Maso in semilibertà, ma il suo paese non perdona
Il tribunale: è stato valutato il suo percorso positivo
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MILANO (15 ottobre) - La decisione di concedere il regime di semilibertà a Pietro Maso, condannato a 30 anni di carcere per l'omicidio dei genitori, è stata presa «in seguito alla valutazione di un percorso positivo da lui compiuto»: lo ha spiegato il presidente del tribunale di sorveglianza di Milano, Pasquale Nobile De Santis, chiarendo che «la posizione di Maso non è diversa da quella di molti alti detenuti, dei quali si valuta un percorso positivo». Maso, usufruendo del regime di semilibertà, lavorerà fuori dal carcere di Opera come magazziniere.
«La nostra attività - ha spiegato il presidente - è di valutare se si sta compiendo un percorso graduale di reinserimento. Sono quattro gli elementi che influiscono su una decisione di questo genere: il comportamento positivo del detenuto, il tempo trascorso in carcere, la gradualità del recupero e il residuo di pena». Maso ha trascorso 17 anni in carcere e la sua pena residua, considerato l'effetto dell'indulto e della liberazione anticipata, è di circa 4 anni e mezzo. «Il nostro compito - ha concluso il magistrato - è valutare se una persona può reinserirsi nella società, anche se è comprensibile che attorno a questo caso ci sia un'attenzione e una reazione mediatica». Il veronese ha gia usufruito in passato di permessi premio e, dopo la semilibertà, potrebbe usufruire della liberazione anticipata. Ora la Procura generale di Milano potrà, entro dieci giorni, impugnare l'ordinanza di semilibertà davanti al tribunale di sorveglianza e ricorrere eventualmente in Cassazione. Nell'impugnazione, inoltre, la Procura potrà chiedere la sospensione dell'esecuzione del provvedimento, tramite un'istanza di sospensiva.
Il paese sotto shock non perdona. Oggi come 17 anni fa nessuno a Montecchia di Crosara (Verona) è disposto a perdonare. La concessione della semilibertà a Pietro Maso riapre una ferita che la piccola cittadina veronese non è mai riuscita a risanare. Difficile trovare a Montecchia un abitante che condivida la decisione dei giudici milanesi. «Ormai non c'è da stupirsi di niente - dice un avventore del bar del paese, vicino alla chiesa parrocchiale - non serve scandalizzarsi. Almeno siamo sicuri che Pietro Maso non tornerà mai più qui a Montecchia». Il sentimento più diffuso è quello dello sconcerto e della rabbia per una pena considerata troppo mite, e c'è chi ricorda che si trattò di un delitto «barbaro» e pianificato da giovani che agirono come «mostri».
La difesa: rispettate la privacy di Maso. I legali di Pietro Maso hanno chiesto alla stampa di rispettare la privacy del loro assistito e il suo percorso di «pieno recupero umano, affettivo, sociale e personale». Il giorno dopo la notizia della concessione della semilibertà all'uomo che nel '91, allora diciassettenne, uccise i genitori per entrare in possesso dell'eredità, e per questo fu condannato a 30 anni di carcere, la difesa interviene perché «sia correttamente inquadrata la vicenda processuale» e per chiedere agli organi di stampa «pur comprendendo le ragioni giornalistiche», di tutelare «le necessarie esigenze di riservatezza in ordine alla sfera privata, ai rapporti con i familiari, con la fidanzata, al rapporto di lavoro» del loro assistito. Pietro Maso, affermano i suoi avvocati, «oggi desidera solo potersi ricostruire una vita». I legali sottolineano che nel provvedimento è contenuta «un'articolata motivazione che, ripercorrendo il percorso umano del signor Maso, ne evidenzia con dovizia di particolari il recupero umano, affettivo, sociale e personale. Ne emerge dunque un quadro assolutamente positivo, di pieno recupero, in linea col principio di rieducatività della pena che lo stesso Maso ha fatto proprio».
