria goduria dell'evento, è sommerso da troppi decibel, da troppe presenze, da troppo verbo:
          Si entra da soli nel giardino segreto, ed una volta usciti non si deve confessare ad anima viva ciò che si è visto e vissuto, perchè la verità sperimentata è nemica del volgo, e non va detta, esattamente come negli antichi misteri.

          L'uomo moderno non riconosce più alcuna nobiltà al silenzio, e a se stesso.
          come sempre, devo rileggerti, perché alla prima mi convinci sempre.

          ma no, non sono d'accordo. o meglio sì, certo. sono d'accordo con quello che dici, ma penso che stiamo parlando di due cose diverse e il sentimento dell'infinita vanità del tutto travalica nettamente la società e credo sia insito nella natura umana: la crudezza dell'esistenza, la fragilità di ogni vita, di ogni opera, di tutto quanto viene compiuto sotto il sole secondo la massima biblica del "vanitas vanitatum et omnia vanitas".

          l'esperienza, se è reale, la felicità, se è percepita, l'estasi se è esperita è più forte di ogni chiacchericcio.

          ti faccio un esempio musicale: l'amami alfredo ne la traviata di verdi.
          molto spesso si sente dire che è l'aria più bella mai scritta. non lo è, ovviamente. ma ha una peculiarità per cui, ogni volta, si piange. di un pianto che non è commozione per la trama (riassumibile nel noto: un tenore si vuole fare un soprano e un baritono rompe le scatole) ma perché un'unica voce di donna si eleva sull'intera orchestra. (è anche il motivo per cui chi dice di non amare le soprano non capisce - irrimedibilmente - nulla), ma alla fine violetta muore e alfredo è pure un po' tonto, se vogliamo.

          ma quella voce, sola, è l'epifania.

          il segno che, se scorto, non può lasciare indifferenti.
          e, mi scuso di nuovo, ma c'è chi ha trovato parole per parlare di questo ben più significative delle mie quindi cito ancora

          Felicità raggiunta, si cammina
          per te sul fil di lama.
          Agli occhi sei barlume che vacilla,
          al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
          e dunque non ti tocchi chi più t'ama.

          Se giungi sulle anime invase
          di tristezza e le schiari, il tuo mattino
          e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
          Ma nulla paga il pianto del bambino
          a cui fugge il pallone tra le case

          e non ho certo bisogno di ricordare a te che montale è il poeta dei limoni. all'improvviso il giallo dei limoni.

          (si è capito qualcosa di quello che volevo dire?)
          Last edited by gorgone; 13-12-2008, 19:44:48.

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            #35
            Originariamente Scritto da The_machine Visualizza Messaggio
            curiosità mia, cosa ti contraddistingue tanto dalle tue coetanee?
            Non amo andare a ballare, non amo andare agli aperitivi, non amo andare a fare shopping, non amo cambiare un ragazzo a settimana.. potrei continuare l'elenco se vuoi.. il fatto è che non mi vedo affatto come la maggior parte delle ragazze della mia età che conosco.

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              #36
              Originariamente Scritto da gorgone Visualizza Messaggio
              c
              e non ho certo bisogno di ricordare a te che montale è il poeta dei limoni. all'improvviso il giallo dei limoni.

              (si è capito qualcosa di quello che volevo dire?)
              Si è capito, almeno per me, che il concetto fondamentale è quella parola
              "All'improvviso". E' proprio questo tipo di felicità, imprevista e necessariamente momentanea, l'unica attingibile realmente?

              E visto che siamo in vena di citazioni, non è forse vero che:

              Non amo che le rose che non colsi.
              In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
              ma_75@bodyweb.com

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                #37
                Originariamente Scritto da pina colada Visualizza Messaggio
                Non amo andare a ballare, non amo andare agli aperitivi, non amo andare a fare shopping, non amo cambiare un ragazzo a settimana.. potrei continuare l'elenco se vuoi.. il fatto è che non mi vedo affatto come la maggior parte delle ragazze della mia età che conosco.

                capisco, per quanto mi riguarda li vedo come pregi. comunque grazie per la risposta, chiudo l'ot.

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                  #38
                  Originariamente Scritto da gorgone Visualizza Messaggio

                  l'esperienza, se è reale, la felicità, se è percepita, l'estasi se è esperita è più forte di ogni chiacchericcio.
                  Ovviamente ciò che hai scritto è arrivato, e assai bene

                  Mi piace quel passaggio, che condivido;
                  Mi distingue (ma forse neppure tanto) quello che è il passo successivo, terminata l'esperienza, una volta rientrati in sè, e cioè il dare il via ad un altro tipo di chiacchiericcio, quello che ci vuole protagonisti al centro del racconto, dare in pasto al pubblico, confessare il nostro vissuto emozionale e, in quanto nostro, "unico".

