If this is your first visit, be sure to
check out the FAQ by clicking the
link above. You may have to register
before you can post: click the register link above to proceed. To start viewing messages,
select the forum that you want to visit from the selection below.
Posto un interessante articolo che ho letto poco fa, di Daveri, alla luce degli avvenimenti degli ultimi giorni, riguardo alla situazione europea..
"Non ci sarà un piano Paulson per l’Europa. La Commissione Europea non ha le risorse e i singoli governi sono troppo preoccupati dei destini delle loro banche nazionali per destinare, nelle attuali circostanze, risorse ad un progetto collettivo. E’ nei momenti difficili che ci accorgiamo che l’Europa politica non c’è.
La riduzione della quantità di credito a disposizione delle banche e degli altri istituti di credito a causa del diffondersi della crisi dei mutui ha portato alla necessità di un virtuale salvataggio del sistema finanziario americano nella speranza di evitare una brusca contrazione del credito alle aziende americane e quindi una severa recessione negli Stati Uniti. Dopo una settimana di discussioni, è arrivato al Congresso americano il piano di salvataggio (il cosiddetto “piano Paulson”) basato sulla predisposizione di ingenti risorse finanziarie pubbliche (più prosaicamente: quattrini dei contribuenti). Il Congresso lo ha però respinto. Sono evidentemente prevalse le riserve di chi teme di trasferire denaro dei contribuenti a istituzioni finanziarie che non lo meritano. Il peggio è che i venti di deflazione che soffiano già da un anno sulla sponda occidentale dell’Oceano Atlantico stanno, con la contrazione della disponibilità di credito e il parallelo rallentamento ciclico delle varie economie, arrivando anche sulla sponda orientale dell’Oceano. In Italia, l'indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,3% in agosto, invertendo significativamente la tendenza dei mesi precedenti. A questo punto, e lasciando da parte per un momento le domande di fondo sulla bontà di un tale piano, una delle domande da porsi è se l’Europa sia in grado di mettere in campo un suo piano Paulson contro i venti di deflazione.
In realtà l’Europa - come la Laura di un tormentone canoro estivo di qualche anno fa - non c’è e quindi non può impegnarsi in un piano euro-Paulson. Per due ragioni principali. Primo, l’Unione Europea non ha una spesa federale con cui finanziare il salvataggio di eventuali banche o imprese di assicurazioni nazionali in difficoltà. Il bilancio della Commissione europea sarebbe del tutto insufficiente alle necessità. Il bilancio della Commissione ha, infatti, una dimensione molto limitata (circa l’1% del PIL dei paesi membri) ed è destinato a cose come la politica agricola, la coesione sociale e, più recentemente, anche il sostegno alla ricerca e l’innovazione. Secondo, il bilancio dell’Europa è destinato a finalità strutturali, non a compiti come quello di aumentare occasionalmente la spesa pubblica in funzione anticiclica, compito che il bilancio federale può svolgere in un paese politicamente unito come gli Stati Uniti d’America. Raggiungere in poco tempo un consenso tra ventisette paesi europei su come estendere sostanziose linee di credito a istituti di credito di difficoltà è una missione impossibile.
Sulla base del trattato di Maastricht il compito di compensare le oscillazioni cicliche con il bilancio pubblico è demandato ai singoli stati europei. Avviene così che i governi di Belgio, Olanda e Lussemburgo decidano per conto loro il salvataggio di Fortis, colosso bancario e assicurativo del Benelux. Posti di fronte allo stesso dilemma, probabilmente farebbero lo stesso i governi di Svezia, Danimarca e Finlandia. Cosa accomuna Belgio, Olanda, Lussemburgo, Svezia, Danimarca, Finlandia? E’ la lista dei piccoli paesi fiscalmente virtuosi, con una tradizione di bilanci in pareggio o addirittura in surplus. A questa lista di paesi che “potrebbero permetterselo”si possono aggiungere Spagna e Germania che, nonostante il rallentamento ciclico dell’economia, nel 2008 dovrebbero comunque mantenere un bilancio pubblico in pareggio o quasi. E la lista dei paesi disponibili ai salvataggi nazionali si può allungare con Irlanda e Regno Unito. Da un lato, le banche inglesi e irlandesi, molto legate a quelle americane, sono più esposte alla crisi di quelle degli altri paesi europei. Dall’altro lato, inglesi e irlandesi pur mostrando bilanci in rosso hanno un basso debito pubblico pregresso (27% del PIL l’Irlanda e 47% il Regno Unito) e i governi hanno quindi la possibilità di trovare le risorse fiscali per intervenire. Per Gordon Brown, tra l’altro, potrebbe essere l’ultima carta da giocare per recuperare un po’ di consenso elettorale.
Ben diverso è invece il discorso per Francia e Italia, oltre che per la maggior parte dei paesi dell’Est Europa dentro all’Unione, tutti già oggi con deficit pubblici non troppo distanti dal 3% del Pil. L’Italia, in più, ha anche un debito pubblico ancor superiore al 100% del Pil. Per questi paesi, costosi salvataggi a livello nazionale sarebbero più difficili a causa degli stringenti vincoli di bilancio esistenti.