Il tribunale: è stato valutato il suo percorso positivo
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MILANO (15 ottobre) - La decisione di concedere il regime di semilibertà a Pietro Maso, condannato a 30 anni di carcere per l'omicidio dei genitori, è stata presa «in seguito alla valutazione di un percorso positivo da lui compiuto»: lo ha spiegato il presidente del tribunale di sorveglianza di Milano, Pasquale Nobile De Santis, chiarendo che «la posizione di Maso non è diversa da quella di molti alti detenuti, dei quali si valuta un percorso positivo». Maso, usufruendo del regime di semilibertà, lavorerà fuori dal carcere di Opera come magazziniere.
«La nostra attività - ha spiegato il presidente - è di valutare se si sta compiendo un percorso graduale di reinserimento. Sono quattro gli elementi che influiscono su una decisione di questo genere: il comportamento positivo del detenuto, il tempo trascorso in carcere, la gradualità del recupero e il residuo di pena». Maso ha trascorso 17 anni in carcere e la sua pena residua, considerato l'effetto dell'indulto e della liberazione anticipata, è di circa 4 anni e mezzo. «Il nostro compito - ha concluso il magistrato - è valutare se una persona può reinserirsi nella società, anche se è comprensibile che attorno a questo caso ci sia un'attenzione e una reazione mediatica». Il veronese ha gia usufruito in passato di permessi premio e, dopo la semilibertà, potrebbe usufruire della liberazione anticipata. Ora la Procura generale di Milano potrà, entro dieci giorni, impugnare l'ordinanza di semilibertà davanti al tribunale di sorveglianza e ricorrere eventualmente in Cassazione. Nell'impugnazione, inoltre, la Procura potrà chiedere la sospensione dell'esecuzione del provvedimento, tramite un'istanza di sospensiva.
Il paese sotto shock non perdona. Oggi come 17 anni fa nessuno a Montecchia di Crosara (Verona) è disposto a perdonare. La concessione della semilibertà a Pietro Maso riapre una ferita che la piccola cittadina veronese non è mai riuscita a risanare. Difficile trovare a Montecchia un abitante che condivida la decisione dei giudici milanesi. «Ormai non c'è da stupirsi di niente - dice un avventore del bar del paese, vicino alla chiesa parrocchiale - non serve scandalizzarsi. Almeno siamo sicuri che Pietro Maso non tornerà mai più qui a Montecchia». Il sentimento più diffuso è quello dello sconcerto e della rabbia per una pena considerata troppo mite, e c'è chi ricorda che si trattò di un delitto «barbaro» e pianificato da giovani che agirono come «mostri».
La difesa: rispettate la privacy di Maso. I legali di Pietro Maso hanno chiesto alla stampa di rispettare la privacy del loro assistito e il suo percorso di «pieno recupero umano, affettivo, sociale e personale». Il giorno dopo la notizia della concessione della semilibertà all'uomo che nel '91, allora diciassettenne, uccise i genitori per entrare in possesso dell'eredità, e per questo fu condannato a 30 anni di carcere, la difesa interviene perché «sia correttamente inquadrata la vicenda processuale» e per chiedere agli organi di stampa «pur comprendendo le ragioni giornalistiche», di tutelare «le necessarie esigenze di riservatezza in ordine alla sfera privata, ai rapporti con i familiari, con la fidanzata, al rapporto di lavoro» del loro assistito. Pietro Maso, affermano i suoi avvocati, «oggi desidera solo potersi ricostruire una vita». I legali sottolineano che nel provvedimento è contenuta «un'articolata motivazione che, ripercorrendo il percorso umano del signor Maso, ne evidenzia con dovizia di particolari il recupero umano, affettivo, sociale e personale. Ne emerge dunque un quadro assolutamente positivo, di pieno recupero, in linea col principio di rieducatività della pena che lo stesso Maso ha fatto proprio».
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