                  Se la raggiunta felicità è teso ghiaccio che s'incrina, tanto fragile che neppure il soggetto deve solo pensare di toccarla, allora la moderna catena di esperienze vissute e confessate gridando al mondo, l'io che punta al riflettore, ha snudato questa felicità, che ora è sottoposta allo sguardo di tutti, volgarizzata, per cui chi davvero l'ama se ne ritrae, con pudore per essa e per se stesso.

                  Quell'improvviso che sottolinea anche Ma_ e che ci cattura, ciascuno in un suo modo particolare, non lo vediamo più tale, se il primo che passa, dicendoci del suo, quasi ce lo sporca, oggettivizzandolo:
                  Da qui il ritrarsi, come per allontanarci dagli altri, prima, per poi meglio riconoscere chi saprà emergere.
                  ...ma di noi
                  sopra una sola teca di cristallo
                  popoli studiosi scriveranno
                  forse, tra mille inverni
                  «nessun vincolo univa questi morti
                  nella necropoli deserta»

                  C. Campo - Moriremo Lontani


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                    #39
                    Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio


                    Se la raggiunta felicità è teso ghiaccio che s'incrina, tanto fragile che neppure il soggetto deve solo pensare di toccarla, allora la moderna catena di esperienze vissute e confessate gridando al mondo, l'io che punta al riflettore, ha snudato questa felicità, che ora è sottoposta allo sguardo di tutti, volgarizzata, per cui chi davvero l'ama se ne ritrae, con pudore per essa e per se stesso.

                    Quell'improvviso che sottolinea anche Ma_ e che ci cattura, ciascuno in un suo modo particolare, non lo vediamo più tale, se il primo che passa, dicendoci del suo, quasi ce lo sporca, oggettivizzandolo:
                    Da qui il ritrarsi, come per allontanarci dagli altri, prima, per poi meglio riconoscere chi saprà emergere.
                    oh sì perfettamente d'accordo.

                    Originariamente Scritto da ma_75 Visualizza Messaggio
                    Si è capito, almeno per me, che il concetto fondamentale è quella parola
                    "All'improvviso". E' proprio questo tipo di felicità, imprevista e necessariamente momentanea, l'unica attingibile realmente?
                    beh non posso darti La Risposta, per ovvi motivi, posso dirti che penso sia così.
                    penso che la felicità sia episodica.
                    per il resto si può ambire solo ad una inquieta serenità (credo sia di luzi quest'ossimoro, ma non ne sono certissima)

                    E visto che siamo in vena di citazioni, non è forse vero che:

                    Non amo che le rose che non colsi.
                    ecco su questo, invece no. ma è peculiare che del mio post sopra tu abbia colto l'improvviso scorgersi del giallo dei limoni e non la prima parte che era appunto lì a significare che, ci è data la possibilità dell'estasi.
                    altrimenti non si piangerebbe ogni santissima volta all'amami alfredo.

                    più problematico, se vuoi, cosa fare della rosa, una volta colta, prima che appassisca. perché appassirà. violetta muore. ogni volta.

                    chiesero a picasso come facesse a capire che aveva finito un dipinto e lui rispose che non aveva mai finito un dipinto. forse il segreto è tenerla in mano, la rosa, senza coglierla mai, ma - francamente - non so se sia possibile.
                    Last edited by gorgone; 13-12-2008, 20:16:03.

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                      #40
                      Se ci attenessimo, senza divagare ai bordi, al concetto di "fun", dovremmo contestualizzarlo bene: il termine "fun" non è del tutto equipollente a "divertimento". Ma probabilmente non interessa particolarmente questo aspetto, e del resto non è vitale ai fini di questa discussione, per come si è sviluppata.

                      A costo di suonare un fondamentalista (e sono tutt'altro), io son convinto che il vissuto "apatia" di cui si sta discorrendo (tout court, la mancanza di significativi movimenti dell'animo/mente, cioè emozioni/interesse, verso le esperienze esistenziali) trovi la sua radice nel nichilismo. Brutalmente: l'esperienza (qui intesa come interazione con la realtà definibile nello spazio-tempo) non basta al fiorire dell'Uomo. E, per "fiorire", intendo la sua realizzazione in toto: così monco, l'Uomo nichilista si aliena.
                      L'alienazione principale è verso il proprio Se: negando la propria dimensione spirituale, ne perde il baricentro e rientra in quella che è oggi definita la "lost experience". Con l'ultimo termine, si intede quell'esperienza esistenziale del proprio Se, come vagante in un "meaningless panta rei " (il divenire, lo scorrere del mondo senza significato e senza meta, senza un fine).
                      Tout court: son del parere che l'apatia come esperienza - vissuto empirico sperimentato nel rapporto Se-realtà - dell'uomo moderno sia da ricondurre ad una perdita del suo centro spirituale.

