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Si stanno, di questi tempi, disegnando i nuovi equiibri del mondo, ed è per questo che il nuovo presidente americano farà solo l'interesse dell'America, ammantandolo senz'altro di buona retorica yankee, tanto per scaldare i cuori degli alleati, come Obama ha fatto a Berlino.
Ma i giochi sono altri, come sappiamo, e non coinvolgono certo un Chavez ed il suo populismo buono per far scaldare il sangue latino, non certo però per scalare le posizioni internazionali, tanto meno poi con una visione come quella che richiami, già cassata dalla storia:
Se per socialismo del 21 secolo Chavez intende il nazionalizzare tutte le attività presenti nel paese allora dovrebbe portare il suo orologio al 20 secolo, perchè è roba già vista, e che comunque, bocciando il referendum, gli stessi venezuelani non vogliono;
Lui da buon populista ha fatto buon viso, perchè da quelle parti ciò che conta è tenere buona la plebe con frasi ed espressioni ad effetto, non certo col pane.
E' sempre stato così, e l'America latina è sempre stata cosa degli USA, e Chavez al massimo può dare il fastidio che da una mosca ad una tavola ben imbandita.
La Cina semmai avrà un occhio di riguardo per il Brasile, gigante al pari suo in forte espansione economica, e che ha un presidente non proprio allineato con gli americani;
Altro paese che la Cina si può portare dietro è l'India, che infatti è andata allo scontro con gli USA facendo saltare il tavolo dell'ultimo WTO, spalleggiata proprio da Pechino.
Si stanno semplicemente misurando le forze in campo (ecco perchè anche la Russia rimessa a fare la voce grossa), ed una sola cosa è certa, che chi resta ai margini (vedi l'Europa) ha sicuramente perduto, schiavo di chi vincerà.
Perfettoe perfetta l'ultima frase...resteremo indietro, schiavi della mancanza di una politica comune in tutto e per tutto.
Ora vado e spero di farti un complimento: Sean, con te professore la geopolitica e le relazioni internazionali sarebbero state molto più vive e interessanti.
Ah,rep obbligatoria
sigpic Amanti della carne..
"La sconfitta è un'eleganza, per l'ipocrisia di chi si arrende in partenza..."
Perfettoe perfetta l'ultima frase...resteremo indietro, schiavi della mancanza di una politica comune in tutto e per tutto.
Ora vado e spero di farti un complimento: Sean, con te professore la geopolitica e le relazioni internazionali sarebbero state molto più vive e interessanti.
Ah,rep obbligatoria
E' sempre stato così, e l'America latina è sempre stata cosa degli USA, e Chavez al massimo può dare il fastidio che da una mosca ad una tavola ben imbandita.
piccolo OT: su questo argomento, hai visto "war on democracy" di John Pilger? E' chiaramente molto schierato, ma ugualmente molto interessante imho.
piccolo OT: su questo argomento, hai visto "war on democracy" di John Pilger? E' chiaramente molto schierato, ma ugualmente molto interessante imho.
Non l'ho visto, raramente mi capita di guardare film di "denuncia";
Di che anno è?
...ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta»
Non l'ho visto, raramente mi capita di guardare film di "denuncia";
Di che anno è?
2007. Fino a poco fa si trovava, diviso in 10 parti, su youtube. Adesso ho dato un'occhiata veloce, ma non riesco a ritrovarle tutte.
E' un documentario molto forte, in cui il punto di vista dell'autore è ben evidente (l'autore, John Pilger, John Pilger - Wikipedia, the free encyclopedia o lo ami o lo odi, sicuramente come giornalista è molto bravo). Nonostante questo, secondo me è molto bello e ci sono spunti molto interessanti.
Ieri non ho motivato la mia risposta, comunque Obama riprende molto la figura di JFK, secondo me. Sarebbe una ventata di aria pulita dopo il guerrafondaio Bush, che credeva di conquistare pozzi di petrolio e si è trovato a portare a casa solo giovani concittadini morti.
Non sottovaluterei il colore della pelle di Obama, purtroppo.
C'è ancora molto razzismo nella cultura americana, anche se vogliono nasconderlo.
