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Fisica: punti materiali ed equazioni del moto :D

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    Fisica: punti materiali ed equazioni del moto :D

    Poniamoci in un caso monodimensionale così mi semplifico la vita dato che non ci sono vettori. Ora, la lagrangiana di un punto dovrebbe essere in generale una funzione del tipo L(q,v,t) dove q è la coordinata, v la velocità e t il tempo.
    L'omogeneità dello spazio implica però che L non può contenere q in forma esplicita, l'omogeneità del tempo implica che non può contenere t, e l'isotropia dello spazio implica che non possa dipendere dall'orientamento di v. Quindi può essere solo L=L(v^2). E fin qui tutto bene. Come prima domanda:

    1) come si fa a questo punto a dedurre la legge d'inerzia? L'equazione di lagrange si è ridotta da d/dt (dL/dv) - dL/dq = 0 a d/dt (dL/dv) = 0 il che implica dL/dv = costante, ma perchè deve anche essere v = costante?

    Ora, vogliamo arrivare a definire la lagrangiana di un punto materiale partendo dalle trasformazioni galileiane: le equazioni del moto non devono cambiare tra sistemi di riferimento che si muovono rispettivamente di moto uniforme. Quindi se consideriamo un sistema che si muove rispetto ad un altro con velocità e, la lagrangiana del nostro punto deve rimanere L(v^2) = L(V^2) = L((v+e)^2) = L(v^2 + 2ve + e^2). Se sviluppo in serie ques'ultima espressione e trascuro gli infinitesimi di ordine superiore ottengo L(V^2) = L(v^2) + (dL/dv^2 * 2ve), e i due termini devono essere uguali.
    Siccome una lagrangiana qualsiasi è sempre definita a meno di una derivata totale rispetto al tempo di una funzione delle coordinate e del tempo, se (dL/dv^2 * 2ve) lo fosse staremmo a posto. A questo punto:

    2) perchè diamine risulta che (dL/dv^2 * 2ve) è una derivata totale rispetto al tempo solo se il tutto dipende linearmente da v, in modo che si possa dire che dL/dv^2 non può dipendere da v e quindi che L=av^2? Cioè, se avessimo tanto per esempio dL/dv^2 = v, e quindi (dL/dv^2 * 2ve) = 2ev^2, perchè questa non potrebbe essere una derivata totale rispetto al tempo?

    3) una volta appurato che L=av^2, e chiamata la costante a=m/2 in modo che sia L=(mv^2)/2, come dimostro che la massa non può essere negativa a partire dal principio di minima azione?

    Qualcuno mi aiuti per favore

    Finito il primo anno di palestra! Fase attuale: alla ricerca degli abs. Io ci provo!

    #2
    Ottima la lagrangiana con il burro.
    Pulcinella si è messo a piangere.... niente firma quindi!

    Per favore, non chiedetemi opinioni/consigli medici. Vi è una sezione dedicata sul forum

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      #3
      Originariamente Scritto da Ector Visualizza Messaggio
      Ottima la lagrangiana con il burro.

      Finito il primo anno di palestra! Fase attuale: alla ricerca degli abs. Io ci provo!

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        #4
        Originariamente Scritto da Ector Visualizza Messaggio
        Ottima la lagrangiana con il burro.
        Originariamente Scritto da modgallagher
        gandhi invece di giocarsi il libretto della macchina si gioca la cartella clinica
        " tra noi sarebbe come abbinare un vino pregiato a un ottimo cibo " ..


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          #5
          Originariamente Scritto da korallox Visualizza Messaggio
          Poniamoci in un caso monodimensionale così mi semplifico la vita dato che non ci sono vettori. Ora, la lagrangiana di un punto dovrebbe essere in generale una funzione del tipo L(q,v,t) dove q è la coordinata, v la velocità e t il tempo.
          L'omogeneità dello spazio implica però che L non può contenere q in forma esplicita, l'omogeneità del tempo implica che non può contenere t, e l'isotropia dello spazio implica che non possa dipendere dall'orientamento di v. Quindi può essere solo L=L(v^2). E fin qui tutto bene.
          Riconosco lo stile di Landau in tutto ciò ...
          Non ne sono un grande estimatore.

          Originariamente Scritto da korallox
          Come prima domanda:

          1) come si fa a questo punto a dedurre la legge d'inerzia? L'equazione di lagrange si è ridotta da d/dt (dL/dv) - dL/dq = 0 a d/dt (dL/dv) = 0 il che implica dL/dv = costante, ma perchè deve anche essere v = costante?
          L è una funzione di v che, vista come funzione composta di t risulta: L=L[v(t)]; questa può essere costante in due casi:

          1) L(v) non dipende esplicitamente da v;

          2) v(t) è costante in t.

          Il primo caso è non fisico, poiché cerchiamo L dipendente almeno da v. Il caso 2) è quello che si verifica.