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                        #41
                        Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                        Se ci attenessimo, senza divagare ai bordi, al concetto di "fun", dovremmo contestualizzarlo bene: il termine "fun" non è del tutto equipollente a "divertimento". Ma probabilmente non interessa particolarmente questo aspetto, e del resto non è vitale ai fini di questa discussione, per come si è sviluppata.

                        A costo di suonare un fondamentalista (e sono tutt'altro), io son convinto che il vissuto "apatia" di cui si sta discorrendo (tout court, la mancanza di significativi movimenti dell'animo/mente, cioè emozioni/interesse, verso le esperienze esistenziali) trovi la sua radice nel nichilismo. Brutalmente: l'esperienza (qui intesa come interazione con la realtà definibile nello spazio-tempo) non basta al fiorire dell'Uomo. E, per "fiorire", intendo la sua realizzazione in toto: così monco, l'Uomo nichilista si aliena.
                        L'alienazione principale è verso il proprio Se: negando la propria dimensione spirituale, ne perde il baricentro e rientra in quella che è oggi definita la "lost experience". Con l'ultimo termine, si intede quell'esperienza esistenziale del proprio Se, come vagante in un "meaningless panta rei " (il divenire, lo scorrere del mondo senza significato e senza meta, senza un fine).
                        Tout court: son del parere che l'apatia come esperienza - vissuto empirico sperimentato nel rapporto Se-realtà - dell'uomo moderno sia da ricondurre ad una perdita del suo centro spirituale.
                        Giusto
                        Ma quello che ha detto Simones mi fa pensare anche all'opposto di quanto riporti, e cioè che l'apatia può attechire anche in chi quel Se lo ha così sviluppato da provare un istantaneo brivido al solo pensiero di poter concorrere con questo mondo annichilito (tesi che sposo appieno), proprio perchè sente che la sua cifra è un'altra, larger than life.
                        ...ma di noi
                        sopra una sola teca di cristallo
                        popoli studiosi scriveranno
                        forse, tra mille inverni
                        «nessun vincolo univa questi morti
                        nella necropoli deserta»

                        C. Campo - Moriremo Lontani


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                          #42
                          Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                          Se ci attenessimo, senza divagare ai bordi, al concetto di "fun", dovremmo contestualizzarlo bene: il termine "fun" non è del tutto equipollente a "divertimento". Ma probabilmente non interessa particolarmente questo aspetto, e del resto non è vitale ai fini di questa discussione, per come si è sviluppata.

                          A costo di suonare un fondamentalista (e sono tutt'altro), io son convinto che il vissuto "apatia" di cui si sta discorrendo (tout court, la mancanza di significativi movimenti dell'animo/mente, cioè emozioni/interesse, verso le esperienze esistenziali) trovi la sua radice nel nichilismo. Brutalmente: l'esperienza (qui intesa come interazione con la realtà definibile nello spazio-tempo) non basta al fiorire dell'Uomo. E, per "fiorire", intendo la sua realizzazione in toto: così monco, l'Uomo nichilista si aliena.
                          L'alienazione principale è verso il proprio Se: negando la propria dimensione spirituale, ne perde il baricentro e rientra in quella che è oggi definita la "lost experience". Con l'ultimo termine, si intede quell'esperienza esistenziale del proprio Se, come vagante in un "meaningless panta rei " (il divenire, lo scorrere del mondo senza significato e senza meta, senza un fine).
                          Tout court: son del parere che l'apatia come esperienza - vissuto empirico sperimentato nel rapporto Se-realtà - dell'uomo moderno sia da ricondurre ad una perdita del suo centro spirituale.