I paesi che possono permetterselo quindi saranno probabilmente inclini a salvare i loro istituti di credito in difficoltà con risorse pubbliche. E’ invece assolutamente improbabile che, ad esempio, il governo tedesco, che ha le sue gatte da pelare, sia disponibile a tirare fuori anche solo un euro per salvare una banca o una società di assicurazione di un paese terzo in difficoltà. E se lo farà lo farà guardando ai suoi interessi strategici più che alla solidarietà europeista. Lo stesso presumibilmente varrà per gli altri paesi in surplus.
Per fortuna, come ripete anche il ministro Giulio Tremonti in queste settimane, il sistema bancario italiano è meno interessato degli altri da questa crisi, anche perchè le nostre famiglie hanno fatto solo raramente mutui al 90 o al 100%, come invece è avvenuto in America. Altrimenti saremmo in un brutto pasticcio dal quale dovremmo uscire da soli."
A parte che il piano Paulson ieri sera l'han buttato allegramente nel cesso... qua da noi x il momento pare che non salti x aria nessuno, arrivano i governi a pagare...
A parte che il piano Paulson ieri sera l'han buttato allegramente nel cesso... qua da noi x il momento pare che non salti x aria nessuno, arrivano i governi a pagare...
Infatti l'articolo dev'esser stato scritto prima di ieri.. Però mi sembava interessante a dimostrazione di cosa potrebbe accadere se la reazione a catena continuasse in Europa..
A proposito Pumbaa, se hai a disposizione qualche articolo interessante postalo
Tutto il materiale che ho è in inglese, il resto è in ufficio... non so, posto lo stesso?
Ho studiato tutto il pomeriggio la teoria dell'utilità attesa e i contratti di assicurazione... Tradotto = ho la testa che mi esplode Per non parlare del fatto che sono in forte ipocalorica
Cmq posta, tra stanotte e domattina leggo molto volentieri
Credit markets remain quite strained. This is particularly the case in interbank markets in the United States and abroad. The interbank markets are a fundamental element of the plumbing of the financial world. Banks with excess balances put them to work by lending to other banks that have clients—companies and individuals—who need the funds.
The loan portfolios of U.S. banks and financial institutions are, as you would expect, mostly dollar-denominated. But foreign banks in recent years have also built sizeable "books of business" in dollars. The dollar interbank credit contraction is a worldwide problem that affects not only our banks here but banks overseas, particularly in Europe.
When banks lend or take on other forms of exposure to each other, they gauge the counterparty risk. In recent weeks, there has been a widespread withdrawal of confidence in counterparties that has resulted in efforts to reduce exposure.
As part of this, maturities have shortened, risk spreads (typically measured as the interest rate spread over U.S. Treasuries) have widened, the cost of hedging against default risk (another measure of perceived counterparty risk) has risen dramatically, and the range of assets accepted as collateral has narrowed. Also, demand for liquidity provided by the Federal Reserve has intensified.
This contraction in availability and rise of the cost of credit have worsened as well for corporate and business borrowers. We've heard anecdotes confirming this from contacts throughout the Southeast. In short, Main Street is being affected.
And on the economy:
Prior to September, we at the Federal Reserve Bank of Atlanta had a rather downbeat outlook for the second half of 2008 and early 2009. We expected—and continue to expect—a very weak second half reflecting contracting consumer spending, weaker business investment, and slower export volume.
Export demand has been an important factor that has helped sustain the U.S. manufacturing sector in recent months. But economic growth prospects in many of our major trading partners have weakened notably in recent months, and this weakening has dampened the outlook for the export sector.
Conditions in labor markets also have weakened. During the first half of 2008 the data showed that residential construction and related manufacturing industries were reducing their workforce while other businesses were hesitant to add to payrolls. But more recently the data suggest that layoffs have become more widespread, and hiring intentions have pulled back further.
Weak labor markets feed into weak income growth and sluggish consumer spending. Reports from retailers suggest that the outlook for the upcoming holiday season has been pared back as consumers are expected to tighten their belts further. At the same time, lending standards for most types of consumer credit have tightened.
emphasis added
Note that Lockhart was already pessimistic before September, and for good reasons. The PCE numbers for August, released yesterday by the BEA, strongly suggest the long anticipated consumer recession has started. September will probably be worse.
And Lockhart is clearly pessimistic on business spending, layoffs, and especially the slowdown of U.S. trading partners (impacting exports). The recession is here.
3)Sui tassi interbancari (Libor/Euribor):
"The money markets have completely broken down, with no trading taking place at all. There is no market any more."
Christoph Rieger, Dresdner Kleinwort in Frankfurt, Sept 30, 2008
The London interbank offered rate, or Libor, that banks charge each other for such loans climbed 431 basis points to an all-time high of 6.88 percent today, the British Bankers' Association said. The euro interbank offered rate, or Euribor, for one-month loans climbed to record 5.05 percent, the European Banking Federation said. The Libor-OIS spread, a gauge of the scarcity of cash, advanced to a record.
4) Infine un buon articolo del Wall Street Journal di oggi:
We process personal data about users of our site, through the use of cookies and other technologies, to deliver our services, personalize advertising, and to analyze site activity. We may share certain information about our users with our advertising and analytics partners. For additional details, refer to our Privacy Policy.
By clicking "I AGREE" below, you agree to our Privacy Policy and our personal data processing and cookie practices as described therein. You also acknowledge that this forum may be hosted outside your country and you consent to the collection, storage, and processing of your data in the country where this forum is hosted.
Commenta