          (Nota che d/dt [L(v(t))] = dL(v)/dv dv/dt).

          Originariamente Scritto da korallox
          Ora, vogliamo arrivare a definire la lagrangiana di un punto materiale partendo dalle trasformazioni galileiane: le equazioni del moto non devono cambiare tra sistemi di riferimento che si muovono rispettivamente di moto uniforme. Quindi se consideriamo un sistema che si muove rispetto ad un altro con velocità e, la lagrangiana del nostro punto deve rimanere L(v^2) = L(V^2) = L((v+e)^2) = L(v^2 + 2ve + e^2). Se sviluppo in serie ques'ultima espressione e trascuro gli infinitesimi di ordine superiore ottengo L(V^2) = L(v^2) + (dL/dv^2 * 2ve), e i due termini devono essere uguali.
          Siccome una lagrangiana qualsiasi è sempre definita a meno di una derivata totale rispetto al tempo di una funzione delle coordinate e del tempo, se (dL/dv^2 * 2ve) lo fosse staremmo a posto. A questo punto:

          2) perchè diamine risulta che (dL/dv^2 * 2ve) è una derivata totale rispetto al tempo solo se il tutto dipende linearmente da v, in modo che si possa dire che dL/dv^2 non può dipendere da v e quindi che L=av^2? Cioè, se avessimo tanto per esempio dL/dv^2 = v, e quindi (dL/dv^2 * 2ve) = 2ev^2, perchè questa non potrebbe essere una derivata totale rispetto al tempo?
          Qui il discorso si fa piuttosto euristico e poco rigoroso (alcuni lo trovano soddisfacente, comunque ).

          Intanto lo sviluppo, al primo ordine in e, di L(v^2+2ev+e^2) è:
          L(v^2) + [dL(u)/du]_u=v^2 * 2ev

          Ora, il termine di primo ordine in e è la derivata totale di una funzione di q e t solo se è nullo o proporzionale a v; infatti una funzione in una variabile di sole derivate totali (cioè di v, nel nostro caso, che è derivata di q) è derivata totale solo se risulta lineare nella variabile (nota che d/dt F(q,t) = dF/dq v + dF/dt).

          Quindi come prima due possibilità:

          1) dL/du = 0 che non è fisica;

          2) dL/du indipendente da u, cioè costante; quindi L=cost u = cost v^2.

          Come detto, per rispondere esplicitamente al tuo ultimo quesito, k v^2 non può essere derivata nel tempo di una F(q,t) poiché la derivata (prima) nel tempo di una qualsiasi F(q, t) genera solo funzioni lineari in v (cioè la derivata di q) e non quadratiche in v.

          Originariamente Scritto da korallox
          3) una volta appurato che L=av^2, e chiamata la costante a=m/2 in modo che sia L=(mv^2)/2, come dimostro che la massa non può essere negativa a partire dal principio di minima azione?

          Qualcuno mi aiuti per favore
          Se m fosse negativa, sarebbe vero un principio di massima azione, non minima.

          (L'azione è l'integrale della lagrangiana nel tempo. Il funzionale di azione ha un minimo se è convesso, non concavo. )

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            #6
            Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
            Riconosco lo stile di Landau in tutto ciò ...
            Non ne sono un grande estimatore.
            Come mai? Sto cercando di studiare a tempo perso (immagina i risultati) un pò di fisica e girando un pò ho trovato il suo corso... c'è di meglio?

            Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
            L è una funzione di v che, vista come funzione composta di t risulta: L=L[v(t)]; questa può essere costante in due casi:

            1) L(v) non dipende esplicitamente da v;

            2) v(t) è costante in t.

            Il primo caso è non fisico, poiché cerchiamo L dipendente almeno da v. Il caso 2) è quello che si verifica.

            (Nota che d/dt [L(v(t))] = dL(v)/dv dv/dt).
            Ma io non devo avere L(v) = k, bensì dL/dv = k



            Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
            Qui il discorso si fa piuttosto euristico e poco rigoroso (alcuni lo trovano soddisfacente, comunque ).

            Intanto lo sviluppo, al primo ordine in e, di L(v^2+2ev+e^2) è:
            L(v^2) + [dL(u)/du]_u=v^2 * 2ev

            Ora, il termine di primo ordine in e è la derivata totale di una funzione di q e t solo se è nullo o proporzionale a v; infatti una funzione in una variabile di sole derivate totali (cioè di v, nel nostro caso, che è derivata di q) è derivata totale solo se risulta lineare nella variabile (nota che d/dt F(q,t) = dF/dq v + dF/dt).

            Quindi come prima due possibilità:

            1) dL/du = 0 che non è fisica;

            2) dL/du indipendente da u, cioè costante; quindi L=cost u = cost v^2.