Per l'altro candidato la situazione dell'Ossezia viene a fagiolo. Spingerà molto sulla paura di un imminente scontro con la superpotenza Russia.
Come ho detto ieri, per me vince McCane all'80% .. purtroppo..
Chavez ha gia' offerto i suoi porti alle navi militare russe, abbaiare abbaia sicuro, ma ringhia anche un pochetto mi sembra
E poi il Brasile, non e' ancora piu' legato all'America del Venezuela, il real non e' vincolato nelle quotazioni al dollaro?
Chavez, come detto, è un populista, e ha l'America sopra la testa;
Le spara grosse, ma poi è col gigante americano che si trova a dover fare i conti, e lui non è Castro, e il Venezuela non è Cuba.
Non sono informato sul fatto che la moneta brasiliana sia effettivamente legata al dollaro, ma è questione di poco conto in questo contesto:
Il Brasile, in virtù di una continua crescita economica, mira ad essere per il Sud America quello che la Cina è per l'Asia, e trovare una sponda in Pechino, se ci si vuole ritagliare un ruolo all'altezza, è certo più naturale e conveniente che dover ogni volta aspettare o chiedere il consenso americano.
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Chavez, come detto, è un populista, e ha l'America sopra la testa;
Le spara grosse, ma poi è col gigante americano che si trova a dover fare i conti, e lui non è Castro, e il Venezuela non è Cuba.
Non sono informato sul fatto che la moneta brasiliana sia effettivamente legata al dollaro, ma è questione di poco conto in questo contesto:
Il Brasile, in virtù di una continua crescita economica, mira ad essere per il Sud America quello che la Cina è per l'Asia, e trovare una sponda in Pechino, se ci si vuole ritagliare un ruolo all'altezza, è certo più naturale e conveniente che dover ogni volta aspettare o chiedere il consenso americano.
oppure diventare uno dei migliori alleati, e diventare quello che la Gran Bretagna e' in Europa ma nel contesto Sud Americano e fare da contraltare alle posizioni di Chavez e dei suoi accoliti, sinceramente a grandi proclami Lula non mi sembra che abbia fatto seguire una politica di reale rottura con le precedenti amministrazioni..
oppure diventare uno dei migliori alleati, e diventare quello che la Gran Bretagna e' in Europa ma nel contesto Sud Americano e fare da contraltare alle posizioni di Chavez e dei suoi accoliti, sinceramente a grandi proclami Lula non mi sembra che abbia fatto seguire una politica di reale rottura con le precedenti amministrazioni..
Questo è vero, e ci riporta infatti al discorso sul populismo, sulle promesse, sui tanti programmi pensati e mai realizzati che caratterizzano i leader dei paesi sudamericani:
Avversari troppo facili, in effetti, per l'America.
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Sinceramente preferisco e spero vinca McCain.
Non ho letto tutti gli interventi e non so se qualcuno lo abbia già detto, ma mi risulta che Obama che all'inzio poteva basarsi solo sul colore della pelle di verso per partire già in vantaggio (può sembrare strano, ma esiste anche il razzismo alla rovescio) al momento di tirare le somme abbia già cambiato idea diverse volte su come fare svoltare l'economia e tutto il resto dei problemi made in stelleestrice...
La realtà è che Obama dice cose bellissime, ma non dice mai come farà a applicarle...
Vi dirò che in questo mi sembra molto più Berlusconiano lui di Mc Cain..
1- Nella stessa misura in cui possa/non possa farlo Obama.
Uno ha forse la bacchetta magica e l'altro no?
In base a quali categorie si afferma quanto sopra?
L'unico obiettivo di una presidenza come quella degli USA è il mantenimento delle sfere d'influenza che si hanno nel mondo, e che danno l'ossigeno a questo gigante;
Si può scegliere se chi comanda lo si vuole con la mano guantata o meno, ma la sostanza non cambia.
Bisogna togliersi dalla testa l'immagine post-bellica dell'americano che porta cioccolata e sigarette, e calarsi nelle reali, concrete necessità che sottengono la politica e l'economia, ed un presidente per gli americani è grande quando fa il bene della sua nazione, non quando regala sogni ai romantici europei.