                          sono d'accordo sull'analisi volta a ricondurre l'apatia ad una perdita del proprio centro spirituale.
                          tuttavia mi chiedo se le persone che generalemnete non manifetsano problematiche simili abbiano,di contro,un centro spirituale ben definito o semplicemente non siano in grado di porsi la questione nei termini sopra esposti.
                          pare che per taluni soggetti,poco avezzi alla speculazione di qualsiasi tipo,l'esperienza basti ed avanzai al proprio fiorire.
                          anzi meno in loro risulta rintracciabile un polo spirituale più paiono in grado di gestire la quotidianità ponendosi come fine ultimo l'utile materiale
                          a me pare che il tuo ragionamento vada invertito ossia è il relativismo manifesto dell'attuale modernità che contribuisce all'alienazione verso il proprio Se essendo l'alienato colui che percepisce la mancanza di un centro spirituale collettivo partendo dal quale potrebbe essere possibile costruire una scala valoriale.
                          ora qualcuno potrebbe obbiettare che la dimensione spirituale è qualcosa di personale ed ognuno deve procedere lungo la via che percepisce come più appagante.
                          in realtà una considerazione simili sarebbe proprio figlia del sopracitato relativismo.
                          per esperienza personale proprio la categoria di persone prese a riferimento sono alla continua ricerca di un centro metafisico che funga da metro nel tentativo di conferire valore al proprio agire.
                          l'apatia è data dal non trovare riferimenti metafisici o dal vederli continuamente sviliti e corrotti.
                          "Nulla è gratuito in questo basso mondo. Tutto si sconta, il bene come il male, presto o tardi si paga. Il bene è necessariamente molto più caro."

                          L.F.Celine

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                            #43
                            Originariamente Scritto da simones Visualizza Messaggio
                            tuttavia mi chiedo se le persone che generalemnete non manifetsano problematiche simili abbiano,di contro,un centro spirituale ben definito o semplicemente non siano in grado di porsi la questione nei termini sopra esposti.
                            beh è difficile rispondere, nel senso che facendo parte di una delle due categorie il tuo giudizio (e il mio parimenti) non è significativo.

                            la mia prima risposta al tuo post di apertura relativamente al tedio che ti generano i racconti altrui era:
                            "oh facile. infilati un cacciavite nell'orecchio finché non esce della materia di consistenza strana, vedrai che il mondo ti sorriderà"

                            no, per dire. ovvio che venga naturale pensare di essere più profondi, più problematici, più complessi, ma non è detto che sia così.
                            per la miseria, ho in mente un'altra poesia di montale.

                            (tongue il mio post nella pagina precedente sulla morte l'hai letto? credo anche io che il punto sia il nichilismo)

                            Commenta


                              #44
                              Originariamente Scritto da Sean Visualizza Messaggio
                              Giusto
                              Ma quello che ha detto Simones mi fa pensare anche all'opposto di quanto riporti, e cioè che l'apatia può attechire anche in chi quel Se lo ha così sviluppato da provare un istantaneo brivido al solo pensiero di poter concorrere con questo mondo annichilito (tesi che sposo appieno), proprio perchè sente che la sua cifra è un'altra, larger than life.
                              prima o poi vorrei tanto parlare con te di questa cosa, ma in privato.

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                                #45
                                Originariamente Scritto da thetongue Visualizza Messaggio
                                Se ci attenessimo, senza divagare ai bordi, al concetto di "fun", dovremmo contestualizzarlo bene: il termine "fun" non è del tutto equipollente a "divertimento". Ma probabilmente non interessa particolarmente questo aspetto, e del resto non è vitale ai fini di questa discussione, per come si è sviluppata.

                                A costo di suonare un fondamentalista (e sono tutt'altro), io son convinto che il vissuto "apatia" di cui si sta discorrendo (tout court, la mancanza di significativi movimenti dell'animo/mente, cioè emozioni/interesse, verso le esperienze esistenziali) trovi la sua radice nel nichilismo. Brutalmente: l'esperienza (qui intesa come interazione con la realtà definibile nello spazio-tempo) non basta al fiorire dell'Uomo. E, per "fiorire", intendo la sua realizzazione in toto: così monco, l'Uomo nichilista si aliena.
                                L'alienazione principale è verso il proprio Se: negando la propria dimensione spirituale, ne perde il baricentro e rientra in quella che è oggi definita la "lost experience". Con l'ultimo termine, si intede quell'esperienza esistenziale del proprio Se, come vagante in un "meaningless panta rei " (il divenire, lo scorrere del mondo senza significato e senza meta, senza un fine).
                                Tout court: son del parere che l'apatia come esperienza - vissuto empirico sperimentato nel rapporto Se-realtà - dell'uomo moderno sia da ricondurre ad una perdita del suo centro spirituale.
                                Dovresti spiegare bene cosa intendi con "centro spirituale". Intendi dire che tutti gli uomini che rifiutano la trascendenza sono condannato al nichilismo? Osservo solo che questo atteggiamento, che io preferisco chiamare ancora taedium vitae, è vecchio quanto l'uomo. A me viene in mente la mela divisa di Platone e, con essa, l'idea che la nostra insoddisfazione perenne nasca proprio dalla ricerca inesausta di una metà (non banalmente una compagna di vita/letto) che ci dia quel senso di completezza e, con esso, la pace.
                                In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte.
                                ma_75@bodyweb.com

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