            Come detto, per rispondere esplicitamente al tuo ultimo quesito, k v^2 non può essere derivata nel tempo di una F(q,t) poiché la derivata (prima) nel tempo di una qualsiasi F(q, t) genera solo funzioni lineari in v (cioè la derivata di q) e non quadratiche in v.
            Ok, qui mi trovo
            Comunque, visto che sono curioso, cosa c'è di poco rigoroso in questo ragionamento? Esistono dimostrazioni migliori?


            Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
            Se m fosse negativa, sarebbe vero un principio di massima azione, non minima.

            (L'azione è l'integrale della lagrangiana nel tempo. Il funzionale di azione ha un minimo se è convesso, non concavo. )
            Puoi chiarirmi meglio questa?
            Grazie e scusa per lo spreco del tuo tempo

            Finito il primo anno di palestra! Fase attuale: alla ricerca degli abs. Io ci provo!

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              #7
              Originariamente Scritto da korallox Visualizza Messaggio
              Come mai? Sto cercando di studiare a tempo perso (immagina i risultati) un pò di fisica e girando un pò ho trovato il suo corso... c'è di meglio?
              Diciamo che Landau è già per chi le cose le sa. Imparare da zero sui suoi testi è dura e potenzialmente controproducente, imo.
              Se sei interessato ai rudimenti della meccanica razionale/analitica sicuramente più validi (didatticamente) Goldstein e Fasano-Marmi (quest'ultimo è un mattone, nel senso che sono parecchie centinaia di pagine ). Bellissimo l'Arnold, ma decisamente avanzato.


              Originariamente Scritto da korallox
              Ma io non devo avere L(v) = k, bensì dL/dv = k
              Si, hai ragione.
              Comunque il ragionamento non cambia di molto. I casi possibili sono sempre due:

              1) dL/dv non dipende esplicitamente da v;
              2) dv/dt è zero.

              Nel caso 1) sarebbe L(v) lineare in v, ma perderesti l'invarianza da v --> -v (L deve essere funzione regolare di v^2).

              Il caso 2) è quello che si verifica (legge d'inerzia).

              Originariamente Scritto da korallox
              Ok, qui mi trovo
              Comunque, visto che sono curioso, cosa c'è di poco rigoroso in questo ragionamento? Esistono dimostrazioni migliori?
              Intanto c'è uno "sviluppo in serie troncato" al primo ordine (considerando trasformazioni Galileiane infinitesime), ma l'invarianza della lagrangiana (a meno di drivate totali nel tempo) è una proprietà esatta (da verificare a tutti gli ordini). Delle "pecche" di questo approccio te ne accorgi osservando che non è in grado di distinguere particelle galileiane da particelle in moto relativistico (al primo ordine le addizioni delle velocità nei due ambiti hanno uguale espressione, ma la lagrangiana relativistica è ben lontana da essere proporzionale a v^2).

              In generale ciò che si fa è fissare una lagrangiana, senza porsi la questione di perché abbia una data forma. Essa, in base alla sua struttura e alle sue invarianze, fissa le proprità della fisica (omogeneità dello spazio, isotropia o invarianza rotazionale, invarianza temporale, ecc.)
              In teoria, non abbiamo bisogno della meccanica Newtoniana: invece di un mondo fatto di molle, piani inclinati, fili inestendibili, ecc. potremmo "vedere tutto" in termini di lagrangiane. Invece che dire "abbiamo una molla collegata ad una massa" diremmo "abbiamo la lagrangiana L = 1/2 m v^2 - 1/2 k q^2"

              Originariamente Scritto da korallox
              Puoi chiarirmi meglio questa?
              Grazie e scusa per lo spreco del tuo tempo
              L'azione è espressa come integrale (su un intervalo di tempo fissato, tipicamente) della lagrangiana: S = int_[t1,t2] L(q, v,t) dt. Essa è anche un funzionale nel senso che ad ogni moto q(t) (in [t1,t2]) fornisce un numero reale (l'integrale appunto). In analogia a quanto accade per le funzioni di una variabile reale (che ammettono minimo locale se localmente sono convesse), il funzionale d'azione ammette minimo se è convesso.
              Esso è convesso se il coefficiente in v^2 nell'integrale (la massa) è positivo (poiché la parabola L=1/2 m v^2 è convessa se m>o, concava se m<0).