2- In quest'ottica l'Iraq è stato un successo, perchè a fronte di una guerra che appunto sapevano immotivata (ecco la necessità) e pagando il prezzo di sangue necessario, gli USA hanno messo qualcosa più di un piede in una regione fondamentale per l'equilibrio del mondo, nel cuore stesso del medio oriente, crocevia politico-economico vitale per i suoi interessi.
Machiavelli avrebbe applaudito.
Sarebbe un grave errore da parte nostra credere che una vittoria repubblicana piuttosto che democatica possa cambiare la politica estera degli USA. Obama è stato chiarissimo, con lui gli USA saranno ancora la nazione egemone al mondo, con McCain continuerà senza meno la politica di Bush. Ricordo anche che il democratico Clinton infilò gli USA nella folle guerra di Bosnia e Kossovo, senza parlare di tanti altri conflitti minori. In parole povere sul versante della politica estera non cambierà nulla. La vera partita si gioca a livello economico e sociale, ovvero di quel poco di stato sociale che esiste negli USA e che i repubblicani miramo a smantellare ulteriorimente laddove da parte democratica ci si rivolge a garantire un minimo di assistenza anche alle sterminate fasce marginali della società americana. Oserei dire, quindi, che la scelta del prossimo presidente USA sarà questione tutta chiusa all'interno della politica sociale ed economica per gli americani, mentre per la politica estera non ci sono da attendere e sperare cambiamenti degni di nota.
In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. ma_75@bodyweb.com
Anche McCain ha scelto il suo vice, pescando proprio in quell'America conservatrice di cui si diceva;
Ecco al proposito una considerazione su come saranno pochi stati in bilico a decidere anche questa volta la corsa, che mi sento di condividere:
Vi ricordate come sono state vinte le ultime due elezioni presidenziali? Per pochi voti (contestati) in stati ai quali non europei non facciamo caso. Lasciamo perdere Gore e la Florida (anche se è difficile) e pensiamo all’Ohio nel 2004. E’ stato cruciale per voti elettorali, John Kerry lì ha perso per 60 mila voti (secondo i repubblicani contestabili).
Ora: l’esito delle elezioni dipende dal risultato di tre grandi stati malmessi e incenti, Ohio, Michigan e Pennsylvania. Detti stati sono abitati da molti esponenti della destra religiosa e da molti cacciatori e proprietari di armi.Sarah Palin (a proposito, si pronuncia pei-lin, in caso vogliate darvi un tono) è una protestante anti-aborto coerente davvero; ed è una cacciatrice, e usa armi che Barack Obama dovrebbe vietare. La base repubblicana, raccontano da quegli stati e da altrove, è eccitatissima. Lì Palin, anzi Pei-lin, potrebbe portare quei voti cruciali per vincere i “battleground states” portare John McCain alla Casa Bianca.
I media americani, tendenzialmente liberal, e gli americani liberal finora l’hanno presa in giro. Ora, alla vigilia della convention repubblicana, ci si sta cominciando a rendere conto che, impreparata quando si vuole, Palin, potrebbe fare la differenza. Avevamo pensato subito alle donne, ci eravamo scordati quelli coi pistoloni. Sono tanti, nella middle America (il nostro albergo è tappezzato di cartello “vietato entrare armati”, per dire). C’è qualcuno, nella liberal America costiera, che comincia a pensare a Obama come all’ennesimo agnello sacrificale elettorale; dopo Adlai Stevenson, Walter Mondale, Michael Dukakis, Al Gore, John Kerry.
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E' anche vero che si tratta di stati a forte vocazione industriale, in cui la crisi delle fabbriche, con la disoccupazione si è fatta sentire in maniera particolarmente pesante. Ricordo che si tratta di stati in cui è stata particolarmente netta l'affermazione della Clinton a quanto pare capace, meglio di Obama, di parlare a quelle che sarei tentato di definire "masse operaie". Si tratta di vedere se queste masse si orienteranno verso il compagno di partito Obama o verso un altra donna, la Palin e, quindi, di riflesso McCain. Mi pare, comunque, che il non aver scelto la Clinton come vice (al di là del fatto che, verosimilmente, questo non è stato possibile, più che non voluto) possa essere, specie dopo la scelta della vice di McCain, fonte di problemi per Obama.
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