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                #8
                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                Diciamo che Landau è già per chi le cose le sa. Imparare da zero sui suoi testi è dura e potenzialmente controproducente, imo.
                Se sei interessato ai rudimenti della meccanica razionale/analitica sicuramente più validi (didatticamente) Goldstein e Fasano-Marmi (quest'ultimo è un mattone, nel senso che sono parecchie centinaia di pagine ). Bellissimo l'Arnold, ma decisamente avanzato.
                Proverò! Effettivamente io scaricai il volume di Landau sulla meccanica quantistica relativistica, andando incontro ad una batosta colossale (ero ko all'incirca dopo 5 righe...), e provai così a partire dal primo volume del suo corso (Meccanica)... però anche lì, la prima volta ho retto per una settantina di pagine con molta approssimazione, la seconda volta invece è questa e cercavo di risolvere i miei dubbi qui Però non posso venire ad implorare una spiegazione ogni due pagine


                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                Si, hai ragione.
                Comunque il ragionamento non cambia di molto. I casi possibili sono sempre due:

                1) dL/dv non dipende esplicitamente da v;
                2) dv/dt è zero.

                Nel caso 1) sarebbe L(v) lineare in v, ma perderesti l'invarianza da v --> -v (L deve essere funzione regolare di v^2).

                Il caso 2) è quello che si verifica (legge d'inerzia).
                Ottimo

                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                Intanto c'è uno "sviluppo in serie troncato" al primo ordine (considerando trasformazioni Galileiane infinitesime), ma l'invarianza della lagrangiana (a meno di drivate totali nel tempo) è una proprietà esatta (da verificare a tutti gli ordini). Delle "pecche" di questo approccio te ne accorgi osservando che non è in grado di distinguere particelle galileiane da particelle in moto relativistico (al primo ordine le addizioni delle velocità nei due ambiti hanno uguale espressione, ma la lagrangiana relativistica è ben lontana da essere proporzionale a v^2).
                E ragionare esattamente non è proprio possibile, senza trascurare gli altri termini della serie?
                Inoltre, le pecche valgono anche per la determinazione dell'equazione di Lagrange partendo dal principio di minima azione (sul Landau sviluppa la serie della differenza tra l'integrale di L(q+dq,q'+dq',t) e quello di L(q,q',t) e la tronca al primo ordine)?

                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                In generale ciò che si fa è fissare una lagrangiana, senza porsi la questione di perché abbia una data forma. Essa, in base alla sua struttura e alle sue invarianze, fissa le proprità della fisica (omogeneità dello spazio, isotropia o invarianza rotazionale, invarianza temporale, ecc.)
                In teoria, non abbiamo bisogno della meccanica Newtoniana: invece di un mondo fatto di molle, piani inclinati, fili inestendibili, ecc. potremmo "vedere tutto" in termini di lagrangiane. Invece che dire "abbiamo una molla collegata ad una massa" diremmo "abbiamo la lagrangiana L = 1/2 m v^2 - 1/2 k q^2"
                Della serie "Dio ci ha dato le lagrangiane, e ce le teniamo così come sono"?
                Però è triste



                Originariamente Scritto da richard Visualizza Messaggio
                L'azione è espressa come integrale (su un intervalo di tempo fissato, tipicamente) della lagrangiana: S = int_[t1,t2] L(q, v,t) dt. Essa è anche un funzionale nel senso che ad ogni moto q(t) (in [t1,t2]) fornisce un numero reale (l'integrale appunto). In analogia a quanto accade per le funzioni di una variabile reale (che ammettono minimo locale se localmente sono convesse), il funzionale d'azione ammette minimo se è convesso.
                Esso è convesso se il coefficiente in v^2 nell'integrale (la massa) è positivo (poiché la parabola L=1/2 m v^2 è convessa se m>o, concava se m<0).
                Perfetto, grazie ancora

                Finito il primo anno di palestra! Fase attuale: alla ricerca degli abs. Io ci provo!

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                  #9
                  Originariamente Scritto da korallox Visualizza Messaggio
                  E ragionare esattamente non è proprio possibile, senza trascurare gli altri termini della serie?
                  Inoltre, le pecche valgono anche per la determinazione dell'equazione di Lagrange partendo dal principio di minima azione (sul Landau sviluppa la serie della differenza tra l'integrale di L(q+dq,q'+dq',t) e quello di L(q,q',t) e la tronca al primo ordine)?
                  Non trascurare gli altri termini significa operare con la trasformazione galileiana finita delle velocità. Si può fare, ma il discorso diventa più delicato e si ragiona sull'azione e non sulla lagrangiana (nel caso galileiano è equivalente poiché il tempo, su cui si integra per ottenere l'azione, è assoluto).
                  Per quanto riguarda le equazioni di di Lagrange il problema si aggira facilmente. Se si volesse essere rigorosi occorrerebbe definire una "derivata" sui funzionali e le equazioni di Eulero deriverebbero dalla stazionarietà del funzionale d'azione, così come i minimi di una normale funzione reale si cercano tra i suoi punti stazionari (cioè quelli che annullano la derivata).


                  Originariamente Scritto da korallox
                  Della serie "Dio ci ha dato le lagrangiane, e ce le teniamo così come sono"?
                  Però è triste
                  Oppure "dio ci ha dato le molle e ce le teniamo come sono" ...

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